Consiglio di Stato Sez. IV n. 5457 del 5 giugno 2023
Rifiuti.Attività posta in essere in un parco naturale

In linea di principio, la finalità della legge sulle aree protette è dichiaratamente quella di garantire e promuovere, “in attuazione degli art. 9 e 32 Cost., e nel rispetto degli accordi internazionali”, la conservazione e la valorizzazione del patrimonio naturale del Paese, nei territori che, costituendo espressione di detto patrimonio, meritano speciale tutela (cfr. L. n. 394 del 1991, art. 1, commi 1, 2 e 3), sicché risulta evidente che nelle aree, che, rispondendo alle anzidette caratteristiche, sono istituite in Parco naturale, è la tutela dell’ambiente ad assumere, per specifica scelta del legislatore, rilievo preminente su qualsiasi altro interesse anche di primaria importanza. Alla luce di tale ratio, deve essere letto il comma 3 dell’art. 11 della legge 394 del 1991, che prevede che “Salvo quanto previsto dal comma 5, nei parchi sono vietate le attività e le opere che possono compromettere la salvaguardia del paesaggio e degli ambienti naturali tutelati con particolare riguardo alla flora e alla fauna protette e ai rispettivi habitat. In particolare sono vietati: (…) b) l'apertura e l'esercizio di cave, di miniere e di discariche, nonché l'asportazione di minerali;”. Nei parchi vi è pertanto il divieto di tutte indistintamente le attività e le opere che possano comunque recare pregiudizio alla salvaguardia del paesaggio e degli ambienti naturali tutelati. La disposizione indica un elenco non esaustivo di attività ed interventi - declinato alle lettere da a) ad h) - che sono direttamente inibiti dalla legge, in quanto, ritenuti, in forza di presunzione assoluta, di per sè idonei a compromettere "la salvaguardia del paesaggio e degli ambienti naturali tutelati". E’ evidente che con riferimento alla materia dei rifiuti, il riferimento alle “discariche”, di cui alla lettera b) dello stesso art. 11, n. 3, costituisce solo una specificazione, non avente portata certamente esaustiva, delle attività relative ai rifiuti.

Pubblicato il 05/06/2023

N. 05457/2023REG.PROV.COLL.

N. 06478/2016 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 6478 del 2016, proposto dalla ditta B&B Eco s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato Orazio Abbamonte, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Titomanlio in Roma, via Nicolò Porpora, n. 12;

contro

l’Ente parco nazionale appennino Lucano Val d’Agri lagonegrese, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, domiciliataria in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;

per la riforma

della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Basilicata, sezione prima, n. 31 del 18 gennaio 2016.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio dell’Ente parco nazionale appennino lucano Val d’Agri lagonegrese;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatrice nell'udienza pubblica del giorno 15 dicembre 2022 il consigliere Emanuela Loria;

Viste le conclusioni delle parti presenti, o considerate tali ai sensi di legge, come da verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. L’oggetto del presente contenzioso è costituito dall’ordinanza n. 8 del 13 novembre 2014, emessa dalla Direzione generale dell’Ente Parco nazionale appennino Lucano Val d’Agri lagonegrese (“Ente parco”), con la quale è stata disposta la chiusura della stazione di trasferenza gestita dall’appellante in località Aia dei Monaci, in agro di Tito.

2. In punto di fatto, dagli atti di causa si rileva che:

- la società ricorrente ha gestito una discarica, ubicata in Tito, località “Aia dei Monaci”, autorizzata con deliberazioni della Giunta regionale della Basilicata n. 172/1992, n. 3932/1993 e 2351/1996;

- le attività della discarica si sono protratte sino al 6 agosto 2004, data in cui la Regione Basilicata ne ha disposto la chiusura con d.g.r. n. 1902/2004;

- in seguito, tale sito è stato utilizzato come stazione di trasferenza di rifiuti urbani per effetto dell’ordinanza n. 38, prot. 850/P del 31 luglio 2007, emanata ai sensi dell’art. 191, n. 1, del d.lgs. n.152 del 2006, dal Presidente della Provincia di Potenza, successivamente reiterata in più occasioni;

- con nota prot. n. 4905/U, ricevuta il 29 ottobre 2014, l’Ente Parco intimato ha comunicato, ai sensi della legge n. 241/1990, l’attivazione del procedimento finalizzato alla chiusura della predetta stazione di trasferenza, ai sensi dell’art. 29 della legge n. 394 del 1991;

- il 30 ottobre 2014 la Provincia di Potenza ha adottato la determinazione dirigenziale n. 37868, per l’utilizzo del sito in questione per il periodo dall’1 novembre 2014 al 31 maggio 2015, ai sensi dell’art. 42, n. 3, della legge regionale n. 26 del 18 agosto 2014;

- con l’impugnata ordinanza n. 8/2014, l’Ente parco ha disposto la chiusura della ripetuta stazione di trasferenza.

