TAR Sicilia (CT) n.1188 del 17 giugno 2008
Rifiuti. Bonifica e messa in sicurezza

E' necessario ai fini della configurazione della responsabilità del proprietario del sito inquinato, l’ accertamento dei presupposti della colpa: la violazione dei divieti di abbandono e deposito incontrollato di rifiuti sul e nel suolo è punita a titolo di dolo o colpa e comporta l’obbligo, per il responsabile, di procedere alla rimozione, all’avvio al recupero ed allo smaltimento dei rifiuti ed al ripristino dello stato dei luoghi. È escluso, inoltre, che l’evento possa essere imputato, a titolo di responsabilità oggettiva, in capo al proprietario dell’area che non abbia, in alcun modo, concorso alla produzione dell’evento.
Non appare legittima l’imposizione della MISE in caso di contaminazioni pregresse, senza alcuna motivazione specifica sulla situazione di emergenza e sull’esigenza di scongiurare il rischio immediato che possano giustificare l’intervento richiesto

REPUBBLICA ITALIANA Reg.Sent.1188/08
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Reg.Gen. 1009/07
Reg.Gen. 1117/07
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia - Sezione staccata di Catania - Sezione Prima, composto dai Signori Magistrati:
Dott. Vincenzo Zingales, Presidente
Dott.ssa Rosalia Messina, Giudice
Dott. Salvatore Gatto Costantino Giudice rel.est.
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
Sui seguenti ricorsi:
1) nr. 1009/07 R.G., proposto da SASOL ITALY SPA, rappresentata e difesa dall’Avv. Luciano Butti, dall’Avv. Federico Peres, e dall’Avv. Antonino Saitta, con domicilio eletto in CATANIA presso la Segreteria del TAR;
CONTRO
I MINISTERI DELLE INFRASTRUTTURE, DELL’INTERNO; GLI ASSESSORATI REGIONALI DELLA REGIONE SICILIA: TERRITORIO E AMBIENTE, ALL’INDUSTRIA, DEI BENI CULTURALI AMBIENTALI E DELLA PUBBLICA ISTRUZIONE; IL COMMISSARIO DELEGATO PER L’EMERGENZA RIFIUTI E LA TUTELA DELLE ACQUE, IL VICECOMMISSARIO DELEGATO PER L’EMERGENZA RIFIUTI E LA TUTELA DELLE ACQUE, IL SUBCOMMISSARIO PER LA BONIFICA DEI SITI CONTAMINATI; L’APAT (AGENZIA PER LA PROTEZIONE DELL’AMBIENTE E PER I SERVIZI TECNICI), L’ARPA SICILIA (AGENZIA REGIONALE PER LA PROTEZIONE DELL’AMBIENTE), L’ICRAM (ISTITUTO SUPERIORE PER LA PREVENZIONE E LA SICUREZZA DEL LAVORO), L’ISTITUTO SUPERIORE DI SANITA’, IL COMMISSARIO DELEGATO PER L’EMERGENZA BONIFICHE E LA TUTELA DELLE ACQUE IN SICILIA; LA PREFETTURA DI SIRACUSA; IL NUCLEO OPERATIVO ECOLOGICO DI CATANIA - COMANDO CARABINIERI PER LA TUTELA DELL'AMBIENTE,; IL REPARTO AMBIENTALE MARINO DEL CORPO DELLE CAPITANERIA DI PORTO; LA MARINA MILITARE DI AUGUSTA; LA CAPITANERIA DI PORTO DI AUGUSTA; L’AUTORITÀ PORTUALE DI AUGUSTA; IL COMANDO GENERALE DEL CORPO DELLE CAPITANERIE DI PORTO; LA CAPITANERIA DI PORTO DI SIRACUSA; MARISICILIA; CINCNAV; COMFORPAT; MARISTAT; L’ARSENALE MILITARE MARITTIMO; L’ ENEA; ciascuno in persona del rispettivo legale rappresente p.t.;
tutti non costituiti;

IL MINISTERO DELL’AMBIENTE E DELLA TUTELA DEL TERRITORIO, IL MINISTERO DELLA SALUTE, IL MINISTERO DELLO SVILUPPO ECONOMICO, IL MINISTERO DEI TRASPORTI, LA REGIONE SICILIA, L’ASSESSORATO REGIONALE DELLA SICILIA ALL’INDUSTRIA, ciascuno in persona del rispettivo rappresentante legale pro tempore, rappresentati e difesi dall’AVVOCATURA DELLO STATO con domicilio eletto in CATANIA VIA VECCHIA OGNINA, 149;

LA PROVINCIA REGIONALE DI SIRACUSA, IL CONSORZIO PER L’AREA DI SVILUPPO INDUSTRIALE PER LA ZONA SUD DELLA SICILIA ORIENTALE – SIRACUSA, IL COMUNE DI SIRACUSA, IL COMUNE DI MELILLI, IL COMUNE DI PRIOLO GARGALLO, DI AUGUSTA, L’AZIENDA SANITARIA LOCALE NR. 8 SIRACUSA; tutti non costituiti;
e nei confronti di:
SVILUPPO ITALIA SPA, in persona del rappresentante legale pro tempore, rappresentata e difesa da TUFARELLI AVV. LUCA, con domicilio eletto presso la SEGRETERIA del Tribunale;
EDISON Spa, in persona del legale rappresentante pro tempore, non costituita;
PER L’ANNULLAMENTO
del decreto prot. n. 3387/QdV/DI/B adottato in data 1° marzo 2007 dal Direttore Generale della Direzione per la Qualità della Vita del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, contenente «Provvedimento finale di adozione, ex art. 14 ter, legge 7 agosto 1990, n. 241, delle determinazioni della Conferenza di servizi decisoria relativa al sito di interesse nazionale di Priolo del 16.02.07», nonché di tutti gli atti, comportamenti, provvedimenti presupposti, connessi e consequenziali, anche se non conosciuti dalla ricorrente, ivi inclusi, in particolare, il verbale e le determinazioni assunte dalla Conferenza di Servizi decisoria convocata presso il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare in data 16 febbraio 2007, relativa al sito di interesse nazionale di Priolo e la lettera prot. 5890/QdV/DI/VII-VIII datata 01.03.07 pervenuta in data successiva, con la quale sono stati trasmessi il decreto 01.03.07 prot. n. 3387/QdV/DI/B e il verbale della Conferenza di Servizi decisoria 16.02.07, nonché tutti i documenti richiamati (anche se non allegati) nel verbale del 16.02.07 e nel decreto e tutti i documenti ad essi allegati (anche se non espressamente in essi richiamati).
