RIFIUTI PERICOLOSI, VOCI A SPECCHIO ED OBBLIGHI DEL PRODUTTORE PER LA CLASSIFICAZIONE
a cura di Gianfranco Amendola
Pubblicato su IndustrieAmbiente.it (si ringrazia il dott. Roberto Mastracci per averne consentito la pubblicazione)

Come è noto, il D.Lgs n. 22/1997, recependo senza variazioni il dettato comunitario, aveva eliminato qualsiasi incertezza circa la qualificazione dei rifiuti pericolosi, i quali erano, ai sensi dell\'art. 7, ultimo comma, “i rifiuti non domestici precisati nell\'elenco di cui all\'allegato D”; e cioè in quell\'elenco approvato dal Consiglio CEE il 23 dicembre 1994 (n. 94/904/CE), in ottemperanza all\'art. 1, comma 4, della direttiva n. 689, e quindi “basato sugli allegati I e II della presente direttiva” e che comprendeva i rifiuti i quali possiedono “almeno una delle caratteristiche elencate nell\'allegato III” (che individua le “caratteristiche di pericolo dei rifiuti”).

L\'Italia, recependo direttamente l\'elenco comunitario, aveva, cioè, eliminato ogni dubbio circa la individuazione dei rifiuti pericolosi e circa la necessità di procedere ad indagini tecniche sulla composizione e sulle caratteristiche degli stessi. La Cassazione, infatti, aveva confermato che <>[1].

In seguito, tuttavia, la situazione è cambiata in quanto dal 1° gennaio 2002 è entrata in vigore in tutta la U.E la decisione CE n. 532 del 3 maggio 2000 n. 532 (e succ. modifiche), la quale ha completamente sostituito il CER e, in particolare, l\'elenco dei rifiuti pericolosi, che sono passati da 234 a 405. Oggi, peraltro, essi non sono più in un elenco a parte ma sono distinguibili tramite un asterisco nell\'elencazione CER; in più — ed è il dato più rilevante —, pur lasciando l\'origine del rifiuto quale base della classificazione, tutte le volte che la pericolosità venga fatta derivare dalle sostanze pericolose in essi contenute, sarà necessaria una analisi per verificare o meno se tali sostanze superino i limiti stabiliti [2].
In sostanza, quindi, attualmente ci sono due tipi di rifiuti pericolosi: 1) pericolosi tout court: sono quelli che hanno l\'asterisco senza alcun riferimento espresso alla presenza di sostanze pericolose, e sono, quindi, rifiuti pericolosi a prescindere dalle concentrazione di sostanze pericolose in essi presenti, a condizione che non trovi applicazione l\'articolo 1, paragrafo 5 (si tratti, cioè, di rifiuti domestici); 2) pericolosi sub condicione: per il punto 6, invece, se un rifiuto è identificato come pericoloso mediante riferimento specifico o generico a sostanze pericolose, esso è classificato come pericoloso solo se le sostanze raggiungono determinate concentrazioni (ad esempio percentuale rispetto al peso), tali da conferire al rifiuto in questione una o più delle proprietà di cui all\'allegato 3 della direttiva 91/689/CEE del Consiglio.
In proposito, peraltro, si evidenzia che, secondo la direttiva del Ministero dell\'ambiente del 9 aprile 2002, (in G.U. 10 maggio 2002, n. 108, suppl. ord.) recante « indicazioni per la corretta e piena applicazione del regolamento comunitario n. 2557/2001 sulle spedizioni di rifiuti ed in relazione al nuovo elenco dei rifiuti » [3], “se un rifiuto è identificato come pericoloso mediante riferimento specifico o generico a sostanze pericolose e come non pericoloso in quanto « diverso » da quello pericoloso (voce “a specchio”), esso è classificato come pericoloso solo se le sostanze raggiungono determinate concentrazioni (ad esempio, percentuale in peso), tali da conferire al rifiuto in questione una o più delle proprietà di cui all\'Allegato III della direttiva 91/689/CEE del Consiglio…. La classificazione di un rifiuto identificato da una « voce a specchio » e la conseguente attribuzione del codice sono effettuate dal produttore/detentore del rifiuto…”.

