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Tribunale di S. Maria Capua Vetere Sez. II coll.B sent. n.1924/04 depositata 9.12.04
est. Chiaromonte  imp. Pagliaro

Rifiuti. Omissione e rifiuto di atti d’ufficio. Sussistenza del reato in ipotesi di omessa bonifica da parte del Sindaco.

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CONCLUSIONI

Il Pubblico Ministero richiedeva la condanna dell’imputato Pagliaro, concesse le attenuanti generiche alla pena di mesi 4 e giorni 20 di reclusione, previa concessione delle circostanze attenuanti generiche.

Il difensore dell’ imputato chiedeva l’assoluzione perché il fatto non sussisteo perche’ il fatto non costituisce reato

 

 

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

 

Il GUP presso il Tribunale di SMCV  emetteva in data 20.1.2002 decreto che dispone il giudizio nei confronti dell’ imputato odierno  per il reato indicato in epigrafe.

Dopo alcune udienze istruttorie e successivi rinvii dovuti alle ragioni piu’ varie (assenza dei testi impedimento difensori, mutamento della composizione del collegio, contemporanea necessità di trattare complessi procedimenti), ed una unica udienza istruttoria del 29.1.2004, all’udienza odierna  il processo veniva celebrato per la prima volta nella attuale composizione collegiale.

In tale data veniva rinnovata l’istruttoria dibattimentale; venivano dichiarate utilizzabili le deposizioni  dibattimentali già rese ed in particolare le dichiarazioni rese dall’unico teste Sapio, confermandosi la rinuncia dell’altro teste di accusa Lamparelli.

Stante la contumacia dell’imputato veniva acquisito ai sensi dell’art. 513 c.p.p. il verbale di interrogatorio da lui reso nel corso delle indagini preliminari.

Il Tribunale acquisiva infine varia documentazione cui aveva fatto riferimento il teste Sapio ed anche documentazione allegata al verbale di interrogatorio reso dall’imputato in sede di indagini preliminari.

Tali documenti venivano fascicolati e contrassegnati con numeri progressivi di colore rosso.

Su concorde richiesta delle parti il Tribunale revocava la ordinanza ammissiva dei testi di difesa, peraltro non presenti, e si acquisiva la relazione a firma del CTP, dr. Puoti.

Veniva pertanto  dichiarata chiusa la istruttoria dibattimentale e le parti rassegnavano le suindicate conclusioni.

Il Tribunale, dopo essersi ritirato in camera di consiglio decideva come da dispositivo.

 

MOTIVI DELLA DECISIONE

 

Dagli atti acquisiti al fascicolo del dibattimento e dichiarati utilizzabili a fini della decisione ritiene il Tribunale che l’imputato Pagliaro debba essere condannato per i fatti a lui ascritti.

Al fine di comprendere le ragioni di tali conclusioni appare opportuno anzitutto riepilogare le principali emergenze fattuali   della istruttoria dibattimentale, per poi analizzare partitamene le varie questioni interpretative sollevate dalle parti, che –come detto- ad avviso del Tribunale devono essere risolte nel senso della sicura configurabilità nel caso di specie del reato di cui all’art. 328 comma 1 c.p.

Orbene è risultato dimostrato (ed incontestato) che l’odierno imputato abbia rivestito la carica di Sindaco del comune di Dragoni a fare data dall’anno 1997 e che all’epoca in detto comune insisteva una discarica di rifiuti solidi urbani in località Cappelle.

Come analiticamente chiarito dalla relazione di consulenza di parte acquisita agli atti, nonchè dalla documentazione della Provincia  e della Prefettura di Caserta (parimenti acquisite) si trattava di un sito autorizzato in forza di provvedimento della Giunta Regionale Campania del 23.7.88  che era stato per lungo tempo utilizzato per lo smaltimento di RSU di detto comune e che aveva  esaurito la sua capacità di contenimento.

Si trattava altresì di un impianto che aveva evidenziato numerosi problemi gestionali, anche durante il periodo di suo ordinario funzionamento.

Piu’ in particolare, dai documenti acquisiti agli atti è emerso che già nel febbraio 1997, a seguito di sopralluogo effettuato da personale del servizio ecologia della Provincia di Caserta, della USL  12 di Piedimonte Matese  ed al Tecnico Comunale era emerso che la discarica:

·        aveva esaurito la sua capacità di ricezione;

·        abbisognava di interventi di riparazione nel telo impermeabilizzante;

·        necessitava di essere completata la ricopertura dei rifiuti depositati nell’invaso;

·        abbisognava della predisposizione del progetto definitivo di messa in sicurezza e destinazione finale (cfr. nota della Provincia di Caserta inviata al Sindaco Comune di Dragoni Prot. N. 1759/EC, acquisita agli atti e protocollata col numero 1).