* * *
I provvedimenti sopra indicati vengono impugnati in toto e, in particolare, per la parte in cui:
quanto al verbale della Conferenza di Servizi 16.02.07
1. sul confinamento fisico come attività di messa in sicurezza d’emergenza, la Conferenza di servizi decisoria (a) ha deliberato di «chiedere all’Azienda di trasmettere entro 30 giorni dal ricevimento del presente verbale il Progetto di bonifica della falda basato sul confinamento fisico, come richiesto dalla Conferenza decisoria del 21.07.06» (pag. 133) e, ribadendo la prescrizione ma assegnando un diverso termine, (b) ha richiesto all’Azienda di «presentare il progetto definitivo di bonifica delle acque di falda basato sul marginamento fisico entro 60 giorni dal ricevimento del presente verbale, così come già richiesto dalla Conferenza decisoria del 21.07.06» (pag. 142);
2. sulla messa in sicurezza d’emergenza in relazione allo sversamento accidentale verificatosi nel dicembre 2004 in corrispondenza delle vasche API Sud, la Conferenza (a) ha prescritto all’Azienda «di attivare la messa in sicurezza d’emergenza della sorgente primaria della contaminazione entro 10 giorni dalla data di ricevimento del presente verbale e che la stessa avvenga contestualmente alla completa rimozione di tutto il terreno contaminato circostante le vasche» (pag. 137); ha ribadito anche questa prescrizione ma in termini diversi (b) «per quanto riguarda l’area A3 e l’area A6 vista la presenza di contaminazione residua nel punto T21 (benzene: 97 mg/kg; idrocarburi pesanti: 5982,9 mg/kg), l’elevato grado di inquinamento rilevato con il test TST nei punti T20, T26 e T14 nonché i superamenti nel punto T108, si richiede di approfondire la scarifica delle aree medesime compatibilmente all’eventuale presenza dei fasci di tubazioni, e di procedere al prelievo di almeno un campione di fondo scavo, da sottoporre a caratterizzazione analitica; in presenza di ulteriore contaminazione, lo scavo andrà approfondito fino ad evidenza di terreno pulito; si richiede, inoltre, che tali attività vengano concordate con ARPA in modo da consentire le attività di controllo dei campionamenti e delle analisi ivi compresa la esecuzione del 10% di controanalisi di verifica, per la validazione dei dati da parte dell’ARPA stessa» (pag. 138 punto 7); e sempre in relazione al medesimo episodio del dicembre 2004, nella parte in cui (c) la Conferenza ha affermato che «non risulta ottemperata la richiesta, prescritta da ARPA Siracusa, al punto 3 del verbale di sopralluogo: “nell’area da scarificare in corrispondenza delle vasche API Sud, prelievo di campioni di terreno dove il TST mostra valori superiori a 100 ppm a scarifica completata”, atteso che, come si evince dalla tabella 6 del documento in esame, i campioni prelevati nell’area A6 e sottoposti ad analisi chimiche di laboratorio, sono stati quelli in cui il TST ha mostrato i valori di contaminazione più bassi (T108: 5,1 ppm e T115: 30 ppm)» (pag. 138 punto 5);
3. sulla minaccia di attivazione dei poteri sostitutivi del Commissario Delegato in danno della società, nella parte in cui la Conferenza ha stabilito «di chiedere al Commissario Delegato per l’Emergenza Rifiuti e Tutela della Acque della Sicilia, in caso di ulteriore inadempienza dell’Azienda, di attivare i poteri sostitutivi in danno del medesimo soggetto inadempiente, costituendo il presente verbale formale messa in mora, […]» (pag. 135);
4. sulla gestione delle acque emunte: nella parte in cui la Conferenza ha ricordato che «le acque emunte e il prodotto ottenuto dalla disoleazione sono rifiuti e, pertanto, devono essere gestiti in conformità alla normativa vigente in materia. Si sottolinea, inoltre, che lo stoccaggio e il trattamento di tali rifiuti deve avvenire in impianti specificamente autorizzati ai sensi della vigente normativa in materia di rifiuti» (pag. 133-134);
5. su tutte le altre prescrizioni con le quali la Conferenza ha invitato SASOL a svolgere attività che, invero, la Società aveva già da tempo realizzato e ciò se ed in quanto le prescrizioni concernenti interventi già eseguiti ma ribaditi dalla Conferenza 16.02.07 integrino, in qualche forma, una statuizione su presunti ma – come detto – inesistenti inadempimenti a carico della Società; si tratta in particolare delle seguenti prescrizioni:
• pag. 133, prescrizioni da 1 a 4: SASOL ha risposto alle prescrizioni con la lettera prot. n. 199 del 24.11.06 e la relazione GOLDER, T50359/7145, entrambe inviate nel novembre 2006 e con le relazioni GOLDER T30138/5141 del gennaio 2004 e T50248/5954 del maggio 2006;
• pagg. 133 e 134, prescrizioni da 1 a 9; pagg. 134 e 135, prescrizioni 1 e 2: anche a queste prescrizioni SASOL ha risposto con la lettera prot. n. 199 del 24.11.06 e la relazione GOLDER T50359/7145 inviate nel novembre 2006;
• pag. 135, prescrizioni 3 e 4: la Società ha risposto alle prescrizioni con la relazione Golder T50248/5954 del maggio 2006, nella quale sono stati illustrati i motivi per cui doveva ritenersi che SASOL avesse ottemperato alle richieste formulate dalla Conferenza di servizi del 16.12.05, attraverso la caratterizzazione a maglia 50x50m (ovvero mediante caratterizzazione della falda e installazione di un nuovo pozzo con le indagini a maglia 50x50);
• pag. 139, prescrizione 1: anche in questo caso, la ricorrente ha risposto alle prescrizioni deliberate all’esito della Conferenza di servizi del 19.10.04 con la lettera prot. n. 199 del 24.11.06;
• pag. 139, prescrizioni da 1 a 4; pag. 140 prescrizioni da 6 a 10: SASOL ha risposto alle prescrizioni con la lettera prot. n. 199 del 24.11.06, la relazione GOLDER T50359/7145 e la lettera prot. 009 del 16/01/06;
• pag. 142, nella parte in cui la Conferenza ha deliberato di “[…] richiedere all’Azienda di procedere all’integrazione della caratterizzazione delle acque di falda dei pozzi P26, P28, P29 […]”: ancora una volta, SASOL ha risposto alle richieste con la più volte citata lettera prot. n. 199 del 24.11.06 e la relazione GOLDER T50359/7145;
6. sulla prescrizione di messa in sicurezza sui sedimenti della Rada impartita al Commissario Delegato nella parte in cui la Conferenza ha deliberato «di chiedere al Commissario Delegato di trasmettere entro 30 giorni dalla data di ricevimento del presente verbale gli elaborati relativi alla caratterizzazione e alla messa in sicurezza d’emergenza già richiesti dalla Conferenza di servizi decisoria del 04.12.06.» (pag. 179).
