Tar Toscana Sez. II sent.1540 del 14 ottobre 2009
Rifiuti. Bonifiche

Qualora emergano elementi che depongono nel senso di una sostanziale adesione delle competenti Amministrazioni in favore del modello della barriera idraulica, il mutamento di avviso da parte delle Amministrazioni stesse, con opzione verso un’altra tipologia di intervento, può avvenire solo in base ad una congrua ed approfondita motivazione ed all’esito di un’adeguata istruttoria, che tenga conto di tutte le circostanze rilevanti del caso: la sussistenza di detti obblighi procedimentali, prima ancora che da specifiche norme vigenti nel settore della disciplina ambientale, discende dai principi generali di economicità e trasparenza dell’azione amministrativa di cui all’art. 1, comma 1, della l. n. 241/1990, nonché dal divieto di aggravamento del procedimento amministrativo ex art 1, comma 2, della citata l. n. 241
N. 01540/2009 REG.SEN.
N. 01408/2006 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO



Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana
(Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA


sul ricorso con motivi aggiunti numero di registro generale 1408 del 2006, proposto dalla società
Dow Italia S.r.l., in persona del Consigliere di Amministrazione, avv. Paolo Musicco, rappresentata e difesa dagli avv.ti Antonella Capria, Teodora Marocco, Roberto Nuti e Mario Pilade Chiti e con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultimo, in Firenze, via Lorenzo il Magnifico n. 83


contro


Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, Ministero della Salute, Ministero delle Attività Produttive (ora dello Sviluppo Economico), in persona dei rispettivi Ministri pro tempore, rappresentati e difesi ex lege dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Firenze e domiciliati presso gli Uffici di questa, in Firenze, via degli Arazzieri n. 4
Regione Toscana, non costituita in giudizio
Provincia di Livorno, non costituita in giudizio
Comune di Livorno, non costituito in giudizio
Comune di Collesalvetti, non costituito in giudizio
Corpo delle Capitanerie di Porto – Reparto Ambientale Marino (R.A.M.), non costituito in giudizio
Capitaneria di Porto di Livorno, non costituita in giudizio
Autorità Portuale di Livorno, non costituita in giudizio
Agenzia per la Protezione dell’Ambiente e per i Servizi Tecnici (A.P.A.T.), non costituita in giudizio
Azienda Regionale per la Protezione Ambientale della Toscana (A.R.P.A.T.), non costituita in giudizio
Azienda U.S.L. n. 6 di Livorno, non costituita in giudizio
E.N.E.A., non costituito in giudizio
Istituto Superiore per la Prevenzione e la Sicurezza del Lavoro (I.S.P.E.S.L.), non costituito in giudizio
Istituto Centrale per la Ricerca Scientifica e Tecnologica Applicata al Mare (I.C.R.A.M.), non costituito in giudizio
Istituto Superiore di Sanità (I.S.S.), non costituito in giudizio

1) quanto al ricorso originario:

per l’annullamento

- del verbale della Conferenza di Servizi decisoria, tenutasi il 28 aprile 2006 presso il Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, comunicato il 3 giugno 2006 ed avente ad oggetto la bonifica del sito di interesse nazionale di Livorno, con particolare riferimento:

- a quanto deliberato dalla Conferenza di Servizi decisoria prima di iniziare la discussione sui punti all’ordine del giorno, mediante prescrizione a Dow Italia S.r.l. di presentare entro il termine di 60 giorni dal ricevimento del verbale il progetto preliminare di bonifica delle acque di falda basato sul confinamento fisico delle medesime;

- al punto 3 dell’ordine del giorno, nella parte in cui si richiede al Ministero dell’Ambiente di segnalare l’avvio dell’esecuzione in danno, nonché delle azioni di accertamento e di recupero del danno ambientale arrecato al mare;

- al punto 22 dell’ordine del giorno, laddove si chiede a Dow Italia S.r.l. di rielaborare il progetto definitivo di bonifica dei suoli dell’area di stabilimento, tenendo conto delle prescrizioni formulate dalla Conferenza di servizi istruttoria del 30 novembre 2005 (in particolare, le prescrizioni nn. 3, 4, 6, 15 e 18), dall’A.R.P.A.T. e dalla Direzione per la Qualità della Vita del Ministero dell’Ambiente (in particolare, la prescrizione n. 6);

- della nota del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare – Direzione Generale per la Qualità della Vita – Divisione IX, prot. n. 10472/QdV/DI/VII/VIII del 26 maggio 2006, di trasmissione del verbale impugnato;

- di ogni altro atto preordinato, conseguente o comunque connesso.


2) quanto ai motivi aggiunti depositati in data 18 aprile 2007:

per l’annullamento

- del decreto direttoriale del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare – Direzione Generale per la Qualità della Vita, prot. n. 3316/QdV/DI/B del 7 febbraio 2007, comunicato il 16 febbraio 2007, con cui si è deciso, tra l’altro, di approvare e considerare come definitive tutte le prescrizioni stabilite nel verbale della Conferenza di Servizi decisoria del 13 dicembre 2006;

- del verbale della Conferenza di Servizi decisoria, tenutasi il 13 dicembre 2006 presso il Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, comunicato il 16 febbraio 2007 ed avente ad oggetto la bonifica del sito di interesse nazionale di Livorno, con particolare riferimento:

- al punto 1 dell’ordine del giorno, ove si ribadiscono le prescrizioni formulate con la Conferenza di Servizi decisoria del 28 aprile 2006;

- al punto 7 dell’ordine del giorno, nella parte in cui la Conferenza di Servizi decisoria, ai fini dell’approvazione dell’elaborato contenente l’addendum al progetto definitivo di bonifica dei suoli, delibera di chiedere alla Dow Italia S.r.l.: a) di presentare un elaborato che tenga conto delle prescrizioni formulate dalla Conferenza di Servizi decisoria del 28 aprile 2006; b) di ottemperare alle prescrizioni formulate dalla Conferenza di Servizi istruttoria del 19 luglio 2006;

