Consiglio di Stato Sez. IV n. 1064 del 10 febbraio 2025
Rifiuti.Fanghi da depurazione
L’art. 110 del d.lgs. n. 152 del 2006, al comma 3, nel derogare alla regola generale contenuta nel comma 1, secondo cui “è vietato l'utilizzo degli impianti di trattamento di acque reflue urbane per lo smaltimento di rifiuti”, prevede, alla lett. c), che il gestore del servizio idrico integrato, previa comunicazione all'autorità competente ai sensi dell'articolo 124, è comunque autorizzato ad accettare in impianti con caratteristiche e capacità depurative adeguate, che rispettino i valori limite di cui all'articolo 101, commi 1 e 2, purché provenienti dal proprio Ambito territoriale ottimale oppure da altro Ambito territoriale ottimale sprovvisto di impianti adeguati, i “materiali derivanti dalla manutenzione ordinaria della rete fognaria nonché quelli derivanti da altri impianti di trattamento delle acque reflue urbane, nei quali l'ulteriore trattamento dei medesimi non risulti realizzabile tecnicamente e/o economicamente”. La deroga legislativa è, quindi, consentita purché “i materiali” derivino da altri impianti di trattamento delle acque reflue urbane nei quali il completamento del trattamento medesimo non è tecnicamente o economicamente realizzabile. Va, peraltro, precisato che la deroga normativa si estende anche ai rifiuti, in quanto riguarda anche i “a) rifiuti costituiti da acque reflue che rispettino i valori limite stabiliti per lo scarico in fognatura” e i “b) rifiuti costituiti dal materiale proveniente dalla manutenzione ordinaria di sistemi di trattamento di acque reflue domestiche previsti ai sensi dell'articolo 100, comma 3”. L’art. 127 del d.lgs. n.152 del 2006 (Fanghi derivanti dal trattamento delle acque reflue), stabilisce che “i fanghi derivanti dal trattamento delle acque reflue sono sottoposti alla disciplina dei rifiuti, ove applicabile e comunque solo alla fine del complessivo processo di trattamento effettuato nell'impianto di depurazione”. L’espressione “comunque solo” è stata inserita dall'articolo 9, comma 1, del d.l. del 14 aprile 2023, n. 39, convertito con modificazioni dalla legge 13 giugno 2023, n. 68, e rafforza sostanzialmente quanto poteva già desumersi prima del citato intervento normativo ovvero che la qualifica di rifiuto può essere attribuita ai fanghi solo al termine del complessivo processo di trattamento. La “precisazione” normativa sgombra definitivamente il campo dal dubbio sull’interpretazione corretta della norma. In ogni caso la ratio della deroga è consentire il trattamento dei materiali in altro impianto idoneo a riceverli qualora negli impianti di provenienza non sia possibile completare il processo produttivo. La norma usa evidentemente l’espressione materiali e non rifiuti proprio perché se il materiale non ha completato il suo processo di trattamento e viene trasferito in altro impianto non può essere considerato ancora rifiuto in senso stretto, ai sensi dell’art. 127 del d.lgs. n. 152 del 2006.
Pubblicato il 10/02/2025
N. 01064/2025REG.PROV.COLL.
N. 00508/2024 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 508 del 2024, proposto da Provincia di Frosinone, in persona del Presidente pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Mariacristina Iadecola, con domicilio digitale come da Pec da Registri di Giustizia.
contro
Acea Ato 5 Spa, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Pasquale Cristiano, con domicilio digitale come da Pec da Registri di Giustizia.
nei confronti
Ente di Governo D'Ambito Territoriale Ottimale n. 5 (Aato 5), Comune di Fiuggi, non costituiti in giudizio.
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio sezione staccata di Latina (Sezione Prima) n. 778 del 2023.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Acea Ato 5 Spa;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 19 dicembre 2024 il Cons. Maurizio Santise e uditi per le parti gli avvocati viste le conclusioni delle parti come da verbale.
