TAR Lombardia (MI) Sez. III n. 1810 del 7 ottobre 2020
Rifiuti.Bonifica e utilizzo dello strumento dell’ordinanza contingibile e urgente da parte del sindaco

Deve ritenersi, in linea di principio, illegittimo l'utilizzo dello strumento dell'ordinanza contingibile e urgente per la bonifica di siti inquinati poiché il legislatore, per tali necessità, ha individuato nel c.d. codice dell'ambiente una specifica competenza di cui è titolare l'Amministrazione provinciale la quale deve provvedervi con gli strumenti che l'ordinamento di settore appronta; d'altronde, l'uso dell'ordinanza contingibile e urgente da parte del sindaco si pone, astrattamente, quale strumento di potenziale elusione della disciplina dettata dal codice dell'ambiente il quale, individuando una specifica competenza e procedura sul punto, ha inteso attribuire al livello intermedio di amministrazione locale, l'adozione di provvedimenti quale quello per cui è causa anche nelle situazioni di urgenza


Pubblicato il 07/10/2020

N. 01810/2020 REG.PROV.COLL.

N. 00467/2014 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia

(Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 467 del 2014, integrato da motivi aggiunti, proposto da
Prealpi Servizi S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Luca Prati, Elisabetta Scotti, con domicilio eletto presso lo studio Luca Prati in Milano, Piazza Bertarelli, n.1;

contro

Comune di Cairate, Comune di Lonate Ceppino, Asl Varese - Dipartmento di Prevenzione Medico Servizio Igiene e Sanità Pubblica, Provincia di Varese, Regione Lombardia, ciascuno in persona del rispettivo legale rappresentante pro tempore, non costituiti in giudizio;

per l'annullamento

del provvedimento del Sindaco di Cairate del 25.11.2013, prot. 13156, con il quale la ricorrente è stata intimata “in qualità di proprietaria degli immobili oggetto del presente provvedimento...di iniziare, entro quindici giorni dalla notifica del presente atto, presso l’ex Cartiera Vita Mayer ed ex Cartiera di Cairate: 1.le attività previste nel piano di indagine preliminare di cui all’incontro tecnico del 13 dicembre 2012; 2.le attività per la messa in sicurezza e la bonifica dell’amianto previste nel crono-programma del 10 giugno 2013”.

Con motivi aggiunti:

- ordinanza del Sindaco del Comune di Cairate nr. 15 del 28 aprile 2016, nr. 5517


Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 22 settembre 2020 il dott. Salvatore Gatto Costantino e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

La società odierna ricorrente è un ente costituito nel 2008, al quale partecipano, tra gli altri, le principali ex municipalizzate dalla provincia, ovvero l’ASPEM di Varese, l’AGESP di Busto Arsizio e l’AMSC di Gallarate (60% del capitale sociale) oltre alle cinque società ecologiche provinciali (ex consorzi) ed i Comuni di Tradate e Gerenzano.

Espone di essere proprietaria degli immobili della Cartiera Vita Mayer ed ex Cartiera di Cairate, ubicati nel Comune di Cairate (ed in parte nel Comune di Lonate Ceppino) lungo il fiume Olona, fabbricati dismessi sin dalla fine degli anni settanta.

La ricorrente presentava al Comune di Cairate un Piano di Indagine Preliminare (22 novembre 2012) redatto ai sensi del dlgs. 152/2006, inerente le aree site nella proprietà ed ubicate lungo il fiume Olona, nell’ambito di un’indagine conoscitiva del tutto volontaria della ricorrente (volta a valutare lo stato di contaminazione dell’area ai fini di una sua possibile riedificazione).

Il 13 dicembre 2012, si svolgeva un incontro tecnico alla presenza anche dell’ARPA, della Provincia e dell’ASL di Varese, durante il quale veniva espresso parere favorevole alla indagine proposta, con prescrizioni e vincolandone l’esecuzione a future determinazioni ASL.

