Rifiuti urbani, comuni e codice EER 191212: e’ traffico illecito? Spunti per una indagine giudiziaria

di Gianfranco AMENDOLA

Questo non è un articolo giuridico in senso stretto ma, molto più semplicemente, un appunto sintetico, senza alcuna pretesa dottrinale, che si propone di sollecitare autorità e polizia giudiziaria a svolgere indagini su una “truffa” di enormi proporzioni, quella del rifiuto 191212, che ogni giorno viene perpetrata in molti Comuni del nostro paese con gravi danni per salute ed ambiente. Proprio per questo, si è privilegiata una elaborazione molto succinta, limitata all’essenziale e divisa per punti, non appesantita da richiami e digressioni, cui, in qualche modo, si può comunque accedere leggendo la bibliografia e la giurisprudenza minima di cui alle due Appendici .

PREMESSA: il principio di prossimità

Per i rifiuti urbani vige il principio comunitario di prossimità per cui, onde limitarne al massimo il trasporto, devono essere smaltiti nella regione di produzione e, comunque, il più vicino possibile al luogo di produzione ovvero, se raccolti in modo differenziato e destinati a riciclo o recupero, negli impianti più vicini. (TUA artt. 181 e 182; Corte di giustizia dell’Unione europea, sezione terza, sentenza 16 luglio 2015, in causa C-653/13, Commissione contro Italia)

Limitazioni che non valgono per i rifiuti speciali (da attività economiche e lavorative).

FATTO N. 1: gli impianti di trattamento TMB

Secondo la normativa comunitaria e nazionale gli impianti di trattamento dovrebbero produrre materiale combustibile dal secco e materiale fertilizzante o comunque stabilizzato dall’umido. Molto spesso, invece, nel nostro paese vengono utilizzati solo per operare la semplice separazione degli RSU in due frazioni: umido e secco. Operazione, che quindi resta fine a sé stessa e viene, invece, ad essere contrabbandata come trattamento utile allo smaltimento degli RSU in discarica; come se la semplice separazione del rifiuto urbano in due frazioni potesse soddisfare quanto previsto dall’art. 7 del D.Lgs. 36/03 sulle discariche e potesse essere considerato un trattamento adeguato a determinare qualche beneficio ambientale quando il rifiuto solido urbano semplicemente frazionato in due è abbancato in discarica1.

FATTO N. 2: da urbani a speciali con CER 191212

In realtà, ormai da anni, molti Comuni, onde svincolarsi dai limiti e connessi controlli per rifiuti urbani, utilizzano gli impianti di trattamento per “trasformare” i rifiuti urbani in speciali, assegnando ad essi il codice di identificazione 191212, riservato residualmente ad “altri rifiuti (compresi materiali misti) prodotti dal trattamento meccanico dei rifiuti..”, i quali acquistano così la qualifica di rifiuti speciali .

Già nel 2019, il direttore di ARPA Lazio, Marco Lupo, convocato dalla commissione ecomafia, affermava pubblicamente che molto spesso il rifiuto viene mandato negli impianti di trattamento per cambiare codice e per poter «perdere» la natura urbana, poter diventare speciale e quindi girare liberamente per il nostro Paese…. . il rifiuto viene mandato negli impianti che fanno un trattamento, sulla cui sostanzialità si può molto discutere. e poi vengono trasferiti con codice 19, senza bisogno di accordo interregionale, ma possono circolare liberamente essendo rifiuti speciali.

Due anni dopo, nel 2021 Laura D’Aprile, capo della direzione generale economia circolare del Ministero dell’Ambiente dichiarava altrettanto pubblicamente che “i TMB sono obsoleti e servono soloa cambiare codice ai rifiuti trattati, mentre l’economia circolare si fa con impianti avanzati per il recupero di materia”. Tanto più che con decreto 9 agosto 2021 n. 47 (Linee guida per la clasificazione dei rifiuti) lo stesso Ministero, trattando della classificazione di rifiuti urbani indifferenziati sottoposti a trattamento meccanico biologico, precisava che “resta fermo che una condizione essenziale affinché i rifiuti derivanti dal trattamento siano classificabili con codici dell’elenco europeo differenti rispetto a quello del rifiuto d’origine è che il processo abbia portato alla formazionedi un rifiuto differente dal punto di vista chimico-fisico(tra cui, composizione, natura, potere calorifico, caratteristiche merceologiche, ecc.)”.

