Consiglio di Stato Sez. IV n. 4287 del 4 giugno 2021
Rifiuti.Consorzi

I consorzi previsti dall’art. 234 d.lgs. n. 152 del 2006, la cui finalità e la cui disciplina positiva è del tutto analoga alla tipologia di consorzio previsto e disciplinato dall’art. 223 d.lgs. n. 152 del 2006, godono di ampia autonomia negoziale nella predisposizione della disciplina statutaria, che può essere conformata dal Ministero vigilante, soltanto nei limiti in cui ciò sia strettamente necessario per il perseguimento delle finalità pubblicistiche.


Pubblicato il 04/06/2021

N. 04287/2021REG.PROV.COLL.

N. 03646/2020 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 3646 del 2020, proposto dalla Federazione Gomma Plastica, Eiffel Industria Materie Plastiche S.p.a., Industrie Polieco – M.P.B. S.r.l., Nuova Rabbi Plast S.r.l., Picenum Plast S.p.a., Riccini S.r.l., Valsir S.p.a. e Virosac S.r.l., in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, rappresentate e difese dall’avvocato Giuseppe Franco Ferrari, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via di Ripetta, n. 142;

contro

il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, Ministero dello sviluppo economico, Ministero delle politiche agricole alimentari forestali e del turismo, Ministero della salute, in persona dei rispettivi Ministri pro tempore, rappresentati e difesi dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici sono domiciliati ex lege in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;

nei confronti

della Consorzio Nazionale per il Riciclaggio dei Rifiuti di Beni A Base di Polietilene (Polieco), in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Tommaso Marvasi e Federico Tedeschini, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
della Fondazione Santa Chiara Onlus, in persona del legale rappresentante pro tempore, non costituita in giudizio;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Seconda) n. 3098 del 28 agosto 2020, resa tra le parti.

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, del Ministero dello sviluppo economico, del Ministero delle politiche agricole alimentari forestali e del turismo, del Ministero della salute, del Consorzio nazionale per il riciclaggio dei rifiuti di beni a base di polietilene (Polieco);

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 22 aprile 2021, svoltasi da remoto in video conferenza ai sensi dell’art. 25 d.l. n. 137 del 2020, il consigliere Michele Conforti e uditi per le parti gli avvocati Giuseppe Franco Ferrari, Tommaso Marvasi, Federico Tedeschini e l'avvocato dello Stato Maria Letizia Guida che partecipano alla discussione orale ai sensi dell'art. 25 d.l. n.137/2020;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. Il presente giudizio ha ad oggetto la legittimità del decreto n. 155, del 23 maggio 2019, del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, emesso di concerto con il Ministero dello sviluppo economico, di approvazione dello statuto del Consorzio nazionale per il riciclaggio di rifiuti di beni in polietilene (d’ora in avanti, “Consorzio”).

1.1. A ricorrere in giudizio, sono state:

a) la Federazione “Gomma Plastica” (di seguito, “Federazione”), costituente la federazione nazionale fra le industrie della gomma, cavi elettrici ed affini, e delle industrie trasformatrici di materie plastiche ed affini, delle imprese che operano nei settori della produzione di manufatti a matrice polimerica, gomma, materie plastiche e affini, e, dunque, costituente un’associazione di categoria;

b) alcune società produttrici di materiale plastico, tubazioni e raccordi in materie plastiche, tra cui il polietilene.

1.2. Le ricorrenti hanno premesso di non aver aderito al Consorzio e di non aver potuto dar vita, a causa della mancanza dei necessari presupposti, non imputabile a loro negligenza, un sistema alternativo di gestione dei rifiuti di beni in polietilene, ancorché, in astratto, consentito dalla legge.

1.3. La Federazione e le società hanno dunque impugnato il decreto di approvazione dello statuto, proponendone domanda di annullamento innanzi al competente T.a.r. per il Lazio.

1.4. Le ricorrenti hanno evidenziato di aver impugnato il decreto di approvazione, perché da esso discenderebbe l’obbligo di partecipare al suddetto Consorzio e di corrispondere il relativo contributo, anche con riferimento alle spettanze pregresse (pag. 5 del ricorso di primo grado).

A causa, poi, dell’illegittimità di alcune delle disposizioni statutarie approvate, sarebbero costrette ad aderire ad un consorzio nel quale non sarebbe garantita la trasparenza né un’adeguata rappresentatività.

2. Con il primo motivo di ricorso, dopo aver ripercorso l’articolata evoluzione del quadro normativo che disciplina la materia, le ricorrenti hanno dedotto l’illegittimità dell’atto di approvazione dello statuto consortile per non essere stati “altresì definiti ed approvati gli elementi di cui al comma 13 dell’art. 234 […] indispensabili affinché i sistemi autonomi possano effettivamente e concretamente essere attivati e positivamente riconosciuti dal MATTM”, venendosi in tal modo a creare un sistema tendenzialmente anti-concorrenziale.

3. Con il secondo motivo di ricorso, le ricorrenti hanno censurato l’approvazione, mettendo in risalto l’illegittimità delle singole disposizioni dello statuto, deducendone l’illegittimità.

4. Con il terzo motivo, le ricorrenti hanno ampliato, con ulteriori argomenti, la censura precedente.

5. Si sono costituiti in giudizio il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare (d’ora in avanti, MATTM), il Ministero dello sviluppo economico (MISE), il Ministero della Salute, il Ministero delle politiche agricole, forestali e del turismo, nonché il Consorzio, resistendo al ricorso e domandandone il rigetto.

6. Con la sentenza, n. 3098, del 10 marzo 2021, il T.a.r. per il Lazio ha deciso come segue.

6.1. Il T.a.r. ha respinto la doglianza articolata nel primo motivo di ricorso, circa l’illegittimità dell’approvazione, a causa della prevista obbligatorietà dell’adesione al Consorzio, ritenendo infondata la deduzione di parte.

Si è ritenuto che l’obbligo di adesione discende dalla disciplina normativa la quale, al contempo, prevede anche la possibilità di creare sistemi alternativi.

Tali sistemi alternativi avrebbero potuto essere sollecitati dalle imprese interessate con gli strumenti forniti dall’ordinamento e, comunque, avrebbero potuto essere attuati, poiché l’art. 264, comma 1, lett. i), del d.lgs. 152/2006 ha previsto che: “Al fine di assicurare che non vi sia alcuna soluzione di continuità nel passaggio dalla preesistente normativa a quella prevista dalla parte quarta del presente decreto, i provvedimenti attuativi del citato decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22, continuano ad applicarsi sino alla data di entrata in vigore dei corrispondenti provvedimenti attuativi previsti dalla parte quarta del presente decreto”, e, inoltre, l’art. 35 comma 13 del D.L. 12 settembre 2014, n. 133, convertito, con modificazioni, dalla L. 11, ha previsto che “Fino all’emanazione del decreto di cui al comma 13 dell'articolo 234 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, come modificato dal presente articolo, i contributi previsti dal medesimo articolo 234, commi 10 e 13, sono dovuti nella misura del 30 per cento dei relativi importi”.

