Consiglio di Stato Sez. II n. 3059 del 22 aprile 2022
Rifiuti.Obblighi di bonifica ed incorporazione

Gli obblighi amministrativi di rilevo pubblicistico (che non sono in alcun modo assimilabili ai debiti privatistici) di messa in sicurezza, di redazione del piano di caratterizzazione e di bonifica, costituenti obblighi di fare, vengono trasmessi, in caso di incorporazione, dall’incorporata all’incorporante, sicché è corretto affermare che la responsabilità dell’inquinamento di un sito è di quest’ultima società, derivante dalla trasformazione della prima, a seguito di una sua vicenda evolutiva e modificativa (nella fattispecie conservando anche l'oggetto sociale). Diversamente opinando, si consentirebbe ad una società autrice di un grave inquinamento ambientale (con risvolti negativi su un’intera area e i suoi residenti) di poter neutralizzare i propri obblighi riparatori semplicemente modificando la propria forma societaria, con una palese conseguente frustrazione degli scopi della normativa di recupero ambientale e del principio “chi inquina paga”.


Pubblicato il 22/04/2022

N. 03059/2022REG.PROV.COLL.

N. 05490/2014 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 5490 del 2014, proposto dai signori -OMISSIS-, -OMISSIS- e -OMISSIS-, rappresentati e difesi dagli avvocati Domenico Giuri, Alessandro Veronese e Andrea Manzi, con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultimo in Roma, via Federico Confalonieri, n. 5;

contro

il Comune di Venezia, in persona del sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Maurizio Ballarin, Antonio Iannotta, Nicoletta Ongaro e Niccolò Paoletti, con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultimo in Roma, via Barnaba Tortolini, n. 34;

per la riforma della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il -OMISSIS-, sezione terza, n. -OMISSIS-, resa tra le parti.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Venezia;

visti tutti gli atti della causa;

relatore, nell’udienza pubblica del giorno 12 ottobre 2021, il consigliere Francesco Frigida e dati per presenti, ai sensi dell’articolo 84, comma 5, del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, convertito in legge 24 aprile 2020, n. 27, per le parti appellanti, gli avvocati Domenico Giuri, Alessandro Veronese e Andrea Manzi, nonché, per parte appellata, gli avvocati Antonio Iannotta e Nicoletta Ongaro.

ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. I signori -OMISSIS-, -OMISSIS- e -OMISSIS-, insieme alla -OMISSIS-, hanno proposto il ricorso di primo grado n. -OMISSIS-, dinanzi al Tribunale amministrativo regionale per il -OMISSIS-, avverso i seguenti atti del Comune di Venezia: a) l’ordinanza n. -OMISSIS-, notificata in data 17 gennaio 2006, con cui è stato ingiunto alla -OMISSIS- (che con delibera del 24 ottobre 2000 aveva incorporato la -OMISSIS- & C. s.n.c., la quale ha poi cessato ufficialmente la propria attività nel 2001), quale responsabile dell’inquinamento della -OMISSIS- in località -OMISSIS- (censita al catasto di Venezia al -OMISSIS-) di adottare le misure di messa in sicurezza d’emergenza necessarie a contenere la diffusione degli inquinanti nelle acque superficiali, sotterranee, nel suolo e nel sottosuolo, di comunicare entro 48 ore al Comune, all’Agenzia regionale per la prevenzione e protezione ambientale del -OMISSIS- e alla competente unità locale socio sanitaria le misure di messa in sicurezza d’emergenza adottate, nonché di predisporre entro 30 giorni un piano della caratterizzazione del sito; b) la precedente comunicazione di avvio del procedimento n. -OMISSIS- del 16 dicembre 2005; c) la successiva nota n. -OMISSIS-, con cui la predetta ordinanza n. -OMISSIS- è stata notificata anche agli altri comproprietari della -OMISSIS-.