E ancora più di recente, il Ministero della Transizione ecologica nel parere del 15 marzo 2022, n. 32592, citando i dati ISPRA sui rapporti per i rifiuti urbani evidenziava che “vige già da tempo la consuetudine di considerare, ai fini della corretta valutazione sull’efficienza nella chiusura del ciclo dei rifiuti, taluni codici appartenenti al capitolo 19 del Catalogo europeo dei Rifiuti, come rifiuti urbani”,aggiungendo significativamente che “la principale problematica rilevata nell’analizzare tali flussi di rifiuti consiste nella loro movimentazione verso destinazioni extraregionali che rende particolarmente difficile seguirne il flusso dalla produzione alla destinazione finale”, che “i rifiuti urbani avviati a forme di trattamento di tipo meccanico biologico intermedie prima di una destinazione definitiva di recupero o smaltimento rappresentano, nel 2019, il 31% dei rifiuti urbani prodotti”,e che “frequentemente, i rifiuti prodotti dagli impianti di trattamento meccanico biologico, identificati con i codici del capitolo 19 dell’elenco europeo dei rifiuti, vengono inceneriti, smaltiti in discarica o recuperati in impianti localizzati fuori regione. Questo è il caso, ad esempio, del Molise dove l’86,4% del CSS incenerito e il 37% dei rifiuti smaltiti in discarica provengono da altre regioni.

Si tratta, peraltro, di quantità notevoli se solo si pensa che, secondo i rapporti ISPRA, nel 2019 è stato avviato al trattamento meccanico biologico aerobico (TMB) un quantitativo di rifiuti pari a quasi 9,9 milioni di tonnellate, costituiti per il 79% da rifiuti urbani indifferenziati (7,8 milioni di tonnellate); di cui 4 milioni finiscono in discarica e circa 2,3 milioni vanno ai termovalorizzatori, mentre le quantità destinate al riciclaggio sono pari a sole 125 mila tonnellate (1,4% del totale prodotto). Peraltro, “quasi 321 mila tonnellate dei rifiuti prodotti dai TMB vengono conferiteall’estero, in particolare dalla Campania (oltre 158 mila tonnellate), dal Friuli Venezia Giulia (oltre 60 mila tonnellate), dal Veneto (quasi 33 mila tonnellate), dalla Toscana (oltre 30 mila tonnellate), dal Lazio (quasi 24 mila)”; di questi, “i rifiuti maggiormente esportati sono i “rifiuti prodotti dal trattamento dei rifiuti” (codice 191212), 175 mila tonnellate” (con un aumento, rispetto al 2018, di oltre 93 mila tonnellate).

Insomma, appare del tutto evidente che molto spesso l’invio ad impianti di trattamento serve solo per effettuare il cambio codice con il 191212 ed eliminare così restrizioni e controlli previsti dalla legge per la loro circolazione e destinazione, in Italia e all’estero; favorendo, ovviamente, anche gestioni e destinazioni illegali. E appare anche chiaro che di questa prassi illecita sono al corrente tutti gli enti preposti, dai Comuni alle Regioni al Ministero della Transizione ecologica, nonchè ARPA ed ISPRA.

FATTO N. 3 : l’intervento della CGCE nel 2021

Quanto sopra sommariamente esposto è stato pubblicamente condannato in sede comunitaria nel 2021 quando la Corte di Giustizia Europea, chiamata a pronunciarsi dal Consiglio di Stato nell’ambito di un procedimento tra la Regione Veneto e un privato circa la spedizione, verso un cementificio in Slovenia, di duemila tonnellate di rifiuti urbani indifferenziati (codice EER 20.03.01), classificati, dopo trattamento meccanico finalizzato a recupero energetico (TMB), con il codice EER 19.12.12, sentenziava che “a prescindere dal codice assegnato,i rifiuti urbani indifferenziati restano talianche se, essendo destinati a recupero energetico, hanno subito un trattamento meccanico, il quale non ha, tuttavia, sostanzialmente alterato le loro proprietà originarie. E, pertanto, in base alla normativa comunitaria, la loro gestione deve rispettare i principi di autosufficienza e di prossimità i quali impongono di trattarli nell’impianto più vicino possibile al luogo in cui vengono prodotti, per limitarne al massimo il trasporto. E quindi non possono essere inviati all’estero” (CGCE, ottava sezione, 11 novembre 2021, C-315/20).

Ricevendo, peraltro, totale adesione dal Ministero della Transizione ecologica, il quale, nel citato parere 15 marzo 2022, n. 32592, confermava che “trova pertantopiena applicazione la sentenza della Corte di Giustizia UE,dell’11 novembre 2021 relativa alla causa C-315/20, che conferma il regime giuridico di "rifiuti urbani" per i rifiuti provenienti da TMB e conseguentemente,l’applicazione del principio di prossimità anche nell’eventualità di trattamento meccanico con cambio di codice EER ”.

