TAR Toscana Sez. II sent. 1063 del 18 giugno 2009
Rifiuti. Abbandono

L\'obbligo di adottare le misure idonee alla eliminazione del rifiuto incombe solamente a carico di colui che di tale situazione sia responsabile, per avervi dato causa.
N. 01062/2009 REG.SEN.
N. 00289/2006 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO



Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana
(Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA


Sul ricorso numero di registro generale 289 del 2006, proposto da:
Agenzia del Demanio, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall\'Avvocatura Distrettuale dello Stato di Firenze, presso cui è domiciliata per legge in Firenze, via degli Arazzieri 4;

contro

il Comune di Fauglia, in persona del legale rappresentante pro tempore, non costituito in giudizio;

nei confronti di

Consorzio di Bonifica Fiumi e Fossi, in persona del legale rappresentante pro tempore, non costituito in giudizio;

per l\'annullamento

previa sospensione dell\'efficacia,

1) dell\'ordinanza n. 03/06 del 10.01.2006, notificata in data 19.01.2006;

2) di ogni altro atto presupposto, antecedente, conseguente o comunque connesso.

Visto il ricorso, con i relativi allegati;

Vista l’ordinanza cautelare di questa Sezione n. 204/2006 del 1 marzo 2006;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell\'udienza pubblica del 5 maggio 2009 il Primo Referendario Ivo Correale e udito il difensore per la parte ricorrente come specificato nel relativo verbale;

Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue.


FATTO


In seguito ad un sopralluogo effettuato in Località Fondo La Grotta da tecnici della Prevenzione Ambientale dell’ARPAT-Dipartimento Provinciale di Pisa, era comunicato al Comune di Fauglia che nella strada parallela al fosso “Fiocina” che porta ad un impianto di depurazione si accertava la presenza di rifiuti abbandonati, presumibilmente pericolosi, consistenti in sacchi in plastica scura contenenti una sostanza oleosa densa, di colore scuro con caratteristico odore di olio bruciato sversata in parte sul terreno. Nella relativa nota di comunicazione del 18 agosto 2005 era precisato che si chiedeva di emettere provvedimento ordinativo nei confronti del proprietario dell’area interessata da tale abbandono di rifiuti, non essendo stato individuato l’autore della violazione, dato che una precedente ordinanza sindacale di rimozione emessa nei confronti del Consorzio di Bonifica Fiumi e Fossi, in qualità di gestore del terreno, non risultava comunque eseguita.

Con ordinanza n. 3/06 del 10 gennaio 2006, quindi, il Responsabile del Settore del Comune di Fauglia ordinava all’Agenzia del Demanio, in qualità di proprietaria del terreno, di procedere alla rimozione ed allo smaltimento dei rifiuti nonché al ripristino dello stato dei luoghi, con determinate prescrizioni, ai sensi dell’art. 14, comma terzo, d.lgs. n. 22/97 all’epoca vigente.

Con ricorso a questo Tribunale, notificato il 17 febbraio 2006 e depositato il successivo 21 febbraio, l’Agenzia del Demanio chiedeva l’annullamento, previa sospensione, di tale provvedimento, lamentando quanto segue.

“1. Violazione di legge e, in particolare, dell’art. 14 del D.Lgs. 5 febbraio 1997 n. 22, degli artt. 17 e 22 del D.Lgs. 5 febbraio 1997 n. 22, dell’art. 20 della l.r. 18 maggio 1998 n. 25.”.

L’Agenzia ricorrente osservava che la norma di cui al richiamato art. 14 prevedeva quanto ordinato dal Comune di Fauglia solo se la violazione relativa al riscontrato abbandono di rifiuti era imputabile al proprietario (nonché ai titolari di diritti reali o personali di godimento) dell’area a titolo di dolo o colpa.