3. Con il ricorso instaurato dinanzi al T.a.r. per la Basilicata, la ditta ha dedotto la violazione e falsa applicazione di legge in relazione all’art. 8 della l. n. 241 del 1990, all’art. 11 l. n. 394 del 1991, al d.lgs. n. 152 del 2006, alla l.r. n. 46 del 2014), la violazione dei principi generali di trasparenza, imparzialità e buon andamento della pubblica amministrazione, e l’eccesso di potere (illogicità manifesta; contraddittorietà).

4. La sentenza impugnata n. 31 del 2016 ha respinto il ricorso e ha compensato le spese del giudizio.

5. Con l’appello in esame l’istante ha proposto un unico articolato motivo, esteso da pag. 6 a pag. 11 e ha riproposto la domanda di risarcimento del danno asseritamente subito.

In particolare con il motivo di gravame è fatta valere la violazione dell’art. 11, comma 3, lett. b), della l. n. 394 del 1991, il travisamento e il difetto di istruttoria e l’erroneità della sentenza di primo grado per essere stati erroneamente valutati gli atti, gli accadimenti e la cronologia dei fatti di giudizio per come rappresentati ed effettivamente accaduti.

5.1. L’Ente parco si è costituito con memoria di stile il 2 settembre 2016.

5.2. Con nota del 12 luglio 2022, l’appellante ha depositato la dichiarazione di permanenza dell’interesse alla decisione dell’appello.

5.3. Alla pubblica udienza del 15 dicembre 2022 la causa è stata trattenuta in decisione.

6. Preliminarmente il Collegio rileva che a seguito dell’appello sono state riproposte le censure relative alla violazione dell’art. 11, comma 3, lett. b) l. n. 394/1991 nonché di travisamento dei fatti e di difetto di istruttoria, per cui è sceso il giudicato sui profili di censura non ritualmente riproposti, vale a dire la violazione e falsa applicazione delle previsioni di legge n. 241 del 1990 e in particolare dell’art. 8, nonché la mancata assegnazione di un termine per controdedurre e il vizio di mancata notifica dell’atto finale.

7. Nel merito il ricorso è infondato.

7.1. Con una prima argomentazione l’appellante sostiene che il provvedimento impugnato non avrebbe potuto essere emanato in applicazione dell’art. 11, comma 3, legge n. 394 del 1991 poiché l’attività di trasferenza dei rifiuti non è tra quelle espressamente vietate nell’ambito degli Enti parco per cui avrebbe dovuto essere accertata la sua effettiva lesività e il fatto che la stessa sia fonte di danno ambientale.

L’attività di trasferenza consiste, infatti, nello scarico e nel carico di rifiuti solidi urbani non pericolosi e non inquinanti perché derivanti da raccolta differenziata dei Comuni ed esenti da rifiuti pericolosi e viene condotta in ambiente chiuso, sicché può essere vietata solo se ne venga accertata la lesività per il contesto.

7.2. In secondo luogo, nel caso in esame l’attività è stata autorizzata ed il sito è sottoposto a monitoraggio ambientale da un decennio da parte della Provincia di Potenza e dall’Agenzia regionale ambientale che non hanno mai rilevato valori pericolosi.

L’attività di discarica esercitata per anni e chiusa avrebbe interessato un’altra area diversa e distinta ed è stata autorizzata dalla Provincia con i poteri straordinari ad essa conferiti ai sensi dell’art. 191, comma 1, d.lgs. n. 152 del 2006 e successivamente ricompresa nel Piano rifiuti regionale (art. 10 lett. c) pag. 84) e provinciale (pag. 139) dalla l.r. n. 17/2011 art. 25 e dall’Osservatorio straordinario del Piano regionale dei rifiuti.

7.3. L’appellante rileva altresì il difetto di istruttoria e di motivazione poiché il provvedimento avrebbe dovuto verificare in concreto il contrasto con il bene protetto laddove avrebbe invece confuso le due attività, da tenere invece distinte, di trasferenza e di discarica.

8. Le argomentazioni spese dall’appellante sono complessivamente infondate.

In liea di principio, la finalità della legge sulle aree protette è dichiaratamente quella di garantire e promuovere, “in attuazione degli art. 9 e 32 Cost., e nel rispetto degli accordi internazionali”, la conservazione e la valorizzazione del patrimonio naturale del Paese, nei territori che, costituendo espressione di detto patrimonio, meritano speciale tutela (cfr. L. n. 394 del 1991, art. 1, commi 1, 2 e 3), sicché risulta evidente che nelle aree, che, rispondendo alle anzidette caratteristiche, sono istituite in Parco naturale, è la tutela dell’ambiente ad assumere, per specifica scelta del legislatore, rilievo preminente su qualsiasi altro interesse anche di primaria importanza (sul punto Cass. SS.UU. n. 19389 dell’11 novembre 2012).

