Cass. Sez. III n. 30847 del 23 luglio 2008 (Cc 10 lug 2008)
Pres. Lupo Est. Lombardi Ric. Adage
Rifiuti. Attività organizzate per il traffico illecito

Riguardo alla fattispecie delittuosa di cui all\'art. 53 bis del D. Lgs n. 22/97, il cui testo è stato integralmente trasfuso nell\'art. 260 del D. Lgs n. 152/06, la condotta idonea ad integrare l\'attività organizzata per il traffico i1Iecito dei rifiuti comprende oltre quella effettuata senza alcuna autorizzazione e quella avente per oggetto una tipologia di rifiuti non rientranti nel titolo abilitativo, anche tutte quelle attività che, per le modalità concrete con le quali sono esplicate, risultano totalmente difformi da quanto autorizzato, al punto da non potere essere ricondotte al titolo abilitativo. Inoltre il termine "ingente" deve riferirsi all\'attività abusiva net suo complesso, ovvero al quantitativo di rifiuti complessivamente gestito attraverso la pluralità di operazioni, che considerate singolarmente potrebbero anche essere qualificate quali modeste. Quanto al profitto perseguito dall\'autore della condotta esso può consistere anche nella semplice riduzione dei costi aziendali. Per la configurabilità del reato, non è richiesta una pluralità di soggetti agenti, trattandosi di fattispecie monosoggettiva, mentre è richiesta una pluralità di operazioni in continuità temporale relative ad una o più delle diverse fasi in cui si concretizza ordinariamente la gestione dei rifiuti. L\'elemento oggettivo del reato prevede, infine, una attività di gestione dei rifiuti organizzata con allestimento preventivo dei mezzi necessari.

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LUPO Ernesto - Presidente -

Dott. PETTI Ciro - Consigliere -

Dott. LOMBARDI Alfredo Maria - Consigliere -

Dott. FRANCO Amedeo - Consigliere -

Dott. GAZZARA Santi - Consigliere -

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

Avv. Anetrini Mauro, difensore di fiducia di:

A.B., n. a (OMISSIS);

avverso l'ordinanza in data 23.4.2008 del G.I.P. del Tribunale diIvrea, con la quale è stata applicata all' A. la misura cautelare degli arresti domiciliari quale indagato del reato di cui all'art. 110 c.p., art. 112 c.p., n. 1, art. 81 cpv. c.p. e D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 260.

Udita la relazione fatta dal Consigliere Dott. LOMBARDI Alfredo Maria;

Visti gli atti, la ordinanza denunziata ed il ricorso;

Udito il P.M. in persona del Sost. Procuratore Generale, Dott.D'ANGELO Giovanni, che ha concluso per il rigetto del ricorso;

Udito il difensore Avv. Anetrini Mauro, che ha concluso per l'accoglimento del ricorso.