Era necessaria, quindi, come affermato dalla giurisprudenza prevalente, l’individuazione di una responsabilità di tipo extracontrattuale, eventualmente anche di tipo omissivo, comunque accertata in concreto, con esclusione di responsabilità di tipo “oggettivo”, nel rispetto del principio generale di origine comunitaria definito del c.d. “chi inquina paga”.

Nel caso di specie la mera inezia del proprietario, intesa come aveva fatto il Comune nel senso della mancata rimozione di rifiuti abbandonati da terzi, non poteva configurare l’ipotesi prevista dalla norma, dato che il proprietario risultava incolpevole dell’abbandono e, semmai, doveva essere lo stesso Comune a provvedere, ai sensi dell’art. 17, comma 9, d.lgs. n. 22/97 cit.

Né l’Agenzia ricorrente risultava detentrice qualificata dell’area in questione, corrispondente a “demanio idrico” la cui funzione relativa alla gestione era stata trasferita alle Regioni e agli enti locali in virtù di quanto previsto dal Capo I della legge n. 59/97 e, nello specifico, per la Regione Toscana, alle Province, ai sensi dell’art. 14 della l.r Toscana n. 91/98.

Lo Stato, quindi, non aveva più alcuna funzione di manutenzione e/o vigilanza sul demanio idrico toscano, tenuto conto che l’utilizzazione dello stesso era generale ed estesa.

“2. Violazione di legge e, in particolare, degli artt. 7 e 8 della legge 7 agosto 1990, n. 241 (omesso avviso dell’avvio del procedimento).

Non era stato comunicato l’avvio del procedimento né era riscontrabile una situazione di urgenza tale - considerato che da tempo era stata notificata ordinanza analoga al Consorzio gestore dell’area - da impedire tale incombente procedimentale.

“3. Violazione di legge e, in particolare, dell’art. 3 della legge 7 agosto 1990, n. 241 per difetto, insufficienza e contraddittorietà della motivazione”.

Non erano indicate le ragioni per le quali il Comune di Fauglia riteneva corresponsabile dell’inquinamento l’Agenzia ricorrente, dato che la stessa ordinanza impugnata affermava che i rifiuti erano “presumibilmente” pericolosi, con ciò chiarendo che ancora nessuna indagine sull’effettiva consistenza degli stessi era stata effettuata.

“4. Eccesso di potere per sviamento di potere, difetto di istruttoria e di motivazione, errore sui presupposti, travisamento dei fatti, illogicità”.

Risultavano del tutto omessi dal Comune gli accertamenti relativi all’effettiva imputabilità dell’attività di abbandono di rifiuti riscontrata sul sito esaminato dall’ARPAT all’esito dei quali spettava allo stesso ente locale intervenire direttamente.

Con l’ordinanza indicata in epigrafe, questa Sezione accoglieva la domanda cautelare di sospensione del provvedimento impugnato, rilevandola fondata sotto il profilo del “fumus boni iuris”.

Alla pubblica udienza del 5 maggio 2009 la causa era trattenuta in decisione.


DIRITTO


Il ricorso si palesa fondato sotto diversi profili.

Dall’esame del provvedimento impugnato si rileva che il Comune di Fauglia ha provveduto ad applicare nei confronti dell’Agenzia del Demanio il potere di ordinanza di cui all’art. 14, comma 3, d.lgs. n. 22/97, all’epoca vigente, solo in quanto proprietaria dell’area interessata dall’abbandono dei rifiuti e perché il Consorzio di Bonifica Fiumi e Fossi, gestore dell’area stessa, pur intimato, non aveva ancora provveduto a rimuovere gli stessi. In assenza di ulteriore attività istruttoria, sia da parte dell’ARPAT sia da parte del Comune, in ordine alla riconducibilità effettiva del riscontrato abbandono di rifiuti all’Agenzia del Demanio, appare evidente che quest’ultima è stata oggetto dell’ordinanza impugnata solo perché proprietaria dell’area.