- al punto 7 dell’ordine del giorno, nella parte in cui la Conferenza di Servizi decisoria ribadisce le prescrizioni formulate dalla Conferenza di Servizi decisoria del 28 luglio 2005 e, più in particolare, la prescrizione con cui si richiede che il serbatoio di stoccaggio V9 delle acque di falda contaminate sia autorizzato dall’Autorità competente ai sensi della normativa vigente in tema di rifiuti;

- al punto 7 dell’ordine del giorno, nella parte in cui la Conferenza di Servizi ha deliberato di assegnare al verbale il valore di formale messa in mora ed ha perciò stabilito che, in caso di ulteriore inadempienza della società, sarebbero stati attivati i poteri sostitutivi in danno della stessa;

- della nota del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare – Direzione Generale per la Qualità della Vita – Divisione IX, prot. n. 3149/QdV/DI/IX del 7 febbraio 2007, di trasmissione del decreto direttoriale e del verbale sopra menzionati;

- del decreto direttoriale del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare – Direzione Generale per la Qualità della Vita, prot. n. 3315/QdV/DI/B del 7 febbraio 2007, comunicato il 16 febbraio 2007, con cui si è deciso di approvare e considerare come definitive tutte le prescrizioni stabilite nei verbali delle Conferenze di Servizi decisorie del 24 marzo 2005, del 28 luglio 2005, del 22 dicembre 2005 e del 28 aprile 2006;

- della nota del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare – Direzione Generale per la Qualità della Vita – Divisione IX, prot. n. 3141/QdV/DI/IX del 7 febbraio 2007, di trasmissione del decreto direttoriale appena menzionato;

- di ogni altro atto preordinato, conseguente o comunque connesso.


3) quanto ai motivi aggiunti depositati in data 20 dicembre 2007:

per l’annullamento,

previa sospensione dell’esecuzione,

- del decreto direttoriale del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare – Direzione Generale per la Qualità della Vita, prot. n. 4133/Q.d.V./Di/B del 16 novembre 2007, con cui si è deciso, tra l’altro, di approvare e considerare come definitive tutte le prescrizioni stabilite nel verbale della Conferenza di Servizi decisoria del 30 ottobre 2007;

- del verbale della Conferenza di Servizi decisoria, tenutasi il 30 ottobre 2007 presso il Ministero dell\'Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, ed avente ad oggetto la bonifica del sito di interesse nazionale di Livorno, con particolare riferimento alle prescrizioni di cui al punto 10 dell’ordine del giorno;

- della nota del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare – Direzione Generale per la Qualità della Vita – Divisione IX, prot. n. 29749/QdV/DI/IX del 16 novembre 2007, di trasmissione del decreto direttoriale e del verbale ora indicati;

- del documento dell’A.P.A.T. recante “criteri metodologici per l’applicazione dell’analisi assoluta di rischio ai siti contaminati”;

- delle prescrizioni formulate nel corso della Conferenza di Servizi istruttoria del 26 giugno 2007 e richiamate nel verbale della Conferenza di Servizi decisoria del 30 ottobre 2007;

- di ogni altro atto preordinato, conseguente o comunque connesso.


Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Ministero dell’Ambiente, del Ministero della Salute e del Ministero dello Sviluppo Economico (già delle Attività Produttive);
Visti i motivi aggiunti depositati il 18 aprile 2007;
Visti i motivi aggiunti depositati il 20 dicembre 2007;
Vista la domanda di sospensione degli atti impugnati con i motivi aggiunti depositati il 20 dicembre 2007;
Vista l’ordinanza n. 32/2008 del 17 gennaio 2008, con cui è stata accolta la domanda incidentale di sospensione;
Vista la memoria difensiva e la documentazione depositata dalla ricorrente a sostegno delle proprie tesi;
Visti tutti gli atti della causa;

Nominato relatore nell’udienza pubblica del 5 maggio 2009 il dott. Pietro De Berardinis;

Uditi i difensori presenti delle parti costituite, come specificato nel verbale;

Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue:


FATTO


La società ricorrente, Dow Italia S.r.l., espone di essere proprietaria, all’interno dell’area industriale di Livorno, di un sito esteso per circa mq. 120.000, ove insiste uno stabilimento, di proprietà della medesima società, attualmente utilizzato per la produzione di lattice sintetico.

A seguito del d.m. 18 settembre 2001, n. 468, l’area industriale de qua è stata inserita nel novero dei siti inquinati di interesse nazionale, da sottoporre a prioritari interventi di bonifica. Il successivo d.m. 24 febbraio 2003 ha provveduto alla perimetrazione del sito di interesse nazionale di Livorno, prescrivendo ai soggetti titolari delle aree incluse nella perimetrazione, tra cui l’esponente, di dare avvio alla caratterizzazione di tali aree, e sulla base di questa, ai necessari interventi di bonifica. La società espone peraltro che a quel momento aveva già iniziato ad effettuare a titolo volontario rilievi sullo stato di inquinamento del sito di sua proprietà, e ad avviare la procedura di bonifica del sito stesso per la messa in sicurezza di suolo, sottosuolo ed acque di falda. In particolare, l’esponente provvedeva a realizzare una cd. barriera idraulica.