Queste ultime (necessarie solo per la protezione da rischio amianto del personale che avrebbe condotto le indagini, non essendo stato mai rilevato alcun rischio per la salute pubblica), venivano impartite dopo un sopralluogo del 18 dicembre 2012 con nota del 28 gennaio 2013 e la Prealpi, a sua volta, redigeva e presentava (all’ASL di Varese) il cronoprogramma operativo con nota del 13 giugno 2013.

Nelle more, il Consiglio Comunale adottava un nuovo PGT (delibera nr. 20 del 15 giugno 2013) in cui collocava gran parte dell’area industriale dove sorge la cartiera in “ambito di riqualificazione paesaggistico - ambientale”, destinando quindi l’insediamento ad “attrezzature per il verde pubblico e sportivo” (art. 38 NTA); la ricorrente evidenzia che veniva così azzerata, di fatto, oltre che il valore dell’area, anche la possibilità che sulla stessa potessero collocarsi nuovi operatori economici (necessari affinchè la Prealpi potesse reperire i fondi necessari alla bonifica). Inoltre, mutavano i parametri dell’indagine: ai sensi dell’all.5 alla parte IV (tab 1) del Dlgs 152/2006, le CSC cui fare riferimento per determinare se il sito sia da considerarsi inquinato, sono diverse a seconda che sia a destinazione industriale o a verde pubblico.

Le attività di cui al cronoprogramma venivano così sospese e non avviate.

Il Comune, in data 25 novembre 2013, indirizzava alla ricorrente l’impugnata ordinanza, con la quale intimava, entro 15 giorni, di avviare le attività previste nel piano di indagine preliminare di cui all’incontro tecnico del 13 dicembre 2012 e quelle previste dal cronoprogramma del 10 giugno 2013.

La ricorrente pur avendo avviato alcune iniziative prioritarie, dirette ad una messa in sicurezza dell’area (provvedendo ad indire una gara per la messa in sicurezza degli edifici con sigillatura di porte e finestre, a fini puramente cautelativi), ritiene di non essere obbligata all’attuazione dell’intervento e chiede quindi l’annullamento dell’ordinanza, per le seguenti ragioni di censura.

1) Violazione dell’art. 50 del dlgs n. 267/2000, violazione ed eccesso di potere per carenza di presupposti e travisamento dei fatti - difetto di attribuzione - violazione della l. 27 marzo 1992, n. 257, della LR 29 settembre 2003, del DM 6.9.1994, dell’art. 7 della l. 241/90, dell’art. 3 della l. 241/90, difetto assoluto di motivazione (non sussisterebbero i presupposti per emanare un ordine contingibile ed urgente, essendo l’amianto presente nell’area da decenni e non essendo indicate situazioni di pericolo e di urgenza immediate; la presentazione del cronoprogramma era stata richiesta solo a tutela del personale che avrebbe dovuto effettuare le operazioni di cui al Piano di indagine Preliminare finalizzato alla bonifica dell’area, che non è più attuale essendo mutata la destinazione urbanistica della zona, con conseguente perdita di valore edificabile del suolo).

2) Difetto assoluto di attribuzioni, incompetenza, violazione degli artt. 240, 242, 244, 245 e seguenti del Dlgs n. 152/2006, eccesso di potere per difetto di istruttoria e carenza di motivazione - omesso compimento delle opportune indagini volte ad identificare il responsabile dell’evento di inquinamento, violazione del principio “chi inquina paga” (competente ad attivare i procedimenti di messa in sicurezza e bonifica di siti contaminati è esclusivamente la Provincia; non è stato comunque individuato il responsabile dell’inquinamento, che non sarebbe riconducibile alla proprietà dell’area, mai impegnata nelle relative attività, dismesse dagli anni settanta).