Ed anche dal Consiglio di Stato il quale recentemente ha concluso che “la possibilità di attribuire a un rifiuto il CER 19.12.12 dipende dall’accertamento della coesistenza di due elementi, cioè che non siano presenti componenti pericolose e che il materiale in questione sia assoggettato ad una procedura preliminare qualificabile come “trattamento meccanico”, tenendo conto che “una condizione essenziale affinché i rifiuti derivanti dal trattamento siano classificabili con codici CER differenti rispetto a quello del rifiuto d’origine è che il trattamento abbia portato allaformazione di un rifiuto differente dal punto di vista chimico-fisico(CDS, sez. 4, 25 gennaio 2023, n. 849)2 .

E, nello stesso quadro, più recentemente la Cassazione ha precisato che la presenza di materiale putrescibile nella frazione organica di tali rifiuti comporta la conseguente necessità della previsione del loro trattamento specifico secondo le migliori BAT (Best Available Tecnhiques) e Bref (Best References) dell'Unione Europea . ( Cass. Pen., sez. 3, n. 33089 del 7 settembre 2021, Giuliano).

In conclusione, per quanto interessa in questa sede, la giurisprudenza, comunitaria e nazionale, ha chiarito senza ombra di dubbio che, mentre per l’umido il trattamento definitivo si esaurisce solo con il trattamento biologico, per il secco questo si realizza, quando esso assume caratteristiche sue proprie ben distinte da rifiuti solidi urbani originari trattati e, in forza delle conclusioni delle BAT, può essere destinato alla termovalorizzazione. E pertanto nessun cambio codice è lecito se si procede solo alla separazione secco-umido.

DIRITTO N. 1 : il delitto di traffico illecito di rifiuti: elementi costitutivi e giurisprudenza

In sostanza, quindi, appare del tutto certo che spesso i rifiuti urbani vengono smaltiti, attraverso un cambio codice non giustificato, in violazione di norme e di principi, di derivazione comunitaria e nazionale, sanciti per garantire un loro corretto e controllabile smaltimento o riciclo-recupero a tutela della salute e dell’ambiente. E, se anche è difficile acquisire dati certi sulla precisa entità di questo fenomeno criminoso, già il massiccio utilizzo del codice EER 191212 (che dovrebbe essere solo residuale) evidenzia che non si tratta certamente di un fatto marginale o occasionale.

Verifichiamo, adesso, le conseguenze di questo comportamento sul terreno del diritto penale.

A questo proposito, è del tutto ovvio, che a singoli comportamenti illeciti si applicheranno, in primo luogo, le sanzioni contravvenzionali previste dal TUA (D.Lgs. n. 152/2006).

Ma occorre, a questo punto, porsi il problema della eventuale applicabilità anche del delitto di traffico illecito di rifiuti previsto dall’art. 452 quaterdecies c.p. il quale, nella formulazione base, stabilisce che “chiunque, al fine di conseguire un ingiusto profitto, con più operazioni e attraverso l'allestimento di mezzi e attività continuative organizzate, cede, riceve, trasporta, esporta, importa, o comunque gestisce abusivamente ingenti quantitativi di rifiuti è punito con la reclusione da uno a sei anni .

Per meglio precisarne gli elementi costitutivi, è opportuno riportare, pur se in estema sintesi, le conclusioni della costante giurisprudenza della Cassazione rilevanti rispetto al problema in esame3:

La giurisprudenza della Cassazione

Soggetto:chiunque

-Per perfezionare il reato è necessaria una, seppure rudimentale, organizzazione professionale (mezzi e capitali) che sia in grado di gestire ingenti quantitativi di rifiuti in modo continuativo, ossia con pluralità di operazioni condotte in continuità temporale, operazioni che vanno valutate in modo globale

-L’organizzazione professionale non deve essere destinata in via esclusiva alla commissione di attività illecite. Pertanto, il delitto è configurabile anche quando l'attività criminosa sia marginale o secondaria rispetto all'attività principale lecitamente svolta

Condotta: attività di gestione dei rifiuti "organizzata", con allestimento dei mezzi necessari, ossia una attività "imprenditoriale caratterizzata non dalla episodicità, ma da una "pluralità di operazioni" e dalla "continuità " in senso temporale con riferimento ad una quantità ingente di rifiuti .

-Il delitto è configurabile con riferimento a qualsiasi gestione di rifiuti svolta in violazione della disciplina di settore.

-L'attività di gestione mira al traffico illecito, e può riguardare una o più delle diverse fasi in cui si concreta ordinariamente la gestione dei rifiuti nella fase dinamica (cessione; ricezione, trasporto, esportazione ed importazione), sia interna, che internazionale .