1.1. Mediante un primo atto di motivi aggiunti, gli interessati hanno impugnato l’atto del Comune di Venezia prot. n. -OMISSIS- del 26 febbraio 2008, con cui è stato specificato che «la partecipazione al procedimento di bonifica dei sig.ri -OMISSIS- e -OMISSIS- avviene in qualità di responsabili della contaminazione presente sull’area denominata “-OMISSIS--”, in quanto legali rappresentanti o soci di -OMISSIS-».

1.2. Con secondi motivi aggiunti gli interessati hanno gravato l’atto del medesimo ente locale prot. n. -OMISSIS- del 5 novembre 2008, con cui è stato ribadito «quanto asserito nella nostra nota del 26/02/08 prot.n. -OMISSIS- ovvero che “visto l’esito cautelare del giudizio da Voi promosso, l’ordinanza di bonifica di cui all’oggetto è, allo stato, esecutiva e, pertanto, la partecipazione al procedimento di bonifica dei sig.ri -OMISSIS- e -OMISSIS- avviene in qualità di responsabili della contaminazione presente sull’area denominata “-OMISSIS--”, in quanto legali rappresentanti o soci di -OMISSIS-».

1.3. Il Comune di Venezia si è costituito nel giudizio di primo grado, resistendo al ricorso.

2. Con l’impugnata sentenza n. -OMISSIS-, il T.a.r. per il -OMISSIS-, sezione terza, ha respinto il ricorso e i motivi aggiunti e ha compensato tra le parti le spese di lite.

3. Con ricorso ritualmente notificato e depositato – rispettivamente in data 19 giugno 2014 e in data 28 giugno 2014 – i soli signori -OMISSIS-, -OMISSIS- e -OMISSIS-, proprietari di parte delle aree interessate nonché soci della -OMISSIS-, hanno interposto appello avverso la su menzionata sentenza, articolando un’unica composita censura e riproponendo i motivi del ricorso di primo grado e i motivi aggiunti.

4. Il Comune di Venezia si è costituito in giudizio, chiedendo il rigetto del gravame.

5. In vista dell’udienza, gli appellanti hanno depositato memoria e memoria di replica; il Comune ha depositato documenti e memoria.

6. La causa è stata trattenuta in decisione all’udienza pubblica del 12 ottobre 2021.

7. L’appello è infondato e deve essere respinto alla stregua delle seguenti considerazioni in fatto e in diritto.

8. In via pregiudiziale, si rileva la sentenza di primo grado non è stata gravata dalla -OMISSIS-, sicché nei suoi confronti essa è coperta da giudicato.

9. La doglianza mossa dai signori -OMISSIS-, -OMISSIS- e -OMISSIS- direttamente avverso la sentenza impugnata si incentra, in sintesi, sull’asserita circostanza che l’amministrazione comunale avrebbe «erroneamente strumentalizzato la coincidenza soggettiva tra i proprietari dei terreni non responsabili dell’inquinamento ed i detentori di quote del capitale della Società -OMISSIS- ritenuta responsabile dell’inquinamento e, conseguentemente, affermato - in maniera parimenti immotivata ed infondata - che la loro partecipazione nel procedimento di bonifica avveniva in qualità di responsabili della contaminazione (…) il che (…) equivale a porre sullo stesso plano - in violazione del principio “chi inquina paga” - il proprietario ed il responsabile dell’inquinamento. Senza dimenticare, poi, che i Soci non possono essere individuati come responsabili, posto che la Società è dotata di personalità giuridica, che la rende un soggetto distinto dalle persone fisiche, meri detentori di quote del capitale sociale».