L’approvazione dello statuto consortile non sarebbe stata, dunque, contraria ai principi di libera concorrenza.

Il T.a.r. ha ritenuto infondata, pertanto, anche la censura relativa alle deduzioni articolate avverso le previsioni recate dall’art. 31 dello statuto approvato, in quanto volte ad agevolare le imprese che fino a quel momento non avevano inteso aderire al consorzio, prevedendo una sanatoria della posizione debitoria pregressa.

6.2. Il T.a.r. ha respinto il terzo motivo di ricorso, ritenendo che il Consorzio ben potesse derogare alle disposizioni contenute nello schema-tipo, predisposto dal MATTM, in ragione dell’autonomia statutaria di cui gode il Consorzio, in ragione della sua natura privatistica, così come stabilito, in un caso analogo, da alcuni precedenti di questo Consiglio, espressamente menzionati dal T.a.r. (sentenze nn. 4475, 4476 e 4477 del 2015);

6.3. Anche il secondo motivo di ricorso è stato, infine, rigettato, non ravvisando i dedotti profili di illegittimità delle disposizioni singolarmente censurate e, quindi, di riflesso, dell’approvazione;

6.4. La Federazione e le società ricorrenti sono state condannate al pagamento delle spese di lite quantificate in euro 2.000,00 a favore di ciascuna parte resistente.

7. La Federazione e le società ricorrenti in primo grado hanno impugnato la sentenza del T.a.r., con un appello articolato in tre autonomi motivi, domandando altresì la sospensione della sua esecutività.

8. Con l’ordinanza n. 4028 del 2020, questo Consiglio ha respinto l’istanza cautelare, ritenendo che, nel bilanciamento dei contrapposti interessi, quello pubblico alla tutela ambientale risulta prevalente rispetto agli interessi delle appellanti.

9. Si sono costituiti in giudizio i Ministeri, i quali hanno domandato il rigetto dell’appello.

10. Si è costituito in giudizio altresì il Consorzio, il quale, nella memoria del 26 giugno 2020, in via pregiudiziale, ha eccepito il sopravvenuto difetto di interesse alla decisione del presente giudizio.

10.1. Viene evidenziato, al riguardo, che «con decreto del capo dipartimento del MATTM n. 0000026 del 19/06/2020 è stato riconosciuto, ai sensi dell’art. 234, comma 7, d. lgs 152/2006, il sistema autonomo e alternativo al Polieco denominato “Sistema autonomo Ecopolietilene”»: sarebbe dunque venuto meno il presupposto su cui sarebbe fondato l’appello.

11. La Federazione ha ulteriormente illustrato le sue difese con le memorie del 25 giugno 2020 e del 18 gennaio 2021.

11.1. In quest’ultima, in particolare, la Federazione ha insistito circa la persistenza di un interesse alla decisione, evidenziando come l’avvenuto riconoscimento del sistema autonomo Ecopolietilene non incida sul fatto che non si conoscono ancora quelli che sono i criteri che disciplineranno “a regime”, e non soltanto in via trasitoria, il funzionamento dei sistemi autonomi, rendendo incerte le scelte degli operatori del settore.

12. Con memoria del 18 gennaio 2021, il Consorzio ha rilevato come talune delle appellanti difetterebbero di interesse alla prosecuzione della controversia, o per aver aderito al consorzio alternativo Ecopolietilene (la Picenum Plast), oppure per aver siglato un accordo transattivo con il Consorzio (la Riccini S.r.l., alla Nuova Rabbiplast S.r.l. e alla Valsir S.p.A).

Il Consorzio ha poi illustrato sinteticamente le difese già articolate precedentemente.

13. Le parti hanno poi ulteriormente controdedotto sulle argomentazioni altrui, con il deposito di note di replica.

14. All’udienza del 22 aprile 2021, la causa è stata trattenuta in decisione.

15. Per decidere l’appello proposto, il Collegio ritiene opportuna una preliminare ricognizione della disciplina delineata dall’art. 234 del d.lgs. n. 152 del 2006.

Per quel che rileva nel presente giudizio, tale disposizione prevede al comma 1 che “Al fine di razionalizzare, organizzare e gestire la raccolta e il trattamento dei rifiuti di beni in polietilene destinati allo smaltimento, è istituito il Consorzio per il riciclaggio dei rifiuti di beni in polietilene…”.

Circa l’adesione al consorzio, la disposizione prevede poi al comma 4, che “Ai consorzi partecipano: a) i produttori e gli importatori di beni in polietilene; b) gli utilizzatori e i distributori di beni in polietilene; c) i riciclatori e i recuperatori di rifiuti di beni in polietilene”, mentre al comma 5 che “Ai consorzi possono partecipare in qualità di soci aggiunti i produttori ed importatori di materie prime in polietilene per la produzione di beni in polietilene e le imprese che effettuano la raccolta, il trasporto e lo stoccaggio dei beni in polietilene. Le modalità di partecipazione vengono definite nell'ambito dello statuto di cui al comma 3”.

Rileva, inoltre, quanto disposto al comma 7, dove si legge che “Gli operatori che non provvedono ai sensi del comma 1 possono entro centoventi giorni dalla pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale dello Statuto tipo ai sensi del comma 2:

a) organizzare autonomamente la gestione dei rifiuti di beni in polietilene su tutto il territorio nazionale;

b) mettere in atto un sistema di raccolta e restituzione dei beni in polietilene al termine del loro utilizzo, con avvio al riciclo o al recupero, previo accordi con aziende che svolgono tali attività, con quantità definite e documentate;

Nelle predette ipotesi gli operatori stessi devono richiedere all'osservatorio nazionale sui rifiuti, previa trasmissione di idonea documentazione, il riconoscimento del sistema adottato. A tal fine i predetti operatori devono dimostrare di aver organizzato il sistema secondo criteri di efficienza, efficacia ed economicità, che il sistema è effettivamente ed autonomamente funzionante e che è in grado di conseguire, nell'ambito delle attività svolte, gli obiettivi fissati dal presente articolo. Gli operatori devono inoltre garantire che gli utilizzatori e gli utenti finali siano informati sulle modalità del sistema adottato. L'Autorità, dopo aver acquisito i necessari elementi di valutazione, si esprime entro novanta giorni dalla richiesta. In caso di mancata risposta nel termine sopra indicato, l'interessato chiede al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare l'adozione dei relativi provvedimenti sostitutivi da emanarsi nei successivi sessanta giorni. L'Autorità presenta una relazione annuale di sintesi relativa a tutte le istruttorie esperite.”.