- per l’integrazione del reato è sufficiente che anche solo una partedelle plurime attività da compiere nel ciclo di gestione dei rifiuti sia svolta in forma organizzata, avvalendosi di una struttura a ciò anche solo in parte deputata e a fine di ingiusto profitto.

Abusività: la natura abusiva della condotta è tale non solo quando è svolta in assenza delle prescritte autorizzazioni o sulla base di autorizzazioni scadute o palesemente illegittime, o comunque non commisurate alla tipologia di attività richiesta, ma anche quando è posta in essere in violazione di leggi statali o regionali – ancorché non strettamente pertinenti al settore ambientale – ovvero di prescrizioni amministrative con la conseguenza che, ai fini della integrazione del reato, non è necessario che sia autonomamente e penalmente sanzionata la condotta causante la compromissione o il deterioramento richiesti dalla norma.4

Ingente quantitativo di rifiuti: non può essere individuato a priori, attraverso riferimenti esclusivi a dati specifici, quali, ad esempio, quello ponderale, dovendosi al contrario basare su ungiudizio complessivoche tenga conto delle peculiari finalità perseguite dalla norma, della natura del reato edella pericolosità per la salute e l'ambiente e nell'ambito del quale l'elemento quantitativo rappresenta solo uno dei parametri di riferimento . Ed anche la circostanza che si tratti di quantitativo ampiamente ricompreso nei limiti dell’autorizzazione non rileva quando l’autorizzazione è subordinata al rispetto di specifiche condizioni, la mancata realizzazione delle quali non consente, in difetto di parametri di riferimento, proporzioni di sorta tra i rifiuti astrattamente autorizzati e quelli di fatto gestiti.

Ingiusto profitto e dolo specifico: Il richiesto dolo specifico relativo al fine di conseguire un ingiusto profitto non comporta che tale profitto sia necessariamente di natura patrimoniale, ma esso può consistere non soltanto in un ricavo patrimoniale, ma anche nel vantaggio conseguente dallamera riduzione dei costi aziendalio nel rafforzamento di una posizione (con conseguente vantaggio personale) nell'ambito della struttura dirigenziale all'interno dell'azienda; ed èingiustoquando la condotta posta in essere abusivamente, oltre che anticoncorrenziale, può essere produttiva di conseguenze negative, in termini di pericolo o di danno, per la integrità dell’ambiente ed impedisce, comunque, il doveroso controllo, da parte dei soggetti preposti, sull’intera filiera dei rifiuti, che la legge impone dalla produzione alla destinazione finale. rafforzando così notevolmente la loro posizione apicale della stessa, immediato e futuro.

DIRITTO N. 2: cambio codice, traffico illecito e responsabilità penali

Se applichiamo queste semplici nozioni alla problematica esposta nelle pagine precedenti, appare evidente che, nei casi in cui si accerti l’invio di rifiuti urbani ad impianti di trattamento al solo scopo di effettuare, senza alcun beneficio per l’ambiente, il cambio codice con il 191212, eliminando così restrizioni e controlli previsti dalla legge per la loro circolazione e destinazione, può configurarsi, ricorrendone ovviamente tutte le condizioni (in primo luogo l’abitualità),il delitto di traffico illecito di rifiuti5. Più volte, peraltro, la Cassazione ha precisato che l’apposizione di codici non veritieri o comunque non corretti costituisce apporto causale penalmente rilevante per la consumazione del delitto. Si tratta, quindi, di verificare, caso per caso, se ricorrono anche le altre condizioni previste dalla legge e ben chiarite dalla Suprema Corte. Nella piena consapevolezza che, come abbiamo visto, non bisogna fermarsi alle responsabilità dei privati in quanto questo traffico illecito non è ipotizzabile senza un coinvolgimento delle pubbliche strutture addette alla gestione ed al controllo dei rifiuti urbani, in primo luogo dei Comuni cui compete la responsabilità primaria. Ed è appena il caso di evidenziare che la sopra riportata giurisprudenza della Cassazione ritiene sussistente il delitto anche se la struttura sia minima e non abbia il traffico illecito come fine principale, e l'attività criminosa sia marginale o secondaria rispetto all'attività principale lecitamente svolta; e precisa, tra l’altro, che il profitto ingiusto può essere anche non patrimoniale ma di posizione o (aggiungiamo noi) “politico”.

DIRITTO N. 3: spunti per una indagine giudiziaria

A questo punto, in base al quadro sopra sommariamente delineato, possono delinearsi alcuni spunti per una indagine di p.g. sui rifiuti urbani prodotti da un Comune.