Ciò posto, il T.a.r. avrebbe «statuito solo in ordine alla pretesa responsabilità di -OMISSIS-- Nulla invece è stato detto in relazione ai Signori -OMISSIS- e -OMISSIS-, comproprietari incolpevoli di parte delle aree di cui è causa. I Giudici Veneti infatti – dopo aver dato per assodato il principio comunitario e nazionale del “chi inquina vaga”, in base al quale solo il responsabile dell’inquinamento è tenuto ad eseguire gli interventi di bonifica e messa in sicurezza d’emergenza e non già il proprietario incolpevole – non hanno tratto le dovute e coerenti conclusioni con riferimento alla diversa posizione sostanziale dei Signori -OMISSIS-. Altrimenti detto: il TAR -OMISSIS- ha omesso di pronunciare sull'impugnazione proposta anche dai Signori -OMISSIS-, nella qualità di meri proprietari incolpevoli, limitandosi ad affermare la legittimità dei gravati provvedimenti comunali con riferimento all'accertamento della responsabilità per contaminazione in capo a -OMISSIS-. Donde la violazione del principio di corrispondenza tra li chiesto ed il pronunciato ex art. 112 c.p.c., applicabile anche al processo amministrativo e la conseguente nullità della sentenza appellata».

9.1. Siffatta censura è infondata.

Il Collegio, infatti, rileva che dal tenore degli atti amministrativi concretamente oggetto di impugnazione (l’ordinanza prot. n. -OMISSIS- dell’11 gennaio 2006 e le due successive comunicazioni del 26 febbraio 2008 e del 5 novembre 2008), i signori -OMISSIS- risultano effettivi destinatari di tali atti in quanto legali rappresentanti e soci della -OMISSIS- e non in quanto proprietari di una parte delle aree inquinate, tantoché il T.a.r., a seguito di un iter logico e giuridico congruamente motivato, ha addossato la responsabilità dell’inquinamento dell’-OMISSIS- alla -OMISSIS-, quale società incorporante la -OMISSIS- & C. s.n.c.. In sostanza, gli odierni appellanti sono stati investiti della vicenda sia in quanto soci amministratori o semplici soci della -OMISSIS- sia, sotto altro profilo, in quanto proprietari di una parte dell’area. Sul punto va specificato che l’art. 8 del decreto del Ministero dell’ambiente n. 471/1999 statuisce, al comma 2, che la diffida ad eseguire gli interventi di recupero va rivolta dal Comune, con propria ordinanza, al responsabile dell’inquinamento e, al comma 3, che tale ordinanza va notificata anche al proprietario del sito ai sensi e per gli effetti dell’articolo 17, commi 10 e 11, del decreto legislativo n. 22/1997 (vigente ratione temporis, la cui disciplina è sostanzialmente ricalcata dagli articoli 244 e 245 del decreto legislativo n. 152/2006) e, quindi, per consentirgli, qualora non sia responsabile dell’inquinamento, di provvedere comunque direttamente, se intende evitare le conseguenze derivanti dai vincoli che gravano sull’area, ovverosia l’onere reale (comma 10) e il privilegio speciale immobiliare (comma 11), oggi previsti dall’art. 253 del decreto legislativo n. 152/2006. Dunque, nel caso cui non gli sia imputabile una qualche responsabilità (ad esempio per culpa in vigilando), il proprietario non può essere diffidato ad eseguire i lavori di recupero ambientale, ma deve essere edotto che, qualora né i soggetti inquinanti (su cui grava l’obbligo), né lui dovessero provvedere al ripristino della salubrità del sito, dovrà necessariamente procedervi, in via subordinata, l’ente comunale Comune e che in questa ipotesi la proprietà si troverà a subire le conseguenze di carattere patrimoniale previste dalla normativa.

10. Ad ogni modo, sussiste un concreto interesse alla coltivazione del presente gravame, nonostante la sentenza impugnata non abbia sancito una responsabilità dei signori -OMISSIS-, stante l’espressa riferibilità degli atti impugnati anche a questi ultimi, i quali comunque potrebbero giovarsi di un’esclusione della responsabilità della -OMISSIS- al fine di essere esentati da qualsivoglia obbligo di intervento di recupero ambientale, almeno in qualità di soci della predetta società.