quanto al decreto 01.03.07 prot. n. 3387/QdV/DI/B contenente il ‘provvedimento finale di adozione’ delle determinazioni conclusive della Conferenza di servizi decisoria del 16.02.2007,
7. nella parte in cui il Direttore Generale per la Qualità della Vita del Ministero dell’Ambiente e per la Tutela del Territorio e del Mare ha inteso «approvare» e «considerare come definitive» tutte le prescrizioni stabilite nel verbale della Conferenza di servizi decisoria del 16.02.07 e ciò tanto per vizi propri del decreto quanto in via derivata per i vizi relativi alle prescrizioni della Conferenza che il decreto ha approvato.

2) nr. 1117/07, proposto da ENI MEDITERRANEA IDROCARBURI S.P.A. (ENIMED) rappresentata e difesa dall’Avv. Franco Gaetano Scoca, con domicilio eletto in CATANIA presso lo studio dell’Avv. Nicola Seminara, in Corso delle Provincie 203;


CONTRO
il Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare - Direzione Generale per la Qualità della Vita, in persona del Ministro p.t., rappresentato e difeso dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato, con domicilio ex lege in Catania, viaV.Ognina 149, presso la sua sede;
e
nei confronti
del Ministero dello Sviluppo Economico, del Ministero della Salute, in persona dei rispettivi Ministri, della Regione Siciliana in persona del Presidente della Giunta Regionale e dell’ARPA Sicilia, Agenzia Regionale per la Protezione dell’Ambiente – Dipartimento Provinciale di Siracusa, rappresentati e difesi dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato, con domicilio ex lege in Catania, via V.Ognina 149, presso la sua sede;
nonché del Comune di Priolo Gargallo in persona del sindaco p.t., della Provincia di Siracusa in persona del Presidente p.t. della Provincia,
per l’annullamento
in parte qua, del decreto prot. n. 3387/QdV/DI/B adottato in data 1° marzo 2007, trasmesso alla Società ricorrente il successivo 15 marzo 2007, dal Direttore Generale per la Qualità della Vita del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio avente ad oggetto “il provvedimento finale di adozione, ex art.14 ter legge 7 agosto 1990 n.241, delle determinazioni conclusive della Conferenza di Servizi decisoria relativa al sito di bonifica di interesse nazionale di Priolo del 16/02/07” nonché del verbale e delle determinazioni assunte nella predetta Conferenza di Servizi decisoria del 16 febbraio 2007 e di ogni altro atto ad essi presupposto, conseguente e comunque connesso.


Visti i ricorsi con i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione delle Amministrazioni rappresentate dall’Avvocatura di Stato e di Sviluppo Italia Spa, in ciascun ricorso;
Visti gli atti tutti della causa;
Designato relatore all’udienza pubblica del 10 gennaio 2008 il Referendario dr. Salvatore Gatto Costantino;
Uditi altresì gli avvocati delle parti, come da relativo verbale;
Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue.
IN FATTO
Con il primo ricorso in decisione, la SASOL impugna le determinazioni adottate dalle Amministrazioni resistenti nella conferenza dei servizi del 16.2.2007 e fatte proprie dal Ministero dell’Ambiente con il decreto del Direttore Generale per la Qualità della vita meglio indicato in epigrafe, con cui si dettano disposizioni inerenti la caratterizzazione e la bonifica dei suoli e delle acque contaminati di proprietà o disponibilità della società insistenti nella zona della rada di Augusta, all’interno del Sito di interesse nazionale di Priolo.
Si sono costituiti il Ministero dell’ambiente e della Tutela del Territorio, il Ministero della Salute, il Ministero dello Sviluppo Economico, la Regione Sicilia, chiedendo la reiezione del gravame per inammissibilità d infondatezza, con vittoria di spese.
Il Ministero dei Trasporti si è costituito e chiede l’estromissione dal giudizio.
Si è costituita anche Sviluppo Italia Spa la quale, con riserva di ulteriori deduzioni, chiede di essere estromessa dai giudizi per estraneità alla materia oggetto di lite e, comunque, domanda la reiezione del gravame e la vittoria delle spese.
Con ordinanza n. 788 del 7.6.07, il Tribunale ha accolto l’istanza di sospensione in via cautelare formulata da SASOL con il ricorso introduttivo.
Le parti hanno prodotto documenti e memorie.
Con il secondo ricorso in decisione, la ricorrente ENIMED impugna le determinazioni adottate dalle Amministrazioni resistenti nelle conferenze dei servizi meglio indicate in atti e fatte proprie dal Ministero dell’Ambiente con i decreti del Direttore Generale per la Qualità della vita pure meglio indicati in epigrafe, con cui si dettano disposizioni inerenti la caratterizzazione e la bonifica dei suoli e delle acque contaminati insistenti nella zona della rada di Augusta, all’interno del Sito di interesse nazionale di Priolo.
Il ricorso, ritualmente proposto, è affidato a censure identiche a quelle già a suo tempo proposte contro gli stessi atti nei precedenti giudizi già trattenuti in decisione alla scorsa udienza pubblica del 7 giugno 2007 e sui quali è stata pronunciata la sentenza nr. 1254 del 20 luglio 2007.
Si sono costituiti: il Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio, la Direzione Servizio Qualita’ della Vita del Ministero dell’ambiente, il Ministero della Salute, il Ministero dello Sviluppo Economico, la Regione Sicilia, chiedendo la reiezione del gravame per inammissibilità d infondatezza, con vittoria di spese.
L’Assessorato Regionale all’Industria chiede di essere estromesso dal giudizio per difetto di legittimazione passiva
Le parti hanno prodotto documenti e memorie.
Alla Udienza pubblica del 10 gennaio 2008 le cause sono state trattenute in decisione.
IN DIRITTO
I) Preliminarmente, vanno riuniti i ricorsi in epigrafe, attesa l’evidente loro connessione, oggettiva ed, in parte, soggettiva.
II) I ricorsi, ritualmente proposti, sono affidati a censure identiche a quelle già a suo tempo proposte da altre ricorrenti contro gli stessi atti in precedenti giudizi già trattenuti in decisione alla scorsa udienza pubblica del 7 giugno 2007 e sui quali è stata pronunciata la sentenza nr. 1254 del 20 luglio 2007.