Occorre, in primo luogo, acquisire i dati “cartacei” su quantità, composizione, qualità, gestione e destinazione dei rifiuti, tenendo conto che attualmente, dopo le ultime modifiche normative, il calcolo sui rifiuti destinati a riciclo, riutilizzo o recupero non può limitarsi ai dati sulla raccolta differenziata ma deve basarsi, invece, su quelli misurati al momento della reale immissione a riciclo, recupero o riutilizzo, visto che, in molti casi, la pessima qualità della raccolta differenziata comporta che molti rifiuti possano avere solo lo smaltimento come destinazione.

In secondo luogo, è necessario estendere l’indagine agli impianti di trattamento, tenendo conto che negli impianti in cui le due frazioni umida e secca prodotte, rispettivamente non vanno alla stabilizzazione ed alla termovalorizzazione ma sono semplicemente conferite in discarica, si genera spesso anche una elevata quantità di scarto che viene classificato come 191212 e si caratterizza, visto che è composto in massima parte da materiali combustibili, per il suo notevole potere calorifico, nettamente superiore ai limiti previsti dalla legge (UNI ISO 21640 del luglio 2021), pari a 3 MJ/Kg. E pertanto, la produzione di elevate quantità di rifiuto 191212 costituisce già, di per sé, un rilevante indizio di illegalità. Tanto più che il codice EER 191212, come abbiamo visto, presuppone che ci sia stata una “lavorazione” per ottenere qualcosa di nuovo riutilizzabile non che tutto diventi 191212 e vada in discarica. In proposito, si ritiene utile segnalare che recentemente ISPRA, rispondendo ad un quesito di ARPA Lazio, ha evidenziato che anche sui rifiuti 191212 si può effettuare l'esame dell'indice respirometrico dinamico (IRD), dal quale risulta con certezza se effettivamente il trattamento ha avuto l'effetto di cambiare le caratteristiche dei rifiuti.

In terzo luogo, occorre accertare la destinazione di questo “falso” rifiuto 191212, tenendo conto che in questi casi nulla è cambiato dopo il “trattamento”. E pertanto il rifiuto non può essere conferito né in discarica né come combustibile, mancando i trattamenti previsti dalla legge in entrambe le ipotesi. Né tanto meno avviato a riciclo o riutilizzo6.

In quarto luogo, è necessario verificare se si tratta di una condotta che possa integrare il delitto di traffico illecito di rifiuti in tutti i suoi elementi, soprattutto, alla luce dell’insegnamento della Suprema Corte, in relazione alla abitualità, alle quantità, alla struttura che decide la gestione del rifiuto e al vantaggio che ne ricava.

Infine, a questo punto, si possono approfondire le indagini con riferimento ai soggetti coinvolti, tenendo presente che, come confermato dalla Cassazione, si può, ricorrendone i presupposti, prefigurare anche, in concorso, il delitto di associazione a delinquere (oggi espressamente previsto, come aggravante, dall’art. 452-octies c.p); così come possono ricorrere delitti propri di pubblici ufficiali quali quello di cui all’art. 323 c.p. (cfr. ordinanza per Malagrotta già richiamata). E, a questo proposito, appare di particolare interesse la recentissima sentenza della Suprema Corte, secondo cui, proprio con riferimento alla gestione dei rifiuti, “ è evidente che il sindaco, una volta esercitati i poteri attribuitigli dalla legge, non può semplicemente disinteressarsi degli esiti di tale sua attività, essendo necessario, da parte sua, anche il successivo controllo sulla concreta attuazione delle scelte programmatiche effettuate; egli ha, inoltre, il dovere di attivarsi quando gli siano note situazioni, non derivanti da contingenti ed occasionali emergenze tecnico — operative, che pongano in pericolo la salute delle persone o l'integrità dell'ambiente 7.

Resta solo da chiedersi perché finora, di fronte a questa macroscopica e diffusa illegalità nel settore dei rifiuti urbani, nessuno è intervenuto con decisione. Eppure, tutti sapevano.

APPENDICE N. 1: BIBLIOGRAFIA MINIMA ESSENZIALE

GALANTI, Trattamento meccanico dei rifiuti urbani indifferenziati e abusività della condotta in Lexambiente, Riv trim. dir, pen. Ambiente 2022, fasc. 2

GALDENZI-BOEZIO, Il Consiglio di Stato di fronte alle ambiguità del rifiuto CER 19.12.12. in RGA online,n. 41 aprile 2023

PIEROBON, Il rifiuto EER 191212: dall’origine ai destini. Il caso delle spedizioni transfrontaliere , in Azienditalia 5/2021

SANNA, Impiego abusato ed abusivo del Codice EER 191212 , in www.unaltroambiente.it . e inwww.lexambiente.it , 25 febbraio 2022

SANNA, La Corte di Giustizia europea ed i TMB italiani in www.unaltroambiente.it . e inwww.lexambiente.it,2 Maggio 2022

AMENDOLA Rifiuti urbani, Corte europea e CER 19.12.12: una sentenza «esplosiva»? in www.rivistadga.it , 2021, n. 6 e in www.lexambiente.it , 10 Dicembre 2021

Più in generale

GALANTI, I delitti contro l’ambiente, Pacini, Pisa 2021, pag. 275 e segg.