Per il comma 8, poi, “I consorzi di cui al comma 1 si propongono come obiettivo primario di favorire il ritiro dei beni a base di polietilene al termine del ciclo di utilità per avviarli ad attività di riciclaggio e di recupero. A tal fine i consorzi svolgono per tutto il territorio nazionale i seguenti compiti:

a) promuovono la gestione del flusso dei beni a base di polietilene;

b) assicurano la raccolta, il riciclaggio e le altre forme di recupero dei rifiuti di beni in polietilene;

c) promuovono la valorizzazione delle frazioni di polietilene non riutilizzabili;

d) promuovono l'informazione degli utenti, intesa a ridurre il consumo dei materiali ed a favorire forme corrette di raccolta e di smaltimento;

e) assicurano l'eliminazione dei rifiuti di beni in polietilene nel caso in cui non sia possibile o economicamente conveniente il riciclaggio, nel rispetto delle disposizioni contro l'inquinamento”.

Si prevede, infine, al comma 3 che “Il consorzio di cui al comma 1… adegua il proprio statuto in conformità allo schema tipo approvato dal Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico, entro centoventi giorni dalla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, e ai principi contenuti nel presente decreto ed in particolare a quelli di trasparenza, efficacia, efficienza ed economicità, nonché di libera concorrenza nelle attività di settore. Nei consigli di amministrazione del consorzio il numero dei consiglieri dì amministrazione in rappresentanza dei raccoglitori e dei riciclatori dei rifiuti deve essere uguale a quello dei consiglieri di amministrazione in rappresentanza dei produttori con materie prime. Lo statuto adottato dal consorzio è trasmesso entro quindici giorni al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, che lo approva di concerto con il Ministro dello sviluppo economico, salvo motivate osservazioni cui il consorzio è tenuto ad adeguarsi nei successivi sessanta giorni. Qualora il consorzio non ottemperi nei termini prescritti, le modifiche allo statuto sono apportate con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico; il decreto ministeriale di approvazione dello statuto del consorzio è pubblicato nella Gazzetta Ufficiale. In ogni caso, del consiglio di amministrazione del consorzio deve fare parte un rappresentante indicato da ciascuna associazione maggiormente rappresentativa a livello nazionale delle categorie produttive interessate, nominato con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, sentito il Ministro dello sviluppo economico”.

15.1. Il quadro normativo sopra tratteggiato delinea un sistema volto a controllare la gestione dei rifiuti in polietilene, mediante la creazione di enti che si incarichino delle attività connesse al trattamento di tale tipologia di rifiuto, assumendo il compito di svolgerle, previo coordinamento degli operatori del settore, e siano sottoposti, al contempo, alla vigilanza dell’autorità amministrativa, nell’ambito di un settore che è qualificabile di pubblico interesse (per questa definizione vedi l’art. 177, comma 2, d.lgs. n. 152 del 2006 e Cons. Stato, sez. V., 24 settembre 2005 n. 4475).

15.2. Il Collegio ritiene parimenti necessaria una ricognizione del thema decidendum, con specifica attenzione al petitum dedotto nel presente giudizio.

15.2.1. È oggetto della domanda di annullamento dell’odierna parte appellante il decreto con il quale il MATTM, di concerto con il MISE, ha approvato lo statuto del Consorzio di cui al comma 1 del richiamato art. 234, nonché la legittimità di tale approvazione con riferimento ad alcune delle disposizioni contenute nello statuto in questione.

15.2.2. Il presente giudizio verte dunque sulla legittimità dell’atto di approvazione dello statuto del consorzio Polieco, del quale, nelle conclusioni del ricorso di primo grado, si domanda, conseguentemente, l’annullamento.

16. Con il primo motivo di appello, in particolare, le società ripropongono in chiave critica la censura di primo grado con la quale hanno contestato la sussistenza dell’obbligo ad aderire al consorzio nazionale, evidenziando che un simile obbligo diverrebbe cogente, secondo la normativa di riferimento, soltanto nell’eventualità in cui venga resa concretamente attivabile la possibilità, alternativa a tale adesione, di creare sistemi autonomi di riciclaggio dei rifiuti, da parte degli operatori del settore, così come previsto dall’art. 234 del d.lgs. n. 152 del 2006.

In subordine, a quanto si evince dalle allegazioni di parte, le società contestano l’individuazione del momento a partire da quale tale obbligo sarebbe divenuto cogente, da individuarsi, a tutto voler concedere, dal 9 ottobre 2019, ossia dopo che sono decorsi i 90 giorni dalla pubblicazione nella G.U.R.I. del d.m. 155/2019, con il quale si è approvato lo statuto del consorzio unico nazionale.

Le società adombrano, poi, profili di illegittimità dell’atto impugnato, che violerebbe la concorrenza (pag. 19 - 22).

Si contestano (pag. 22 – 24) i capi della sentenza che hanno respinto i motivi di impugnazione avverso le previsioni di cui all’art. 31, comma 6 e comma 7, dello statuto.

Si censura, rispetto alla prima previsione, che «la “sanatoria” non ha ragion d’essere, non essendovi, nel descritto contesto, posizioni da “sanare”», poiché si ribadisce che non sussisterebbe un obbligo di adesione al consorzio, prima della predisposizione di quanto necessario per dare vita a sistemi alternativi o comunque prima dell’approvazione del suo statuto.

Quanto alla seconda, che sarebbe illegittimo l’aver previsto un obbligo di contribuzione immediata, mentre ancora non vi è stato il riconoscimento dei sistemi alternativi di gestione e ancorché tali sistemi non possano essere adottati.

16.1. Il motivo di appello è infondato.

16.2. Invero, va preliminarmente statuito che le questioni dedotte nel motivo di appello in esame, con riferimento all’art. 31, commi 6 e 7, dello statuto e relative alla sanatoria dei contributi pregressi e al previsto obbligo di contribuzione per gli aderenti al consorzio, devono essere dichiarate inammissibili.

16.3. Tali doglianze, infatti, sono state genericamente riproposte dall’appellante, che si è limitato a ribadire, sul punto, l’insussistenza di un obbligo di adesione al consorzio derivante dall’approvazione dello statuto e a menzionare gli estremi della giurisprudenza del giudice civile e penale che suffragherebbe questa tesi, senza però censurare, con la dovuta specificità, le statuizioni del T.a.r. che hanno respinto i medesimi argomenti, già proposti in primo grado.