E emerso altresì che, dopo questa prima nota,  in assenza di un formale riscontro documentale da parte della amministrazione comunale di Dragoni, seguirono numerose altre missive di sollecito da parte della Prefettura di Caserta (all’epoca delegata, come Commissario di Governo ex OPCM 7.10.94, a seguire gli aspetti gestionali delle discariche di RSU) e dello stesso settore ecologia della Provincia di Caserta  (documenti contrassegnati con i nn. da 2 a 6) con cui si sollecitava il Sindaco di Dragoni ad ottemperare a quanto richiesto e – comunque a dare riscontro alle varie note inviate; di tali documenti occorre menzionare analiticamente quello contrassegnato con il numero 3, a firma del dirigente del settore Ecologia della Provincia di CE, datato 14.5.1998, da cui è possibile ricavare che la discarica in esame aveva evidenziato numerose anomalie gestionali a partire dalla data della sua attivazione e senza che l’amministrazione Comunale avesse mai eseguito le opere necessarie per la eliminazione di tali anomalie.

Ancora, dal verbale di sopralluogo eseguito da tecnici dell’ENEA e della Provincia di Caserta (documento n. 6), è emerso che nella discarica in esame “non risultava visibile la geomembrana di HDPE di fondo e sebbene previsto in progetto, non si rilevava la presenza del sistema di captazione del Biogas.”

Risultava infine, che pure esistendo un sistema di raccolta del percolato, non era stato possibile acquisire dal tecnico del Comune alcuna informazione circa le modalità di smaltimento di tale rifiuto liquido.

Non resta che aggiungere che tali carenze hanno trovato piena conferma nella deposizione dell’unico teste escusso all’udienza del 29.1.2004 (Sapio Giuseppe) che ha riferito degli esiti di un sopralluogo effettuato 13.10.2000 presso la discarica di località Cappelle a cui aveva partecipato lo stesso Sindaco di Dragoni.

A prescindere da tale ultimo particolare, è risultato che tali circostanze erano ben note all’odierno imputato anzitutto perché all’epoca già investito del suo ruolo istituzionale di Sindaco del Comune, ma anche perché, proprio in tale qualità, in data 24.10.1997  aveva deliberato un avviso pubblico per una gara funzionale alla esecuzione di uno “ studio per la chiusura ed il recupero ambientale della discarica Comunale in località Cappella” (cfr documento prodotto dalla difesa e contrassegnato con il numero 7).

Da quanto sopra detto ed anche volendo prescindere dalle suindicate anomalie gestionali rilevate, risulta pienamente acclarato che la Provincia di Caserta avesse richiesto con decisa insistenza al Sindaco del Comune di Dragoni di eseguire  opportuno progetto di messa in sicurezza e sistemazione finale della discarica.

E’ appena il caso di aggiungere che la necessità di predisporre un progetto per la bonifica e messa in sicurezza della discarica da parte dell’amministrazione comunale, lungi dall’essere un onere autonomamente imposto dalla Provincia di Caserta, trovava e trova pedissequa previsione normativa nel chiaro disposto degli artt. 17 e ss del dlvo 22/97 che, come noto,  prevede precise scansioni e modalità per addivenire alla bonifica, messa in sicurezza ed al ripristino ambientale dei siti inquinati.

In particolare il comma 3 della citata norma prevede testualmente che “soggetti istituzionali nell’esercizio delle proprie funzioni ” ( in questo caso la Provincia di Caserta) diano comunicazione al Comune di siti  i cui livelli di inquinamento superano i limiti previsti.

A norma del successivo comma 4, sempre con l’indispensabile impulso del Comune, come condizione propedeutica a qualsiasi intervento di bonifica e messa in sicurezza, è previsto che sia presentato ed approvato dal Comune un preliminare progetto programmatico degli interventi effettuandi.

Per mero tuziorismo bisogna anche aggiungere che, anche qualora il responsabile dell’inquinamento fosse persona diversa dal Comune, l’inequivoco disposto del comma 9 della citata norma prevede che, in caso di inerzia dei responsabili (o qualora questi non siano individuabili), gli interventi di messa in sicurezza e recupero ambientale siano eseguiti in seconda battuta dal “Comune territorialmente competente” .