CONSIDERATO IN FATTO E DIRITTO

Con la impugnata ordinanza il GIP del Tribunale di Ivrea ha applicato ad A.B. la misura cautelare degli arresti domiciliari quale indagato del reato di cui all'art. 110 c.p., art. 112 c.p., n. 1, art. 81 cpv. c.p. e D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 260, ascrittogli perchè, in qualità di responsabile dell'area stoccaggio rifiuti del consorzio ASA, Azienda Servizi Ambiente, ed in concorso con F.E., An.Gi.Ja., P.P., Fe.Fa., Pe.Gi., D.S.C., C.S. e Fu.Pi.Gi., al fine di conseguire per l'ASA l'ingiusto profitto costituito dal risparmio dei costi di smaltimento dei rifiuti, con più operazioni ed attraverso l'allestimento di mezzi ed attività continuative organizzate, trasportavano, cedevano e comunque gestivano abusivamente, utilizzando falsi certificati di analisi e falsi documenti di trasporto, ingenti quantitativi di rifiuti.
In particolare gli atti di gestione abusiva dei rifiuti si concretavano, secondo la contestazione, nell'avere violato il limite di 170 tonnellate previsto dal provvedimento autorizzativo per lo stoccaggio temporaneo dei rifiuti nell'area denominata "piattaforma legno", gestendo nella predetta area circa 900 tonnellate di rifiuti;
nell'avere, con meticoloso allestimento di mezzi e attività continuative organizzate, trasportato circa 166.932 Kg di rifiuti dall'ASA all'azienda agricola Luisella per ivi smaltirli sul terreno agricolo mediante l'utilizzazione di falsi certificati di analisi del rifiuto in questione forniti dalla D.S.C.;
nell'avere, con le medesime modalità, trasportato Kg. 122.280 di rifiuti dall'ASA all'azienda agricola di Fu.Pi.Gi. per ivi smaltirli sul terreno, utilizzando anche falsi documenti di trasporto nei quali i predetti rifiuti venivano qualificati "cippato di legno vagliato";
nell'avere utilizzato un certificato di analisi redatto dal laboratorio di analisi di (OMISSIS), in data 4.12.2006, relativo a compost, consegnandolo ai C.C. ed all'ARPA come relativo al rifiuto scaricato presso l'azienda Luisella;
nell'avere effettuato abusivamente un deposito temporaneo di circa 780 Kg. di materiali da costruzione contenente amianto;
nell'avere gestito una discarica abusiva all'interno di un'area di proprietà dell'ASA, in cui venivano depositati rifiuti provenienti da attività di demolizione, rifiuti metallici ferrosi, rifiuti di plastica, nonchè terre e rocce da scavo;
nell'avere smaltito oltre 30 mc. di percolato, generatosi dal contatto dell'acqua piovana con i rifiuti costituiti da legno e terra, versandoli nella pubblica fognatura.
Il G.I.P. ha ritenuto sussistenti a carico dell'indagato gravi indizi di colpevolezza del reato di cui alla contestazione sulla base delle risultanze delle intercettazioni telefoniche eseguite, nonchè delle indagini effettuate dai C.C. del N.O.R.M. di Ivrea, del N.O.E. di Torino e delle analisi dell'ARPA; risultanze tutte analiticamente esaminate nel provvedimento impugnato.
Il G.I.P. ha, invece, escluso l'applicabilità di una misura restrittiva della libertà personale in relazione all'ulteriore reato di cui all'art. 110 c.p., art. 321 in relazione agli artt. 319 e 319 bis c.p., ascritto all' A. unitamente ad altre fattispecie delittuose e contravvenzionali che non consentono l'applicazione di misure cautelari, per la inutilizzabilità delle intercettazioni telefoniche afferenti a detto reato, in quanto effettuate nel corso delle indagini relative ad altra ipotesi criminosa, e, comunque, non risultando le stesse significative per la configurabilità del delitto di corruzione di cui alle disposizioni citate.
Avverso l'ordinanza ha proposto ricorso per cassazione il difensore dell'indagato, che la denuncia per violazione di legge.
Con il primo mezzo di annullamento il ricorrente denuncia la violazione ed errata applicazione del D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 260, nonchè degli artt. 43 e 110 c.p..
Premessa l'analisi della fattispecie delittuosa di cui alla contestazione mediante il riferimento all'interpretazione giurisprudenziale del D.Lgs. n. 22 del 1997, art. 53 bis il cui testo è stato riprodotto nel D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 260, si osserva, in sintesi, che l'attività alla quale si riferisce la norma incriminatrice deve essere necessariamente "organizzata", vale a dire connotata da idonea predisposizione di mezzi e sufficiente impiego di persone che rendano possibile l'esercizio professionale, come tale non episodico, dell'attività medesima;