16.3.1. Questo Consiglio rileva, inoltre, che, per come formulate, le censure proposte, in quanto attinenti a questioni interpretative di due norme statutarie di un ente avente “personalità giuridica di diritto privato” (cfr. § 20.4. della presente sentenza) e implicanti questioni relative a diritti soggettivi e obblighi fra due soggetti privati, avrebbero dovuto essere dichiarate inammissibili per difetto di giurisdizione, in quanto attinenti ad una questione tipicamente privatistica, non correlata neppure mediatamente all’esercizio del potere.

16.3.2. La questione di giurisdizione, tuttavia, non è stata rilevata in primo grado (né come eccezione né d’ufficio) e non è stata dedotta, come motivo di impugnazione, da alcuna delle parti del giudizio.

16.4. Le censure relative all’art. 31, comma 6 e comma 7, dello statuto approvato vanno dunque dichiarate inammissibili per genericità.

16.5. Venendo all’esame degli ulteriori profili di censura, il Collegio rileva di essere chiamato a giudicare della legittimità del decreto di approvazione.

16.5.1. Il canone di legittimità dell’atto, nel caso di specie, è disciplinato, positivamente, dal comma 3, dell’art. 234, del d.lgs. n. 152 del 2006.

16.5.2. La norma poc’anzi richiamata prevede, come parametro di riscontro della legittimità dello statuto (e, quindi, conseguenzialmente dell’atto che ne dichiara la legittimità, mediante l’approvazione), lo “schema tipo approvato dal Ministero” e i “principi contenuti nel presente decreto ed in particolare a quelli di trasparenza, efficacia, efficienza ed economicità, nonché di libera concorrenza nelle attività di settore”.

16.6. Dalla disamina della prima censura articolata dall’appellante, non emergono profili di contrasto fra il decreto di approvazione e i criteri appena richiamati.

16.7. Invero, con il primo motivo ci si duole della circostanza che, in mancanza della determinazione dei parametri relativi agli obiettivi minimi di riciclaggio e al contributo percentuale di riciclaggio, previsti dall’art. 234, comma 13, d.lgs. n. 152 del 2006, non sarebbe possibile istituire tipologie alternative di gestione dei rifiuti, cosicché l’iscrizione al consorzio di cui al comma 1 diverrebbe, surrettiziamente, obbligatoria.

17. Ebbene, alla luce della doglianza così articolata, il Collegio non ritiene possa predicarsi né una violazione dello schema tipo approvato dal Ministero, né dei principi contenuti nel T.U. e, segnatamente, di quelli di trasparenza, efficacia, efficienza ed economicità, né, infine, della libera concorrenza nelle attività di settore.

17.1. Si è espressamente dedotto, da parte delle appellanti, che “il problema che subito emerge – e che tuttora persiste, e che non è stato erroneamente colto dal TAR – è la pratica impossibilità di richiedere e ottenere il riconoscimento dei sistemi autonomi…”.

17.2. Senonché il Collegio ritiene che una simile evenienza, quand’anche fosse sussistente (ma, sul punto, si rimanda a quanto sarà evidenziato infra, ai §§ 18 e ss.), non rivestirebbe alcuna incidenza nello scrutinio di legittimità del provvedimento di approvazione dello statuto, condotto in base ai parametri poc’anzi enucleati.

17.3. Invero, in base a quelle che sono le allegazioni contenute nel primo motivo di appello, un’eventuale illegittimità del decreto di approvazione si porrebbe con riferimento al principio della “libera concorrenza nelle attività di settore”, che secondo parte appellante sarebbe vulnerato dall’obbligatoria partecipazione al consorzio di cui al comma 1, essendo impossibile la creazione del sistema alternativo di cui al comma 7, a causa della mancata determinazione dei parametri necessari alla costituzione dei sistemi alternativi.

17.4. Senonché la deduzione, ancorché suggestiva, è erroneamente calibrata, perché essa imputa al provvedimento di approvazione dello statuto del consorzio, di cui al comma 1 dell’art. 234 d.lgs. n. 152 del 2006, un effetto pregiudizievole – la lesione del “principio della libera concorrenza nelle attività di settore” – che, a tutto voler concedere, discenderebbe dalla circostanza della mancata determinazione dei parametri necessari alla costituzione dei sistemi alternativi e sarebbe una diretta conseguenza della previsione di legge contenuta nel comma 4, che impone tale partecipazione (con l’uso del verbo “partecipano”, in luogo del “possono partecipare” adoperato al successivo comma 5 per altre categorie di soggetti).

17.5. Quest’ultima disposizione, nondimeno, non presenta profili di incostituzionalità o di contrarietà a disposizioni euro-unitarie.

17.5.1. In disparte, la considerazione che essi sono stati soltanto genericamente adombrati dalle appellanti, si rileva che, come correttamente messo in risalto dal T.a.r., la normativa in esame e, in particolare, l’adesione al consorzio di gestione dei rifiuti si giustifica in ragione della salvaguardia degli importanti valori ambientali che si riconnettono al corretto trattamento dei rifiuti in polietilene.

17.5.2. La normativa non è dunque né irragionevole, risultando pienamente congruente e proporzionata allo scopo che si prefigge ed espressione dell’ampio margine di discrezionalità che connota l’attività legislativa; né emanata in violazione della libera intrapresa economica, considerato che l’esercizio dell’attività di impresa deve pur sempre svolgersi non “in contrasto con l’utilità sociale”.

Risultano pertanto rispettati sia l’art. 3 che l’art. 41 Cost.

17.5.3. Neppure si profilano possibili violazioni del principio di concorrenza, considerato che la normativa prevista dall’art. 234 del d.lgs. n. 152 del 2006 prevede espressamente la possibilità di dar vita a sistemi di gestione dei rifiuti alternativi e alcune imprese hanno già iniziato a provvedere in tal senso.

18. A tali motivazioni, già sufficienti a respingere il primo motivo di appello, se ne affiancano altre di diversa natura.

18.1. Invero, la deduzione secondo cui non sarebbe stata possibile l’istituzione dei sistemi alternativi di gestione dei rifiuti in polietilene, a causa della mancata individuazione dei parametri necessari alla loro costituzione, è risultata smentita sia dalle deduzioni delle parti resistenti, accolte dal T.a.r., secondo cui vi sarebbe comunque stata una determinazione normativa, sia pure in via transitoria, di tutti i parametri previsti dalla disciplina di riferimento per procedere al riconoscimento di sistemi alternativi di gestione dei rifiuti in polietilene, ancorché non con il decreto del MATTM, previsto ai sensi del comma 13 dell’art. 234, sia dalla circostanza che, nelle more del giudizio, è intervenuto il riconoscimento di un sistema alternativo di gestione dei rifiuti in polietilene.