11. Gli appellanti hanno riproposto le doglianze dell’originario ricorso.

In particolare, essi hanno lamentato «Violazione di legge, con riferimento all’art. 17 del D.Lgs. n. 22/1997 ed all’art. 8 del D.M. n. 471/1999. Eccesso di potere sotto i profili del difetto di istruttoria, del travisamento dei fatti, della carenza di motivazione, della contraddittorietà e della perplessità nell’azione amministrativa». Segnatamente l’amministrazione comunale avrebbe erroneamente attribuito la responsabilità dell’inquinamento a -OMISSIS-, poiché le azioni e le omissioni della -OMISSIS- & C. s.n.c. possono impingere sulla posizione dell’incorporante -OMISSIS- soltanto dal punto vista civilistico (qualora il Comune agisca in danno, chiedendo a -OMISSIS- il versamento delle somme impiegate dall’ente locale per la caratterizzazione, la messa in sicurezza e la bonifica del sito inquinato), ma non sotto il profilo amministrativo, dove la -OMISSIS- non potrebbe essere reputata responsabile dell’inquinamento dell’-OMISSIS-, cagionato prima dell’incorporazione.

Tale motivo è infondato.

In proposito si evidenzia che gli obblighi amministrativi di rilevo pubblicistico (che non sono in alcun modo assimilabili ai debiti privatistici) di messa in sicurezza, di redazione del piano di caratterizzazione e di bonifica, costituenti obblighi di fare, sono stati trasmessi, nel 2000, dall’incorporata -OMISSIS- & C. s.n.c. all’incorporante -OMISSIS-, sicché del tutto correttamente il T.a.r. ha stabilito che attualmente la responsabilità dell’inquinamento del sito è di quest’ultima società, derivante dalla trasformazione della prima, a seguito di una sua vicenda evolutiva e modificativa, dove, come risultante dalle visure camerali, è stato conservato l’oggetto sociale, consistente in lavori di demolizione edili, movimentazioni di terra in genere e lavori stradali.

Diversamente opinando, si consentirebbe ad una società autrice di un grave inquinamento ambientale (con risvolti negativi su un’intera area e i suoi residenti) di poter neutralizzare i propri obblighi riparatori semplicemente modificando la propria forma societaria, con una palese conseguente frustrazione degli scopi della normativa di recupero ambientale e del principio “chi inquina paga”. Nel caso di specie una società di capitali ha incorporato una pregressa società di persone, garantendosi, per tal via, anche lo schermo della personalità giuridica. Siffatta evoluzione, ancorché civilisticamente del tutto legittima, non può condurre ad esonerare delle responsabilità per fatti avvenuti antecedentemente all’incorporazione, pena la totale immunità del soggetto inquinatore e l’impossibilità oggettiva di addossare gli obblighi di recupero a qualsivoglia soggetto, con la conseguenza che essi finirebbero per ricadere totalmente sulla collettività, dovendo procedervi il comune, come statuito, in via residuale, dall’art. 17 del decreto legislativo n. 22/1997 (vigente ratione temporis e poi superato dal decreto legislativo n. 152/2006, che sul punto reca una disciplina sovrapponibile alla precedente, ponendo l’obbligo di bonifica in capo al responsabile dell’inquinamento ex art. 244 e, ove non sia individuato, in capo al comune ai sensi dell’art. 250).

Orbene, in un’ottica sostanzialistica l’amministrazione correttamente non ha dato rilevanza al dato formale, obbligando alle attività ripristinatorie un soggetto esistente in quel momento e che aveva incorporato chi aveva senza dubbio posto in essere le condotte inquinanti.

Dunque, posto che nel caso di specie il sito era certamente inquinato al momento dell’emissione degli atti comunali impugnati, l’obbligo di ripristino grava sulla -OMISSIS-, che nel 1998 ha incorporato la -OMISSIS- & C. s.n.c., la quale ha nel tempo riempito la cava tramite il riporto di materiali inerti, provenienti da demolizioni edilizie.