Bisogna anche ricordare al riguardo che, prima della entrata in vigore del decreto Ronchi era parimenti possibile individuare  precise disposizioni di legge che imponevano al Comune, titolare di una discarica di Rsu, di curare precisi adempimenti funzionali alla bonifica ed alla messa in sicurezza di tali siti durante il periodo di loro funzionamento ed anche a seguito del loro esaurimento.

Piu’ in particolare, la materia de qua era stata analiticamente regolamentata dalla delibera interministeriale CITAI del 27.7.84, di attuazione e perfezionamento della disciplina dettata in generale dal DPR 915/82.

Vale la pena riportare in proposito la analitica disposizione della parte di interesse della citata delibera:

e) Smaltimento del biogas.
Gli impianti devono essere dotati di dispositivi per la captazione ed il recupero del biogas.
Nel caso in cui non risulti praticabile una utilizzazione energetica del biogas captato, questo deve essere bruciato in loco mediante torce, preferibilmente ad accensione automatica.
Nel caso di impianti di ridotte dimensioni, la Regione può autorizzare la libera dispersione in atmosfera del biogas, purché venga accertato preventivamente, e controllato in fase di esercizio, che tale dispersione non comporti pericoli per la salute dell'uomo e/o per l'ambiente e comunque non arrechi molestia.
I dispositivi di captazione, recupero, e combustione del biogas devono essere mantenuti in esercizio anche dopo la chiusura della discarica per il periodo di tempo stabilito dall'autorità competente
.”

ed ancora:

“i) Sistemazione finale e recupero dell'area.
Al completamento della discarica dovrà esserne effettuata la copertura finale con materiale impermeabilizzante di spessore opportuno atto ad impedire l'infiltrazione delle acque meteoriche nel corpo della discarica stessa.
Il piano di sistemazione e recupero dell'area interessata dall'impianto di discarica, approvato in sede di autorizzazione dell'impianto stesso, deve prevedere la destinazione d'uso dell'area, tenendo conto in ogni caso:
-- dei fenomeni di assestamento della massa dei rifiuti;
-- della formazione del percolato;
-- della necessità di favorire il naturale deflusso delle acque meteoriche dall'area stessa.”

Non resta che aggiungere che, molto opportunamente, gli allegati tecnici della delibera di Giunta Regionale 3324 del 29.7.88 di approvazione  del progetto di realizzazione della discarica in esame  (allegato  1 della “nota tecnica” prodotta dalla difesa, contrassegnata con il numero 8) prevede testualmente che  nella sistemazione ed adeguamento della discarica, nel suo esercizio  e nella sistemazione finale dell’area “dovrà ottemperarsi a quanto appositamente prescritto dal punto 4.2.2 della citata delibazione interministeriale del 27 luglio 1984” .

E’ emerso infine che solo in data 30.10.2000, appena quindici giorni dopo la esecuzione del sopralluogo effettuato dai militari dei CC su incarico della Procura della Repubblica, con delibera del Consiglio Comunale di Dragoni fu stabilito di riconoscere il credito della ditta Carlone Luigi per la esecuzione di lavori eseguiti presso la discarica in esame nel periodo dal 1993 al 1998 (cfr documento contrassegnato con il numero 9); in altre parole da tale documento sembra ricavarsi che la ditta in esame avesse eseguito nel periodo suindicato lavori nell’impianto senza che fossero state preventivamente individuate in bilancio le somme per tali opere e con la riserva da parte della ditta medesima di ottenere il pagamento di tali somme in un successivo momento (differito in avanti -come visto- anche di anni).

Come si vede, contrariamente a quanto abbia inteso sostenere l’imputato nel suo verbale di interrogatorio reso nel corso delle indagini preliminari ed acquisito agli atti ai sensi dell’art. 513 c.p.p. (contrassegnato con il numero 11), fu ben possibile nel corso degli anni ricorrere a ditte private per la esecuzione di lavori di cui si appalesava l’urgenza anche senza la presenza attuale di fondi in bilancio.

Successivamente con delibera di Giunta Comunale del 10.11.2000 n. 111 (cfr. copia del documento acquisito agli atti e contrassegnato con il numero 10) veniva infine stabilito di “dare seguito (a distanza di oltre tre anni n.d.r.) all’avviso pubblicato nel 1997”  e di cui sopra si è parlato.