Alla luce di tale ratio, deve essere letto il comma 3 dell’art. 11 della legge 394 del 1991, che prevede che “Salvo quanto previsto dal comma 5, nei parchi sono vietate le attività e le opere che possono compromettere la salvaguardia del paesaggio e degli ambienti naturali tutelati con particolare riguardo alla flora e alla fauna protette e ai rispettivi habitat. In particolare sono vietati:

(…)

b) l'apertura e l'esercizio di cave, di miniere e di discariche, nonché l'asportazione di minerali;”.

Nei parchi vi è pertanto il divieto di tutte indistintamente le attività e le opere che possano comunque recare pregiudizio alla salvaguardia del paesaggio e degli ambienti naturali tutelati.

La disposizione indica un elenco non esaustivo di attività ed interventi - declinato alle lettere da a) ad h) - che sono direttamente inibiti dalla legge, in quanto, ritenuti, in forza di presunzione assoluta, di per sè idonei a compromettere "la salvaguardia del paesaggio e degli ambienti naturali tutelati".

E’ evidente che con riferimento alla materia dei rifiuti, il riferimento alle “discariche”, di cui alla lettera b) dello stesso art. 11, n. 3, costituisce solo una specificazione, non avente portata certamente esaustiva, delle attività relative ai rifiuti.

8.1. Nel caso in esame dev’essere in primo luogo sottolineato che la stazione di trasferenza sorge in area limitrofa ad altra già oggetto di contaminazione ambientale (discarica) per la quale la società ricorrente risulta aver attivato le procedure operative di cui all’art. 242 del d.lgs. n. 152 del 2006, tant’è che proprio il dichiarato avvio di tali attività ha consentito la conferma dell’utilizzo dell’area sopracitata quale stazione di trasferimento dei rifiuti (cfr. note del dirigente dell’Ufficio ambiente della Provincia di Potenza n. 46525 del 26 novembre 2010, all. n. 16 fascicolo primo grado dep. Provincia del 21 settembre 2015, e del dirigente dell’Ufficio prevenzione e controllo ambientale della Regione Basilicata prot. n. 226777 del 29 novembre 2010, all. n. 18 fascicolo primo grado dep. Provincia del 21 settembre 2015).

8.2. Inoltre risulta dagli atti di causa che il competente Comando stazione del Corpo forestale dello Stato, con nota prot. n. 1113 del 14 ottobre 2014 (all. n. 3 fascicolo primo grado dep. Ente parco 13 dicembre 2014), ha comunicato all’Ente resistente di aver: “attivato le procedure previste ai sensi dell’art. 244 del d.lvo. n. 152 del 3/04/2006 per il sito ricadente nella località Aia dei Monaci in agro del Comune di Tito”, risultando superati taluni valori di concentrazione previsti dalla tabella 2, allegato 5, parte IV del d.lgs. n. 152/2006, nonché che: “In data 30.09.2014, la Provincia di Potenza ha emesso ordinanza di diffida n. 33650/14 nei confronti della B&B Eco srl, per gli adempimenti previsti ai sensi dell’art. 242 del d.lgs. n. 152/2006”.

8.3. Inoltre, è necessario considerare la mole dell’attività gestita dalla stazione di trasferenza come si evince dalla determinazione della Provincia di Potenza n. 37868 del 30 ottobre 2014 (fascicolo primo grado all. n. 1 dep. Ente parco 15 maggio 2015): al momento dell’emanazione del provvedimento di chiusura, presso di essa erano conferiti i rifiuti provenienti dai Comuni di Abriola, Avigliano, Brienza, Brindisi di Montagna, Potenza, Ruoti, S.Angelo Le Fratte, Sasso di Castalda, Sattiano di Lucania, Tito, Balvano, Baragiano, Bella, Castelgrande, Muro Lucano, Picerno, Savoia di Lucania, Vaglio di Basilicata e Vietri di Potenza (c.d. I gruppo), nonché dai Comuni di Albano, Anzi, Calvello, Catupomaggiore, Castelmezzano, Laurenzana, Pietrapertosa e Trivigno (c.d. II gruppo).

In particolare, tale stazione:

a) riceveva i rifiuti urbani prodotti dai Comuni del I e del II gruppo;

b) trasferiva tali rifiuti presso le piattaforme di Atella, di S. Arcangelo e di Venosa, secondo le quantità riportate nel prospetto A1, allegato alla stessa determinazione, ovverosia complessivamente 2700 tonnellate al mese.

