Criterio di riparto delle competenze legislative Stato/Regione
di Federico Colautti
Criterio di riparto delle competenze legislative Stato/Regione
dalla legge n. 3/2001 alla luce della sentenza n. 3/2003 della Corte
Costituzionale [1].
di Federico Colautti [2]
Nella nuova formulazione l’articolo 117 della Cost. prevede, invertendo l’ordine della previgente formulazione, in capo alle Regioni competenze legislative generali (comma 4) ed in capo allo Stato (comma 2 e 3) competenze legislative esclusive e concorrenti, queste ultime per la sola determinazione dei principi, in materie tassativamente elencate.
Il riparto così concepito è sufficientemente chiaro e rigido, fatta salva l’identificazione di alcuni contenuti delle materie elencate, allo scopo di dare concretezza alla potestà legislativa statale.
Da subito si era posto il problema delle norme previgenti, invasive dell’una o dell’altra sfera di competenze, che aveva portato il legislatore statale ad approvare la legge del 5 giugno 2003 n. 131 (c.d. “Legge La Loggia”), la quale stabiliva al comma 2 dell’articolo 1 che “le disposizioni normative statali vigenti alla data di entrata in vigore della presente legge (11 Giugno 2003) nelle materie appartenenti alla legislazione regionale continuano ad applicarsi, in ciascuna Regione, fino alla data di entrata in vigore delle disposizioni regionali in materia….. fatti salvi gli effetti di eventuali pronunce della Corte Costituzionale. Le disposizioni normative regionali vigenti alla data di entrata in vigore della presente legge nelle materie appartenenti alla legislazione esclusiva statale continuano ad applicarsi fino alla data di entrata in vigore delle disposizioni statali in materia, fatti salvi gli effetti di eventuali pronunce della Corte Costituzionale”.
Tuttavia, in presenza di interessi unitari[3] la necessità di stabilire dei precisi criteri di riparto delle competenze tra Stato e Regioni, con riferimento alla potestà legislativa concorrente, non può essere risolta nell’ambito dell’articolo 117, stante la sua evidente rigidità[4]. Aspetto, questo, risolto in ambito di riparto delle competenze amministrative previsto nell’articolo 118, il quale costituzionalizzando il principio di sussidiarietà legato ai principi di adeguatezza e ragionevolezza, risolve le esigenze di unitarietà dell’esercizio delle competenze amministrative, partendo dal Comune sino ad arrivare allo Stato [5]-[6].
Ed
è proprio partendo da quest’ultimo principio e dalla dinamicità
dell’esercizio delle funzioni amministrative, legate all’adeguato e
ragionevole livello dell’interesse, che, in parallelo, si lega la
legittimazione all’esercizio delle funzioni legislative conseguenti[7],
come “deroga alla normale ripartizione di competenze”[8].
In questo modo la Corte risponde al quesito:“se il legislatore nazionale
abbia titolo per assumere e regolare l’esercizio di funzioni amministrative su
materie in relazione alle quali esso non vanti una potestà legislativa
esclusiva, ma solo una potestà concorrente.” Tuttavia, lo Stato, anche se
legittimato all’esercizio delle funzioni amministrative, il correlato,
conseguente esercizio del potere normativo[9],
sarà possibile solo in conseguenza di accordi con le Regioni.[10]-[11]
Altro punto importante sancito dalla Corte è l’esclusione per lo Stato di introdurre norme di dettaglio “cedevoli” in attesa di normazione Regionale nelle materie di competenza concorrente (comma 3 art. 117) o di norme suppletive nelle materie di esclusiva ( residuale) competenza regionale, (comma 4 art. 117) o meglio l’impossibilità di prevedere norme di dettaglio o regolamentari delegate, con la sola esclusione di quelle attratte a sé con l’applicazione del principio di sussidiarietà.[12] Con l’esclusione di queste ultime, aventi carattere eccezionale, nel caso dovessero rinvenirsi norme di dettaglio nella legislazione statale o delegate regolamentari statali suppletive in presenza di norme legislative regionali (anteriori o posteriori all’entrata in vigore della riforma costituzionale) le prime soccomberebbero a favore delle norme regionali.
Non pochi problemi, come fatto osservare da E d’Arpe[13], si dovranno affrontare, alla luce della sentenza in argomento, relativamente all’introduzione di normative suppletive (di non solo principio, ma di dettaglio) nell’ambito ad esempio dell’edilizia. Infatti, lo stesso autore, fa osservare che “Tali disposizioni, alla luce della citata affermazione della Corte, dovrebbero ora considerarsi affette da contrarietà alla Costituzione, la cui temporanea efficacia si tradurrà fatalmente in vizio di legittimità derivata degli atti applicativi e il cui venir meno potrà determinare gravi lacune ed impedire l’efficiente ed uniforme espletamento delle relative funzioni amministrative su tutto il territorio nazionale, finendo così per porre in crisi l’intero sistema legislativo ed amministrativo italiano”.