Ebbene, in merito il Collegio osserva che l’art. 14 d.lgs. n. 22/97 (oggi confluito nell’art. 192 d.lgs. n. 152/2006) dispone quanto segue: “L\'abbandono e il deposito incontrollati di rifiuti sul suolo e nel suolo sono vietati. È altresì vietata l\'immissione di rifiuti di qualsiasi genere, allo stato solido o liquido, nelle acque superficiali e sotterranee. Fatta salva l\'applicazione delle sanzioni di cui agli articoli 51 e 52, chiunque viola i divieti di cui ai commi 1 e 2 è tenuto a procedere alla rimozione, all\'avvio a recupero o allo smaltimento dei rifiuti ed al ripristino dello stato dei luoghi in solido con il proprietario e con i titolari di diritti reali o personali di godimento sull\'area ai quali tale violazione sia imputabile a titolo di dolo o colpa. Il sindaco dispone con ordinanza le operazioni a tal fine necessarie e il termine entro cui provvedere, decorso il quale procede all\'esecuzione in danno dei soggetti obbligati e al recupero delle somme anticipate”.

Come si nota, il coinvolgimento del proprietario dell’area è previsto soltanto ove lo stesso - ovviamente - sia il diretto responsabile dell’abbandono ovvero se, in solido con il diretto responsabile, abbia compiuto la violazione a titolo di dolo o colpa ma tale accertamento del suo titolo di coinvolgimento deve essere compiuto in maniera adeguata e ne deve essere data indicazione con congrua motivazione nel relativo provvedimento, con esclusione di una configurazione di responsabilità di tipo “oggettivo” o residuale nell’ipotesi in cui i responsabili omettano di intervenire pur se intimati.

Sul punto, il Collegio non può che ribadire principi più volte richiamati anche da questa stessa Sezione (da ultimo, TAR Toscana, Sez. II, 5.6.09, n. 993 e 6.5.09, n. 762), per cui la disposizione di cui all’art. 14, comma 3, d.ls n. 22/97 non può che essere interpretata nel senso che l\'obbligo di adottare le misure idonee alla eliminazione del rifiuto incombe solamente a carico di colui che di tale situazione sia responsabile, per avervi dato causa.

La norma individua, perciò, solo nel profilo “soggettivo” della condotta dell\'autore dell\'abbandono - per il proprietario esplicitamente richiamando il titolo di dolo o di colpa - la fonte dell\'obbligo a provvedere alla rimozione, al recupero e al ripristino. Il proprietario dell’area, quindi, può essere coinvolto in tali operazioni non in quanto tale - a titolo di responsabilità “oggettiva”, che infatti la norma esclude - ma solo se ha contribuito effettivamente alla violazione con azioni o omissioni a lui riconducibili a titolo di dolo o colpa. Come detto, tale riconducibilità deve essere provata nella fase istruttoria e deve confluire in una congrua motivazione contenuta nel provvedimento che impone la rimozione, il recupero, lo smaltimento e il ripristino.

Da ciò la giurisprudenza quasi univoca, condivisa dal Collegio, deduce la mancanza di responsabilità, e quindi di obbligo alla rimozione-recupero-ripristino, del proprietario “incolpevole” (T.A.R Toscana, sez. II, 17 aprile 2009, n. 665; T.A.R. Veneto, sez. III, 25 maggio 2005, n. 2174; , T.A.R. Lombardia, Milano, sez. I, 8 ottobre 2004, n. 5473; T.A.R. Campania, sez. V, 28 settembre 1998, n. 2988).

Ne consegue che l\'amministrazione non può imporre ai proprietari che non hanno alcuna responsabilità diretta sull\'origine del fenomeno di abbandono di rifiuti contestato, ma che vengono individuati solo in quanto titolari di diritto reale sul bene, lo svolgimento di attività di rimozione, recupero e di ripristino (T.A.R. Veneto, sez. III, 2 febbraio 2002, n. 320).

