Cass. Sez. III n. 8299 del 3 marzo 2010 (CC 25 nov. 2009)
Pres. Grassi Est. Marmo Ric. Del Prete
Rifiuti. Articolo 260 D.Lv. 152/06

L’avverbio “abusivamente” di cui al primo comma dell’art. 260 del Decreto Legislativo n. 152 del 2006 si riferisce a tutte le attività non conformi ai precisi dettati normativi svolte nel delicato settore della raccolta e smaltimento di rifiuti “pericolosi e non” analiticamente disciplinato dalla normativa.

 

UDIENZA del 25.11.2009

SENTENZA N. 1480

REG. GENERALE N. 24315/2009


REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO


LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Sez. III Penale



Composta dagli ill.mi Sigg.ri Magistrati:



Dott. ALDO GRASSI
Dott. MARIO GENTILE
Dott. MARGHERITA MARMO
Dott. SANTI GAZZARA


ha pronunciato la seguente


SENTENZA


sul ricorso proposto da:
PMT PRESSO TRIBUNALE Dl PERUGIA nei confronti di:
1) DEL PRETE LEOPOLDO N. IL xx/xx/xxxx avverso l'ordinanza n. 289/2009 TRIB. LIBERIA' di PERUGIA, del 27/05/2009
- sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. MARGHERITA MARMO;

- sentite le conclusioni del PG Dott. Antonio Siniscalchi che ha chiesto annullarsi con rinvio l'ordinanza impugnata;
- Uditi difensori Avv.ti Cesare Gallinelli e Paolo Consi che hanno chiesto il rigetto del ricorso.


Con ordinanza del 27 maggio 2009 il Tribunale del riesame di Perugia accoglieva l'istanza di riesame proposta da Leopoldo DEL PRETE, avente ad oggetto la revoca delle misura della custodia cautelare in carcere disposta il 4 maggio 2009 dal GIP del Tribunale di Terni in relazione al reato di cui agli artt. 81, 112 c.p. e 260 del D.L.vo n. 256 del 2006, sul rilievo che gli specifici elementi addotti dall'accusa sarebbero stati asintomatici in merito alla sussistenza del reato in oggetto.


Il Tribunale del riesame riteneva che erano insussistenti i gravi indizi di colpevolezza in riferimento al reato contestato, di cui all'art. 260 del D.L.vo n. 152
del 2006, l'unico che giustificava l'irrogazione della misura cautelare disposta nei confronti dell'indagato.


Ha proposto ricorso per cassazione il Procuratore della Repubblica di Terni lamentando la violazione di legge ed il difetto di motivazione dell'ordinanza impugnata con riferimento ai gravi indizi di colpevolezza a carico dell'indagato in ordine al reato contestato, specie con riferimento al concorso di quest'ultimo nel reato di illecito smaltimento di rifiuti contestato al coindagato Di Lullo.


Il 9 novembre 2009 il Del Prete ha presentato memoria difensiva, con la quale rileva che l'ordinanza impugnata era condivisibile atteso che, nel caso in esame, poteva, al più, ritenersi sussistente a carico di esso indagato esclusivamente la violazione di cui all'art. 485 c.p. per la quale non è prevista la misura cautelare detentiva.


Tanto premesso il Collegio rileva che, come ha correttamente osservato il Pubblico Ministero ricorrente, il Tribunale del riesame di Perugia, pur rilevando che l'attività di ricerca, raccolta e conferimento delle batterie esauste al centro di raccolta gestito dal Del Prete svolta dai coindagati, ed in particolare dal Di Lullo, era illecita poiché le dichiarazioni che accompagnavano il conferimento delle batterie al piombo esauste venivano camuffate sotto la falsa dicitura: "rottami misti da selezionare", aveva incongruamente ritenuto che comunque, nonostante ciò, non sarebbero configurabili in capo all'indagato gli estremi del reato perché egli era in possesso delle necessarie autorizzazioni per ricevere siffatte batterie anche da privati.