Per ultimo un accenno che potrebbe sembrare provocatorio, ma che provocatorio non è, relativamente all’allocazione della competenza legislativa afferente l’adozione delle norme del codice della strada, anch’esse modificate nell’agosto di quest’anno. Leggendo attentamente la disposizione costituzionale, la materia “circolazione stradale” non si rinviene tra quelle di esclusiva competenza statale, elencate al comma 2 dell’articolo 117, e neppure tra quelle di competenza concorrente, di cui al comma 3 del medesimo articolo, sicché sembrerebbe giocoforza ammettere che la competenza per detta materia sia esclusivamente regionale. Le prime avvisaglie di apertura di un fronte di rivendicazione nella materia “circolazione stradale”, provengono dal deliberato del Consiglio della Provincia autonoma di Bolzano del 14.10.2003, che ha ratificato una proposta di deliberazione della Giunta che intende impugnare dinanzi alla Corte Costituzionale la legge statale del 1° agosto di quest'anno recante "Modifiche e integrazioni del codice della strada.[14]-
A Morrone, “LA CORTE COSTITUZIONALE RISCRIVE IL TITOLO V?” (8
ottobre 2003);
-
Q. Camerlengo “Dall’amministrazione alla legge, seguendo il
principio di sussidiarietà. Riflessioni in merito alla sentenza n. 303 del
2003 della Corte costituzionale” (13 ottobre 2003);
-
E d’Arpe, “La Consulta censura le norme statali “cedevoli”
ponendo in crisi il sistema: un nuovo aspetto della Sentenza 303/2003” (17
ottobre 2003);
tutti
in Forum
CONSULTA ONLINE www.giurcost.org
[3]
Punto 2.2 del considerato in diritto della sentenza in trattazione:
“Nel nuovo Titolo V l’equazione elementare interesse nazionale =
competenza statale, che nella prassi legislativa previgente sorreggeva
l’erosione delle funzioni amministrative e delle parallele funzioni
legislative delle Regioni, è divenuta priva di ogni valore deontico, giacché
l’interesse nazionale non costituisce più un limite, né di legittimità,
né di merito, alla competenza legislativa regionale.”
[4] Punto 2.1 del considerato in diritto della sentenza in trattazione: “In questo quadro, limitare l’attività unificante dello Stato alle sole materie espressamente attribuitegli in potestà esclusiva o alla determinazione dei principî nelle materie di potestà concorrente, come postulano le ricorrenti, significherebbe bensì circondare le competenze legislative delle Regioni di garanzie ferree, ma vorrebbe anche dire svalutare oltremisura istanze unitarie che pure in assetti costituzionali fortemente pervasi da pluralismo istituzionale giustificano, a determinate condizioni, una deroga alla normale ripartizione di competenze.”
"Le funzioni amministrative sono attribuite ai Comuni salvo che, per assicurarne l'esercizio unitario, siano conferite a Province, Città metropolitane, Regioni e Stato, sulla base dei principi di sussidiarietà, differenziazione ed adeguatezza.”
[6]
Punto 2.1 del considerato in diritto della sentenza: “Anche nel nostro sistema costituzionale sono presenti
congegni volti a rendere più flessibile un disegno che, in ambiti nei quali
coesistono, intrecciate, attribuzioni e funzioni diverse, rischierebbe di
vanificare, per l’ampia articolazione delle competenze, istanze di
unificazione presenti nei più svariati contesti di vita, le quali, sul
piano dei principî giuridici, trovano sostegno nella proclamazione di unità
e indivisibilità della Repubblica. Un elemento di flessibilità è
indubbiamente contenuto nell’art. 118, primo comma, Cost., il quale
si riferisce esplicitamente alle funzioni amministrative, ma introduce per
queste un meccanismo dinamico che finisce col rendere meno rigida, come si
chiarirà subito appresso, la stessa distribuzione delle competenze
legislative, là dove prevede che le funzioni amministrative, generalmente
attribuite ai Comuni, possano essere allocate ad un livello di governo
diverso per assicurarne l’esercizio unitario, sulla base dei principî di
sussidiarietà, differenziazione ed adeguatezza. E’ del resto coerente con
la matrice teorica e con il significato pratico della sussidiarietà che
essa agisca come subsidium quando un livello di governo sia inadeguato alle
finalità che si intenda raggiungere; ma se ne è comprovata un’attitudine
ascensionale deve allora concludersi che, quando l’istanza di esercizio
unitario trascende anche l’ambito regionale, la funzione amministrativa può
essere esercitata dallo Stato.”