Sotto tale profilo, si ricalca la conclusione della giurisprudenza penale in ordine alla inimputabilità del proprietario incolpevole, che non compia atti di gestione e movimentazione dei rifiuti, atteso che non si riscontra nei confronti dello stesso un obbligo giuridico di recintare il terreno, di scongiurare la “desertificazione” del terreno stesso o di garantire una destinazione specifica, posto che gli obblighi di gestione e smaltimento dei rifiuti sono posti esclusivamente a carico dei produttori e dei detentori dei rifiuti medesimi (Cass. Pen., Sez. III, 15.12.08, n. 46072).

Nel caso di specie, quindi, appare condivisibile quanto dedotto dall’Agenzia del Demanio nel primo e nel quarto motivo di ricorso, in quanto il Comune di Fauglia non ha individuato - illustrandone il fondamento logico-giuridico nella motivazione del provvedimento impugnato - la condotta a titolo di dolo o colpa riconducibile alla medesima Agenzia che avrebbe causato, o concausato con altri responsabili, il riscontrato abbandono di rifiuti, limitandosi a richiamare il suo coinvolgimento solo quale proprietaria dell’area e in quanto nessuno era ancora intervenuto a rimuovere gli stessi.

Fondato è anche quanto dedotto con il secondo motivo di ricorso in ordine alla mancata comunicazione dell’avvio del procedimento, che è istituto generale applicabile ad ogni procedimento amministrativo.

Solo particolari ragioni di celerità e urgenza consentono di derogarvi ma nel caso di specie esse sono insussistenti.

Nonostante nel provvedimento impugnato sia richiamata, sia pure genericamente, la necessità e urgenza di provvedere per motivi sanitari, igienici e ambientali, il Collegio riscontra che lo stesso Responsabile del Settore afferma che dal 14 settembre 2005 era stata notificata analoga ordinanza al Consorzio di Bonifica Fiumi e Fossi, quale gestore del terreno in oggetto, e che si era atteso invano l’intervento di rimozione, con ciò evidenziando che l’urgenza in realtà era tale eventualmente anche a causa del tempo di attesa del Comune e che la situazione sul terreno era già in essere da tempo, relativamente a rifiuti che la stessa ARPAT definisce solo “presumibilmente” pericolosi, non risultando quindi che la comunicazione di avvio del procedimento potesse causare situazioni irreparabili sotto il profilo dell’urgenza di provvedere.

Per mero tuziorismo, essendo sufficiente per l’accoglimento del ricorso la fondatezza del primo, secondo e quarto motivo di ricorso, il Collegio si sofferma anche sul terzo motivo di ricorso, ritenendolo però infondato in quanto se è vero - come osservato in precedenza dallo stesso Collegio - che i rifiuti in questione sono solo definiti come “presumibilmente” pericolosi, con ciò lasciando intendere la necessità di ulteriori indagini sulla presenza di tale caratteristica, è pur vero che la pericolosità dei rifiuti è indifferente ai fini dell’applicazione dell’art. 14 d.lgs. n. 22/97 cit. operata nel caso di specie, rilevando la “pericolosità”, semmai, sull’applicazione dell’art. 17 d.lgs. n. 22/97 in relazione ad una eventuale situazione di inquinamento e correlate procedure di messa in sicurezza e bonifica del terreno.

Alla luce di quanto dedotto, quindi, il ricorso deve essere accolto.

Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.


P.Q.M.


Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana, Sezione 2^ accoglie il ricorso in epigrafe e, per l’effetto, annulla il provvedimento impugnato.

Condanna il Comune di Fauglia a corrispondere all’Agenzia del Demanio le spese di lite che liquida in euro 2.000,00 oltre accessori di legge e l’importo corrispondente al contribuito unificato.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall\'autorità amministrativa.

Così deciso in Firenze nella camera di consiglio del 05/05/2009 con l\'intervento dei Magistrati:

Maurizio Nicolosi, Presidente

Ivo Correale, Primo Referendario, Estensore

Pietro De Berardinis, Primo Referendario

IL PRESIDENTE
L\'ESTENSORE

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 18/06/2009