Con motivi aggiunti è stata poi impugnata l’ordinanza nr. 15 del 28 aprile 2016, nr. 5517 con la quale il Sindaco del Comune di Cairate ha ordinato alla ricorrente, “in qualità di proprietaria degli immobili oggetto del presente provvedimento, quanto segue: 1) in relazione all’area della Cartiera Vita & Mayer, ubicata in parte nel territorio comunale di Lonate Ceppino, per il quale i limiti di riferimento definiti dall’AC risultano essere quelli della Tab. 1, colonna B, all. 5 al Titolo V del Dlgs n. 152/2006 ed in parte in territorio del Comune di Cairate, per il quale i limiti di riferimento definiti dall’A.C. risultano essere quelli della Tab.1, colonna A, del medesimo decreto, di presentare entro e non oltre trenta giorni dal ricevimento della presente ordinanza una planimetria in scala adeguata, che identifichi la esatta posizione dei campioni che superano i limiti delle tabelle di cui sopra, al fine di verificare in quale Comune ricadono e quindi valutare la competenza degli adempimenti successivi; 2)in relazione all’area verde di interconnessione tra le due cartiere, di produrre entro e non oltre 60 giorni dal ricevimento della presente ordinanza una proposta di approfondimento di indagine, finalizzata alla predisposizione di un “piano gestione rifiuti”.....(per) definire le opportune procedure di rimozione dei rifiuti e valutare la tipologia di intervento da adottare per (...)la riqualificazione dell’area; 3) in relazione ai pozzi industriali presenti sull’area ex cartiera Vita & Mayer e sull’area ex cartiera Vima, di presentare entro e non oltre 60 giorni dal ricevimento della presente ordinanza proposta completa di tempistica per la messa in sicurezza, mediante flangiatura della testa, dei pozzi idrici inutilizzati e la presentazione di una proposta di chiusura o riutilizzo degli stessi, previo accordo con il settore risorse idriche della Provincia, come peraltro già richiesto dalla Provincia nell’incontro tecnico del 13.12.2012 e dall’ARPA…”.

Di tale atto, parte ricorrente chiede l’annullamento per le seguenti ragioni (connesse a quelle già dedotte e comunque da valere anche come ricorso autonomo).

Premette, in fatto, che nella pendenza del giudizio introdotto con il ricorso, il 18 marzo 2014 veniva comunicata la messa in sicurezza delle aree ex VIMA ed ex VITA MAYER; con nota del 20.11.2014, la ricorrente comunicava l’avvio delle attività di indagine in contraddittorio con ARPA; la Prealpi trasmetteva il 14.10.2015 agli enti responsabili (incluso il Comune) la comunicazione di potenziale contaminazione ex art. 245 comma 2 del dlgs 152/2006 in relazione all’accertato superamento della CSC su diversi campioni analizzati.

Il 18.11.2015, la Prealpi Servizi consegnava ai Comuni di Cairate, Lonate Ceppino ed all’ARPA ed all’ASL di Varese la relazione tecnica contenente le risultanze analitiche dei terreni e delle acque di falda. La ricorrente riceveva poi (13.1.2016) la Relazione di Indagine Preliminare di ARPA ed il 18 successivo i rapporti di prova delle acque sotterranee.

Seguiva la trasmissione dell’ordinanza impugnata con i motivi aggiunti, a seguito della quale la ricorrente presentava memorie, contestando qualunque responsabilità per l’inquinamento, ma dichiarandosi disponibile su base del tutto volontaria alla messa in sicurezza dei pozzi idrici inutilizzati.

Chiede quindi l’annullamento dell’ordinanza sopravvenuta per incompetenza (che spetterebbe alla Provincia), per violazione delle prerogative di partecipazione al procedimento e di motivazione, mancanza dei presupposti di necessità, contingibilità ed urgenza del provvedimento, difetto di motivazione, difetto di attribuzioni, omesso accertamento della responsabilità dell’inquinamento e violazione del principio “chi inquina paga”. Ripete i profili di illegittimità già dedotti in sede di ricorso, che vizierebbero anche l’atto sopravvenuto in via derivata.

Nonostante la rituale notifica sia del ricorso che dei motivi aggiunti, nessuno si è costituito per le parti intimate.

Nella pubblica udienza di smaltimento dell’arretrato del 22 settembre 2020, la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

Nell’odierno giudizio, parte ricorrente impugna con il ricorso e motivi aggiunti due ordinanze del Sindaco del Comune intimato in materia ambientale, con le quali l’Ente ordina (con la prima) l’esecuzione di un Piano di Intervento per l’analisi dell’inquinamento del sito industriale dismesso di cui la ricorrente è proprietaria e (con la seconda) altri adempimenti di indagine ai fini della successiva bonifica.