[7]
Punto 2.1 del considerato in diritto della sentenza: “…,
giacché il principio di legalità, il quale impone che anche le funzioni
assunte per sussidiarietà siano organizzate e regolate dalla legge, conduce
logicamente ad escludere che le singole Regioni, con discipline
differenziate, possano organizzare e regolare funzioni amministrative
attratte a livello nazionale e ad affermare che solo la legge statale possa
attendere a un compito siffatto.”
[9] Punto 16 del considerato in diritto della sentenza in trattazione: “Non può negarsi che l’inversione della tecnica di riparto delle potestà legislative e l’enumerazione tassativa delle competenze dello Stato dovrebbe portare ad escludere la possibilità di dettare norme suppletive statali in materie di legislazione concorrente, e tuttavia una simile lettura dell’art. 117 svaluterebbe la portata precettiva dell’art. 118, comma primo, che consente l’attrazione allo Stato, per sussidiarietà e adeguatezza, delle funzioni amministrative e delle correlative funzioni legislative, come si è già avuto modo di precisare.”
[10]
Punto 4.1 del considerato in diritto della sentenza in trattazione:
“Quando si intendano attrarre allo Stato funzioni amministrative in
sussidiarietà, di regola il titolo del legiferare deve essere reso evidente
in maniera esplicita perché la sussidiarietà deroga al normale riparto
delle competenze stabilito nell’art. 117 Cost. Tuttavia, nel caso
presente, l’assenza di un richiamo espresso all’art. 118, primo comma,
non fa sorgere alcun dubbio circa l’oggettivo significato costituzionale
dell’operazione compiuta dal legislatore: non di lesione di competenza
delle Regioni si tratta, ma di applicazione dei principî di sussidiarietà
e adeguatezza, che soli possono consentire quella attrazione di cui si è
detto. Predisporre un programma di infrastrutture pubbliche e private e di
insediamenti produttivi è attività che non mette capo ad attribuzioni
legislative esclusive dello Stato, ma che può coinvolgere anche potestà
legislative concorrenti (governo del territorio, porti e aeroporti, grandi
reti di trasporto, distribuzione nazionale dell’energia, etc.). Per
giudicare se una legge statale che occupi questo spazio sia invasiva delle
attribuzioni regionali o non costituisca invece applicazione dei principî
di sussidiarietà e adeguatezza diviene elemento valutativo essenziale la
previsione di un’intesa fra lo Stato e le Regioni interessate, alla quale
sia subordinata l’operatività della disciplina. Nella specie l’intesa
è prevista e ad essa è da ritenersi che il legislatore abbia voluto
subordinare l’efficacia stessa della regolamentazione delle infrastrutture
e degli insediamenti contenuta nel programma di cui all’impugnato comma 1
dell’art. 1. Nel congegno sottostante all’art. 118, l’attrazione allo
Stato di funzioni amministrative da regolare con legge non è giustificabile
solo invocando l’interesse a un esercizio centralizzato di esse, ma è
necessario un procedimento attraverso il quale l’istanza unitaria venga
saggiata nella sua reale consistenza e quindi commisurata all’esigenza di
coinvolgere i soggetti titolari delle attribuzioni attratte,
salvaguardandone la posizione costituzionale. Ben può darsi, infatti, che
nell’articolarsi del procedimento, al riscontro concreto delle
caratteristiche oggettive dell’opera e dell’organizzazione di persone e
mezzi che essa richiede per essere realizzata, la pretesa statale di
attrarre in sussidiarietà le funzioni amministrative ad essa relative
risulti vanificata, perché l’interesse sottostante, quale che ne sia la
dimensione, possa essere interamente soddisfatto dalla Regione, la quale,
nel contraddittorio, ispirato al canone di leale collaborazione, che deve
instaurarsi con lo Stato, non solo alleghi, ma argomenti e dimostri la
propria adeguatezza e la propria capacità di svolgere in tutto o in parte
la funzione.
L’esigenza
costituzionale che la sussidiarietà non operi come aprioristica
modificazione delle competenze regionali in astratto, ma come metodo per
l’allocazione di funzioni a livello più adeguato, risulta dunque appagata
dalla disposizione impugnata nella sua attuale formulazione.
Chiarito che la Costituzione impone, a salvaguardia delle competenze regionali, che una intesa vi sia, va altresì soggiunto che non è rilevante se essa preceda l’individuazione delle infrastrutture ovvero sia successiva ad una unilaterale attività del Governo. Se dunque tale attività sia stata già posta in essere, essa non vincola la Regione fin quando l’intesa non venga raggiunta.”