1) Preliminarmente sono da esaminarsi le domande di estromissione proposte, nel ricorso nr. 1009/07 dal Ministero dei Trasporti e nel ricorso nr. 1117/07 dall’Assessorato regionale all’Industria.
La prima domanda può essere accolta, mentre la seconda no: infatti, come si evince dall’ elenco indirizzi di cui alla nota prot. 5890/QDV/VII e VIII, del 1 marzo 2007, versata in atti (prodotta nel ricorso nr. 1117/08 – deposito del 23 maggio 2007, all.1), il Ministero dei Trasporti non risulta destinatario delle prescrizioni della Conferenza dei servizi e neppure è stato evidenziato in altro modo un qualsiasi interesse della medesima amministrazione ai provvedimenti impugnati. Diverso avviso esprime invece il Collegio in ordine alla posizione dell’Assessorato regionale all’Industria che, invece, è espressamente menzionato nell’elenco indirizzi in esame e possiede un interesse specifico alla materia oggetto delle prescrizioni della conferenza dei servizi.
2) Va, invece, rinviato al prosieguo l’esame della richiesta di estromissione dal giudizio proposta dalla Società Sviluppo Italia Spa, in quanto è necessario preliminarmente trattare le censure proposte nei vari gravami, dal cui esame discendono anche conseguenze precise in ordine alla sussistenza dell’interesse di Sviluppo Italia a resistere all’azione dei ricorrenti.
3) Ciò premesso, ritiene il Collegio che, quanto alle censure indirizzate a contestare le prescrizioni generali adottate nella conferenza dei servizi del 16 febbraio 2007, comuni ad entrambi i giudizi in decisione, le cause possono essere decise in forma abbreviata, a mente dell’art. 26 della l. 1034/71, con richiamo al precedente costituito dalla sentenza di questa Sezione nr. 1254 del 20 luglio 2007.
4) Quanto alle censure che nel solo ricorso nr. 1009/07 sono rivolte a contestare le specifiche prescrizioni che la Conferenza dei servizi in esame ha rivolto alla ricorrente in relazione ai presunti inadempimenti di precedenti obblighi, il giudizio può essere definito pure in forma abbreviata, con richiamo al precedente costituito sia dalla sentenza di questa Sezione nr. 1254/07 già richiamata, con la quale sono stati accolti più gravami proposti da altre società aventi impianti nella zona della Rada di Augusta, rivolti sempre contro il verbale della conferenza dei servizi del 16 febbraio 2007 e per contestare prescrizioni di carattere e contenuto in tutto analogo a quelle di cui si duole l’odierna ricorrente, per ragioni parimenti sovrapponibili. Analogamente, altri precedenti della Sezione con cui sono stati accolti ricorsi rivolti contro i medesimi provvedimenti impugnati con l’odierno gravame, per ragioni di censura sovrapponibili, sono le sentenze nr. 195/08, pubblicata il 24 gennaio 2008, la nr. 200/08 del 29 gennaio 2008 e la nr. 207/08, quest’ultima pronunciata su ricorso rivolto a contrastare provvedimenti differenti da quelli odierni, ma comunque affidato a ragioni di censura analoghe e rilevante in tema di trattamento delle acque derivanti dai processi di bonifica (vedasi oltre sub IV).
I) Il Collegio prende dunque in esame i ricorsi nel merito ed osserva che con la sentenza nr. 1254/07, in accoglimento di censure identiche a quelle qui riproposte e limitatamente al difetto di motivazione, carenza di istruttoria, difetto dei presupposti e violazione di legge, sono stati annullati i medesimi atti fatti oggetto di gravame con gli odierni ricorsi, con la suddetta sentenza nr. 1254/07; analogamente si è statuito con le sentenze nn. 195/08 e 200/08.
Tuttavia sussiste l’intereresse attuale delle ricorrenti alla decisione della lite: gli atti impugnati non sono inscindibili, posto che pongono collettivamente a carico di tutte le imprese operanti nella Rada di Augusta oneri di bonifica indistinti ma che non risultano essere obbligatoriamente da eseguirsi in maniera collettiva (anche per via della genericità con cui sono formulate le relative prescrizioni): ciò comporta che ciascuna delle imprese destinatarie di tali prescrizioni ha l’onere di impugnarle specificatamente e pertanto, una volta proposto il gravame, ha interesse processuale al suo esame anche se l’identico ricorso risulta essere stato accolto nei confronti di altra società nelle medesime condizioni.
Inoltre, si osserva che i provvedimenti impugnati, nella parte di interesse, costituiscono atti immediatamente lesivi, iscrivendosi in un unico comportamento amministrativo continuativo ed omogeneo teso ad imporre alla ricorrente ed alle altre imprese operanti nella rada obblighi di bonifica generalizzati, senza previo accertamento di responsabilità di inquinamento e con metodi tecnici di intervento le cui modalità non sono state in nessuna parte confrontate nel procedimento con le imprese medesime, con violazione dei loro diritti di partecipazione ex lege 241/90, riproducendosi quindi i medesimi vizi di legittimità che già sono stati riscontrati in relazione ai precedenti amministrativi che la Sezione ha annullato con la sentenza nr. 1254/07.
In particolare, va visto in questo quadro unitario anche l’intervento della società Sviluppo Italia che si è offerta di organizzare la bonifica, adempiendo a quello che il Ministero ha ritenuto essere l’esecuzione in danno delle imprese asseritamente inadempienti agli obblighi di intervento.
Tale aspetto qualifica necessariamente la posizione di interesse della Società Sviluppo Italia Spa al mantenimento degli effetti degli atti impugnati e quindi alla loro difesa, rendendola così controinteressata a pieno titolo.
Per tale ragione, così come d’altronde già ritenuto e deciso anche con la sentenza nr. 1254/07, la domanda di estromissione della società Sviluppo Italia dal presente giudizio deve essere respinta.
Ciò premesso, il Collegio può definire la lite limitandosi a richiamare quanto recentemente statuito con la sentenza nr. 1254/07 e con le successive sentenze nn. 195/08 e 200/08, essendo la questione principale all’esame del Collegio di contenuto identico.