I) E’ bene premettere che, secondo il principio “chi inquina paga”, il soggetto tenuto ad effettuare interventi di bonifica ambientale (e connesse attività preparatorie) è il responsabile dell’inquinamento, non la proprietà dell’area, che non può essere considerata come destinataria di una fattispecie di responsabilità oggettiva (vedasi da ultimo T.A.R. , Roma , sez. I , 04/05/2020 , n. 4590), anche se, come verosimilmente deve ritenersi nel caso di specie, la matrice ambientale risulta compromessa per fatti risalenti ad epoche anteriori all’entrata in vigore del dlgs 152/2006 (essendo tale fattispecie regolata dagli artt. 242 e 244 di tale decreto, che impongono la bonifica quale rimedio ad una perdurante ed attuale situazione di inquinamento, cfr. Consiglio di Stato , sez. IV , 01/04/2020 , n. 2195).

Tuttavia, chiarisce la giurisprudenza (cfr. TAR Brescia, I, 25/09/2019, n.831), che “l'intervento di bonifica assunto volontariamente ai sensi dell'art. 245 comma 1, nonché dell'art. 252 comma 5, del Dlgs. 152/2006, costituisce una gestione di affari altrui, che, in applicazione analogica della norma generale ex art. 2028 c.c., deve essere portata a compimento, o comunque proseguita finché l'amministrazione non sia in grado di far subentrare l'autore dell'inquinamento. Lo stesso vale se l'assunzione dell'intervento di bonifica da parte del proprietario incolpevole o di altri soggetti è avvenuta ai sensi dell'art. 9 del DM 25 ottobre 1999 n. 471.”

II) Nel caso di specie, entrambi gli atti impugnati sono ordinanze sindacali, i cui presupposti (quanto a competenza ed istituti applicati) non sono esposti o comunque adeguatamente trattati (circostanza, peraltro, resa ancora più rilevante dalla mancata difesa degli enti intimati).

Avendo riguardo all’autorità emanante ed al (minimo) corredo motivazionale, deve ritenersi che il Sindaco del Comune intimato abbia inteso attivare i propri poteri di intervento di tipo contingibile e urgente, non essendo previsto in capo al Sindaco stesso (a differenza della rimozione di rifiuti, che rientra nella competenza sindacale ex art. 192 del dlgs 152/2006, confermativo, sul punto, del regime di cui all’art. 17 del d.lgs. n. 22/1997), un potere “tipico” rivolto ad assicurare la esecuzione di interventi di bonifica di ambienti inquinati, che spetta alla Provincia, ex art. 244 e 245 dlgs 152/2006 (cfr. T.A.R. , Bologna , sez. II , 14/12/2017 , n. 831, secondo cui “deve ritenersi, in linea di principio, illegittimo l'utilizzo dello strumento dell'ordinanza contingibile e urgente per la bonifica di siti inquinati poiché il legislatore, per tali necessità, ha individuato nel c.d. codice dell'ambiente una specifica competenza di cui è titolare l'Amministrazione provinciale la quale deve provvedervi con gli strumenti che l'ordinamento di settore appronta; d'altronde, l'uso dell'ordinanza contingibile e urgente da parte del sindaco si pone, astrattamente, quale strumento di potenziale elusione della disciplina dettata dal codice dell'ambiente il quale, individuando una specifica competenza e procedura sul punto, ha inteso attribuire al livello intermedio di amministrazione locale, l'adozione di provvedimenti quale quello per cui è causa anche nelle situazioni di urgenza”; cfr. anche T.A.R. , Palermo , sez. I , 24/07/2013 , n. 1527).

Già sotto tale profilo, le principali doglianze dedotte nel ricorso e nei motivi aggiunti sono fondate e comportano l’accoglimento del gravame (quanto ai motivi aggiunti, nei limiti che si vedranno oltre); esito che è confermato anche per le seguenti, ulteriori, ragioni, concorrenti con la prima.