Siffatta circostanza è stata ammessa dalla stessa -OMISSIS- & C. s.n.c., atteso che con nota del 1999 indirizzata al Comune di Venezia dall’allora difensore di detta società, in nome e per conto della predetta società, l’area dell’-OMISSIS- era stata da questa riempita con riporto di materiali inerti, provenienti da demolizioni edilizie; la circostanza che in questa nota si facesse riferimento all’anno 1975 e che la -OMISSIS- & C. s.n.c. sia stata costituita il 10 gennaio 1980 non è, a differenza di quanto sostenuto dagli appellanti, un elemento in grado di inficiare la sua idoneità probatoria, atteso che, a prescindere dalla data riportata, è stata affermata senza incertezze che il riempimento con materiale di risulta sia stato posto in essere da tale società. In ogni caso, la presenza di inquinamento è stata concretamente e reiteratamente rilevata dal Comune e dell’Agenzia regionale per la prevenzione e protezione ambientale del -OMISSIS- fin dal 1999, sicché in ogni caso l’inquinamento è addebitabile alla -OMISSIS- (costituitasi nel 1998) e che con delibera del 24 ottobre 2000 ha incorporato la -OMISSIS- & C. s.n.c. (che ha cessato ufficialmente la sua attività nel 2001), che ha inequivocabilmente cagionato il danno ambientale, già certamente presente nel 1999 (il che peraltro, come risulta dalla documentazione in atti, aveva ingenerato già nei prima anni novanta del secolo scorso un grave allarme sociale dei residenti e l’interessamento dell’autorità giudiziaria ordinaria).

La valenza latamente confessoria di tale atto e comunque la sua attitudine e decisiva rilevanza probatoria non può essere messa in discussione, come dedotto dagli appellanti, per il fatto che la -OMISSIS- & C. s.n.c., ancor prima dell’anno 1975 e quindi ancor prima dell’entrata in vigore del d.P.R. n. 915/1982 (poi sostituito dal decreto legislativo n. 22/1997, vigente ratione temporis), avesse provveduto a riempire e imbonire la cava con riporto di materiale inerte e che a quell’epoca essi non fossero imputabili (siccome minorenni), giacché l’inquinamento è continuato anche successivamente e comunque l’ex cava era ancora gravemente inquinato al momento dell’adozione dei provvedimenti oggetto del presente giudizio.

Al riguardo si sottolinea che dal decreto legislativo n. 22/1997 (vigente ratione temporis) e dal d.m. 471/1999 discendono obblighi di ripristino di qualsiasi sito inquinato, purché sia tale al momento dell’entrata in vigore del predetto decreto legislativo, sicché la disciplina de qua non ha affatto efficacia retroattiva, ma semplicemente va regolare il ripristino degli inquinamenti realizzati anche prima della sua entrata in vigore, ove essi abbiano effetti tuttora perduranti e necessitino dell’adozione delle misure ivi stabilite.

12. Gli appellanti hanno altresì riproposto le due doglianze dei primi motivi aggiunti e le due doglianze dei secondi motivi aggiunti.

12.1. Il Comune ha reiterato l’eccezione (formulata in primo grado con memoria depositata il 23 dicembre 2013) della loro inammissibilità (implicitamente assorbita dal T.a.r.), in quanto dirette a contestare mere comunicazioni non direttamente lesive.

Tale eccezione è fondata, giacché gli atti impugnati con i motivi aggiunti recano ambedue la semplice constatazione da parte del Comune di un dato fattuale incontrovertibile, ovverosia che -OMISSIS- e -OMISSIS- sono soci amministratori (i primi due) e socio (il terzo) della -OMISSIS- («la partecipazione al procedimento di bonifica dei sig.ri -OMISSIS- e -OMISSIS- avviene in qualità di responsabili della contaminazione presente sull’area denominata “-OMISSIS--”, in quanto legali rappresentanti o soci di -OMISSIS-»). Si tratta, dunque, di due atti aventi carattere ricognitivo di obblighi che l’amministrazione assume come preesistenti, sicché essi non sono di per sé lesivi della sfera giuridica dei destinatari.

In ogni caso, per completezza, il Collegio reputa opportuno esaminare nuovamente in questa sede i primi e i secondi motivi aggiunti.