E’ stato così ritenuto che la nuova normativa del Dlgs 152/2006, incentrata sulla necessità di perseguire chi effettivamente cagiona l’inquinamento, secondo il principio comunitario “chi inquina paga”, è applicabile alle procedure di bonifica della Rada di Augusta (siano esse inerenti agli interventi in mare che a quelli a terra), procedure che, invece, sono state condotte in applicazione delle prescrizioni del dlgs 22/97, con rilevanti e approfondite differenze in punto di disciplina e presupposti del procedimento stesso (sia relativamente alle procedure di emergenza, sia in relazione ai più radicali e risolutivi interventi di bonifica e recupero ambientale).
Inoltre, non è stato accertato - e neppure, prima ancora, indagato - il presupposto soggettivo dell’ordine di intervento impartito alle imprese ricorrenti, ossia il rispettivo apporto all’inquinamento della falda.
In terzo luogo, quanto alle modalità di intervento - sia ai fini della M.I.S.E. (Messa In Sicurezza d’Emergenza) che del più generale programma di bonifica - le determinazioni della conferenza dei servizi oltre che a confondere i presupposti per l’imposizione di una M.I.S.E. e della bonifica ed i relativi contenuti, sono state adottate in violazione delle regole generali sul procedimento amministrativo, specialmente in punto di partecipazione e, conseguentemente, di motivazione, perché non tengono in conto i diversi contributi variamente offerti dalle ricorrenti e, tra queste, le articolate e documentate obiezioni che sono state sollevate circa i presupposti della bonifica e circa le modalità dell’intervento, tra le quali, in particolare, il pericolo che lo strumento del dragaggio ambientale della Rada comporta ai fini della tutela dell’ambiente e della salute pubblica e l’impossibilità di procedere al c.d. marginamento fisico delle acque di falda, senza, per di più, offrire sufficienti garanzie (e previsioni) né sui tempi della bonifica, né sui suoi risultati finali.
Infine, sono state ritenute illegittime, e come tali sono state annullate, le prescrizioni dettate per limitare la navigazione nella rada di Augusta, per violazione di legge (in relazione a quanto previsto dagli artt. 15 e ss. del Codice della navigazione), e per eccesso di potere per difetto di istruttoria e di motivazione.
I-bis) Osserva il Collegio che anche la giurisprudenza di merito degli altri TAR sta maturando, in maniera assolutamente prevalente, eguali orientamenti.
In particolare, il TAR Veneto, Sez. III, con sent. n. 2111 del 2/7/2007 ha ritenuto necessario ai fini della configurazione della responsabilità del proprietario del sito inquinato, l’ accertamento dei presupposti della colpa: secondo tale pronuncia, ai sensi dell’art. 14, comma 3, del D. Lgs. n. 22/1997, la violazione dei divieti di abbandono e deposito incontrollato di rifiuti sul e nel suolo è punita a titolo di dolo o colpa e comporta l’obbligo, per il responsabile, di procedere alla rimozione, all’avvio al recupero ed allo smaltimento dei rifiuti ed al ripristino dello stato dei luoghi. È escluso, inoltre, che l’evento possa essere imputato, a titolo di responsabilità oggettiva, in capo al proprietario dell’area che non abbia, in alcun modo, concorso alla produzione dell’evento (cfr. altresì T.A.R. PUGLIA, Lecce, Sez. I - 11 giugno 2007, n. 2248 e 2250; TAR Lombardia, Milano, 27/06/2007 n. 5289; 10 luglio 2007, nr. 5355; T.A.R. SARDEGNA, Sez. II - 8 ottobre 2007, n. 1809 secondo la quale “non appare legittima l’imposizione della MISE in caso di contaminazioni pregresse, senza alcuna motivazione specifica sulla situazione di emergenza e sull’esigenza di scongiurare il rischio immediato che possano giustificare l’intervento richiesto” cfr. anche TAR Lombardia, Brescia, 4 dicembre 2007, n. 1278).
In senso contrario risulta, allo stato, solamente la pronuncia di TAR Toscana, Sez. II, Sent. n. 393 del 14/03/2007 che afferma la sussistenza di una responsabilità del proprietario incolpevole di un sito inquinato, in applicazione dell’art. 2051 c.c., secondo la quale “Il proprietario di un sito contaminato si presume responsabile, secondo quanto previsto dalle regole civilistiche (art. 2051 c.c.), dei danni cagionati a terzi dalle cose in custodia, inclusi i danni derivanti dall’inquinamento presente nel sito, salvo che non provi il caso fortuito o il fatto altrui”.; tuttavia si osserva che quest’ultima pronuncia ha ritenuto applicabile l’art. 2051 cc, senza prendere in considerazione l’intero impianto normativo di cui al dlgs 152/06 e ciò consente al Collegio di disattenderne l’orientamento, che peraltro, allo stato – così come detto – è rimasto isolato.
II) Nel merito delle contestazioni inerenti le prescrizioni specificamente rivolte agli impianti della SASOL (ricorso nr. 1009/07), espone quest’ultima ricorrente che la Conferenza 16.2.07 (approvata con il decreto del 1.3.07) le ha prescritto di presentare un progetto di bonifica delle acque di falda basato sul confinamento fisico, richiamando il contenuto delle richieste effettuate dalla precedente Conferenza di servizi del 21.7.06, approvata dal decreto dirigenziale del 31.10.06.
Avverso dette prescrizioni sono sollevate articolate censure, che sono fondate (come già ritenuto nelle precedenti pronunce di questa Sezione, prima richiamate, nn. 1257/07, 195/08 e 200/08).
II.1) Più precisamente, è fondata la prima delle censure in esame, ove si lamenta che le determinazioni impugnate sono affette da “Eccesso di potere nelle forme della contraddittorietà” : la Pubblica Autorità ha, in pratica, assegnato alla ricorrente SASOL due diversi termini per adempiere, inconciliabili tra loro: a pag. 133 ha deliberato di «chiedere all’Azienda di trasmettere entro 30 giorni dal ricevimento del presente verbale il Progetto di bonifica della falda basato sul confinamento fisico, come richiesto dalla Conferenza decisoria del 21.07.06» ed a pag. 142 ha quindi chiesto all’Azienda di «presentare il progetto definitivo di bonifica delle acque di falda basato sul marginamento fisico entro 60 giorni dal ricevimento del presente verbale, così come già richiesto dalla Conferenza decisoria del 21.07.06». Dalla contraddittorietà dei termini assegnati per il medesimo adempimento, non è dato comprendere quale sia il termine precettivo realmente voluto dalla Pubblica Autorità; in ogni caso, le prescrizioni in esame sono poi irrimediabilmente viziate da eccesso di potere per violazione del giudicato cautelare (seconda censura).