Dopo l’avvio del vero e proprio procedimento amministrativo di bonifica da parte delle competenti Amministrazioni ed a seguito di una serie di Conferenze di Servizi, nella Conferenza del 24 marzo 2005 si prendeva atto dell’opportunità dell’elaborazione in sede consortile di un unico progetto di bonifica della falda acquifera ad opera dei vari titolari delle principali aree del sito di Livorno (tra cui Dow Italia S.r.l.). Tuttavia, nella Conferenza del 28 aprile 2006 è stata imposta una specifica tipologia di intervento tecnico, consistente nel confinamento fisico delle acque, che la società esponente reputa incoerente, contraddittoria ed adottata in carenza di qualunque istruttoria che ne giustificasse l’imposizione. La Conferenza, inoltre, ha attribuito (punto 3 del verbale) a tutte le società presenti nel sito di Livorno – e quindi anche all’esponente, che però contesta l’attribuzione di responsabilità – l’inquinamento dei sedimenti marini prospicienti il sito. Inoltre, al punto 22 del verbale della Conferenza sono state imposte a Dow Italia S.r.l. talune prescrizioni nell’espletamento dell’attività di bonifica. Dette prescrizioni, contestate dalla società perché ritenute eccessivamente gravose, riguardano in particolare le terre di scavo, l’analisi di rischio specifica e la determinazione delle concentrazioni-limite ammissibili per le sostanze inquinanti non espressamente regolate, la predisposizione del progetto di bonifica definitivo per le acque di falda contaminate.

Avverso le succitate determinazioni della Conferenza di Servizi del 28 aprile 2006 è insorta la società esponente, che le ha impugnate con il ricorso originario indicato in epigrafe e ne ha chiesto l’annullamento, deducendo a supporto della sua richiesta le seguenti doglianze:

- violazione falsa applicazione dell’art. 17 del d.lgs. n. 22/1997 e del d.m. 471/1999, incompetenza, violazione e falsa applicazione dell’art. 114 della l. n. 388/2000, eccesso di potere per manifesta irragionevolezza, difetto di istruttoria e carenza di motivazione, poiché la misura del confinamento fisico delle acque sarebbe stata imposta ingiustificatamente, senza alcuna istruttoria specifica, né motivazione adeguata ed anzi in contrasto con le risultanze dello studio idrogeologico del sito di Livorno commissionato dalla locale Autorità Portuale. Per di più, si tratterebbe di una prescrizione gravosissima sotto i profili tecnico e finanziario, in contrasto con l’art. 114, comma 9, della l. n. 388/2000 (ed ora con l’art. 242 del d.lgs. n. 152/2006);

- violazione falsa applicazione dell’art. 17 del d.lgs. n. 22/1997 e del d.m. 471/1999 sotto altro profilo, totale carenza di istruttoria, incertezza e contraddittorietà delle prescrizioni, in quanto non sarebbe stato effettuato alcun accertamento specifico delle responsabilità delle aziende proprietarie di terreni localizzati nel sito di Livorno in ordine alla contaminazione ed all’eventuale diffusione dell’inquinamento. Inoltre, non sarebbe precisato se è imposto un confinamento fisico delle acque a ridosso della proprietà della ricorrente, ovvero uno sbarramento di tutto il sito di interesse nazionale di Livorno, concordato con gli altri operatori;

- violazione falsa applicazione dell’art. 17 del d.lgs. n. 22/1997 sotto altro profilo e dell’art. 15 del d.m. 471/1999, incompetenza, totale carenza di istruttoria, incertezza e contraddittorietà delle prescrizioni, in quanto l’imposizione del confinamento fisico delle acque sarebbe sprovvista di una motivazione tecnico-giuridica ed anzi l’A.R.P.A.T. avrebbe rimarcato l’opportunità della redazione di un progetto comune di bonifica della falda;

- violazione falsa applicazione dell’art. 17 del d.lgs. n. 22/1997 e del d.m. 471/1999, nonché della l. n. 241/1990, eccesso di potere per contraddittorietà, difetto di istruttoria e motivazione, ingiustizia manifesta, in quanto l’imposizione della realizzazione di una barriera fisica sarebbe avvenuta senza che la questione fosse all’ordine del giorno della Conferenza di Servizi del 28 aprile 2006 e, perciò, privando la ricorrente di qualsiasi possibilità di contraddittorio, nonché le altre parti pubbliche della possibilità di valutare adeguatamente la misura imposta;

- violazione falsa applicazione dell’art. 17 del d.lgs. n. 22/1997 sotto altro profilo e dell’art. 9 del d.m. n. 471/1999, nonché dell’art. 51-bis del d.lgs. n. 22/1997 e dell’art. 114, comma 7, della l. n. 388/2000, eccesso di potere, incompetenza, mancanza assoluta di istruttoria e di motivazione, travisamento dei fatti, ingiustizia ed illogicità manifesta, per avere la Conferenza di Servizi (al punto n. 3 del verbale) chiesto al Ministero dell’Ambiente di segnalare l’avvio dell’esecuzione in danno degli interventi di bonifica dell’area marina prospiciente il sito di Livorno senza accertare le eventuali responsabilità delle società coinvolte, in particolare della ricorrente, nell’inquinamento di detta area, e con un richiamo ad un (indimostrato) danno ambientale che sarebbe totalmente fuori luogo;

- violazione falsa applicazione degli artt. 6 e 8 del d.lgs. n. 22/1997, dell’art. 1, comma 17, della l. n. 443/2001, nonché dell’art. 10 e dell’alleg. 4 del d.m. n. 471/1999, eccesso di potere per carenza di istruttoria e travisamento dei fatti, mancanza assoluta di motivazione, illogicità manifesta, poiché le prescrizioni di cui al punto 22 del verbale della Conferenza di Servizi concernenti (nel quadro del progetto definitivo di bonifica dei suoli) le terre da scavo, sarebbero illegittime e prive di qualsiasi motivazione lì dove equiparano i terreni scavati ai rifiuti e lì dove prescrivono, per il progetto delle aree di stoccaggio, il medesimo livello di dettaglio previsto per l’autorizzazione ex artt. 27 e 28 del d.lgs. n. 22/1997;