12.1. Attraverso la riproposta prima censura dei primi motivi aggiunti, gli appellanti hanno dedotto «Violazione di legge, con riferimento agli articoli 239 e 244 del D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152 e s.m.i.- Eccesso di potere sotto i profili del difetto di istruttoria, del travisamento dei fatti, della carenza di motivazione, della contraddittorietà e della perplessità nell’azione amministrativa». Segnatamente hanno sostenuto che «La previsione dell’art. 239 del Testo Unico Ambientale non lascia margini a dubbi - come, peraltro, già si ricavava dal combinato disposto dell’art. 17 del D.Lgs. n. 22/1997 e dell'art. 8 del D.M. n. 471/19997 - sulla sua portata soggettiva limitata esclusivamente in capo al responsabile dell’inquinamento, ossia a colui il quale ha materialmente cagionato (seppur solo accidentalmente) l’evento inquinamento, con ciò recependo il principio di matrice comunitaria “chi inquina paga”. Non solo. L'art. 244, comma 2, del D.Lgs. n. 152/2006 ascrive alla Pubblica Amministrazione il compito di provvedere, oltre che all’accertamento dell’avvenuto superamento dei valori limite di inquinamento, anche all’individuazione dei responsabili dell’inquinamento».

12.2. Mediante la riproposta seconda doglianza dei primi motivi aggiunti, i signori -OMISSIS- hanno lamentato «Violazione di legge, con riferimento agli articoli 244 e 253 del D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152 e s.m.i. e dell'ad. 9 del D.M. 25 ottobre 1999, n. 471. Eccesso di potere, sotto il profilo del travisamento dei fatti, difetto di istruttoria e della carenza di motivazione, della contraddittorietà e della perplessità nell’azione amministrativa», poiché erroneamente «il Comune di Venezia ha assunto l’identità soggettiva tra i proprietari (di una parte) dei terreni ricadenti sull'area dell’-OMISSIS- e quella del soci di -OMISSIS-, per affermare che: “la partecipazione al procedimento di bonifica del sig.ri -OMISSIS- e -OMISSIS- avviene in qualità di responsabili della contaminazione presente sull'area denominata “-OMISSIS--”, in quanto legali rappresentati o soci di -OMISSIS-”», considerato che il «Testo Unico Ambientale non pone sullo stesso plano il responsabile dell’inquinamento ed il proprietario dell’area inquinata».

12.3. Con la riproposta prima contestazione dei secondi motivi aggiunti, gli appellanti hanno sostenuto la sussistenza di «Violazione di legge, con riferimento agli articoli 239 e 244 del D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152 e s.m.i.- Eccesso di potere sotto i profili del difetto di istruttoria, del travisamento dei fatti, della carenza di motivazione, della contraddittorietà e della perplessità nell'azione amministrativa», in quanto «La previsione dell’art. 239 del Testo Unico dell’Ambiente non lascia margini a dubbi - come, peraltro, già si ricavava dal combinato disposto dell'art. 17 del D.Lgs. n. 22/1997 e dell’art. 8 del D.M. n. 471/199912 - sulla sua portata soggettiva limitata esclusivamente in capo al responsabile dell’inquinamento, ossia a colui il quale ha materialmente cagionato (seppur solo accidentalmente) l’evento inquinamento, con ciò recependo li principio di matrice comunitaria “chi inquina paga”. Non solo. L'art. 244, comma 2, del D.Lgs. n. 152/2003 ascrive alla Pubblica Amministrazione il compito di provvedere, oltre che all’accertamento dell’avvenuto superamento dei livelli limite di inquinamento, anche all’individuazione dei responsabili dell’inquinamento».

12.4. Tramite la riproposta seconda censura dei secondi motivi aggiunti, i signori -OMISSIS- hanno dedotto «Violazione di legge, con riferimento agli articoli 244 e 253 del D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152 e s.m.i. e dell'art. 9 del D.M. 25 ottobre 1999, n. 471. Eccesso di potere, sotto il profilo del travisamento dei fatti, difetto di istruttoria e della carenza di motivazione, della contraddittorietà e della perplessità nell’azione amministrativa», poiché «Il Comune di Venezia ha assunto l’identità soggettiva tra i proprietari dei terreni ricadenti sull'area “-OMISSIS--” e quella dei soci di -OMISSIS-, per ribadire quanto affermato nella nota 26 febbraio 2008, prot. n. -OMISSIS-, ossia che: “la partecipazione al procedimento di bonifica dei sig.ri -OMISSIS- e -OMISSIS- avviene in qualità di responsabili della contaminazione presente sull'area denominata “-OMISSIS--”, in quanto legali rappresentati o soci di -OMISSIS-”, atteso che il «Testo Unico dell’Ambiente non pone sullo stesso plano il responsabile dell’inquinamento ed il proprietario dell’area inquinata».