18.2. Quanto al primo aspetto, gli obiettivi minimi di riciclaggio risultano stabiliti al 15% dal d.m. 15 luglio 1998, la cui applicabilità è stata confermata dall’art. 264, comma 1, lett. i), del d.lgs. n. 152 del 2006; i contributi previsti dall’art. 234, commi 10 e 13, sono stati invece fissati nella misura del 30% dei relativi importi dall’art. 35, comma 13, d.l. 12 settembre 2014 n. 133, conv. dalla legge dell’11 novembre 2014 n. 16.

18.3. Non rileva, in proposito, quanto pure dedotto dalla Federazione con la memoria del 18 gennaio 2021 (pag. 5 e 6) e, invero, già con il ricorso introduttivo del giudizio (pag. 13), ossia che i parametri in questione risulterebbero fissati “in via transitoria” e non “a regime”.

18.3.1. Una simile evenienza costituisce una contingenza che non incide sulla legittimità degli atti impugnati e sulla tutela della concorrenza, nella misura in cui le interessate si dolgono della circostanza che, in futuro, questi parametri potrebbero essere modificati in senso deteriore, con grave nocumento allo svolgimento delle attività consorziali.

18.3.2. Sul punto si impongono due considerazioni.

La prima è che una modifica di tali parametri, operata attraverso il decreto ministeriale di cui all’art. 234, comma 13, d.lgs. n. 152 del 2006, sarebbe comunque attratta al sindacato di questo Giudice, ove impugnata, e, qualora risultasse manifestamente irragionevole, illogica o ingiusta, viziata da travisamento dei fatti, da difetto di istruttoria, o inficiata da qualsiasi altro sintomo di sviamento, sarebbe suscettibile di annullamento.

La seconda è che, a stretto rigore, in base a quella che è la disciplina normativa di cui al comma 13, i parametri in questione sono per espressa disposizione legislativa “mutevoli”, poiché il Ministero competente “determina ogni due anni con proprio decreto gli obiettivi minimi di riciclaggio e, in caso di mancato raggiungimento dei predetti obiettivi, può stabilire un contributo percentuale di riciclaggio”.

18.4. Viene dunque a cadere il fondamento della tesi sostenuta dalle appellanti.

19. In definitiva il primo motivo di appello va respinto.

20. Quanto al secondo e al terzo motivo, essi possono essere esaminati congiuntamente, per la stretta attinenza delle questioni dedotte.

20.1. Con il secondo motivo di appello, si rimarca che la sentenza del T.a.r. non avrebbe puntualmente esaminato le singole censure, ma avrebbe analizzato del tutto genericamente alcuni dei profili enucleati, e, pertanto, si ripropongono criticamente le censure che le società hanno proposto in primo grado con riferimento alle singole disposizioni dello statuto che si discostano dallo schema tipo.

20.2. Con il terzo motivo, l’appellante rimarca la censura precedente, evidenziando che il T.a.r. avrebbe erroneamente ritenuto lo statuto adottato conforme a quello tipo predisposto dal Ministero.

20.3. Sulle censure in esame, si osserva quanto segue.

20.4. È opportuno muovere da alcuni principi che sono stati sanciti da questo Consiglio in un caso pressoché sovrapponibile a quello in esame, perché disciplinato da una normativa analoga, ossia quella prevista dagli artt. 221 e 223 del d.lgs. n. 152 del 2006.

Secondo questo precedente “l’espressa qualificazione dei consorzi di cui all’art. 223 d.lgs. n. 153 del 2006 come soggetti muniti di personalità giuridica di diritto privato e la coesistenza, nello stesso settore di gestione dei rifiuti da imballaggio, di operatori privati gestori di sistemi autonomi, con conseguente apertura a un sistema tendenzialmente concorrenziale […] implica[…] l’assoggettamento dei consorzi in esame alla disciplina privatistica propria dei consorzi volontari, improntata ai principi di autonomia statutaria (a sua volta esplicazione del principio di autonomia contrattuale ex art. 1322 cod. civ.), organizzativa e gestionale”.

Ne discende che “Svolgendo i consorzi unici di filiera attività di pubblico interesse (v. art. 177, comma 2, d.lgs. n. 152 del 2006, secondo cui «la gestione dei rifiuti costituisce attività di pubblico interesse», funzionale alla protezione dell’ambiente e della salute umana), e non già un servizio pubblico in senso stretto […] si giustificano le previsioni legislative […] della predisposizione di uno schema-tipo di statuto da parte del Ministero dell’ambiente e della successiva approvazione dello statuto in concreto adottato dai singoli consorzi di filiera”.

Nondimeno, “l’univoca scelta legislativa di attribuire ai consorzi personalità giuridica di diritto privato – ricorrendo allo strumento del consorzio che, peraltro, costituisce la figura privatistica tipica configurata dal codice civile, negli artt. 2602 ss., per la collaborazione tra imprese – e di sottrarli, quindi, alle regole organizzative proprie delle pubbliche amministrazioni, impon[e] al Ministero, in sede di adozione dello schema-tipo di statuto, di far tendenzialmente riferimento all’ordinaria disciplina che presiede all’organizzazione e all’attività degli enti di diritto privato, e di limitarsi ad apportarvi i correttivi di stampo pubblicistico strettamente necessari al perseguimento degli interessi generali predeterminati dalla legge, al cui perseguimento è tesa l’attività dei soggetti consorziali in questione, in un rapporto di reciproca autonomia e nel rispetto del principio di sussidiarietà orizzontale sancito dall’art. 118, comma 4, Cost., oltre che dei principi di proporzionalità e di ragionevolezza sub specie di congruità tra disciplina normativa e azione amministrativa e di adeguatezza, necessarietà e idoneità delle previsioni regolatorie limitative dell’autonomia consortile rispetto all’obiettivo da perseguire, costituito dalla riduzione al minimo possibile, per tutto il ciclo di vita, dell’impatto ambientale degli imballaggi e dei rifiuti di imballaggio (art. 217, comma 2, d.lgs. n. 152 del 2006)”.

20.5. Dai principi enucleati dal richiamato precedente si trae che i consorzi previsti dall’art. 234 d.lgs. n. 152 del 2006, la cui finalità e la cui disciplina positiva è del tutto analoga alla tipologia di consorzio previsto e disciplinato dall’art. 223 d.lgs. n. 152 del 2006, godono di ampia autonomia negoziale nella predisposizione della disciplina statutaria, che può essere conformata dal Ministero vigilante, soltanto nei limiti in cui ciò sia strettamente necessario per il perseguimento delle finalità pubblicistiche.

20.6. Nondimeno, si osserva che l’art. 234, comma 3, pone alcune previsioni che, in via legislativa, conformano gli statuti e costituiscono dunque un parametro di legittimità della loro approvazione.