FATTO e DIRITTO
1. ACEA ATO 5 s.p.a. ha esposto nell’atto di appello di essere il gestore unico del servizio idrico integrato del territorio ricompreso nell’ATO n. 5, cui appartiene il Comune di Fiuggi, in virtù della convenzione di gestione sottoscritta con l’Autorità dell’ATO stessa rep. n. 7205 del 27 giugno 2003. In tale qualità, ACEA ATO 5 s.p.a. mantiene operativo, tra gli altri, il depuratore denominato “Colle delle Mele” sito in Fiuggi ed altre 53 strutture con capacità inferiore a 10.000 abitanti equivalenti (c.d. impianti minori).
In particolare, il plesso di Colle delle Mele è dotato di una linea idonea a garantire l’intero processo di trattamento dei fanghi da depurazione, mentre negli impianti minori non sono presenti tutte le fasi, non essendo tecnicamente e/o economicamente possibile realizzarle.
Con nota prot. n. 0141462 del 5 maggio 2020, ACEA ATO 5 s.p.a. ha comunicato alla Provincia di Frosinone la volontà di trattare presso l’impianto di Colle delle Mele: a) rifiuti della pulizia delle fognature (codice EER 200306); b) fanghi/rifiuti delle fosse settiche (codice EER 20030); c) fanghi da depurazione provenienti dagli altri impianti localizzati all’interno del perimetro dell’ATO n. 5 (cod. EER 190805), presso i quali non è stato concluso il processo di trattamento, ai sensi dell’art. 110, commi 3, lett. c) e 5, d.lgs. 3 aprile 2006 n. 152. L’Amministrazione provinciale ha rilasciato parere favorevole con nota prot. n. 2591 del 15 giugno 2020, a condizione che i fanghi provengano da depuratori insistenti nel territorio ricompreso nell’ATO stessa.
Con nota prot. n. 1188 del 13 gennaio 2022, tuttavia, la Provincia di Frosinone, Settore servizi ambientali regionali, Coordinamento attività amministrativa servizi ambientali, ha evidenziato che per il trattamento dei fanghi (cod. EER 190805) sia necessario un apposito titolo abilitativo, chiedendo la trasmissione di elementi integrativi e rinviando alle valutazioni dell’Ufficio rifiuti ogni valutazione in merito all’assoggettabilità a valutazione di impatto ambientale del progetto in discorso.
ACEA ATO 5 s.p.a. ha impugnato quest’ultimo provvedimento innanzi al T.a.r.
Successivamente la Provincia, con nota n. 34419 del 27 settembre del 2022, ha respinto l’istanza di ACEA ATO 5 s.p.a.. Quest’ultima con ricorso per motivi aggiunti ha impugnato anche tale provvedimento innanzi al T.a.r. che, con sentenza n. 778 del 2023, ha dichiarato inammissibile il ricorso introduttivo e ha accolto il ricorso per motivi aggiunti.
2. Con l’odierno atto di appello, la Provincia di Frosinone ha impugnato la predetta sentenza, contestando la qualificazione di fanghi formulata dal T.a.r. e chiedendo, in riforma della sentenza di primo grado, il rigetto del ricorso per motivi aggiunti.
Acea Ato 5 Spa si è costituita regolarmente in giudizio, contestando l’avverso appello e chiedendone il rigetto.
3. Con una prima ordinanza n. 456 del 2204, emessa ai sensi dell’art. 55, comma 10, c.p.a., è stata disposta la sollecita fissazione dell’udienza di merito. Con una successiva ordinanza cautelare n. 1716 del 2024 è stata respinta la domanda cautelare.
Alla pubblica udienza del 19 dicembre 2024 la causa è stata trattenuta in decisione.
4. La questione oggetto del presente giudizio attiene alla qualifica di rifiuto da attribuire ai fanghi trattati dalla società appellata che, con ricorso di primo grado, ha impugnato la nota prot. n. 1188 del 13 gennaio 2022, con la quale la Provincia di Frosinone ha negato alla società ricorrente la facoltà di trattare, ai sensi dell’art.110, comma 3, d.lgs. 3 aprile 2006 n. 152, presso l’impianto di depurazione “Colle delle mele” in Fiuggi, i fanghi prodotti da altri impianti di depurazione dell’ATO n. 5, questi ultimi sprovvisti di una linea completa di trattamento fanghi.