In altri termini, come confermato dalla Suprema Corte, « ...il criterio della concentrazione limite introdotto dalla decisione 2001/118/CE si applica esclusivamente nei casi in cui i rifiuti possano essere classificati in “voci specchio”, giacché in detta ipotesi risultano nell\'elenco due voci speculari: una riferita al tipo di rifiuto pericoloso, contrassegnato da asterisco nell\'unitario catalogo, ed altra concernente quello non pericoloso, mentre la concentrazione limite non è richiesta ove non esistano dette voci specchio… Poiché l\'introduzione all\'elenco dei rifiuti si riferisce pure a normativa comunitaria sulla classificazione, imballaggio ed etichettatura delle sostanze pericolose... nella quale si fa, a volte, riferimento ad un sistema tipo quello delle voci specchio, come del resto, nella direttiva base comunitaria 67/548/CEE..., la scelta della direttiva ministeriale appare come interpretativa del punto 6 dell\'introduzione al nuovo elenco CER e non si pone in contrasto con il dettato dello stesso, ma ne costituisce l\'indispensabile chiarificatrice precisazione, contribuendo ad esplicitare una formulazione generica” [4].

Le stesse conclusioni venivano confermate nell’ambito del D.Lgs n. 152/2006 (c.d. Testo Unico ambientale emesso dal governo precedente) il quale, proprio allo scadere della legislatura emanava il D.M. 2 maggio 2006 con cui provvedeva ad aggiornare, nella normativa italiana, l’elenco dei rifiuti conformemente all\'articolo 1, comma 1, lettera a) della direttiva 75/442/CE ed all\'articolo 1, paragrafo 4, della direttiva 91/689/CE, di cui alla Decisione della Commissione 2000/532/CE del 3 maggio 2000. Ed, in particolare, sottolineava, nel punto 5 dell’Allegato A del citato decreto, che < Per le caratteristiche da H3 a H8, HI0 e H11 si applicano i valori limite di cui al punto 4, mentre le caratteristiche H1, H2, H9, H12, H13 e H14 non devono essere prese in considerazione, in quanto mancano i criteri di riferimento sia a livello comunitario che a livello nazionale, e si ritiene che la classificazione di pericolosità possa comunque essere correttamente effettuata applicando i criteri di cui al suddetto punto 4. La classificazione di un rifiuto identificato da una "voce a specchio" e la conseguente attribuzione del codice sono effettuate dal produttore/detentore del rifiuto.>>. Tuttavia, come è noto, questo decreto (ed altri, di applicazione del Testo unico) veniva considerato non produttivo di effetti dall’attuale governo per vizi di procedura.

In questo quadro, appare evidente che per le voci a specchio il primo problema da risolvere è in qual modo accertare la qualità del rifiuto. Si potrebbe, infatti, a prima vista, ritenere che in questi casi debba essere l’accusa a dimostrare, con le opportune analisi, che quel rifiuto è pericoloso.

Trattasi di tesi non condivisibile. In proposito, è appena stata pubblicata una pregevole sentenza della Corte di appello di Lecce (C.A. Lecce, 21 maggio 2007, n. 830, Rando) la quale approfondisce proprio questa delicata tematica. Essa, infatti ha annullato una sentenza di assoluzione basata, proprio, sulla motivazione che alcuni rifiuti erano stati ritenuti pericolosi <>. Ed ha, invece, così argomentato: < Fermo restando -e la precisazione non è di poco conto- che, in considerazione del fatto che “la classificazione di un rifiuto identificato da una <> e la conseguente attribuzione del codice sono effettuate dal produttore/detentore del rifiuto” -come previsto da apposita direttiva del Ministero dell’Ambiente, conformemente a quanto statuito dalla più volte citata decisione della Commissione C.E. 2001/118/CE- spetta a costui l’onere di analizzare il rifiuto in funzione dell’attribuzione del corretto codice, con l’ulteriore, necessitato corollario che “solo in presenza di analisi certe e complete, che identifichino tutte le componenti del rifiuto e le relative quantità, senza che ne residuino di non individuate, il rifiuto stesso potrà entrare nella voce a specchio, residuale, non pericolosa” (così, esattamente, l’atto d’impugnazione del P.G.)>> E, pertanto, la sentenza conclude per la pericolosità dei rifiuti in questione <>.
In sostanza, quindi, la Corte di appello di Lecce ha opportunamente chiarito che, per le voci a specchio vige una presunzione di pericolosità in funzione della loro provenienza, e che si può giungere a diversa conclusione solo qualora il produttore-detentore riesca a dimostrare il contrario con <>.
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[1] Cass. Pen. sez. 3, 21 settembre 2000, Rossi, in Riv. giur. ambiente 2001, n. 3-4, pag. 459 e segg.
[2] Per approfondimenti tecnici per le analisi da eseguire cfr. SANNA, Classificazione dei rifiuti individuati come pericolosi, in Ambiente e sicurezza sul lavoro 2002, n. 2, pag. 78 e segg.
[3] Il testo è riportato anche in Ambiente 2002, n. 7, pag. 642 e segg.
[4] Cass. pen., sez. 3, 30 maggio 2002, Parodi, la quale evidenzia che in tal modo si limita in modo rilevante il numero dei rifiuti con pericolosità da accertare tramite analisi caso per caso.
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