Il Tribunale aveva quindi ritenuto che la falsificazione dei documenti di accompagnamento non sarebbe stata finalizzata all'occultamento del materiale che veniva ricevuto dal centro rottami, ma era dovuta solo a ragioni di carattere contabile e alla mancanza di formulari che precisassero, a monte, le caratteristiche del rifiuto, sicché avrebbe potuto ipotizzarsi esclusivamente a carico dell'indagato il reato di cui all'art. 485 c.p. non contemplato quod poenam ai fini dell'emissione del provvedimento restrittivo.


Viceversa, secondo il Procuratore ricorrente, avrebbe dovuto ipotizzarsi quanto, meno, il concorso del Del Prete nella illecita condotta del Di Lullo.


Rileva in proposito il Collegio che l'art. 260 del d.lgs. n. 256 del 2006 sanziona la condotta di chi, al fine di conseguire un ingiusto profitto, attraverso l'allestimento di mezzi ed attività continuative organizzate, cede, riceve e trasporta e comunque gestisce abusivamente ingenti quantitativi di rifiuti.
Nel caso in oggetto il Tribunale del riesame non ha spiegato come e perché la ricezione da parte dell'indagato di ingenti quantitativi di batterie al piombo esauste sotto falsa denominazione, da chi non aveva alcuna autorizzazione di legge alla raccolta ed al conferimento, non dovesse considerarsi abusiva.
Deve in proposito affermarsi il principio che l'avverbio "abusivamente" di cui al primo comma dell'art. 260 del Decreto Legislativo n. 152 del 2006 si riferisce a tutte le attività non conformi ai precisi dettati normativi svolte nel delicato settore della raccolta e smaltimento di rifiuti "pericolosi e non" analiticamente disciplinato dalla normativa.


E' comunque assorbente il rilievo che il Tribunale del riesame, come ha correttamente rilevato il PM, ha preso in considerazione soltanto un segmento di condotta del Del Prete, esaminando la fattispecie solo dal punto di vista del titolare del centro di raccolta che riceve le batterie, ma ha omesso di considerare del tutto la condotta del Di Lullo con la quale il Del Prete ha concorso, come specificamente precisato nel capo di imputazione, con ciò incorrendo nel vizio di carenza e contraddittorietà della motivazione.


Risulta infatti dal provvedimento impugnato che il Di Lullo non è un privato cittadino che ha conferito all'indagato una batteria di piombo esausta; è un soggetto che ricercava, raccoglieva, trasportava e conferiva abitualmente, continuativamente a fine di lucro e con allestimento di mezzi, siffatto materiale senza essere in possesso di alcuna autorizzazione, tant'è che doveva necessariamente ricorrere al falso nei documenti di accompagnamento.


Il provvedimento del Tribunale del riesame è quindi carente di motivazione in ordine alle ragioni per cui i giudici non hanno ritenuto che la condotta dell'indagato, il quale, secondo la prospettazione accusatoria, aveva impartito ai dipendenti istruzioni di accettare conferimenti da parte di soggetti non abilitati, ovvero non titolari di specifiche autorizzazioni, oppure non iscritti all'apposito albo, non avesse comunque agevolato la condotta del Di Lullo nel compimento dei fatti riconducibili all'ipotesi sanzionata dall'art. 260 del citato decreto legislativo.


Considerato quindi che l'ordinanza impugnata è carente di motivazione in ordine alle ragioni per le quali è stata ritenuta l'insussistenza dei gravi indizi di colpevolezza dell'indagato in ordine al reato ipotizzato, il detto provvedimento va annullato con rinvio al Tribunale di Perugia per nuovo esame, alla luce dei principi di diritto sopra enunciati


P.Q.M.


Annulla l'ordinanza impugnata con rinvio al Tribunale di Perugia per nuovo esame


Così deciso in Roma il 25 novembre 2009

DEPOSITATA IN CANCELLERIA 3 MAR. 2010