NESPOR-RAMACCI, Codice dell’ambiente, Giuffrè Milano 2022, pag. 401 e segg.

AMENDOLA, Diritto penale ambientale, Pacini, Pisa 2022, pag. 235 e segg.

APPENDICE N. 2: SINTESI MINIMA GIURISPRUDENZA CASSAZIONE8

Cass. Pen., Sez. 3, c.c. 16 dicembre 2005, n. 1446, Samarati

Detto delitto si sostanzia nella condotta di "chiunque, al fine di conseguire un ingiusto profitto, con più operazioni e attraverso l'allestimento di mezzi e attività continuative organizzate, cede, riceve, trasporta, esporta, importa, o comunque gestisce abusivamente ingenti quantitativi di rifiuti”.

Per la sussistenza del reato di cui all'art. 53 bis D.L.vo 22/97 è quindi necessario:

a) l'autore del reato può essere " chiunque ": la pluralità di agenti non è richiesta come elemento costitutivo della fattispecie. Trattasi di una fattispecie monosoggettiva e non di concorso necessario, anche se nella pratica può assumere di fatto carattere associativo e di criminalità organizzata;

b) l'elemento soggettivo richiesto dalla norma è il dolo specifico , ossia il fine di conseguire un ingiusto profitto (ricavi o risparmi nei costi);

c) l'elemento oggettivo consiste in una attività di gestione dei rifiuti "organizzata", con allestimento dei mezzi necessari, ossia in una attività "imprenditoriale ”;

d) l'attività di gestione mira al traffico illecito, come si ricava dal titolo della norma, e - può riguardare una o più delle diverse fasi in cui si concreta ordinariamente la gestione dei rifiuti nella fase dinamica (cessione; ricezione, trasporto, esportazione ed importazione), sia interna, che internazionale [le condotte non sono tassative come emerge dall'avverbio "comunque" ] ;

e) l'attività di gestione deve essere caratterizzata non dalla episodicità, ma da una "pluralità di operazioni" e dalla"continuità " in senso termporale: il "traffico illecito" ha senso se è caratterizzato da più operazioni e se presenta un elemento temporale adeguato;

f) il quantitativo di rifiuti deve essere "ingente ": l'interprete dovrà valutare caso per caso questo requisito, traendo elementi di comparazione anche dalle previsioni di reati contravvenzionali in tema di rifiuti (es. art. 51, 2° comma D. lg.vo 22/97; art. 51, 3° comma stessa legge) e soprattutto considerando la specificità ed autonomia delle singole figure (art. 5l bis, 52 e 53 D.lg.vo 22/97);

g) l' attività di gestione deve essere " abusiva " (mancanza di autorizzazioni, iscrizioni o comunicazioni previste dalla normativa od anche autorizzazioni scadute o palesemente illegittime) con riferimento ad attività organizzate clandestine od anche apparentemente legittime;

ID., 19 ottobre 2011, n. 47870, Giommi

L'esistenza di una irregolare tenuta dei registri obbligatori di carico e scarico, di sistematiche attività di miscelazione di rifiuti pericolosi tra loro e di rifiuti pericolosi con altri non pericolosi, l'effettuazione di miscelazioni in assenza di accertamenti tecnici preliminari e in assenza dei necessari trattamenti preliminari, il mancato rispetto delle cautele necessarie rispetto alla gestione di rifiuti pericolosi, l'apposizione del codice CER privilegiando la compatibilità con le autorizzazioni dei destinatari e la compatibilità con le esigenze commerciali rispetto alla effettiva composizione dei materiali inviati, la conseguente destinazione di rifiuti in prevalenza pericolosi a impianti che non avrebbero potuto riceverli, la modifica di codice CER, e non solo il mero "giro bolla", rispetto a rifiuti non sottoposti ad alcun trattamento costituiscono condotte che valutate nel loro insieme con riferimento, ovviamente, al singolo impianto, denotano manifesta illiceità , e ciò a prescindere dal fatto che l'impianto potesse, quale "produttore" non originario indicare se stesso come produttore dei rifiuti e dal fatto che in condizioni di rispetto delle altre formalità e cautele il c.d. "giro bolla" possa non rivestire carattere di intrinseca illiceità. Ciò che rileva è che la mancata indicazione della provenienza iniziale dei rifiuti nei formulari e il ricorso al "giro bolla" costituiscono metodologia scelta ed utilizzata all'interno di un meccanismo che muove dalla irregolare tenuta dei registri di carico-scarico e termina con la destinazione ad altri impianti di prodotti diversi per caratteristiche rispetto a quanto dichiarato, frutto di miscelazioni non operate nei limiti e con le garanzie previste e, infine, marcati con codici CER non fedeli alle caratteristiche prevalenti della miscela e apposti avendo riguardo alle opportunità commerciali.