che, pertanto, le condotte criminose devono essere connotate dal carattere della continuità ovvero della abitualità, che non deve essere confusa con la occasionale reiterazione dell'illecito, postulando l'esistenza di un progetto delittuoso articolato che trascende la commissione dei singoli fatti.
Si deduce, quindi, che dall'esame dello stesso capo di imputazione emerge la scarsa consistenza degli episodi di smaltimento dei rifiuti presso le aziende agricole, tali da escludere che si possa parlare di attività organizzata;
che nel caso in esame il giudice di merito ha confuso l'organizzazione di persone e di mezzi con l'impiego di mezzi per l'esecuzione dello smaltimento;
che neppure l'utilizzazione di falsi certificati, verificatasi in due occasioni, è sintomo di continuità ed organizzazione dell'illecito smaltimento di rifiuti;
che la individuazione fin dall'inizio di quanto sarebbe stato oggetto di smaltimento circoscrive e delimita l'illecito realizzato ed esclude l'esistenza di un cosiddetto programma aperto.
Si deduce, infine, che il giudice di merito ha erroneamente attribuito all' A. significative condotte di smaltimento di rifiuti commesse da altri soggetti erroneamente in quanto non sono applicabili nella fattispecie delittuosa di cui alla contestazione i criteri dettati in materia di responsabilità penale per la diversa ipotesi del reato associativo.
Con il secondo mezzo di annullamento si denuncia la violazione dell'art. 270 c.p.p..
Si deduce che il giudice delle indagini preliminari, pur avendo correttamente rilevato che alcune intercettazioni telefoniche erano state eseguite nell'ambito di un diverso procedimento e che, pertanto, risultavano utilizzabili solo quelle che avevano fatto seguito all'autorizzazione disposta in data 16.7.2007 ha, tuttavia, riportato nel provvedimento anche quelle effettuate in precedenza, traendone elementi di valutazione.
Con memoria difensiva datata 30.6.2008 il ricorrente, nel riportarsi alla violazione di cui all'art. 270 c.p.p., denuncia altresì l'ordinanza per vizio di motivazione e travisamento delle risultanze processuali dalle quali è stata desunta la sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza.
Il ricorso non è fondato.
Preliminarmente la Corte osserva che il ricorso immediato per cassazione avverso il provvedimento che applica una misura coercitiva è consentito, ai sensi dell'art. 311 c.p.p., comma 2 esclusivamente per denunciare una violazione di legge.
Gli ulteriori motivi di gravame del ricorrente, afferenti a presunti vizi di motivazione della impugnata ordinanza, sono, pertanto, inammissibili.
Tanto, premesso la Corte rileva che nel caso in esame non sussiste nè la denunciata violazione o errata interpretazione del D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 260, nè quella dell'art. 270 c.p.p., con riferimento agli elementi da cui il G.I.P. ha desunto la sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza a carico dell'indagato.
E' stato già affermato da questa Suprema Corte in relazione alla fattispecie delittuosa di cui al D.Lgs. n. 22 del 1997, art. 53 bis il cui testo è stato integralmente trasfuso nel D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 260, che la condotta idonea ad integrare l'attività organizzata per il traffico illecito dei rifiuti comprende oltre quella effettuata senza alcuna autorizzazione e quella avente per oggetto una tipologia di rifiuti non rientranti nel titolo abilitativo, anche tutte quelle attività che, per le modalità concrete con le quali sono esplicate, risultano totalmente difformi da quanto autorizzato, al punto da non potere essere ricondotte al titolo abilitativo. (sez. 3^, 6.10.2005 n. 40828, P.M. in proc. Fradella, RV 232350; conf. sez. 5^, 11.10.2006 n. 40330, Pelimi, RV 236294).
Inoltre il termine "ingente" deve riferirsi all'attività abusiva nel suo complesso, ovvero al quantitativo di rifiuti complessivamente gestito attraverso la pluralità di operazioni, che considerate singolarmente potrebbero anche essere qualificate quali modeste, (cfr. sez. 3^, 6.10.2005 n. 40827, Carretta, RV 232348).
Quanto al profitto perseguito dall'autore della condotta esso può consistere anche nella semplice riduzione dei costi aziendali, (cfr., sez. 4^, 2.7.2007 n. 28158, P.M. in proc. Costa, RV 236907).
E' stato ancora affermato da questa Corte che "per la configurabilità del reato di cui al D.Lgs. 5 febbraio 1997, n. 22, art. 53 bis attività organizzata per il traffico illecito dei rifiuti, non è richiesta una pluralità di soggetti agenti, trattandosi di fattispecie monosoggettiva, mentre è richiesta una pluralità di operazioni in continuità temporale relative ad una o più delle diverse fasi in cui si concretizza ordinariamente la gestione dei rifiuti". (sez. 3^, 16.12.2005 n. 4503, Samarati, RV 233292).