Il riferimento è a quelle norme che prevedono che:

a) “nei consigli di amministrazione del consorzio il numero dei consiglieri di amministrazione in rappresentanza dei raccoglitori e dei riciclatori dei rifiuti deve essere uguale a quello dei consiglieri di amministrazione in rappresentanza dei produttori con materie prime”;

b) “in ogni caso, del consiglio di amministrazione del consorzio deve fare parte un rappresentante indicato da ciascuna associazione maggiormente rappresentativa a livello nazionale delle categorie produttive interessate”.

20.7. In linea generale, va inoltre evidenziato che, in base a quanto rilevato nel richiamato precedente di questo Consiglio, l’approvazione dello statuto non può essere dichiarata illegittima perché, come dedotto da parte appellante, si è in presenza di “significative deviazioni” dallo schema-tipo, essendo invece necessario, in virtù di quanto osservato in apertura della disamina, che le deroghe siano tali da confliggere con le finalità di pubblico interesse cui il consorzio è preordinato e, in particolare, con quegli stessi parametri di legittimità indicati dalla prima parte del comma 3 e adoperati anche per l’esame del primo motivo di appello.

20.8. Va soggiunto, poi, che tale controllo di adeguatezza sulle clausole statutarie viene operato, in prima battuta, proprio dal Ministero che ha predisposto lo schema-tipo dello statuto. Su di esso (e, dunque, sull’atto di approvazione), il sindacato del Giudice amministrativo dovrà avvenire secondo modalità rispettose della discrezionalità amministrativa, fintanto che essa rimanga nei canoni della ragionevolezza, della logicità, della pienezza, correttezza e congruenza dell’istruttoria, nonché della completezza e adeguatezza della motivazione.

21. Alla luce delle suesposte coordinate vanno dunque esaminate le doglianze articolate nei motivi suindicati dall’odierna parte appellante, che si esaminano con riferimento alla legittimità del decreto di approvazione dello statuto.

22. Relativamente all’art. 4, comma 2, dello statuto, le appellanti si dolgono per la parte in cui essa prevede, con previsione ritenuta non perspicua, che l’“iscrizione è comunque efficace nei riguardi di tutti gli associati, a qualsiasi articolazione territoriale appartengano e secondo lo Statuto di ciascuna detta organizzazione nazionale”, poiché non sarebbe sufficientemente chiaro “quale “iscrizione” sia efficace nei confronti di tutti gli Associati (quella delle Associazioni di imprese o quella delle Associazioni datoriali)”.

22.1. La doglianza non può essere accolta in ragione delle premesse articolate.

22.2. Con essa si fa valere una presunta scarsa chiarezza della disciplina, la quale, tuttavia, ove anche fosse ritenuta sussistente, non confliggerebbe, di per sé, con quegli “interessi generali predeterminati dalla legge, al cui perseguimento è tesa l’attività dei soggetti consorziali in questione” e che giustificano, in deroga all’autonomia statutaria di cui gode il consorzio, l’applicazione di “correttivi di stampo pubblicistico” da parte del Ministero vigilante.

22.3. La doglianza inerente all’art. 4, comma 2, dello statuto va dunque respinta.

23. Relativamente all’art. 12 dello statuto, le appellanti si dolgono perché “lo Statuto Tipo del MATTM aveva previsto più Vice Presidenti, mentre la versione dello Statuto di Polieco approvata dal d.m. 155/2019 ne prevede uno soltanto” e ciò inciderebbe “sulla capacità rappresentativa delle imprese partecipanti al Consorzio, che potranno esprimere in Assemblea Ordinaria un unico Vice Presidente”.

23.1. La doglianza non può essere accolta in ragione delle premesse articolate.

23.2. Con essa si fa valere, infatti, una questione di carattere privatistico, inerente non già agli “interessi generali predeterminati dalla legge, al cui perseguimento è tesa l’attività dei soggetti consorziali in questione”, ma a dinamiche relative alla rappresentanza dei consorziati.

23.3. La doglianza inerente all’art. 12 dello statuto va dunque respinta.

24. Relativamente all’art. 15 dello statuto, le appellanti si dolgono perché “è stata prevista la possibilità di votare per il rappresentante delle Associazioni maggiormente rappresentative a livello nazionale delle categorie produttive, prima di proporlo al MATTM”, mentre, secondo parte appellante, “la procedura successivamente, alla votazione del soggetto indicato, come era appunto previsto corretta, e legittima, prevede che prima si proceda alla proposta al Ministro e, solo successivamente, alla votazione del soggetto indicato, come era appunto previsto nello Statuto Tipo”.

24.1. La doglianza non può essere accolta in ragione delle premesse articolate.

24.2. La previsione dello statuto-tipo non si collega infatti, a parere del Collegio ad “interessi generali predeterminati dalla legge, al cui perseguimento è tesa l’attività dei soggetti consorziali in questione”.

24.3. L’appellante, del resto, non fa emergere nella censura quali sarebbero gli interessi generali violati da tale inversione procedimentale, assumendo come illegittima in sé la deroga operata da parte dello statuto adottato rispetto alla previsione dello statuto tipo.

24.4. La doglianza esaminata, relativa all’art. 15 dello statuto va dunque respinta.

25. Relativamente alla doglianza concernente il comma 2 della medesima disposizione, le appellanti si dolgono della circostanza che, a dispetto di quanto previsto nello statuto-tipo, si sarebbe fatto riferimento alle regole di costituzione dell’assemblea previste dagli “art. 2368 e 2369 del codice civile, salvo la possibilità di prevedere una maggioranza più elevata”

25.1. La doglianza non può essere accolta in ragione delle premesse articolate.

25.2. Al di là del fatto che trattasi anche in questo caso di questione prettamente privatistica, non è neppure dedotto il perché il riferimento alle norme codicistiche costituirebbe una “previsione molto critica”.

25.3. La doglianza esaminata, relativa all’art. 15, comma 2, dello statuto va dunque respinta.

26. Relativamente alla doglianza concernente l’art. 16, commi 2 e 4, dello statuto, si fa valere una doglianza analoga a quella precedente, ma calibrata con riferimento all’assemblea straordinaria.

26.1. Le medesime motivazioni poc’anzi esposte depongono dunque per il rigetto di questa censura, che va pertanto respinta.

27. Relativamente alla doglianza concernente l’art. 18, commi 1 e 2, dello statuto ci si duole della previsione, che si discosterebbe dallo statuto-tipo in quanto avrebbe previsto un solo rappresentante delle associazioni nazionali di categoria.