ID., 21 luglio-14 novembre 2016, n. 47959, Rivoli

In tema di rifiuti, sussiste il carattere abusivo d ell’attività organizzata di gestione dei rifiuti qualora essa si svolga continuativamente nell’inosservanza delle prescrizioni delle autorizzazioni, il che si verifica non solo allorché tali autorizzazioni manchino del tutto (c.d. attività clandestina), ma anche quando esse siano scadute o palesemente illegittime, e comunque non commisurate al tipo di rifiuti ricevuti, aventi diversa natura rispetto a quelli autorizzati e accompagnati da bolle false quanto a codice attestante la natura del rifiuto, in modo da celarne le reali caratteristiche e farli apparire conformi ai provvedimenti autorizzatori dei siti di destinazione finale (Sez. 5, n. 40330 del 11/10/2006, Pellini, a proposito dell’analoga fattispecie in cui le condotte incriminate si svolgevano secondo il c.d. sistema del “giro bolla” e cioè i rifiuti, in quantità ingenti, venivano declassificati mediante documenti falsi e fatti confluire in stabilimenti privi dei requisiti necessari mentre le relative autorizzazioni venivano acquisite sulla base di falsità documentali, inidonee rispetto alla natura dei rifiuti effettivamente ricevuti).

ID. 28 ottobre 2019 (Ud. 23 maggio 2019), n.43710, Gianino

Con il reato di attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti, sono sanzionati comportamenti non occasionali di soggetti che, al fine di conseguire un ingiusto profitto, fanno della illecita gestione dei rifiuti la loro redditizia, anche se non esclusiva attività.

L’attività organizzata può venire in rilievo anche in relazione e con riferimento solamente a una parte della complessiva attività di raccolta, conferimento e smaltimento di rifiuti, nel senso che non occorre che tutte le fasi di tale attività vengano svolte in forma organizzata e che in ogni fase vi sia la consapevolezza della partecipazione a una attività illecita e il fine di ingiusto profitto, essendo sufficiente, per poter ritenere configurabile il reato, che nell’ambito di detta complessiva attività, si inserisca la condotta di chi, al fine di conseguire un ingiusto profitto, costituisca o si avvalga di una organizzazione allo scopo di realizzare un traffico continuativo e illegale di ingenti quantitativi di rifiuti.

ID, 11 gennaio 2021 (UP 28 ott 2020), n. 659, Rizzo

In tema di traffico illecito di rifiuti, ai fini della configurabilità del delitto di cui all'art. 260, comma 1, d.lgs. n.152 del 2006 (ora 452-quaterdecies c.p.) il requisito dell'ingiusto profitto non deriva dall'esercizio abusivo dell'attività di gestione dei rifiuti, bensì dalla condotta continuativa ed organizzata dei rifiuti finalizzata a conseguire vantaggi (risparmi di spesa e maggiori margini di guadagno) altrimenti non dovuti.

ID:, del 2 marzo 2021 (PU 14 dic 2020), n. 8220, De Francesco

Lo scopo di ottenere una commessa produttiva di significativi ricavi, concernente un’attività formalmente svolta in maniera lecita, perché supportata dalla titolarità delle necessarie autorizzazioni, ma nella consapevolezza della sua strumentalità allo smaltimento illecito di ingenti quantitativi di rifiuti, integra il fine di conseguire un ingiusto profitto richiesto dall’art. 260 d.lgs. n. 152 del 2006, e, attualmente, dall’art. 452-quaterdecies cod. pen. Ed infatti, in tale ipotesi, il profitto avuto di mira è ingiusto perché perseguito nella consapevolezza della sua stretta e inscindibile connessione con la realizzazione di un’attività di gestione abusiva di ingenti quantitativi di rifiuti, e, quindi, della sua derivazione dal complessivo svolgimento di tale illecita attività.