L'elemento oggettivo del reato prevede, infine, una attività di gestione dei rifiuti organizzata con allestimento preventivo dei mezzi necessari, (cfr. sez. 3^, 16.12.2005 n. 4503, Samarti, RV 233293).
Orbene, l'ordinanza impugnata ha puntualmente rilevato nella premessa, riferendosi alla citata giurisprudenza di questa Suprema Corte, che la fattispecie delittuosa è sostanzialmente configurata quale condotta monosoggettiva; che si tratta di un reato abituale, che implica il compimento di una pluralità di operazioni ciascuna delle quali integra di per sè un illecito, trattandosi di condotte che si inseriscono nel ciclo di gestione dei rifiuti; elemento tipizzante la fattispecie è l'attinenza delle operazioni a quantitativi ingenti di rifiuti e l'allestimento di mezzi e attività continuative organizzate; che il reato può essere realizzato sia in mancanza di provvedimenti amministrativi che legittimino l'attività afferente alla gestione dei rifiuti, sia mediante la sistematica violazione delle prescrizioni, al fine di trame ingiusto profitto.
Sulla base di tale premessa, il G.I.P. ha ravvisato la sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza a carico dell' A. in ordine al reato oggetto di indagine, con riferimento al coacervo delle operazioni illecite che gli sono state attribuite in concorso con altri, desumendoli, come rilevato in narrativa, oltre che dalle risultanze delle intercettazioni telefoniche eseguite successivamente al provvedimento autorizzatorio in data 16.7.2007, altresì dalle indagini eseguite dai C.C., e dalle analisi effettuate dall'ARPA. In particolare l'ordinanza ha evidenziato, quanto alla esistenza dell'elemento organizzativo, la utilizzazione da parte degli indagati della stessa struttura aziendale, i cui mezzi venivano adoperati per effettuare il traffico illecito di rifiuti, concretatosi nelle varie attività descritte nell'imputazione, afferenti allo smaltimento dei rifiuti oggetto della contestazione, con sistematica violazione delle prescrizioni contenute nell'autorizzazione stessa o al di fuori della previsione di detta autorizzazione, al fine di ridurre i costi sostenuti dall'ASA. Significativo, peraltro, per l'organizzazione di mezzi o attività illecite organizzate si palesa anche la reiterata utilizzazione di certificati di analisi e di documenti di trasporto falsi.
Detta attività è inoltre connotata dal carattere dell'abitualità, ravvisatale nella stessa pluralità delle operazioni sistematicamente poste in essere.
Nè costituisce elemento caratterizzante la abitualità della condotta la necessaria preordinazione fin dall'inizio di tutte le operazioni illecite che di volta in volta sono poste in essere.
I rifiuti oggetto dell'imputazione rispondono inoltre al requisito dell'ingente quantitativo, sia con riferimento di per sè ai rifiuti oggetto di stoccaggio abusivo per circa tre anni e successivo smaltimento illecito mediante spandimento sul terreno, sia complessivamente con riferimento agli altri rifiuti, anche pericolosi, oggetto di illecito stoccaggio o di illecito smaltimento, come il percolato, il tutto finalizzato al profitto costituito dal risparmio di spesa da parte del consorzio.
A proposito dei rifiuti oggetto di abusivo stoccaggio per circa tre anni l'ordinanza ha correttamente attribuito ad essi detta natura, non essendo FASA autorizzata alla produzione di compost quale ammendante per l'agricoltura e non essendo utilizzabile a tale scopo, in ogni caso, per la sua composizione, quello oggetto di spandimento, stante la presenza di metalli.
Detti rifiuti, pertanto, dovevano essere portati in discarica.
Quanto al secondo motivo di gravame, non vi è stata affatto utilizzazione delle intercettazioni telefoniche eseguite prima del 16.7.2007, in violazione del disposto di cui all'art. 270 c.p.p., avendole il G.I.P. riportate nel provvedimento, come esplicitato dalla motivazione, al solo fine di individuare la notizia criminis da cui hanno preso le mosse le indagini.
Infine, i fatti posti a base dell'ordinanza sono sostanzialmente quelli dei quali è chiamato a rispondere direttamente l' A. con la puntuale individuazione degli elementi indizianti emersi a carico dell'indagato.
Il ricorso, pertanto, deve essere rigettato.
Ai sensi dell'art. 616 c.p.p. al rigetto dell'impugnazione segue a carico del ricorrente l'onere del pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 10 luglio 2008.
Depositato in Cancelleria il 23 luglio 2008