27.1. In particolare, parte appellante si duole della circostanza che è prevista la presenza di un solo rappresentante delle Associazioni predette, mentre, in ragione dello statuto-tipo e dell’art. 234, comma 3, d.lgs. n. 152 del 2006, sarebbe necessario “che in loro rappresentanza vi siano almeno due soggetti”.

27.2. La disposizione contestata è la seguente: “Il consiglio di amministrazione è composto da dieci membri compreso il membro di cui all’articolo 15, comma 1 lettera c., tra i quali il presidente e il vice presidente. Tutti i componenti del consiglio di amministrazione sono eletti o indicati dall'assemblea.

Nel consiglio di amministrazione del Consorzio il numero dei consiglieri di amministrazione in rappresentanza dei raccoglitori e dei riciclatori dei rifiuti deve essere uguale a quello dei consiglieri di amministrazione in rappresentanza dei produttori di materia prima. In ogni caso deve far parte un rappresentante indicato da ciascuna associazione maggiormente rappresentativa a livello nazionale delle categorie produttive interessate, nominato con decreto del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, sentito il Ministero dello sviluppo economico da aversi computato alternativamente a carico della categoria dei produttori e importatori di beni in polietilene e della categoria dei produttori ed importatori di materia prima in polietilene per la produzione di beni in polietilene”.

27.3. La doglianza è fondata.

27.4. L’art. 234, comma 3, prevede infatti che “In ogni caso, del consiglio di amministrazione del consorzio deve fare parte un rappresentante indicato da ciascuna associazione maggiormente rappresentativa a livello nazionale delle categorie produttive interessate nominato con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, sentito il Ministro dello sviluppo economico”.

27.5. Dal combinato disposto del primo e del secondo comma della disposizione statutaria in esame si trae che il rappresentante spettante alle categorie produttive indicate è unico, malgrado il tenore testuale della normativa in esame, nient’affatto perspicuo, potrebbe indurre a ritenere il contrario.

La disposizione è dunque illegittima nella parte in cui prevede un unico rappresentante per le due categorie “da aversi computato alternativamente”, in luogo di “un rappresentante…delle categorie produttive interessate”, come previsto dall’art. 234, comma 3, del T.U.

27.6. La doglianza esaminata va dunque accolta e va pronunciato l’annullamento dell’atto di approvazione dello statuto nella parte in cui approva l’art. 18 dello statuto, nei sensi e nei limiti poc’anzi chiariti.

28. Relativamente alla doglianza concernente l’art. 19, comma 4, le appellanti si dolgono del fatto che non venga prevista per la regolare costituzione del consiglio di amministrazione la necessaria presenza del Rappresentante delle Associazioni nazionali di categoria, in considerazione del “ruolo di garanzia rivestito”.

28.1. La doglianza è infondata.

28.2. Invero, l’assunto su cui essa si basa è del tutto apodittico ed indimostrato, né si correla, mancando ogni deduzione al riguardo, con “interessi generali predeterminati dalla legge, al cui perseguimento è tesa l’attività dei soggetti consorziali in questione”.

28.3. La doglianza relativa all’art. 19, comma 4, va dunque respinta.

29. Relativamente alla doglianza concernente l’art. 31, comma 4, le appellanti si dolgono del fatto che è stata procrastinata la nomina del rappresentante delle categorie produttive, per ben “due successivi esercizi”.

29.1. La doglianza è fondata.

29.2. La norma di cui all’art. 234, comma 3, impone che del consiglio di amministrazione del consorzio faccia parte un rappresentante indicato da ciascuna associazione maggiormente rappresentativa a livello nazionale delle categorie produttive interessate, senza prevedere un regime transitorio in caso di adozione del nuovo statuto.

29.3. La previsione statutaria adottata si pone, pertanto, in violazione della suddetta norma e, conseguentemente, l’approvazione dello statuto risulta in parte qua illegittima e va annullata.

29.4. La doglianza esaminata va dunque accolta e va disposto l’annullamento del decreto di approvazione dello statuto nella parte in cui approva l’art. 31, comma 4, dello statuto, nei sensi e nei limiti appena chiariti.

30. Relativamente al comma 2 della medesima disposizione, che riguarda l’avvenuta costituzione e promozione della Fondazione Santa Chiara Onlus, le appellanti si dolgono che una simile previsione non fosse in alcun modo prevista dallo statuto-tipo.

30.1. La doglianza è infondata.

30.2. Il Collegio rileva che risultano pienamente condivisibili e per nulla infirmate dalle doglianze di parte appellante le motivazioni del T.a.r., che ha messo in risalto come tale previsione trova “giustificazione in specifiche funzioni attribuite dall’art. 234, comma 8 del d. lgs. 152 del 2006 al Consorzio, segnatamente con riferimento alla promozione di iniziative dirette alla informazione degli utenti ed alla sensibilizzazione dell’opinione pubblica nella prospettiva di una riduzione del consumo dei materiali e di implementazione delle buone pratiche di gestione, con ampia possibilità per l’amministrazione di esplicare le funzioni di vigilanza e controllo”.

30.3. La censura esaminata, relativa all’art. 31, comma 2, dello statuto va dunque respinta.

31. Ci si duole poi dell’art. 22, relativamente a diversi commi della disposizione (1, 2, 3 e 6), riguardante l’organo di controllo.

31.1. Con una prima censura si lamenta che non è chiarito “chi sia il Presidente di tale Organo, né come venga eletto”.

31.2. Con una seconda che “lo Statuto Tipo ha previsto che i Ministeri scelgano un numero preciso di componenti, sia effettivi, sia supplenti; al contrario, lo Statuto di Polieco lascia ai Ministeri solo la nomina di quattro componenti effettivi”.

31.3. Con una terza censura si deduce che lo statuto approvato, diversamente da quello tipo, prevede che anche il Ministero delle politiche agricole, alimentari, forestali e del turismo e del Ministero della salute abbiano competenza sulle nomine all’interno dell’organo di controllo, ma che tale previsione risulterebbe illegittima poiché “o si coinvolgono gli altri due Dicasteri in relazione a tutte le disposizioni statutarie in cui è prevista la partecipazione ministeriale, o è necessario conformarsi allo Statuto Tipo, affidando la competenza sempre (e solo) al MATTM e al MISE”.

31.4. Infine, con una quarta doglianza, si deduce che, mentre “in caso di cessazione anticipata dalla carica dei componenti eletti dall’Assemblea, per qualsiasi causa, la relativa sostituzione abbia luogo a mezzo dei componenti supplenti”, ciò non può avvenire per i membri ministeriali, non essendo stati previsti dei supplenti.

31.5. Le doglianze sono infondate.

31.6. Quanto alla prima censura, valgono anche per essa considerazioni espresse con rifermento ad una doglianza simile già esaminata in precedenza ai §§ 22 e ss.

