Cass. Sez. III n. 24080 del 18 giugno 2024 (CC 29 mag 2024)
Pres. Ramacci Est. Di Stasi Ric. Putorti
Rifiuti.Abbandono ed omessa vigilanza sull'operato dei dipendenti

In materia ambientale, i titolari e i responsabili di enti ed imprese rispondono del reato di abbandono incontrollato di rifiuti non solo a titolo commissivo, ma anche sotto il profilo della omessa vigilanza sull'operato dei dipendenti che abbiano posto in essere la condotta di abbandono

RITENUTO IN FATTO

1. Con ordinanza del 08/02/2024, il Tribunale di Reggio Calabria rigettava l’istanza di riesame proposta nell’interesse di Putortì Domenico e Surace Stefania, nella qualità di legali rappresentanti della società “Pentagroup Srl”, avverso il decreto di sequestro preventivo emesso in data 10.01.2024 dal Gip del Tribunale di Reggio Calabria in relazione al reato di cui agli artt. 81 cpv 110, 113 cod.pen. e 256 commi 2 e 3 d.lgs 152/2006 di cui al capo a) dell’imputazione provvisoria (perché in concorso tra loro, quali amministratori e legali rappresentanti della Pentagroup srl, impresa esercente il supermercato a marchio SIGMA, abitualmente depositavano in modo incontrollato i rifiuti prodotti dall’attività commerciale, contribuendo così a realizzare una discarica non autorizzata, alimentata anche da rifiuti domestici, formata da imponenti accumuli di rifiuti miscelati tra loro, lungo la prospiciente via pubblica).