Il T.a.r. ha accolto il ricorso ritenendo nella specie non qualificabile come rifiuti i fanghi in questione perché, con la comunicazione del 5 maggio 2020 e con il relativo allegato protocollo di ricevimento dei rifiuti, ACEA ATO 5 s.p.a. ha rappresentato l’intenzione di conferire all’impianto di Colle delle Mele i fanghi prodotti dal trattamento delle acque reflue urbane presso impianti gestiti dalla medesima società posti sul territorio provinciale, che sono “sprovvisti di adeguata linea di trattamento dei fanghi”, perché non è tecnicamente ed economicamente vantaggioso realizzarvi anche le fasi di stabilizzazione aerobica e di disidratazione meccanica. Inoltre, nella nota del 28 gennaio 2022, ACEA ATO 5 s.p.a. ha precisato che si tratta di fanghi di depurazione ancora liquidi, prodotti da processi depurativi biologici, prelevati da autospurghi autorizzati direttamente dalle vasche della linea liquami o delle prime sezioni della linea fanghi degli impianti di depurazioni minori. A giudizio del T.a.r., quindi, “pare potersi ritenere provato che i fanghi in discorso siano destinati a un ulteriore utilizzo dopo le fasi di trattamento cui sono stati sottoposti nell’impianto di provenienza, posto che la società ricorrente ha a tal fine presentato istanza di autorizzazione in deroga, ai sensi degli artt. 110, commi 3 e 5, d.lgs. n. 152 cit. e che, successivamente, ha agito per ottenere un provvedimento esplicito sulla stessa ed ha contestato in giudizio l’esito procedimentale negativo. “.
In particolare, il T.a.r. ha rilevato che l’art. 110, comma 1, d.lgs. n. 152 del 2006, in tema di trattamento di rifiuti presso impianti di trattamento delle acque reflue urbane, pone un generale divieto di utilizzo di dette strutture per lo smaltimento dei rifiuti, con l’eccezione delle deroghe previste dai successivi commi 2 e 3. In particolare, l’art. 110, comma 3, lett. c), d.lgs. n. 152 cit.,
prevede in favore del gestore del servizio idrico integrato la possibilità di trattare presso i propri impianti di depurazione dei reflui urbani i “materiali derivanti da altri impianti di trattamento delle acque reflue urbane, nei quali l’ulteriore trattamento dei medesimi non risulti realizzabile tecnicamente e/o economicamente”.
I fanghi trattati dall’appellante rientrerebbero nella citata deroga legislativa.
4. Secondo la Provincia appellante, invece, la tipologia contenuta nell’art. 110 comma 3 lett. c) non è estesa a tutti i rifiuti provenienti dalla rete fognaria e da altri impianti di trattamento delle acque reflue urbane, ma solo ai “materiali” derivanti dalla manutenzione ordinaria della rete fognaria e quelli (i materiali) derivanti dalla manutenzione ordinaria di altri impianti di trattamento delle acque reflue urbane. La norma sarebbe chiara nel riferirsi ad una categoria ben precisa di “materiali”: non tutti, ma solo quelli derivanti dalla manutenzione ordinaria, escludendo quindi i materiali derivanti dalla manutenzione straordinaria o di altro tipo. In particolare i fanghi ne sarebbero esclusi in quanto qualificati dal legislatore come rifiuti.
ACEA ATO 5 s.p.a non potrebbe trarre alcuna utilità dai fanghi in questione, sia nell’impianto nel quale sono stati prodotti, sia in quello di destinazione.
5. Tanto premesso, ritiene il Collegio che l’appello sia infondato.
E’ necessario partire dall’art. 110 del d.lgs. n. 152 del 2006, che, al comma 3, nel derogare alla regola generale contenuta nel comma 1, secondo cui “è vietato l'utilizzo degli impianti di trattamento di acque reflue urbane per lo smaltimento di rifiuti”, prevede, alla lett. c), che il gestore del servizio idrico integrato, previa comunicazione all'autorità competente ai sensi dell'articolo 124, è comunque autorizzato ad accettare in impianti con caratteristiche e capacità depurative adeguate, che rispettino i valori limite di cui all'articolo 101, commi 1 e 2, purché provenienti dal proprio Ambito territoriale ottimale oppure da altro Ambito territoriale ottimale sprovvisto di impianti adeguati, i “materiali derivanti dalla manutenzione ordinaria della rete fognaria nonché quelli derivanti da altri impianti di trattamento delle acque reflue urbane, nei quali l'ulteriore trattamento dei medesimi non risulti realizzabile tecnicamente e/o economicamente”.