31.6.1. Segnatamente, il Collegio rileva che anche con la doglianza in esame si fa valere una presunta scarsa chiarezza della norma la quale, tuttavia, ove anche fosse ritenuta esistente, non confliggerebbe di per sé con quegli “interessi generali predeterminati dalla legge, al cui perseguimento è tesa l’attività dei soggetti consorziali in questione” e che giustificano, in deroga all’autonomia statutaria di cui gode il consorzio, l’applicazione di “correttivi di stampo pubblicistico” da parte del Ministero vigilante.

31.6.2. La doglianza in esame, relativa al comma 1, è infondata.

31.7. Quanto alla seconda, alla terza e quarta doglianza, da esaminare congiuntamente, si rileva l’inammissibilità delle stesse per difetto di legittimazione attiva delle appellanti, le quali fanno valere, con i motivi di impugnazione, interessi di cui sono titolari i Ministeri e che quest’ultimi, evidentemente, non hanno inteso far valere procedendo all’approvazione dello statuto.

31.7.1. La seconda, la terza e la quarta doglianza sono dunque inammissibili.

32. Con la doglianza relativa all’art. 23, comma 5, dello statuto, le appellanti si dolgono del fatto che lo statuto approvato ha previsto che “La relazione è datata e sottoscritta dal presidente dell’organo di controllo oppure dal responsabile della revisione”, mentre lo statuto-tipo ha previsto che “La relazione è datata e sottoscritta dal responsabile della revisione”, lamentosi che lo “Anche in questo caso si fa nuovamente riferimento al Presidente dell’Organo di controllo, senza spiegare chi sia e come venga eletto, in contrasto con le previsioni dello Statuto Tipo”.

32.1. La doglianza è infondata, per le motivazioni già espresse al § 22 e ss., al quale, si rimanda in ossequio al dovere di sinteticità della motivazione sancito dall’art. 3, comma 2, c.p.a..

32.2. La doglianza relativa all’art. 23, comma 5, dello statuto va pertanto respinta.

33. Ci si duole poi dell’art. 26 dello statuto, in materia di “vigilanza”, deducendosene l’illegittimità perché questa disposizione avrebbe esteso i poteri di vigilanza anche al Ministero delle politiche agricole, alimentari, forestali e del turismo, e al Ministero della salute, in aggiunta ai poteri previsti dallo statuto-tipo con riferimento ai soli Ministeri dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, e dello sviluppo economico.

Ci si duole, inoltre, del fatto che i rappresentanti dei Ministeri, facenti parte dell’organo di controllo, “debbano “controllare” anche se stessi, quando sarebbe stato invece “fondamentale affidare la vigilanza a soggetti diversi da quelli che compongono gli Organi del Consorzio”.

33.1. Le doglianze sono infondate.

33.2. L’estensione dei poteri di controllo e vigilanza anche a membri nominati da altri Ministeri, in discordanza da quanto prefigurato dallo statuto-tipo, non risulta illegittima, poiché, come più volte ribadito, l’autonomia statutaria consente tale tipologia di deroghe né risultano individuati profili di violazione degli interessi generali predeterminati dalla legge cui lo statuto del Consorzio deve essere preordinato.

33.3. Relativamente alla seconda deduzione, è connaturata alla funzione dell’organo di controllo quella di vigilare sull’attività degli altri organi, sicché la censura, che peraltro si risolve in un mero giudizio di opportunità, risulta infondata.

33.4. La doglianza relativa all’art. 26 dello statuto va pertanto respinta.

34. Secondo le appellanti, “Delle stesse illegittimità risente indirettamente anche l’art. 28 dello Statuto di Polieco, dedicato all’“Organismo di vigilanza”, sicché quanto appena statuito relativamente all’art. 26 può prendersi a riferimento per statuire l’infondatezza della censura relativa all’art. 28.

35. Con l’ultima delle doglianze si impugna l’art. 31 dello statuto di Polieco, recante le Disposizioni transitorie e finali”, rispetto al quale si deduce l’illegittimità della norma nella parte in cui prevede, anche con riferimento all’organo di controllo (“il consiglio di amministrazione cosiccome l’organo di controllo”), la proroga “per due successivi esercizi” della durata dell’organo in carica.

35.1. La doglianza è fondata.

35.2. Per le motivazioni già esposte in precedenza, ai §§ 29 e ss., e a cui per dovere di sintesi si rimanda (art. 3, comma 2, c.p.a.), in quanto pienamente pertinenti anche alla decisione del motivo in esame, la censura risulta fondata e, dunque, il decreto di approvazione dello statuto consortile va annullato nella parte in cui prevede la proroga biennale all’applicazione della nuova disciplina statutaria relativamente all’organo di controllo.

35.3. La censura esaminata va dunque accolta nei sensi appena chiariti.

36. Secondo le appellanti, la norma sarebbe inoltre illegittima anche nella parte in cui, al comma 5, prevede che “Il Consorzio PolieCo, inoltre, adotterà il sistema di separazione contabile e amministrativo e redigerà il conto economico separato solo fra due esercizi.”.

36.1. La doglianza è infondata.

36.2. La previsione di un regime transitorio non urta in questo caso con nessuna specifica disposizione di legge che ne impedisca la previsione, nell’esplicazione dell’esercizio dell’autonomia statutaria della P.A. che compete al consorzio.

36.3. La doglianza relativa all’art. 31, comma 5, è dunque infondata.

37. L’esame di ciascuna delle doglianze proposte sui singoli articoli dello statuto esaurisce l’esame sia del secondo che del terzo motivo, che vanno accolti nei sensi e nei limiti appena chiariti.

38. Alla luce delle suesposte motivazioni, l’appello va accolto limitatamente ai profili di cui al secondo e al terzo motivo di appello.

39. In considerazione della reiezione di gran parte delle doglianze proposte e della complessità delle questioni, si compensano le spese del primo e del secondo grado di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sull’appello n.r.g. 3646 del 2020, lo accoglie nei sensi e nei limiti di cui in motivazione e, per l’effetto, in riforma della sentenza di primo grado, accoglie il ricorso introduttivo del giudizio, limitatamente ai profili evidenziati ai §§ 27-27.6, 29-29.4 e 35-35.3 della motivazione.

Compensa le spese del doppio grado di giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 22 aprile 2021, svoltasi da remoto in video conferenza ai sensi dell’art. 25 d.l. n. 137 del 2020, con l’intervento dei magistrati:

Roberto Giovagnoli, Presidente

Luca Lamberti, Consigliere

Alessandro Verrico, Consigliere

Silvia Martino, Consigliere

Michele Conforti, Consigliere, Estensore