Appare utile evidenziare che -nei vari accapi del provvedimento in esame- nel tentativo di fornire  una sintetica spiegazione delle ragioni di tale marchiano  ritardo, ci si limita a riferire che non era stato possibile formalizzare l’incarico  di consulenza nell’anno 1998 per il mancato reperimento di fondi derivanti “dalla vendita di materiale legnoso” senza fornire alcuna ulteriore e plausibile spiegazione del mancato completamento della procedura negli anni seguenti, per i quali ci si limita fare generico riferimento alla  mancanza di adeguata copertura finanziaria.

Alcuna ulteriore spiegazione né documentale né verbale è stata fornita  dall’imputato (le cui uniche dichiarazioni acquisite ed utilizzabili– come detto- sono quelle rese alla Pg operante, non essendo lo stesso comparso nel corso del dibattimento).

Piu’ in generale in ordine alla possibilità di addurre quale valida giustificazione della inazione della amministrazione comunale in subiecta materia, vale la pena richiamarsi integralmente a quanto puntualmente affermato dalla Corte di Cassazione nella sentenza 2109/2000 circa la impossibilità di considerare le difficoltà economiche del Comune nella gestione di una  discarica di rifiuti urbani come una causa di giustificazione e di non esigibilità della condotta richiesta.

la gestione dei comuni costituisce infatti una assoluta priorità, in quanto incide su interessi di rango costituzionale, come la salute dei cittadini e la protezione delle risorse naturali, sicchè non ha rilievo giuridico la insufficienza delle risorse, dovendo le stesse essere destinate in via prioritaria al soddisfacimento delle predette esigenze rispetto ad altre”.              

Per quanto concerne, poi, le singole carenze gestionali di cui si è accertata la sussistenza, si ritiene utile fare particolare riferimento alla mancata realizzazione di un sistema di captazione del biogas.

A tale riguardo occorre subito chiarire che  non puo’ essere condivisa  l’impostazione difensiva secondo cui tale tipo di accorgimento tecnico non fosse dovuto e –soprattutto- non fosse necessario per garantire una sistemazione finale della discarica una volta esaurita.

In proposito è parso di comprendere che la difesa abbia considerato come sinonimi i concetti di “captazione” e di “sfruttamento” del biogas.

In realtà e’ appena il caso di evidenziare che i termini in esame appaiano ontologicamente molto diversi e devono intendersi riferiti a due diverse fasi della gestione di una discarica di rifiuti.

Invero, come noto, con il primo termine deve aversi riferimento alla realizzazione di un sistema che consenta –appunto- di convogliare verso gli strati superficiali della discarica  i gas prodotti dalla putrescenza del materiale organico contenuto nel RSU ed accumulato nell’invaso.

Si tratta –intuibilmente- di un accorgimento  indispensabile per evitare accumuli e ristagni in profondità di materiali gassosi che potrebbero generare esplosioni e combustioni incontrollate.

E’ appena il caso di aggiungere che i suindicati pericoli risultano ancora piu’ evidenti allorquando (come nel caso di specie) i cumuli di rifiuti vengano successivamente ricoperti con terreno vegetale, in grado , a lume di logica, di impedire oltremodo la spontanea fuoriuscita dei gas prodotti.

Infine -per i medesimi motivi ora evidenziati- diventa assolutamente insuperabile  la necessità di disporre di  un adeguato sistema di captazione del Biogas allorquando, una volta esaurita la discarica,  si provveda  -a norma di legge (cfr. tra l’altro la circolare CITAI 27.2.84 già richiamata)- a ricoprire con un telo impermeabilizzante anche la parte superiore dell’invaso.

Ne discende che, logicamente, non sarebbe mai possibile concepire la messa in esercizio di una discarica di RSU senza la adeguata realizzazione di un sistema di captazione del biogas (cfr. anche da ultimo art. 13 comma 5 lettera d del dlvo 36/2003).

Ciò chiarito è altrettanto evidente che, una volta raccolto e convogliato il gas prodotto verso la superficie, sarà astrattamente possibile prevedere un sistema di raccolta e successivo sfruttamento di tale prodotto (che può notoriamente essere impiegato come combustibile).  

E’ ancora una volta la logica a suggerire che tale ulteriore fase ed operazione puo’ essere solo eventuale, apparendo necessario valutare caso per caso se la quantità di biogas prodotto si presti effettivamente ad un riutilizzo o  ad un semplice smaltimento (anche mediante dispersione in atmosfera ad esempio previa combustione mediante sistema a cd. “ fiamma libera”).

