Cass. Sez. III n.41848 del 7 novembre 2008 (Ud. 30 set. 2008)
Pres. De Maio Est. Fiale Ric. Di Carlantonio
Rifiuti. Abbandono (natura del reato)

Il reato di abbandono di rifiuti è reato commissivo eventualmente permanente, la cui antigiuridicità cessa con l\'ultimo abusivo conferimento di rifiuti

La Corte di Appello dell’Aquila, con sentenza del 17.1.2008, in parziale riforma della sentenza 15.7.2004 del Tribunale monocratico di quella città:
a) ribadiva l’affermazione della responsabilità penale di Di Carlantonio Giustino in ordine al reato di cui:
-- all’art. 51, comma 2, D.Lgs. n. 22/1997 per avere — quale rappresentante legale della s.p.a. “Di Carlantonio” — abbandonato in modo incontrollato, nell’area del dismesso stabilimento industriale societario, rifiuti speciali anche pericolosi, costituiti tra l’altro da rottami ferrosi, lastre di eternit ed olio combustibile esausto — acc. in Montereale, il 28.12.2001]
e, con le già riconosciute circostanze attenuanti generiche, determinava la pena in mesi quattro di arresto ed euro 4.000,00 di ammenda, confermando la concessione dei doppi benefici e le statuizioni civili in favore della costituita Amministrazione comunale di Montereale;
b) dichiarava estinte per prescrizione le ulteriori contravvenzioni di cui: agli artt. 650 cod. pen. e 50, 2° comma, del D.Lgs. n. 22/1997 (mancata ottemperanza ad ordinanze con le quali si imponevano interventi di messa in sicurezza dei corpi di fabbrica dello stabilimento industriale dismesso nonché la rimozione dei rifiuti).
Avverso tale sentenza hanno proposto ricorso i difensori del Di Carlantonio, i quali, sotto i profili della violazione di legge e del vizio di motivazione, hanno eccepito:
-- l’insussistenza della contravvenzione di cui all’art. 50, 2° comma, del D.Lgs. n. 22/1997 (dichiarata estinta per prescrizione), in quanto l’imputato avrebbe “provveduto in maniera puntuale, nei tempi tecnici possibili, ad effettuare quanto richiesto (giustamente o ingiustamente) dal Comune di Montereale”. Sarebbe irrilevante, al riguardo, il mancato rispetto dei tempi fissati nell’ordinanza che imponeva il risanamento del sito e si imporrebbe l’annullamento con rinvio, al fine di accertare “se i tempi imposti nell’ordinanza fossero o meno ragionevoli in relazione alle opere da effettuare”;
-- la estinzione per prescrizione dell’accertato reato di cui all’art. 51, comma 2, D.Lgs. n. 22/1997, tenuto conto che lo stabilimento aziendale (ex fornace) era stato chiuso “alla fine degli anni ‘70” e che, da quell’epoca, nessun materiale era stato più scaricato in quel sito. In ogni caso non sarebbe configurabile una situazione di “abbandono incontrollato”, in quanto non potrebbe considerarsi tale “il mero deposito, in una zona chiusa, non accessibile ad estranei, non costituente pericolo sotto il profilo ambientale né sotto quello pratico, di materiali, ancorché disordinatamente accumulati”.

MOTIVI DELLA DECISIONE
Il secondo motivo di ricorso è parzialmente fondato e merita accoglimento limitatamente all’eccepita estinzione del reato per prescrizione.
I giudici del merito hanno ravvisato la responsabilità penale dell’imputato in relazione alla contravvenzione di abbandono incontrollato di rifiuti (art. 51, comma 2, del D.Lgs. n. 22/1997), affermando che si tratterebbe di reato permanente, “posto che l’abbandono è avvenuto in area appartenente alla società facente capo al prevenuto, che era sotto il suo controllo e sulla quale in ogni momento avrebbe potuto intervenire per rimuovere la situazione di illiceità perdurante”. Hanno ritenuto irrilevante, conseguentemente, la “possibile verificazione della immissione del materiale in epoca pregressa, addirittura precedente all’entrata in vigore della normativa di settore in materia di rifiuti”.
Trattasi di affermazioni non condivisibili, perché questa Corte Suprema si è già pronunciata nel senso che il reato di abbandono di rifiuti è reato commissivo eventualmente permanente, la cui antigiuridicità cessa con l’ultimo abusivo conferimento di rifiuti (così Cass., Sez. III, 7.2.2008, n. 6098, ric. Sarta ed altro).
Nella fattispecie in esame i giudici del merito hanno evidenziato che i rifiuti erano stati accumulati nell’area dello stabilimento prima che lo stesso venisse dismesso (cioè in un’epoca ben anteriore a quella dell’accertamento, avvenuto il 28.12.2001), senza che vi siano stati ulteriori successivi sversamenti, sicché la sentenza impugnata va annullata senza rinvio, perché anche il reato residuo deve ritenersi estinto per intervenuta prescrizione, risultando manifestamente infondata, invece, l’eccezione rivolta ad escludere la natura di “rifiuti abbandonaiti” dei materiali ammucchiati eterogeneamente ed alla rinfusa sul piazzale aziendale.
Non sussistono i requisiti per una più favorevole formula di proscioglimento, ex art. 129 c.p.p., e la prescrizione del reato preclude la valutazione delle doglianze riferite in ricorso a pretese carenze di accertamenti fattuali, il cui eventuale accoglimento imporrebbe un non consentito annullamento con rinvio della sentenza impugnata.
Vanno confermate — infine — le statuizioni civili in favore della costituita Amministrazione comunale di Montereale, tenuto conto che i giudici del merito hanno ravvisato, nella specie, con accertamento di fatto che non viene contestato in ricorso, la sussistenza di “danno ambientate” ex art. 18 della legge 8.7.1986, n. 349 [appare opportuno rilevare, al riguardo, che, ai sensi dell’art. 303, comma 1 - lett. f), del DLgs. n. 152/2006, il legislatore, conformemente alle indicazioni della direttiva 2004/35/CE, ha escluso espressamente ogni possibilità di applicazione retroattiva delle disposizioni di nuova introduzione costituenti la parte sesta dello stesso DLgs. n 152/2006].
Il ricorrente, pertanto, deve essere condannato alla rifusione delle spese del grado in favore della costituita parte civile, che vengono liquidate in euro 1.500,00 per onorario, oltre accessori di legge.