[11]
Punto 2.1 del considerato in diritto della sentenza in trattazione:”Ciò
impone di annettere ai principî di sussidiarietà e adeguatezza una valenza
squisitamente procedimentale, poiché l’esigenza di esercizio unitario che
consente di attrarre, insieme alla funzione amministrativa, anche quella
legislativa, può aspirare a superare il vaglio di legittimità
costituzionale solo in presenza di una disciplina che prefiguri un iter in
cui assumano il dovuto risalto le attività concertative e di coordinamento
orizzontale, ovverosia le intese, che devono essere condotte in base al
principio di lealtà.”
[12]
Punto 16 del considerato in diritto della sentenza in trattazione: “Le
Regioni Marche e Toscana impugnano l’art. 1, comma 5, secondo il quale le
Regioni, le province, i comuni, le città metropolitane applicano, per le
proprie attività contrattuali ed organizzative relative alla realizzazione
delle infrastrutture e diverse dall’approvazione dei progetti (comma 2) e
dalla aggiudicazione delle infrastrutture (comma 3), le norme del presente
decreto legislativo «fino alla entrata in vigore di una diversa norma
regionale, (…) per tutte le materie di legislazione concorrente». Si
denuncia la lesione dell’art. 117 della Costituzione poiché in materie di
competenza concorrente sarebbe posta una normativa cedevole di dettaglio.
Non può
negarsi che l’inversione della tecnica di riparto delle potestà
legislative e l’enumerazione tassativa delle competenze dello Stato
dovrebbe portare ad escludere la possibilità di dettare norme suppletive
statali in materie di legislazione concorrente, e tuttavia una
simile lettura dell’art. 117
svaluterebbe la portata precettiva dell’art. 118, comma primo, che
consente l’attrazione allo Stato, per sussidiarietà e adeguatezza, delle
funzioni amministrative e delle correlative funzioni legislative, come si è
già avuto modo di precisare. La disciplina statale di dettaglio a
carattere suppletivo determina una temporanea compressione della competenza
legislativa regionale che deve ritenersi non irragionevole, finalizzata
com’è ad assicurare l’immediato svolgersi di funzioni amministrative
che lo Stato ha attratto per soddisfare esigenze unitarie e che non possono
essere esposte al rischio della ineffettività.
Del resto il
principio di cedevolezza affermato dall’impugnato art. 1, comma 5, opera a
condizione che tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome interessate
sia stata raggiunta l’intesa di cui al comma 1, nella quale si siano
concordemente qualificate le opere in cui l’interesse regionale concorre
con il preminente interesse nazionale e si sia stabilito in che termini e
secondo quali modalità le Regioni e le Province autonome partecipano alle
attività di progettazione, affidamento dei lavori e monitoraggio. Si
aggiunga che, a ulteriore rafforzamento delle garanzie poste a favore delle
Regioni, l’intesa non può essere in contrasto con le normative vigenti,
anche regionali, o con le eventuali leggi regionali emanate allo scopo.”
[13]
Vedi citazione in nota 1
[14]
Comunicati stampa del Consiglio provinciale Consiglio - 14.10.2003 12:35 LAVORI
CONSIGLIO: APPROVATA IMPUGNAZIONE LEGGE STATALE RECANTE "MODIFICHE E
INTEGRAZIONI DEL CODICE DELLA STRADA"
E' durata circa un'ora l'odierna seduta
(l'ultima di questa dodicesima legislatura) straordinaria del Consiglio
provinciale di Bolzano nel corso della quale è stata ratificata a larga
maggioranza (un voto contrario, un consigliere di Alleanza Nazionale) una
proposta di deliberazione della Giunta che intende impugnare dinanzi alla
Corte Costituzionale la legge statale del 1° agosto di quest'anno recante
"Modifiche e integrazioni del codice della strada".
Secondo la Giunta alcuni articoli della legge
statale comporterebbero delle "ingerenze nelle competenze della
Provincia" con particolare riferimento alla legge costituzionale del 18
ottobre 2001 con la quale sono state apportate al titolo V della
Costituzione delle modifiche che prevedono forme di autonomia più ampie
rispetto a quelle già attribuite e la competenza in materia di circolazione
e sicurezza stradale. Da questo, e dall'insieme di altre norme, deriva che
siccome è la Provincia autonoma di Bolzano l'ente proprietario e comunque
gestore delle strade in Alto Adige, salvo le strade comunali, e come tale
provvede non solo alla loro costruzione e manutenzione ma anche alla
regolamentazione della circolazione e in generale ad adottare tutte le
misure necessarie per assicurare la maggiore sicurezza della circolazione
stradale, ad essa competono anche tutti i poteri finalizzati all'osservanza
di tali misure. In sostanza, se la richiesta di impugnazione verrà
accettata, la Provincia potrà incassare le multe elevate dalla Polizia
Stradale e dai Carabinieri che attualmente, invece, finiscono nelle casse
dello Stato. – omissis -
Tratto da: http://www.consiglio-bz.org/press-landtag/lndtg_news_i.asp?art=59028&HLM=1