- violazione falsa applicazione dell’art. 17 del d.lgs. n. 22/1997, dell’art 10 e degli alleg. 3 e 4 del d.m. n. 471/1999, nonché dell’art. 3 e dell’alleg. 1 del d.m. n. 471/1999, incompetenza, eccesso di potere per carenza di istruttoria ed illogicità manifesta, carenza assoluta di motivazione, eccesso di potere per violazione del principio di non aggravio del procedimento amministrativo, in quanto le prescrizioni di cui al punto 22 del verbale della Conferenza di Servizi concernenti l’elaborazione dell’analisi di rischio-specifica richiamerebbero immotivamente ed illogicamente i criteri dettati da A.P.A.T. – I.S.S. ed A.R.P.A.V. per il sito di Porto Marghera; le prescrizioni di cui al punto de quo relative alla determinazione della concentrazione limite delle sostanze inquinanti, per le quali una simile concentrazione non è normativamente fissata, imporrebbero una procedura contrastante con l’art. 3 e l’alleg. 1 del d.m. n. 471/1999;

- eccesso di potere per illogicità manifesta e contraddittorietà, in quanto la richiesta (di cui al punto 22 del verbale) di presentare il progetto definitivo di bonifica per le acque di falda contaminate, si porrebbe in contrasto con la già esaminata prescrizione del progetto preliminare di bonifica del sito basato sul confinamento fisico delle acque.

Si sono costituiti in giudizio il Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, il Ministero della Salute ed il Ministero delle Attività Produttive (ora dello Sviluppo Economico), con atto di costituzione formale.

In data 13 dicembre 2006 si è svolta un’ulteriore Conferenza di Servizi, in esito alla quale sono state ribadite le prescrizioni già formulate nella Conferenza del 28 aprile 2006 (in particolare, quella sulla redazione di un progetto preliminare di confinamento fisico delle acque di falda). Inoltre, al punto 7 del verbale si è imposta, ai fini dell’approvazione dell’elaborato contenente l’addendum al progetto definitivo di bonifica dei suoli, la presentazione, da parte dell’esponente, di un elaborato “che tenga conto delle prescrizioni formulate dalla Conferenza di Servizi decisoria del 28/04/2006”, e pertanto anche di quelle formulate al punto 22 del relativo verbale, gravate con il ricorso originario.

Le suindicate prescrizioni della Conferenza di Servizi del 13 dicembre 2006 sono state impugnate dalla Dow Italia S.r.l. con ricorso per motivi aggiunti depositato il 18 aprile 2007. Con lo stesso, la società ha, altresì, impugnato il decreto del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare – Direzione Generale per la Qualità della Vita, prot. n. 3316/QdV/DI/B del 7 febbraio 2007, recante approvazione dell’indicata Conferenza di Servizi, nonchè il decreto del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare – Direzione Generale per la Qualità della Vita, prot. n. 3315/QdV/DI/B del 7 febbraio 2007, recante approvazione delle prescrizioni stabilite nei verbali delle Conferenze di Servizi decisorie del 24 marzo 2005, del 28 luglio 2005, del 22 dicembre 2005 e del 28 aprile 2006.

A supporto del gravame la ricorrente, dopo aver riproposto le medesime censure già formulate con il ricorso introduttivo, ha avanzato le seguenti, ulteriori doglianze, aventi ad oggetto il verbale della Conferenza di Servizi del 13 dicembre 2006 ed i decreti ministeriali ora richiamati:

- eccesso di potere per carenza di istruttoria, travisamento dei fatti, illogicità manifesta e difetto di motivazione, perché lo studio sulle acque di falda dell’intero sito di Livorno, realizzato su incarico dell’Autorità Portuale, fornirebbe elementi tali da dimostrare l’illegittimità (se non addirittura la pericolosità) della misura relativa al confinamento fisico delle acque di falda;

- violazione falsa applicazione dell’art. 17 del d.lgs. n. 22/1997 e del d.m. 471/1999, nonché degli artt. 242, 250 e 252 del d.lgs. n. 152/2006, eccesso di potere per erronea presupposizione di fatto, difetto di istruttoria, contraddittorietà e carenza di motivazione, in quanto la messa in mora della società ricorrente in ordine all’adozione delle prescritte misure di messa in sicurezza di emergenza si baserebbe sul presupposto erroneo dell’inadempienza della società rispetto a dette misure e non terrebbe conto della presenza, nell’area della società stessa, di inquinanti non riconducibili alla sua attività;

- eccesso di potere per carenza di istruttoria, travisamento della situazione di fatto, violazione e falsa applicazione dell’art. 183 del d.lgs. n. 152/2006, illogicità e travisamento dei fatti, giacché il sopravvenuto art. 183 cit. avrebbe sottratto l’attività di stoccaggio delle acque emunte (ai fini della messa in sicurezza d’emergenza) in un apposito serbatoio – considerata quale deposito temporaneo di rifiuti – al regime autorizzativo ex artt. 27 e 28 del d.lgs. n. 22/1997;

- violazione e falsa applicazione degli artt. 242 e 265 del d.lgs. n. 152/2006, eccesso di potere per carenza di istruttoria ed illogicità manifesta, carenza assoluta di motivazione, illegittimo aggravio del procedimento, perché la prescrizione di elaborare l’addendum al progetto definitivo di bonifica dei suoli tenendo conto delle prescrizioni formulate dalla Conferenza di Servizi del 19 luglio 2006 contrasterebbe con la disciplina dettata per il procedimento di bonifica dall’art. 242 del d.lgs. n. 152 cit. ed ignorerebbe l’intento della ricorrente di modificare il progetto di bonifica già presentato, alla luce delle risultanze dell’analisi di rischio;