2. Avverso tale ordinanza hanno proposto ricorso per cassazione Putortì Domenico e Surace Stefania, nella qualità, a mezzo del difensore di fiducia, articolando due motivi di seguito enunciati.
Con il primo motivo deducono violazione degli artt. 125 e 321 cod.proc.pen. e vizio di motivazione.
I ricorrenti lamentano che il sequestro preventivo era stato emesso in assenza delle condizioni previste dalla legge e in forza di una motivazione mancante e comunque solo apparente. Argomentano che l’ordinanza impugnata presentava una motivazione apparente sia in ordine al presupposto del fumus commissi delicti che a quello del periculum in mora; in particolare, il Tribunale non aveva indicato le ragioni in base alle quali l’affidamento in gestione dei reparti del supermercato potesse configurare una violazione attribuibile agli amministratori legali della Pentagroup Srl ed aveva ricercato condotte diverse ed ulteriori; inoltre, il Tribunale, nel ritenere la sussistenza del periculum in mora, non aveva motivato in ordine alla collocazione temporale dei fatti contestati, risalenti nel tempo (il decreto di sequestro era stato emesso un anno e mezzo dopo l’accertamento dei fatti, ai quali i ricorrenti erano comunque estranei) ed all’assenza di condotte dei ricorrenti volte a reiterare il reato o ad occultare o disperderne le prove, omettendo ogni valutazione delle risultanze documentali offerte dalla difesa. .
Con il secondo motivo deducono violazione dell’art. 256, comma 2 d.lgs 152/2006.
Lamentano che il ragionamento seguito dal Tribunale in relazione alla sussistenza del fumus commissi delicti era superficiale e frettoloso e basato su una lettura parziale ed illogica del compendio probatorio; in particolare, il Tribunale non aveva tenuto conto che non era emerso che la condotta illecita fosse materialmente riferibile ai ricorrenti o che i medesimi fossero a conoscenza di quanto avveniva all’esterno del punto vendita, attività probabilmente riconducibile al coindagato Cordiani, all’epoca dei fatti dipendente della Pentagroup srl, il quale aveva agito di propria iniziativa senza che i vertici aziendali fossero a conoscenza del suo operato; rimarcano che la Pentagroup nel luglio 2022 aveva (ed ha tutt’oggi) un contratto per il servizio di recupero e stoccaggio degli imballaggi stipulato con la ditta Hidro Ecologic Line e che gestisce esclusivamente la vendita di prodotti preconfezionati che vengono posti sulle scaffalature interne al punto-vendita, mentre la gestione dei reparti ortofrutta, pescheria e macelleria è affidata a ditte esterne; evidenzia, poi, il reato di cui all’art, 256, comma 2, d.lgs 156/206 non rientra tra i reati presupposto menzionati dall’art. 25-undecies, comma 2, lett. b) del d.lgs 231/2001 e che l’art 2 del predetto decreto sancisce il principio di legalità della responsabilità dell’ente.
Chiedono, pertanto, l’annullamento del provvedimento impugnato.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1.I ricorsi vanno dichiarati inammissibili.
2. Va ricordato che il ricorso per cassazione contro ordinanze emesse in materia di sequestro preventivo è ammesso solo per violazione di legge, in tale nozione dovendosi comprendere sia gli errores in iudicando o in procedendo, sia quei vizi della motivazione così radicali da rendere l'apparato argomentativo posto a sostegno del provvedimento o del tutto mancante o privo dei requisiti minimi di coerenza, completezza e ragionevolezza e, quindi, inidoneo a rendere comprensibile l'itinerario logico seguito dal giudice (Sez. U, n. 25932 del 29/05/2008, Ivanov, Rv. 239692; Sez. 5, n. 43068 del 13.10.2009, Rv. 245093; sez. 6, n. 6589 del 10.1.2013, Rv. 254893).
Il ricorso per cassazione per violazione di legge, a norma dell'art. 325, comma 1 cod. proc. pen., quindi, può essere proposto solo per mancanza fisica della motivazione o per la presenza di motivazione apparente ma non per mero vizio logico della stessa; il vizio logico, infatti, va distinto dalla motivazione meramente apparente essendo il primo configurabile solo in relazione ad una motivazione presente (Sez. 5, n. 35532 del 25/06/2010, Rv. 248129; Sez. U, n. 5876 del 28/01/2004, Rv. 226710).
3. Nella specie, i ricorrenti articolano motivi che si sostanziano in censure di merito afferenti la motivazione esposta dal Tribunale a fondamento del provvedimento di rigetto dell’istanza di riesame.
Il Collegio cautelare, nel disattendere le censure qui riproposte, ha ampiamente e congruamente argomentato in relazione al fumus commissi delicti, rilevando, in aderenza alle risultanze probatorie (esiti dell’attività di videosorveglianza, ricognizioni personali svolte dalla polizia giudiziaria, sommarie informazioni rese dai dipendenti delle ditte coinvolte), che i ricorrenti, legali rappresentanti della Società Pentagroup s.r.l., proprietaria del punto vendita supermercato a marchio Sigma, in concorso con il dipendente Cordiani, depositavano in modo incontrollato i rifiuti prodotti dall’attività commerciale, contribuendo, così a realizzare una discarica non autorizzata, alimentata anche da rifiuti domestici; il dipendente Cordiani veniva individuato quale autore materiale di plurimi episodi di conferimento di rifiuti sulla strada pubblica (cartoni e imballaggi, contenitori in polisterolo e in plastica, normalmente usati per esporre prodotti alimentari); il Tribunale ha anche esaminato il contratto stipulato dalla società con azienda incaricata dello smaltimento dei rifiuti ed ha evidenziato che nel periodo di interesse investigativo la società si era avvalsa dell’azienda in questione solamente tre volte, con una ciclicità inferiore rispetto ai periodi precedenti e successivi; ha, quindi, concluso che la ciclicità e sistematicità della condotta escludeva la riconducibilità a scelte personali del dipendente ed era, invece, espressione di una prassi consolidatasi nel tempo e realizzata nell’interesse della società e che la responsabilità dei ricorrenti trovava fondamento nella circostanza che il dipendente aveva agito nell’interesse della società e, comunque, nell’omessa vigilanza dei predetti sull’operato dei propri dipendenti. 
Giova ricordare che questa Corte ha affermato, che, in materia ambientale, i titolari e i responsabili di enti ed imprese rispondono del reato di abbandono incontrollato di rifiuti non solo a titolo commissivo, ma anche sotto il profilo della omessa vigilanza sull'operato dei dipendenti che abbiano posto in essere la condotta di abbandono (Sez. 3, n. 40530 del 11/06/2014, Rv. 261383 - 01 e, più di recente, Sez. 3, n. 2234 del 2022 e Sez. 3, n. 32744 del 2023, non massimate).
Del tutto inconferente è, poi, la doglianza difensiva con la quale si deduce che il reato di cui all’art, 256, comma 2, d.lgs 156/206 non rientra tra i reati presupposto menzionati dall’art. 25-undecies, comma 2, lett. b) del d.lgs 231/2001, in quanto, come già rilevato dal Tribunale, non risulta contestato alcun illecito amministrativo nei confronti della società.
Del pari ampia e congrua è la motivazione relativa alla sussistenza del presupposto del periculum in mora, basata sul rilievo che la prosecuzione dell’attività economica esercitata mediante la violazione sistematica delle norme in materia di smaltimento dei rifiuti a mezzo di plurime condotte di abbandono e l’ingente quantità dei rifiuti, costituivano circostanze che rendevano altamente probabile il pericolo di prosecuzione dell’attività illecita.
4. Le censure mosse in questa sede dai ricorrenti sono, pertanto, inammissibili, risolvendosi essenzialmente nella formulazione di rilievi in fatto concernenti la motivazione del provvedimento impugnato che, alla luce dei principi di diritto suesposti, non è consentito proporre in questa sede.
5. Consegue, pertanto, la declaratoria di inammissibilità dei ricorsi.
6. Essendo i ricorsi inammissibili e, a norma dell'art. 616 cod. proc. pen, non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte Cost. sent. n. 186 del 13.6.2000), alla condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese del procedimento consegue quella al pagamento della sanzione pecuniaria nella misura indicata in dispositivo. 

P.Q.M.

Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 29/05/2024