ID., 15 giugno 2021 (UP 14 mag 2021), n. 23347, Conforti
L'ingente quantitativonon può essere individuato a priori, attraverso riferimenti esclusivi a dati specifici, quali, ad esempio, quello ponderale, dovendosi al contrario basare suun giudizio complessivo che tenga conto delle peculiari finalità perseguite dalla norma, della natura del reato e della pericolosità per la salute e l'ambiente e nell'ambito del quale l'elemento quantitativo rappresenta solo uno dei parametri di riferimento (Sez. 3, n. 47229 del 6/11/2012, non mass.; Sez. 3, n. 46950 del 11/10/2016 - dep. 09/11/2016, Rv. 268667; Sez. 3, n. 39952 del 16/04/2019 - dep. 30/09/2019, Rv. 278531).

ID. 7 settembre 2021 (cc 15 lug 2021) n. 33087, Leo

E’ certamente configurabile il concorso tra i reati di associazione per delinquere e di attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti, in quanto tra le rispettive fattispecie non sussiste un rapporto di specialità, trattandosi di reati che presentano oggettività giuridiche ed elementi costitutivi diversi, caratterizzandosi il primo per una organizzazione anche minima di uomini e mezzi funzionale alla realizzazione di una serie indeterminata di delitti in modo da turbare l'ordine pubblico, e il secondo per l'allestimento di mezzi e attività continuative e per il compimento di più operazioni finalizzate alla gestione abusiva di rifiuti così da esporre a pericolo la pubblica incolumità e la tutela dell'ambiente (Sez. 3, n. 5773 del 17/01/2014, Napolitano, Rv. 258906).

ID., 7 settembre 2021 (cc. 15 lug 2021) n. 33089 , Giuliano


La verifica della rispondenza delle autorizzazioni ambientali alle BAT, in relazione al tipo di attività svolta e alla incidenza della eventuale difformità, e, in ogni caso, il rispetto di queste ultime (anche in questo caso tenendo conto del tipo di attività e della rilevanza della eventuale inosservanza delle BAT Conclusions), assume rilievo al fine dell’accertamento dellaabusività della condotta , in quanto le stesse concorrono a definire il parametro, di legge o di autorizzazione, di cui è sanzionata la violazione e la cui inosservanza, se incidente sul contenuto, sulle modalità e sugli esiti della attività svolta, può determinare la abusività di quest’ultima, in quanto esercitata sulla base di autorizzazione difforme da BAT Conclusions rilevanti ai fini di tale attività o in violazione di queste ultime

1 In proposito per approfondimenti tecnici e richiami si rinvia, da ultimo, a SANNA, Impiego abusato ed abusivo del Codice EER 191212 , in www.unaltroambiente.it . e inwww.lexambiente.it , 25 febbraio 2022

2 Vale la pena aggiungere che già nel 2014 il Consiglio di Stato aveva affermato che “ la mancata stabilizzazione della frazione umida tritovagliata rende inefficace il trattamento e non consente di soddisfare le esigenze di tutela ambientale richieste dal dettato comunitario e nazionale, generando un flusso di rifiuti con caratteristiche chimico-fisiche e biologiche che, per carico organico ed emissioni odorigene, risulta egualmente se non più problematico dal punto di vista gestionale e di trasporto, rispetto al rifiuto urbano indifferenziato” (CDS sez. 4, n. 5242 del 23 ottobre 2014) .

3 Per richiami si rinvia appresso, Appendice n. 2

4 E’ stata ritenuta abusiva anche una gestione di rifiuti basata su autorizzazione da ritenersi illegittima in quanto non prevedeva un trattamento specifico, dopo la separazione, della frazione organica dei rifiuti, in violazione delle BAT (Best Available Tecnhiques) e Bref(Best References) dell'Unione Europea

5 Un esempio notevole, per completezza e precisione, si rinviene nell’ordinanza applicativa di misure cautelari personali del GIP di Roma a proposito dei rifiuti di Malagrotta e del gruppo Cerroni (ufficio II, 2 gennaio 2014, n. 7449/2008 R.G.N.R, facilmente reperibile sul web ) con ampio coinvolgimento di soggetti privati e pubblici cui veniva contestato anche il delitto di associazione a delinquere, ove la “truffa” del 191212 appare ampiamente praticata, con ingenti profitti.

6 Appare evidente, a questo punto, che, per le verifiche di cui sopra, è opportuno richiedere l’assistenza tecnica dell’ARPA locale.

7 Cass. Pen., Sez. 3, 2 maggio 2023 (UP 30 mar 2023), n. 18024, Di Palma in www.lexambiente.it, 17 maggio 2023

8 Le relative sentenze integrali possono essere reperite in www.lexambiente.it