- violazione e falsa applicazione dell’art. 4 del d.lgs. n. 165/2001, degli artt. 14 e segg. della l. n. 241/1990, dell’art. 17 del d.lgs. n. 22/1997 (come attuato con d.m. n. 471/1999), e degli artt. 240 e segg. del d.lgs. n. 152/2006, eccesso di potere per difetto dei presupposti, difetto di istruttoria ed incongruità della motivazione, incompetenza, giacché i gravati decreti ministeriali di recepimento delle Conferenze di Servizi sarebbero stati adottati da un organo incompetente (cioè dal Direttore Generale della D.G. per la Qualità della Vita, anziché dal Ministro), e comunque senza che fosse stata preventivamente acquisita l’intesa con il Ministero dello Sviluppo Economico;

- eccesso di potere per illegittimità derivata, per essere – gli atti impugnati con il ricorso per motivi aggiunti – atti consequenziali a quelli impugnati col gravame originario, così venendo ad essere in via derivata colpiti dai vizi che affliggerebbero questi ultimi.

Successivamente, nella Conferenza di Servizi del 30 ottobre 2007, venivano esaminati i documenti presentati da Dow Italia S.r.l. ed in particolare l’istanza di rimodulazione degli obiettivi di bonifica presentata in data 25 ottobre 2006. La società contesta che, in esito alla suddetta Conferenza, le sia stata ribadita la richiesta di presentare un progetto di bonifica delle acque di falda basato sul sistema di confinamento fisico delle stesse. Contesta, altresì, la valutazione di inefficacie delle opere da essa realizzate, che emerge dall’attribuzione, al verbale della Conferenza, del valore di formale messa in mora. Pertanto, con motivi aggiunti depositati il 20 dicembre 2007, ha impugnato il verbale della suddetta Conferenza di Servizi, nonché il decreto del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare – Direzione Generale per la Qualità della Vita, prot. n. 4133/Q.d.V./Di/B del 16 novembre 2007, recante recepimento ed approvazione delle prescrizioni della stessa. A supporto del gravame, con il quale ha chiesto l’annullamento, previa sospensione dell’esecuzione, degli atti impugnati, ha formulato le seguenti, ulteriori censure:

- violazione e falsa applicazione dell’art. 4 del d.lgs. n. 165/2001, degli artt. 14 e segg. della l. n. 241/1990, dell’art. 17 del d.lgs. n. 22/1997 (come attuato con d.m. n. 471/1999) e degli artt. 240 e segg. del d.lgs. n. 152/2006, eccesso di potere per difetto dei presupposti, difetto di istruttoria ed incongruità della motivazione, incompetenza, perché il decreto di recepimento della Conferenza di Servizi sarebbe privo di autonoma valutazione rispetto al verbale della Conferenza stessa e perché mancherebbe la preventiva intesa con il Ministero dello Sviluppo Economico;

- violazione e falsa applicazione degli artt. 1, 2, 3, 6 e 7 della l. n. 241/1990 e degli artt. 242 e 244 del d.lgs. n. 152/2006, violazione dei principi generali dell’attività amministrativa, eccesso di potere per palese carenza di istruttoria e di motivazione e carenza dei presupposti per l’imposizione di prescrizioni, contraddittorietà manifesta, illogicità, sviamento di potere, eccesso di potere per carenza della motivazione ed abnormità del provvedimento, giacché il procedimento di bonifica sarebbe stato svolto in difformità dai principi che reggono l’attività amministrativa, senza alcun accertamento della responsabilità individuale delle singole imprese operanti nel sito di Livorno, sulla base di un’istruttoria del tutto carente (tanto che mancherebbe persino un effettivo riscontro della situazione di contaminazione) e con l’imposizione immotivata di prescrizioni gravosissime a carico della ricorrente;

- violazione e falsa applicazione degli artt. 240 e 242 e dell’allegato 1 al Titolo V, Parte Quarta, del d.lgs. n. 152/2006, eccesso di potere per abnormità manifesta e carenza di istruttoria, in quanto la P.A. potrebbe richiedere la presentazione del progetto preliminare di bonifica della falda solo una volta individuati gli obiettivi di bonifica mediante l’analisi di rischio, mentre nel caso di specie la P.A. non avrebbe ancora neppure approvato il documento recante la suddetta analisi;

- violazione e falsa applicazione degli artt. 240 e 242 del d.lgs. n. 152/2006, nonché della direttiva n. 85/337/CEE per omessa valutazione di impatto ambientale, violazione e falsa applicazione della l. n. 241/1990 sotto altro profilo, eccesso di potere per perplessità, illogicità, assoluta carenza di istruttoria e di motivazione, ingiustizia manifesta, perché in primo luogo non si comprenderebbe se la prescrizione del confinamento fisico riguardi soltanto il confine della proprietà della ricorrente, o tutto il sito di Livorno; inoltre – ed in ogni caso – mancherebbe di quell’istruttoria e motivazione rigorose, necessarie in caso di imposizione di un onere così gravoso; infine, trattandosi di bonifica avviata per atto volontario del privato interessato, essa non potrebbe assumere un’estensione non prevedibile al momento di avvio;

- violazione e falsa applicazione degli artt. 240 e 242 del d.lgs. n. 152/2006 e della l. n. 241/1990 sotto altro profilo, eccesso di potere per perplessità, illogicità, assoluta carenza di istruttoria e di motivazione, ingiustizia manifesta, poiché non vi sarebbe necessità di ulteriori misure di messa in sicurezza d’emergenza (tuttavia imposte) e perché la P.A. ignorerebbe le risultanza dello studio realizzato su incarico dell’Autorità Portuale di Livorno, secondo cui mancherebbe una falda idrica atta a determinare la diffusione degli inquinanti;