A tale proposito, va qui richiamato il contenuto della ordinanza n. 788/07, resa inter partes con la quale si è affermato che: “le prescrizioni sono, specialmente quanto all’ordine di confinamento fisico delle acque di falda, illegittime per violazione dell’ordinanza cautelare nr. 1904 del 7.12.2006 (essendo di identico contenuto rispetto alle analoghe prescrizioni già impartite nella conferenza dei servizi del 21 luglio 2006 e sospese dal Collegio con la predetta ordinanza)”; la Conferenza 16.2.07 non ha infatti tenuto conto delle statuizioni già adottate in sede cautelare con l’ordinanza n. 1904/2006, pronunciata nel ricorso con il quale era stato impugnato il verbale della Conferenza 21.7.06 e nel quale (punto 4, pag. 25, doc. 6) si era chiesto alle Aziende che si affacciano nell’Area prioritaria Nord, nel tratto compreso da Punta Cantera (limite a sud) alla foce del Marcellino (limite a nord), di procedere con la realizzazione di un confinamento fisico delle acque di falda; la stessa Conferenza, inserendole tra parentesi, aveva individuato nominativamente le imprese interessate: ESSO, SASOL, ENEL AUGUSTA. Sebbene potesse anche condividersi l’ipotesi, prospettata dalla parte ricorrente, secondo cui l’indicazione di SASOL tra le aziende che presentano un affaccio sull’area sopra individuata era stata frutto di un evidente errore materiale, essendo documentalmente provato che la Società ricorrente non era proprietaria né occupava (ieri come oggi) ad altro titolo aree a terra affacciate sul mare, nel tratto compreso tra Punta Cantera e la foce del fiume Marcellino, con l’ordinanza n. 1904/06, si è affermato che SASOL: “ha comprovato di non essere titolare di esercizi nella zona prioritaria Nord, compresa tra la foce del fiume Marcellino e Punta Cantera, e pertanto non può essere titolare degli obblighi indirizzatile con i provvedimenti impugnati relativi al contenimento fisico ed alle altre operazioni a terra”, aspetto questo che poi ha trovato piena conferma nella sentenza n. 1254/07.
Nonostante il chiaro disposto dei pronunciamenti cautelari, l’Amministrazione, pur dovendo a questo punto essere perfettamente consapevole non solo dell’ordine del giudice, ma prima ancora della erroneità dell’inserimento della SASOL nel novero dei suoi destinatari, ha reiterato la medesima prescrizione, rivolgendolo ancora una volta anche alla ricorrente.
La violazione dell’ordine cautelare appare evidente.
Il collegio ha già avuto modo di affermare che la violazione del giudicato cautelare è causa di nullità del provvedimento: “la nullità delle statuizioni amministrative contenute nei provvedimenti impugnati discende anche dalla disposizione di cui all’art. 21 septies della l.241/90, secondo la quale sono nulli i provvedimenti adottati in violazione o elusione del giudicato” (TAR Catania, I, sent. n.200/98): in questa sede deve osservarsi che il medesimo principio non può che applicarsi anche all’ordine cautelare esecutivo in quanto (sebbene appellato) non è stato sospeso dal giudice di appello.
Infatti (e non è mancato in dottrina chi lo ha rilevato), comuni ragioni di effettività della tutela giudiziale ed il principio di separazione dei poteri, conducono necessariamente a ritenere che nel termine “giudicato” utilizzato dal legislatore, non possa che ricomprendersi anche quel particolare tipo di giudicato che si viene a costituire sulla pronuncia cautelare non suscettibile di impugnazione; ed analogamente, laddove l’ordine cautelare è comunque impugnato, ma non sospeso, nelle more del giudizio di appello va in ogni caso interdetto all’Amministrazione di porre in essere atti contrastanti con il contenuto della ordinanza cautelare.
Quanto al primo aspetto (effettività della tutela giudiziale), è da ritenersi che, sebbene la pronuncia cautelare non sospesa fa stato tra le parti solo fino alla definizione del giudizio o alla riforma (e quindi possiede solamente una sorta di stabilità condizionata), sarebbe comunque del tutto inutile pronunciarla se l’Amministrazione destinataria di un ordine del giudice, nel periodo della vigenza della pronuncia cautelare medesima, potesse senza sanzione alcuna continuare ad operare avvalendosi degli effetti (sospesi) dell’impugnato provvedimento amministrativo in una successiva sequenza procedimentale che lo utilizzi come presupposto o come precedente. Inoltre, sotto il secondo profilo (separazione dei poteri) – il che è ancora più grave - l’Amministrazione disattendendo l’ordine cautelare, incide su un assetto di interessi che trova la sua fonte non più nell’esercizio del potere amministrativo, ma in una statuizione del giudice, vanificandola o comunque rendendola priva di effetti pratici e così compromettendo, in definitiva, il buon esito del processo che la misura cautelare è volta a tutelare (essa è infatti preordinata a rendere possibile, in quanto ancora effettiva, la pronuncia sulla causa che sarà contenuta nella sentenza).
L’orientamento appena espresso può in questa sede essere meglio approfondito, accogliendo le ulteriori argomentazioni offerte in proposito dalla difesa della società ricorrente.
Come affermato in atti, il verbale della Conferenza 16.2.07 non può che essere considerato come un atto elusivo del giudicato cautelare, perché non gli si può riconoscere valore alcuno come di un provvedimento adottato a seguito di una nuova valutazione degli elementi posti a fondamento del precedente provvedimento.
A tale proposito, non può escludersi, in teoria, la riedizione del potere a seguito della sospensione cautelare di un provvedimento impugnato e ciò in ossequio al principio, pacificamente riconosciuto in dottrina, secondo cui la necessaria continuità del potere amministrativo giustifica la prosecuzione del procedimento quando si tratti di fare fronte a situazioni che ne impongono la continuazione a tutela dell’interesse pubblico. Ciò, secondo la prospettazione dottrinale, è condizionata alla espressa indicazione dei motivi per cui ritiene di poter individuare un ambito di azione impregiudicato dalla misura cautelare, entro il quale ritiene di poter esercitare liberamente il proprio potere di determinazione discrezionale, comunque rigorosamente circoscritto agli spazi liberi eventualmente lasciati scoperti dal giudicato cautelare (cfr. T.A.R. Lazio, Roma, 21.02.2005 nr.. 5480), circostanza del tutto ovvia in relazione al contenuto della motivazione di un atto, e, altresì, formulare un nuovo apprezzamento della situazione provvedendovi con motivi diversi (in tal senso, la difesa della parte ricorrente richiama T.A.R. per il Lazio, sede di Roma, sent. n. 1000 del 5.11.04; T.A.R. Lazio, Roma, sent. n. 1890 dell’1.12.05).