Orbene, su queste basi, è agevole comprendere perché ed in quali termini l’autorizzazione regionale all’esercizio della discarica in esame (allegato 2 delle “note tecniche” acquisite agli atti)  prevede testualmente che “il biogas captato potrà essere disperso in atmosfera attese le ridotte dimensioni dell’impianto, a condizione che, in fase di esercizio vengano controllati gli effetti di tale dispersione nell’ambiente circostanze”

In altre parole, come si vede, in linea con quanto sopra evidenziato, la necessità di “captare” il biogas prodotto dalla discarica viene considerato come un insuperabile presupposto tecnico e fattuale a cui fare seguire l’opzione gestionale di disperdere in atmosfera tale materiale senza contemplarne un successivo riutilizzo.

Al riguardo, pertanto, francamente non è agevole comprendere il senso delle conclusioni del consulente tecnico della difesa che ha evidenziato nella sua relazione  depositata agli atti (pag 2 primo capoverso) che “il sistema adottato di libera dispersione attraverso l’intera superficie di diffusione (ndr: senza captazione) sicuramente è stato il piu’ idoneo per gli aspetti di sicurezza per l’ambiente l’igiene e la salute pubblica).

Non resta cha aggiungere che anche nelle relazioni tecniche a firma del progettista dell’impianto, allegate alla nota prodotta dalla difesa, contrariamente a quanto dedotto dal Consulente tecnico di parte, viene fatta esplicita menzione addirittura di uno “schema di sfruttamento del biogas”  (all. n. 6 della nota tecnica succitata).

Bisogna infine evidenziare che, anche in ordine al gravissimo inconveniente del danneggiamento del telo impermeabilizzante (telo peraltro significativamente non individuato in occasione dei sopralluoghi effettuati nel settembre e nell’ottobre del 2000) non risulta prodotta alcuna documentazione che consenta di confermare l’assunto del CTP secondo cui “il danno al telo  è stato riparato da tempo” ; anzi, paradossalmente, sembra che  l’unico riferimento documentale che lo stesso Dr. Puoti fa nella sua relazione per comprovare tale particolare, consista nel verbale di sopralluogo del 20.9.00 ( in cui –giova ribadirlo- il telo di HDPE fu indicato come “non visibile”). 

In altre parole e riassumendo appare assolutamente dimostrato che la discarica comunale di località Cappelle presentava -sin dall’anno 1997 (data di insediamento dell’attuale imputato quale Sindaco del Comune di Dragoni)- numerose anomalie che rendevano necessario ed urgente la esecuzione di numerosi lavori di adeguamento e bonifica, oltre alla predisposizione di tutti quegli accorgimenti imposti dalla legge per la messa in sicurezza durante il  cd. periodo di  post mortem della discarica in  esame; al fine di dare corso a questi lavori, precise disposizioni di legge, peraltro richiamate dalla autorizzazione all’esercizio della discarica in esame, richiedevano propedeuticamente la realizzazione di un progetto a  cura ed oneri della amministrazione Comunale di Dragoni.

Fatte queste articolate quanto doverose premesse, giungendo alla inquadrabilità di tali condotte nell’ambito dell’art. 328 comma 1 c.p., bisogna evidenziare come non possano in alcun modo essere condivise le argomentazioni difensive secondo cui mancherebbero – nel caso di specie-  quelle ragioni di “igiene e sanità pubblica” imponenti l’adozione dell’atto richiesto “senza ritardo”.

Invero, da tutto quanto sopra detto, sembra anzitutto possibile sostenere –in generale- che, attesa la delicata materia in esame (intimamente connessa con valori garantiti e tutelati dalla Costituzione)  e stanti le inequivoche disposizioni  surrichiamate (art. 17 e ss dlgs 22/97, delibera CITAI del 27.7.84 e –da ultimo dlvo 36/2003), la semplice previsione di un puntuale obbligo di legge in capo al Sindaco di predisporre un progetto per la messa in sicurezza e bonifica di un sito di discarica, possa di per sé sola essere consentire di considerare tale onere come connesso a ragioni di igiene e sanità pubblica e dovuto senza ritardo.

In altre parole, pare convincente e suggestiva l’impostazione secondo cui, in tali fattispecie, la valutazione della rilevanza ed urgenza dell’atto amministrativo richiesto, viene sottratta all’interprete  per essere anticipata preventivamente dal legislatore che, prevedendo precisi oneri in capo ad amministratori pubblici nella delicata materia de qua, attribuisce a questi l’imprimatur di atti che vanno compiuti senza ritardi e/o lungaggini di sorta.