La deroga legislativa è, quindi, consentita purché “i materiali” derivino da altri impianti di trattamento delle acque reflue urbane nei quali il completamento del trattamento medesimo non è tecnicamente o economicamente realizzabile. Va, peraltro, precisato che la deroga normativa si estende anche ai rifiuti, in quanto riguarda anche i “a) rifiuti costituiti da acque reflue che rispettino i valori limite stabiliti per lo scarico in fognatura” e i “b) rifiuti costituiti dal materiale proveniente dalla manutenzione ordinaria di sistemi di trattamento di acque reflue domestiche previsti ai sensi dell'articolo 100, comma 3”.
Nel caso di specie, è emerso in maniera incontestata che il plesso di Colle delle Mele è dotato di una linea idonea a garantire l’intero processo di trattamento dei fanghi da depurazione, mentre negli impianti minori non sono presenti tutte le fasi di trattamento, non essendo tecnicamente e/o economicamente possibile realizzarle. Il gestore del servizio idrico ha quindi comunicato alla Provincia di Frosinone la volontà di trattare presso l’impianto di Colle delle Mele i fanghi da depurazione provenienti dagli altri impianti localizzati all’interno del perimetro dell’ATO n. 5 (cod. EER 190805), presso i quali non è stato concluso il processo di trattamento, ai sensi dell’art. 110, commi 3, lett. c) e 5, d.lgs. 3 aprile 2006 n. 152.
Si è dunque certamente integrato uno dei requisiti richiesti dalla legge per l’operatività della citata deroga.
6. Il punto controverso è comprendere se i fanghi il cui processo di trattamento non sia ancora completato presso altri impianti di trattamento di acque reflue urbane possano rientrare tra “i materiali” che l’art. 110, comma 3, lett. c), considera idonei ad essere conferiti in altri impianti idonei a trattarli.
Secondo l’appellante tale lettura non sarebbe possibile perché i fanghi sono da considerare a tutti gli effetti rifiuti e non potrebbe rientrare nella deroga legislativa di cui all’art. 110, comma 3, lett. c).
Come già chiarito da questa Sezione nell’ordinanza cautelare n. 1716 del 2024, i fanghi prodotti nell’ambito dell’attività di depurazione dei reflui possono essere sottoposti alla disciplina dei rifiuti solo una volta completato il processo di trattamento, ovvero se il produttore abbia necessità di disfarsene, sì che il recupero dei fanghi presso impianti di depurazione più grandi e avanzati deve ritenersi consentito.
La giurisprudenza amministrativa ha già chiarito che “la nozione di rifiuto è definita dall'art. 183, comma 1, lett. a), del d.lgs. n. 152 del 2006 il quale stabilisce che come tale deve intendersi qualsiasi sostanza od oggetto di cui il detentore si disfi o abbia l'intenzione o abbia l'obbligo di disfarsi; la definizione fornita da tale norma si basa sul dato funzionale, con la conseguenza che, per stabilire se una determinata sostanza o un determinato oggetto siano da considerare rifiuto, non occorre individuarne gli elementi intrinseci che ne determinano la qualificazione, ma occorre piuttosto far riferimento appunto alla sua funzione, essendo rifiuto tutto ciò da cui il detentore non tragga alcuna utilità e di cui, quindi, si sia disfatto ovvero intenda disfarsi o sia obbligato a farlo (cfr. Cass. Penale, Sez. III, 20 gennaio 2015, n. 29069; id, 23 aprile 2008, n. 22245); si deve pertanto ritenere, in tale quadro, che un bene o una sostanza (soprattutto se privi di apprezzabile valore economico) debbano essere considerati rifiuto non solo quando questi vengano abbandonati dal detentore, ma anche quando questi li depositi nell'ambiente assegnando ad essi una funzione che non è loro propria senza ricavarne alcuna apprezzabile utilità all'evidente fine quindi di sottrarsi dall'obbligo di recupero o smaltimento. La Corte di Giustizia UE ha poi precisato che l'espressione "disfarsi" (utilizzata anche nella definizione di "rifiuto" fornita dalla direttiva 2006/12/CE) deve essere intesa in senso non restrittivo dovendosi tener conto dell'obiettivo di tale direttiva che, ai sensi del suo considerando 2, consiste nella tutela della salute umana e dell'ambiente (cfr. Corte di Giustizia UE, sez. I, 12 dicembre 2013, cause riunite C-241/12 e C-242/12, par 38).