A questi presupposti, il Collegio ritiene di dover aggiungerne un terzo: ossia la necessaria contemplazione espressa dell’ordine cautelare che l’Amministrazione intende “superare” con il nuovo provvedimento.
La motivazione del nuovo provvedimento deve chiaramente esprimere la volontà dell’Ente di proseguire il procedimento “nonostante” l’ordine cautelare, evidenziando quali ragioni di necessità o di opportunità lo impongano e, chiaramente, correlando la nuova motivazione, al rinnovato apprezzamento degli interessi pubblici (che all’occorrenza si collochi negli spazi di discrezionalità lasciati liberi dall’apprezzamento del giudice espresso in sede cautelare) basato su aspetti dell’interesse o della situazione di fatto che l’ordinanza cautelare lascia impregiudicati (e non è sufficiente, al di fuori di un appello, contestare il contenuto dell’ordinanza, perché la mera non condivisibilità dell’ordinanza, non tradotta in motivi di appello cui consegue la riforma dell’ordinanza medesima, si tradurrebbe in un sostanziale rifiuto di adempiere, con ogni evidente conseguenza).
Al Collegio pare evidente che il verbale del 16 febbraio non presenta alcuna delle condizioni appena indicate e quindi il suo contenuto ne impone una qualificazione di atto nullo per elusione del giudicato cautelare. Infatti la Pubblica Autorità nel reiterare ordini già sospesi, non ne offre alcuna nuova valutazione, né in punto di fatto, né per ragioni di sopravvenienze alcune, e, soprattutto, richiama espressamente i precedenti provvedimenti sospesi, reiterandone l’ordine di osservanza.
III) Con ulteriore capo di gravame, la società SASOL impugna la prescrizione, contenuta nel verbale della conferenza dei servizi del 16 febbraio 2007, rivolta ad attivare ulteriori interventi di messa in sicurezza d’emergenza in relazione allo sversamento di acque contaminate da idrocarburi dalle vasche API Sud e dalla vasca di accumulo A10605, verificatosi l’11.12.04 a causa di un evento meteorico piovoso di eccezionale durata ed intensità.
Emerge dagli atti e non è contestato che a seguito dello sversamento sopra descritto, SASOL notificò immediatamente la situazione di pericolo di inquinamento con l’indicazione degli interventi di messa in sicurezza di emergenza adottati e in fase di adozione (art. 7 d.m. n. 471/99), recuperando il prodotto dalle acque del fiume Marcellino (per un quantitativo pari circa 150 litri e di circa 95 mc di acque tracimate, poi regolarmente smaltite ai sensi della normativa vigente), effettuò la scarifica della porzione di terreno interessato dallo sversamento, realizzando, al termine, sei pozzetti esplorativi (della profondità indicativa di 1 m dal p.c.), al fine di escludere la penetrazione in profondità della contaminazione ed asportò 1.005,29 tonnellate di terreno contaminato da idrocarburi, che provvide poi a smaltire secondo la normativa vigente.
Confermando in questa sede quanto già ritenuto in sede cautelare la prescrizione impugnata è illegittima per Violazione dell’art. 240, lett. m) e t) del d.lg. n. 152/06, posto che la società ricorrente dimostra di avere già attivato procedure di bonifica dei suoli contaminati rientranti nella sua competenza, rispetto alle quali negli atti impugnati la Conferenza di servizi sembra imporre obblighi di contenuto identico e ciò senza previamente contestare inadempienze o – soprattutto – accertare attuali ed ulteriori esigenze di bonifica per fatti imputabili alla responsabilità della società con ciò configurandosi, tra l’altro, anche una sorta di surrettizia prescrizione di bonifica dei suoli anche per i fattori inquinanti pregressi.
Nessuna legittima contestazione è stata avanzata al momento dell’incidente alla società; a distanza di oltre tre anni, si reitera l’ordine di intervento senza che fossero in alcun modo rispettate le condizioni richieste dall’art. 240, lett. m) e t) del d.lg. n. 152/06 per legittimamente imporre nuovi interventi di messa in sicurezza di emergenza.
Inoltre, gli ordini in esame sono illegittimi anche per la Violazione degli artt. 240 e 242 del d.lg. n. 152/06 nonchè per eccesso di potere nelle forme della manifesta illogicità e del travisamento dei fatti.
La Pubblica Autorità nonostante la società abbia documentato di avere già effettuato gli interventi richiesti, impone infatti di provvedere alla messa in sicurezza della sorgente primaria; rimuovere tutto il terreno contaminato circostante le vasche; assegna quindi un termine di 10 giorni per adempiere. Seguono poi sette altre prescrizioni che riguardano sempre lo stesso episodio e che invitano però a gestire in modo diverso e più articolato la vicenda. In particolare, al punto 7, si chiede all’Azienda «…di approfondire la scarifica delle aree medesime compatibilmente all’eventuale presenza dei fasci di tubazioni, e di procedere al prelievo di almeno un campione di fondo scavo, da sottoporre a caratterizzazione analitica; in presenza di ulteriore contaminazione, lo scavo andrà approfondito fino ad evidenza di terreno pulito; si richiede, inoltre, che tali attività vengano concordate con ARPA in modo da consentire le attività di controllo dei campionamenti e delle analisi ivi compresa la esecuzione del 10% di controanalisi di verifica, per la validazione dei dati da parte dell’ARPA stessa».
Pertanto, la società, mentre è prima chiamata a mettere in sicurezza la sorgente primaria, rimuovendo il terreno circostante in dieci giorni, con altra parte del medesimo provvedimento è chiamata a compiere un prelievo di campione di fondo scavo e la rimozione di tutto il terreno ancora contaminato circostante le vasche, in modo concordato con ARPA. Il quadro delle prescrizioni appena sinteticamente richiamato viene collegato, dalla ricorrente al punto 7 della pag. 138, nella quale la Conferenza ha deliberato che «in presenza di ulteriore contaminazione, lo scavo andrà approfondito fino ad evidenza di terreno pulito». In presenza di una situazione di contaminazione pregressa, storica, e diffusa, imporre – a seguito di uno sversamento accidentale – la bonifica dell’area “fino all’evidenza di terreno pulito” implica che la ricorrente dovrebbe non solo doverosamente eliminare gli effetti diretti ed indiretti dello sversamento, ma accollarsi, in pratica, anche la rimozione dell’inquinamento precedentemente prodotto da terzi o comunque la cui provenienza non è stata accertata. In altre parole, la P.A. con eccesso di potere (per manifesta illogicità e per travisamento dei fatti), nonché di violazione di legge (art. 240 e 242 del d.lg. n. 152/06) “utilizza” una situazione di emergenza per imporre “un tentativo” di bonifica integrale, sia pure limitata ad una area circoscritta.