Giova ricordare- a sostegno di tale interpretazione- che nonostante l’amministrazione comunale avesse nelle materie della igiene e sanità pubblica un generale potere di emettere ordinanze contingibili ed urgenti, il legislatore del 1997 ha inteso ribadire la particolare rilevanza e necessità di celeri interventi  nella specifica materia della gestione dei rifiuti attribuendo (con l’art. 13 dlvo 22/97)  ulteriori facoltà ordinatorie di urgenza alle varie amministrazioni locali.

Anche a non volere condividere tale impostazione, comunque, appare innegabile che nel caso di specie per tutto quanto sopra evidenziato, sussistevano numerose ragioni fattuali che imponevano la celere attivazione dell’attuale imputato mediante la predisposizione del richiesto progetto di bonifica e messa in sicurezza per ragioni intimamente connesse ad esigenze di igiene e sanità pubblica.

Invero le comprovate circostanze che, anche  in epoca precedente al suo  insediamento, la discarica fosse stata male  costruita in dispregio delle relative autorizzazioni regionali (mancata realizzazione di un sistema di captazione del Biogas), mal gestita (mancata ricopertura giornaliera dei rifiuti e costatata tracimazione dall’invaso di percolato) e male manutenuta (mancata riparazione del telo impermeabilizzante di HDPE), avrebbero imposto al Sindaco di Dragoni, specie dopo i decisi e reiterati solleciti delle altre amministrazioni, di predisporre il dovuto progetto di messa in sicurezza e bonifica inevitabilmente necessario per potere adottare successivamente rimedi tesi a scongiurare  i gravi pericoli connessi ad esempio-  alla possibile esplosione/combustione del biogas contenuto nell’invaso ed all’inquinamento delle acque di falda  a seguito della fuoriuscita dallo scavo di percolato di discarica. Evidenziati i possibili rischi della costante inazione della amministrazione comunale , non sembra francamente utile alcun ulteriore considerazione per sostenere che l‘atto richiesto fosse assolutamente urgente e connesso a ragioni di igiene e sanità pubblica.

Non resta che aggiungere che, anche a seguito dell’espletato dibattimento, nonostante la contestazione prevedesse una “indicazione di condotta perdurante” alcuna ulteriore prova è stata fornita dall’imputato circa l’avvenuto completamento della procedura per la realizzazione del progetto di sistemazione della discarica , essendo stata semplicemente acquisita la delibera di Giunta Comunale con cui si stabilì di affidare il progetto ad oltre tre anni di distanza dall’avviso pubblico deliberato in precedenza  dallo stesso imputato.

Tali ultime considerazioni valgono, come chiarito, a fugare ogni dubbio anche in ordine alla sussistenza dell’elemento subiettivo del reato in contestazione che, peraltro, la costante Giurisprudenza di merito e di legittimità considerano unanimemente come semplice dolo generico (cfr. tra tutte sentenza 2301/86 secondo cui: “ per la configurabilità del reato di cui all’art. 328 c.p. si richiede, sotto il profilo psicologico, il dolo generico, cioè la volontà cosciente da parte del pubblico ufficiale di rifiutare ritardare od omettere l’atto da lui dovuto: l’avverbio “indebitamente” inserito nel dettato legislativo, non comporta la esigenza di un dolo specifico, ma sottolinea la necessità della consapevolezza di agire in violazione dei doveri imposti”).       

Quanto alla pena , occorre evidenziare –anzitutto- come, attesa la incesuratezza dell’imputato  debbano essere concesse le circostanze attenuanti generiche.

Si ritiene pertanto    equa e congrua la pena  di mesi 9 di reclusione ; pena base  anni uno di reclusione diminuita come sopra per la concessione delle circostanze attenuanti di cui all’art. 62 bis c.p.

Sussistendone i presupposti di legge va disposta la sospensione condizionale della pena.

 L’imputato Pagliaro va altresì condannato al pagamento delle spese processuali.

 

P.Q.M.

Lletti gli artt. 533 e 535 c.p.p., dichiara Pagliaro Bruno Carmine  colpevole del reato a lui ascritto – concesse le circostanze attenuanti generiche- lo condanna alla pena di mesi 9  di reclusione oltre al pagamento delle spese processuali.

Letto l’art. 163 c.p., ordina nei confronti del Magliaro Bruno Carmine la sospensione condizionale della pena.

SMCV 30 novembre 2004

Il Presidente                                                                   Il Giudice Estensore