Rileva il Collegio, invero, che, anche a voler approfondire la sussistenza di eventuali profili che consentano di ritenere che il potere extra ordinem, attesa la sua atipicità, possa interferire con il regime delle competenze previsto dal codice dell’ambiente, in ogni caso tale indagine è recessiva perché l’ordinanza impugnata con il ricorso non è comunque sorretta da una adeguata disamina e dimostrazione della sussistenza di quei necessari presupposti e requisiti di indifferibilità ed urgenza che sono richiesti per l’adozione di provvedimenti del genere. Invero, il Sindaco del Comune intimato si è limitato a presupporre la mancata esecuzione del Piano approvato, senza altra motivazione (in ordine ai presupposti dell’adozione di ordinanze contingibili, si veda T.A.R. , Perugia , sez. I , 12/02/2020 , n. 64, secondo la quale “L'adozione di un'ordinanza sindacale contingibile e urgente presuppone necessariamente situazioni di pericolo effettivo non tipizzate dalla legge, la cui sussistenza deve essere suffragata da un'istruttoria adeguata e da una congrua motivazione, solamente in ragione delle quali si giustifica la deviazione dal principio di tipicità degli atti amministrativi e la possibilità di derogare alla disciplina vigente, stante la configurazione residuale di tale tipologia provvedimentale, nella quale la contingibilità deve essere intesa come impossibilità di fronteggiare l'emergenza con i rimedi ordinari in ragione dell'accidentalità, imprescindibilità ed eccezionalità della situazione verificatasi e l'urgenza come assoluta necessità di porre in essere un intervento non rinviabile”; si veda altresì, ex multis, T.A.R. , Napoli , sez. V , 08/04/2020 , n. 1351, T.A.R. , Aosta, sez. I , 20/02/2020 , n. 7).

Tale considerazione non può che estendersi anche all’ordinanza oggetto di motivi aggiunti, in ordine alla quale va però precisato che il gravame può essere accolto solo nei limiti di cui al punto 3 del provvedimento, ovvero nella parte in cui quest’ultimo dispone interventi esecutivi di messa in sicurezza o di intervento d’urgenza (pur esigibili, in linea di principio, dal proprietario incolpevole, vedasi la già richiamata sentenza del TAR Brescia nr. 831/2019); infatti, per quanto riguarda le altre prescrizioni (punti 1 e 2) il provvedimento dispone adempimenti meramente istruttori e collaborativi che, come tali, non sono di pregiudizio per la ricorrente (e dunque per essi non si pone un problema di competenza del Sindaco o di difetto di motivazione quanto ai presupposti della contingibilità ed urgenza).

Pertanto, il ricorso ed i motivi aggiunti sono fondati nei limiti di cui alla motivazione che precede e come tali vanno accolti, dovendosi comunque precisare che restano impregiudicati la facoltà dell’Autorità di esigere l’adempimento del Piano approvato (in ragione della doverosità della sua esecuzione, vedasi TAR Brescia, sent. cit. nr. 831/2019); la responsabilità della ricorrente per custodia dell’immobile; il dovere da parte delle Amministrazioni intimate, ciascuna secondo la propria competenza, di accertare con provvedimento espresso le responsabilità dell’inquinamento e, qualora non sia individuabile il responsabile dell’inquinamento, di disporre gli interventi di cui agli artt. 244 e 245 del dlgs 152/2006, i cui oneri saranno a carico della proprietà nei limiti dell’aumento del valore del fondo.

L’esposizione che precede rappresenta una giusta ragione per disporre la piena compensazione delle spese di lite.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto e sui motivi aggiunti, li accoglie nei limiti di cui in parte motiva, con salvezza di nuovi e motivati provvedimenti delle Amministrazioni competenti.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Milano nella camera di consiglio del giorno 22 settembre 2020 con l'intervento dei magistrati:

Ugo Di Benedetto, Presidente

Salvatore Gatto Costantino, Consigliere, Estensore

Valentina Santina Mameli, Consigliere