Rilevante nella ricostruzione del quadro normativo è l’art. 127 del d.lgs. n.152 del 2006 (Fanghi derivanti dal trattamento delle acque reflue), secondo cui “i fanghi derivanti dal trattamento delle acque reflue sono sottoposti alla disciplina dei rifiuti, ove applicabile e comunque solo alla fine del complessivo processo di trattamento effettuato nell'impianto di depurazione”. L’espressione “comunque solo” è stata inserita dall'articolo 9, comma 1, del d.l. del 14 aprile 2023, n. 39, convertito con modificazioni dalla legge 13 giugno 2023, n. 68, e rafforza sostanzialmente quanto poteva già desumersi prima del citato intervento normativo ovvero che la qualifica di rifiuto può essere attribuita ai fanghi solo al termine del complessivo processo di trattamento. La “precisazione” normativa sgombra definitivamente il campo dal dubbio sull’interpretazione corretta della norma. Non è un caso che la sentenza di questa sezione n. 1685 del 2023, citata dalla Provincia appellante, ha optato in passato una per diversa interpretazione proprio perché pubblicata prima della citata “precisazione” normativa.
7. Nel caso di specie è pacificamente emerso che l’Acea Ato 5 Spa intende trasferire i fanghi in un altro impianto idoneo a trattare i fanghi che non hanno ancora completato il processo di depurazione e tanto basta per escluderne la qualifica di rifiuto perché, almeno in questa fase, l’Acea Ato 5 Spa non intende disfarsi e, comunque, non si disfa dei fanghi medesimi, ma li trasferisce in altro impianto al fine di completare il processo depurativo.
In ogni caso la ratio della deroga è consentire il trattamento dei materiali in altro impianto idoneo a riceverli qualora negli impianti di provenienza non sia possibile completare il processo produttivo. La norma usa evidentemente l’espressione materiali e non rifiuti proprio perché se il materiale non ha completato il suo processo di trattamento e viene trasferito in altro impianto non può essere considerato ancora rifiuto in senso stretto, ai sensi dell’art. 127 del d.lgs. n. 152 del 2006.
Nel caso di specie, peraltro, ACEA ATO 5 s.p.a. non “si disfa” affatto dei fanghi che rimangono nella sua disponibilità materiale e giuridica e restano, quindi, sempre all’interno del ciclo di depurazione dei reflui gestito dalla ricorrente sul territorio della Provincia di Frosinone, per consentire di completare il processo di trattamento dei fanghi, all’esito del quale i medesimi saranno eventualmente gestiti come rifiuti, avviati a smaltimento e/o recupero presso idonei impianti all’uopo autorizzati.
Non essendo stato completato il processo di trattamento dei fanghi presso gli impianti di depurazione i fanghi non possono, quindi, essere considerati rifiuti ai sensi dell’art 127 del d.lgs. n. 152 del 2006.
8. Per le ragioni sin qui esposte, l’appello è infondato.
9. Le ragioni che hanno condotto alla presente decisione giustificano la compensazione delle spese di lite tra le parti.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 19 dicembre 2024 con l'intervento dei magistrati:
Vincenzo Lopilato, Presidente FF
Luca Lamberti, Consigliere
Luca Monteferrante, Consigliere
Luigi Furno, Consigliere
Maurizio Santise, Consigliere, Estensore