12.5. Tutte queste censure si basano, sotto differenti angolature, sui medesimi concetti del “chi inquina paga” e dell’obbligo dell’amministrazione di individuare i responsabili dell’inquinamento, sicché esse possono essere vagliate congiuntamente.

12.6. Le suddette contestazioni sono infondate, giacché il Comune di Venezia, per le medesime ragioni diffusamente rappresentate ai punti 9.1 e 11, a cui si rinvia, ha individuato circostanze idonee a supportare, sulla base di indizi gravi, precisi e concordanti, in termini di certezza la conclusione secondo la quale responsabile dell’inquinamento sarebbe la -OMISSIS-, quale incorporante la Giovanni -OMISSIS- & Co. s.n.c., con ogni conseguenza sui signori -OMISSIS-, -OMISSIS- e -OMISSIS-, suoi soci amministratori (i primi due) e suo semplice socio (il terzo).

Il ragionamento necessariamente induttivo, seguito dall’Amministrazione comunale risulta, quindi, plausibile mentre è del tutto indimostrato che il responsabile del grave inquinamento (fatto incontrovertibile) siano soggetti diversi da quelli individuati.

12.7. Le questioni appena vagliate esauriscono la vicenda sottoposta alla Sezione, essendo stati toccati tutti gli aspetti rilevanti a norma dell’art. 112 c.p.c., in aderenza al principio sostanziale di corrispondenza tra il chiesto e pronunciato, come chiarito dalla giurisprudenza costante (cfr., ex aliis, Corte di cassazione, sezione II civile, sentenza 22 marzo 1995, n. 3260, e Corte di cassazione, sezione V civile, sentenza 16 maggio 2012, n. 7663). Gli specifici argomenti secondari di doglianza non espressamente esaminati sono stati pertanto dal Collegio ritenuti non rilevanti ai fini della decisione e comunque inidonei a supportare una conclusione di tipo diverso.

13. In conclusione l’appello va respinto, con conseguente conferma della sentenza impugnata.

14. In applicazione del principio della soccombenza, al rigetto dell’appello segue la condanna degli appellanti al pagamento, in favore dell’amministrazione appellata, delle spese di lite del presente grado di giudizio, che, tenuto conto dei parametri stabiliti dal D.M. 10 marzo 2014, n. 55 e dall’art. 26, comma 1, del codice del processo amministrativo, si liquidano in euro 3.500 (tremilacinquecento), oltre al 15% per spese generale e agli accessori di legge, se dovuti.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, sezione seconda, definitivamente pronunciando sul ricorso n. 5490 del 2014, come in epigrafe proposto, lo respinge; condanna gli appellanti al pagamento, in favore del Comune di Venezia, delle spese di lite del presente grado di giudizio, liquidate in euro 3.500 (tremilacinquecento), oltre al 15% per spese generale e agli accessori di legge, se dovuti.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all’articolo 52, commi 1 e 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, e dell’articolo 10 del Regolamento U.E. 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016, a tutela dei diritti o della dignità delle parti private, manda alla segreteria di procedere all’oscuramento delle generalità di tutti soggetti privati citati, nonché di qualsiasi altro dato idoneo ad identificarli.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del giorno 12 ottobre 2021, con l’intervento dei magistrati:

Giulio Castriota Scanderbeg, Presidente

Giancarlo Luttazi, Consigliere

Italo Volpe, Consigliere

Francesco Frigida, Consigliere, Estensore

Carla Ciuffetti, Consigliere