- violazione falsa applicazione dell’art. 17 del d.lgs. n. 22/1997 e del d.m. 471/1999, nonché degli artt. 240 e 242 del d.lgs. n. 152/2006 sotto altro profilo, totale carenza di istruttoria, incertezza e contraddittorietà delle prescrizioni, incompetenza, perché le prescrizioni imposte dalla P.A. con riguardo al documento recante l’istanza di rimodulazione degli obiettivi di bonifica e l’analisi di rischio, si baserebbero su un documento redatto dall’A.P.A.T. privo di valore normativo e che, in ogni caso, indicherebbe coefficienti di rischio più restrittivi di quelli normativamente prescritti;

- violazione e falsa applicazione della l. n. 241/1990, eccesso di potere per manifesta carenza di istruttoria e di motivazione, ingiustizia manifesta, per avere la P.A. richiesto alla società di fornire, circa il documento recante la rimodulazione degli obiettivi di bonifica, chiarimenti ed indicazioni già contenuti nel documenti stesso;

- violazione falsa applicazione dell’art. 17 del d.lgs. n. 22/1997 e del d.m. 471/1999, nonché degli artt. 242, 250 e 252 del d.lgs. n. 152/2006, eccesso di potere per erronea presupposizione di fatto, difetto di motivazione, illogicità ed irragionevolezza della prescrizione, incompetenza, in quanto la società ricorrente avrebbe avviato gli interventi di bonifica autorizzati e quindi non potrebbe essere qualificata come soggetto inadempiente, sicché sarebbe illegittima la previsione dell’esecuzione in danno della medesima;

- eccesso di potere per illegittimità derivata, avendo la Conferenza di Servizi del 30 ottobre 2007 ribadito le prescrizioni delle precedenti Conferenze di Servizi, già gravate.

Nella Camera di consiglio del 16 gennaio 2008 il Collegio, preso atto del superamento, in fatto, del provvedimento impugnato (con riguardo alla tipologia degli interventi prescritti ed alle modalità di esecuzione dei medesimi) per effetto di una nuova proposta di accordo di programma, improntata ad un’organizzazione complessiva ed unitaria dei vari interventi di bonifica, con ordinanza n. 32/08 ha accolto la domanda incidentale di sospensione.

In vista dell’udienza di merito, la ricorrente ha depositato una memoria con cui, dopo aver rilevato che l’accordo di programma – sulla cui base era stata ottenuta la sospensiva – non era stato ancora concluso per motivi indipendenti dalla volontà della ricorrente stessa, e pur prendendo atto delle modifiche introdotte nei valori soglia di rischio dal d.lgs. n. 4/2008, ha insistito per l’accoglimento integrale del ricorso originario e dei motivi aggiunti.

All’udienza pubblica del 5 maggio 2009 la causa è stata trattenuta in decisione.


DIRITTO


Con il ricorso originario la Dow Italia S.r.l. impugna una serie di prescrizioni nell’espletamento dell’attività di bonifica dell’area di sua proprietà, situata nel sito di interesse nazionale di Livorno,

che le sono state imposte dalla P.A. nella Conferenza di Servizi del 28 aprile 2006. Soprattutto, si lamenta dell’imposizione dell’obbligo di presentare un progetto preliminare di bonifica delle acque di falda basato sul confinamento fisico delle stesse.

Il gravame è fondato, nei termini che di seguito si vanno ad esporre.

In particolare, risulta condivisibile la doglianza della mancanza di istruttoria e di motivazione per l’imposizione della misura del confinamento fisico delle acque di falda.

La Conferenza di Servizi del 28 aprile 2006 ha, infatti, prescritto alla società ricorrente tale misura, ancora prima dell’esame del punto dell’ordine del giorno concernente la società stessa, fondandosi sull’urgenza di pervenire, da parte dei soggetti obbligati, alla messa in sicurezza d’emergenza ed alla bonifica dei suoli e delle falde delle aree inquinate. In virtù di detta urgenza, si è così deciso di modificare quanto deliberato in precedenza, prescrivendo – si ribadisce, in via preliminare rispetto alla disamina dei punti all’ordine del giorno – una serie di interventi a carico dei soggetti obbligati, che sono stati identificati tout court con i titolari delle aree interessate.

Tuttavia, premesso che il tipo di intervento imposto (il confinamento fisico) risulta coerente con la finalità della bonifica del sito, piuttosto che con la messa in sicurezza d’emergenza, e sebbene nel verbale della Conferenza de qua si faccia riferimento ad un’ampia ed approfondita discussione, la prescrizione di utilizzare, per il confinamento delle acque di falda, una barriera fisica, non risulta in alcun modo supportata da adeguati accertamenti tecnici, che la indichino come l’unico o il migliore sistema per scongiurare (in via peraltro solo provvisoria) la diffusione della contaminazione.

In realtà, la disamina degli atti impugnati, lungi dal suggerire le motivazioni a supporto della misura deliberata, evidenzia le contraddizioni in cui è incorsa la P.A.. Più specificamente:

a) il richiamo all’esigenza di intervenire in via d’urgenza risulta logicamente incompatibile con la prescrizione di un intervento, quale la barriera fisica, la cui realizzazione e messa in opera necessita di tempi verosimilmente lunghi, che ne palesano l’inidoneità sotto i profili dell’adeguatezza e della proporzionalità al conseguimento dello scopo (cfr. T.A.R. Puglia, Lecce, Sez. I, 11 giugno 2007, n. 2247);