Ciò è in aperta violazione dell’art. 242 del d.lg. n. 152/06, a norma del quale avrebbe dovuto essere dapprima svolta l’esecuzione di uno studio di analisi di rischio sito specifica finalizzata ad individuare i valori di Concentrazione Soglia di Rischio – CSR; in caso di superamento dei CSR, si sarebbe dovuto provvedere alla presentazione di un progetto operativo che preveda (in alternativa o concorso) interventi di bonifica, di messa in sicurezza operativa e/o permanente.
Il Collegio ha avuto modo di affermare che nel quadro normativo attuale, i presupposti per procedere alla M.I:S.E. sono del tutto differenti da quelli per ordinare una bonifica e non è legittimo imporre quest’ultima sub specie di MISE, per l’evidente insufficienza di quest’ultima a porre rimedio ad un fenomeno di inquinamento risalente e radicato (cfr. la sent. nr. 1254/07 più volte richiamata e la sentenza successiva nr. 200/98).
Le censure sono pertanto fondate.
IV) Con ultimo capo di censura, la ricorrente si duole della illegittima considerazione della gestione delle acque emunte come rifiuti, operata dalla Amministrazione resistente. La censura è stata già considerate fondata con l’ordinanza n. 788/07 : “la prescrizione inerente alla gestione delle acque emunte si basa erroneamente sul presupposto – inammissibile – della qualificazione di queste ultime come rifiuti, dovendosi esse, invece, considerare come acque reflue di provenienza industriale”.
Alla medesima conclusione è giunto il Collegio nelle sentenze nr. 1257/07 e nella successiva pronuncia nn. 207/08 del 29 gennaio 2008.
In questa sede, pertanto, il Collegio può limitarsi al richiamo dei precedenti in termini, per affermare che la censura in esame è fondata e come tale va accolta.
V) Con ulteriore capo di gravame, si contesta l’illegittimità di altre prescrizioni già in precedenza impartite ed ottemperate.
Dovendosi considerare tali prescrizioni come una implicita contestazione di inadempimento di quelle già in precedenza impartite (altrimenti non si spiegherebbe la ragione della loro reiterazione), il Collegio rileva che la censura, limitatamente al difetto manifesto di istruttoria, è fondata.
Infatti, la società ricorrente documenta, per ognuna di esse, il precedente adempimento, rispetto al quale (peraltro evocato in sede procedimentale, senza esito), nessuna motivazione rende manifesto il motivo della ripetizione delle prescrizione medesime.
Il difetto di istruttoria si conferma anche nella circostanza che, nel corso della stessa Conferenza, il Ministero aveva dato esplicitamente atto della trasmissione, da parte di SASOL tanto del documento Adeguamento del programma di caratterizzazione integrativa a maglia 50x50m – Espressione risultati analisi chimiche campioni di terreno – Rimodulazione obiettivi di bonifica acquisito dal Ministero dell’ambiente e della tutela del mare al prot. n. 2610/QdV/DI del 5.2.07, quanto del documento Messa in sicurezza delle acque di falda nell’area Sud-Est dello Stabilimento al confine con il fiume Marcellino e Riepilogo dell’adempimento alle prescrizioni della Conferenza di servizi del 16.12.05, acquisito dal Ministero al prot. n. 24272/QdV/DI del 30.11.06, all’interno delle quali, è stata offerta prova dell’avvenuta ottemperanza/risposta da parte di SASOL alle prescrizioni impartite dalle precedenti Conferenze, elemento quest’ultimo del tutto non considerato dalla Pubblica Autorità, la quale, pertanto, laddove ritenga che sono attualmente dovuti ulteriori interventi di bonifica, dovrà accertare i relativi presupposti e fornire adeguata e specifica motivazione della insufficienza o parzialità delle soluzioni già adottate e poste in essere.

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Conclusivamente, va affermato che le determinazioni impugnate, inerenti gli atti conclusivi del procedimento di bonifica, nonché gli interventi sulle aree marine della Rada di Augusta ed, infine, le prescrizioni relative alle aree a terra (falda e suoli), assunte nella conferenze dei servizi indicate in epigrafe, sono illegittime per eccesso di potere sotto il profilo del difetti dei presupposti, del difetto di istruttoria ed incongruità della motivazione, nonché per violazione delle corrispondenti previsioni del dlgs 152/2006.
In questi limiti, il ricorso è dunque fondato e come tale da accogliersi, disponendo l’annullamento degli atti impugnati.
Le spese e gli onorari seguono la soccombenza, ad eccezione delle spese di lite relative alla estromissione del Ministero dei Trasporti nel giudizio nr. 1009/07 e si liquidano, forfetariamente e definitivamente, in euro 3.000 per ciascun giudizio, oltre all’importo del contributo unificato, delle altre spese sostenute per le notifiche, IVA e CPA.
Le spese relative alla estromissione del Ministero dei Trasporti nel giudizio nr. 1009/07 sono poste a carico della parte ricorrente e si liquidano in euro 500,00 forfettariamente e complessivamente.
P.Q.M.
Il Tribunale amministrativo regionale della Sicilia –Sezione staccata di Catania (Sez.1°), riuniti i giudizi in epigrafe:
ESTROMETTE dal giudizio il Ministero dei Trasporti;
RESPINGE la richiesta di estromissione dal giudizio della Società Sviluppo Italia Spa;
ACCOGLIE il ricorso in epigrafe e per l’effetto, ANNULLA gli atti ed i provvedimenti impugnati;
CONDANNA la società SASOL spa alla refusione delle spese di lite per il Ministero dei Trasporti estromesso, che liquida in euro 500,00 forfettariamente e complessivamente.
CONDANNA le Amministrazioni resistenti e la Società Sviluppo Italia Spa, in solido tra loro, alla refusione integrale, in favore delle società ricorrenti, delle spese e degli onorari di giudizio che liquida, forfetariamente e definitivamente, in euro 3.000 per ciascun giudizio, oltre l’importo del contributo unificato, notifiche, IVA e CPA, da corrispondersi in favore delle società ricorrenti.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa e manda alla Segreteria di comunicarla alle parti.
Così deciso in Catania nella camera di consiglio del giorno 10 gennaio 2008.

L’Estensore Il Presidente
Dr. Salvatore Gatto Costantino Dr. Vincenzo Zingales

Depositata in Segreteria il 17 giugno 2008