Inoltre, a seguito dell’istruttoria disposta dal primo giudice (note del dirigente del Settore ambiente della Provincia di Potenza prot. n. 461 del 30 luglio 2007, e prot. n. 432 del 6 agosto 2008) è risultato che le operazioni effettuate presso la predetta stazione di trasferenza sono consistite: “nell’accettazione dei rifiuti, il deposito nell’area individuata, eventuali altri interventi compatibili con la qualità del rifiuto, con le condizioni del sito e con le attrezzature disponibili, captazione del percolato, carico per il trasporto e lo smaltimento presso impianti autorizzati, il tutto secondo le valutazioni del gestore”.

Il quadro che risulta da quanto sopra rilevato fa concludere per una incompatibilità dell’attività di trasferenza rispetto alla finalità che l’Amministrazione ha inteso perseguire con l’istituzione dell’Ente parco e con la tutela dell’ambiente che al suo interno assume, per specifica scelta del legislatore, un rilievo preminente su qualsiasi altro interesse anche di primaria importanza ai sensi della l. n. 394 del 1991.

Pertanto non si ravvisano i dedotti vizi di violazione dell’art. 11, comma 3, l. n. 394 del 1991 né il difetto di istruttoria e di motivazione.

9. Per quanto concerne l’ulteriore censura dedotta, per cui vi sarebbe un contrasto tra il provvedimento impugnato e i provvedimenti assunti dalla Provincia di Potenza e dalla Regione Basilicata “in regime di emergenza ex art. 191, comma 1 del d.lgs. del d.lgs. n. 152/2006” che avrebbero autorizzato il sito in questione anteriormente all’istituzione dell’Ente parco, anch’ essa è infondata.

L’art. 191 del d.lgs. n. 152 del 2006, che prevede il potere di emanare ordinanze contingibili e urgenti in materia di rifiuti per un periodo non superiore a diciotto mesi, è una norma di carattere eccezionale e pertanto di stretta interpretazione.

Nel caso in esame, i provvedimenti adottati, ai sensi dell’art. 191 del d.lgs. n. 152 del 2006, dal Presidente della Provincia di Potenza o dal Presidente della Giunta regionale della Basilicata, hanno cessato di avere efficacia il 30 novembre 2011, ovverosia dal decorso dell’ordinanza della predetta Amministrazione provinciale n. 64/amb. del 30 novembre 2011.

In seguito, risultano emanate una pluralità di determinazioni dirigenziali della Provincia di Potenza che non richiamano l’art. 191 del d.lgs. n. 152 del 2006, bensì dapprima l’art. 25, n. 4, della legge regionale n.17 del 4 agosto 2011 e poi l’art. 42, n. 3 della legge regionale n. 26 del 18 agosto 2014.

Né l’art. 25 n. 4 della l.r. 17 del 2011 né l’art. 42, n. 3, della l.r. n. 26 del 18 agosto 2014, nel testo vigente ratione temporis, contemplano il potere di ordinanza in deroga ma prevedono la possibilità per la Provincia di disporre le modificazioni del flusso dei rifiuti qualora si verifichino carenze nelle capacità di smaltimento e di trattamento di rifiuti solidi urbani nei comprensori provinciali.

Pertanto, non si può affermare che il provvedimento dell’Amministrazione provinciale n. 37868 del 30 ottobre 2014 (all. n. 1 fascicolo primo grado dep. Ente parco), in vigore al momento dell’emanazione dell’atto impugnato, rivesta la forma ed i caratteri dell’ordinanza contingibile e urgente, non richiamando l’art. 191 d.lgs. n. 152 del 2006, né indicando, come prescrive il n. 3 dello stesso articolo 191, la deroga alle disposizioni di cui alla legge n. 394 del 1991.

Invero, con la successiva determinazione dirigenziale n. 40734 del 19 novembre 2014 (all. n. 2 fascicolo primo grado dep. Ente parco) la Provincia si è limitata a prendere atto dell’ordinanza di chiusura della stazione di trasferenza e a disporre le conseguenti modificazioni del flusso dei rifiuti, non facendo in alcun modo valere la portata derogatoria della propria precedente attività provvedimentale.

10. Conclusivamente l’appello deve essere respinto.

11. Al respingimento delle censure dedotte consegue la legittimità del provvedimento gravato e l’infondatezza della domanda risarcitoria.

12. Le spese del giudizio possono essere compensate a motivo della costituzione soltanto formale dell’Amministrazione.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sull’appello r.g.n. 6478/2016, lo respinge.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 15 dicembre 2022 con l’intervento dei magistrati:

Vincenzo Neri, Presidente FF

Luca Lamberti, Consigliere

Francesco Gambato Spisani, Consigliere

Giuseppe Rotondo, Consigliere

Emanuela Loria, Consigliere, Estensore