b) per analoga ragione, la misura prescritta risulta incoerente con il carattere provvisorio che pure il verbale della Conferenza di Servizi sembra volerle conferire, in attesa di un intervento coordinato (o meglio, in attesa dell’introduzione, attraverso un decreto ministeriale, della possibilità di accordi di programma per la caratterizzazione, la messa in sicurezza d’emergenza e la bonifica nelle aree di competenza pubblica). È di palmare evidenza come la barriera fisica delle acque di falda abbia, al contrario, i caratteri della definitività e della non reversibilità, dovendosi logicamente escludere la sua successiva rimozione per far luogo all’intervento coordinato;

c) sotto questo aspetto, anche se l’imposizione del confinamento fisico fosse motivata – ma, come si vedrà, si tratta di giustificazione che non convince – dall’insufficienza delle misure già adottate, ed in particolare dall’insufficienza del sistema di barriera idraulica mediante pozzi di emungimento, la P.A. non avrebbe, comunque, indicato le ragioni a favore della scelta della barriera fisica, tenuto conto dei costi e, si ribadisce, dei tempi di realizzazione della stessa;

d) vi è una netta incoerenza tra l’imposizione della barriera fisica (che si ferma a livello di progetto preliminare) e poi, al punto 22 dell’ordine del giorno, la prescrizione (n. 18) della presentazione, da parte della ricorrente, di un idoneo progetto definitivo di bonifica delle acque di falda, né vengono indicati con sufficiente chiarezza i limiti territoriali della barriera fisica;

Un discorso più approfondito merita poi l’ipotesi (desumibile dallo stesso gravame) secondo cui la prescrizione del confinamento fisico delle acque di falda deriverebbe dall’insufficienza delle misure già adottate dalla ricorrente, in specie della barriera idraulica costituita da pozzi di emungimento: ad avviso del Collegio, si tratta in realtà di una mera illazione, non supportata da riscontri, atteso che la Conferenza del 28 aprile 2006 nulla dice in argomento. È solo nelle Conferenze successive che si rinvengono prescrizioni in merito al sistema di barriera idraulica, che mostrano le lacune di questo, ma che rivelano, al tempo stesso, come la P.A. ne chieda il mantenimento, e non la sostituzione con il sistema della barriera fisica. Al riguardo, è sufficiente richiamare la Conferenza di Servizi del 13 dicembre 2006, che, al punto 7 dell’ordine del giorno, reca (ai nn. 5 e 8 e segg.) alcune prescrizioni indirizzate al potenziamento della barriera idraulica, nonché al miglioramento delle possibilità di controllo della sua efficacia ed efficienza.

Sul punto si rammenta che, secondo la giurisprudenza, qualora emergano elementi che depongono nel senso di una sostanziale adesione delle competenti Amministrazioni in favore del modello della barriera idraulica (com’è ricavabile, nel caso di specie, dal fatto che nella Conferenza di Servizi del 13 dicembre 2006 ci si è orientati per il potenziamento di tale modello), il mutamento di avviso da parte delle Amministrazioni stesse, con opzione verso un’altra tipologia di intervento, può avvenire solo in base ad una congrua ed approfondita motivazione ed all’esito di un’adeguata istruttoria, che tenga conto di tutte le circostanze rilevanti del caso: la sussistenza di detti obblighi procedimentali, prima ancora che da specifiche norme vigenti nel settore della disciplina ambientale, discende dai principi generali di economicità e trasparenza dell’azione amministrativa di cui all’art. 1, comma 1, della l. n. 241/1990, nonché dal divieto di aggravamento del procedimento amministrativo ex art 1, comma 2, della citata l. n. 241 (T.A.R. Puglia, Lecce, Sez. I, n. 2247 del 2007, cit.).

In sostanza, come correttamente osservato dalla ricorrente nel ricorso introduttivo, la P.A. avrebbe dovuto verificare e dar conto dell’effettiva inefficacia di misure meno invasive della barriera fisica (in particolare, della barriera idraulica), nonché dell’effettiva necessità, efficacia e realizzabilità del sistema di confinamento fisico: perciò l’opzione per quest’ultimo, ovvero per un utilizzo combinato delle diverse tipologie di intervento (che dall’esame delle varie Conferenze sembrerebbe l’opzione prescelta), sarebbe potuta avvenire solo all’esito di un’analisi comparativa tra le distinte alternative in gioco, in ragione delle specifiche caratteristiche dell’area, in termini di efficacia nel raggiungere gli obiettivi finali, concentrazioni residue, tempi di esecuzione (e loro compatibilità con il richiamo all’urgenza di provvedere), impatto sull’ambiente circostante gli interventi (in tal senso, v. ancora T.A.R. Puglia, Lecce, Sez. I, n. 2247 del 2007, cit.). Tale analisi avrebbe, dunque, implicato la valutazione comparativa dei vantaggi e degli svantaggi delle diverse opzioni sul campo: perciò la P.A. avrebbe dovuto non solo indicare i vantaggi effettivi connessi all’opzione per il confinamento fisico delle acque di falda, ma avrebbe dovuto altresì compararli con i potenziali svantaggi, dando la prova di aver adeguatamente valutato questi ultimi.

In particolare, risulta condivisibile il quadro istruttorio e motivazionale delineato, in relazione alla scelta del sistema della barriera fisica, dalla giurisprudenza sopra richiamata (T.A.R. Puglia, Lecce, Sez. I, n. 2247 del 2007, cit.), secondo cui la scelta de qua richiede:

a) un’attenta istruttoria circa gli effetti che l’indicata barriera avrebbe sortito sulle dinamiche idriche e geologiche dell’area sottostante;

b) un’altrettanto attenta istruttoria sulle possibili interazioni tre le due tipologie di barriera (idraulica e fisica), di cui si sarebbe in sostanza prescritta l’operatività congiunta, onde impedire duplicazioni di interventi, con inutile aggravio dei costi, nonché interazioni negative comportanti aggravamento dei rischi che si intendevano scongiurare;

c) un’analisi costi/benefici in merito alle quantità di materiale contaminato di cui la realizzazione dell’opera avrebbe richiesto la movimentazione.

In proposito altra giurisprudenza ha sottolineato l’esigenza di sottoporre l’opera di confinamento fisico delle acque ad un’analisi dell’impatto che essa ha sul territorio circostante, onde scongiurare che produca sull’ambiente più problemi di quelli che tende a risolvere (T.A.R. Sardegna, Sez. II, 12 febbraio 2008, n. 165). Si è, anzi, specificato (cfr. T.A.R. Sicilia, Catania, Sez. I, 20 luglio 2007, n. 1254) che l’opera è soggetta a procedura obbligatoria di valutazione di impatto ambientale, ai sensi sia del sopravvenuto d.lgs. n. 152/2006, sia del precedente art. 1, comma 1, lett. l) del d.p.c.m. n. 377/1988. Quest’ultima disposizione, in vigore all’epoca della Conferenza di Servizi del 28 aprile 2006, aveva reso obbligatoria la predetta valutazione per gli impianti destinati a trattenere, regolare o accumulare le acque in modo durevole, di altezza superiore a m. 15 (come parrebbe essere quello da realizzarsi dalla società: ma anche su questo punto emerge una carenza di istruttoria, essendo il verbale impugnato carente di qualunque riferimento ai necessari accertamenti tecnici).

Ciò, senza trascurare che l’imposizione di misure di bonifica deve essere preceduta da un rigoroso accertamento della responsabilità quale autore dell’inquinamento del soggetto obbligato ad adottare le misure stesse (cfr., ex multis, T.A.R. Toscana, Sez. II, 17 aprile 2009, n. 665).

Orbene – come già sottolineato – dall’esame complessivo degli atti di causa non emerge che la P.A. abbia svolto i suddetti approfondimenti istruttori, in specie le suesposte valutazioni e comparazioni, né che abbia corredato la propria scelta in favore del modello del confinamento fisico del congruo apparato motivazionale, che invece si rendeva necessario.

Ne discende che l’omissione della doverosa indicazione degli elementi tecnici, in base ai quali si è ritenuto di prescrivere l’intervento di confinamento fisico si traduce nell’illegittimità della decisione assunta, giacché viziata da un uso arbitrario della discrezionalità tecnica. La giurisprudenza (T.A.R. Sardegna, Sez. II, , n. 165/2008 cit., concernente l’imposizione, immotivata e priva di un’adeguata istruttoria, della barriera fisica quale misura per la messa in sicurezza d’emergenza) ha chiarito sul punto che la sindacabilità della scelta di siffatte misure si correla al principio per il quale il giudice amministrativo ha poteri di controllo della discrezionalità tecnica, che si spingono fino alla verifica diretta dell’attendibilità delle operazioni tecniche, in relazione alla loro correttezza sotto gli aspetti del criterio tecnico e del procedimento applicativo, senza sostituirsi alla P.A. nell’effettuazione di valutazioni opinabili (cfr. C.d.S., Sez. VI, 7 novembre 2005, n. 6152).

Se ne ricava la fondatezza delle molteplici censure con le quali, nel gravame originario e nei motivi aggiunti, si contesta sotto i profili ora analizzati, direttamente o in via derivata, l’imposizione della barriera fisica e più in particolare: del primo, del secondo, del terzo, del quarto e dell’ottavo motivo del ricorso introduttivo; del primo e dell’ultimo dei motivi aggiunti depositati il 18 aprile 2007; del secondo, del quarto e del nono dei motivi aggiunti depositati il 20 dicembre 2007.

Quale corollario di tale statuizione di fondatezza, risultano del pari fondati e da accogliere i motivi (quinto motivo del ricorso originario; secondo motivo – rubricato al n. 10 – del ricorso per motivi aggiunti depositato il 18 aprile 2007; ottavo motivo del ricorso per motivi aggiunti depositato in data 20 dicembre 2007) con cui vengono censurate la messa in mora della società, quale soggetto inadempiente, e la minaccia dell’esecuzione in danno in caso di persistenza nell’inadempimento: ciò, tenuto conto che il comportamento che si esigeva dalla ricorrente era sostanzialmente quello di ottemperare ad una misura (la realizzazione di un sistema di confinamento fisico delle acque di falda), della quale si è dimostrata l’illegittimità.

Sempre in via consequenziale, va inoltre accolto il terzo motivo formulato con ricorso per motivi aggiunti depositato il 20 dicembre 2007, perché è evidente che l’imposizione della presentazione del progetto preliminare di bonifica della falda dà per presupposta la soluzione in senso positivo della questione circa la legittimità o meno, nel caso di specie, di imporre il modello della barriera fisica delle acque: questione che, invece, deve avere soluzione negativa.

In merito agli ulteriori profili di illegittimità lamentati dalla ricorrente, il Collegio ritiene di dover assorbire i motivi di gravame fondati su illegittimità formali o procedimentali, cioè il quarto motivo (rubricato al n. 12) del ricorso per motivi aggiunti depositato il 18 aprile 2007 e tutti quelli aventi ad oggetto l’omessa previa acquisizione dell’intesa con il Ministero dello Sviluppo Economico (quinto motivo del ricorso per motivi aggiunti depositato in data 18 aprile 2007, rubricato al n. 13, e primo motivo del ricorso per motivi aggiunti depositato il 20 dicembre 2007).

Per il resto, il Collegio osserva quanto segue.

Deve essere in primo luogo condivisa la censura relativa al mancato rigoroso accertamento della sussistenza di un collegamento tra le attività della ricorrente e la contaminazione riscontrata nelle acque marine (quinto motivo del ricorso originario), alla luce di quanto sopra ricordato in merito alla necessità di un accertamento rigoroso della responsabilità dell’autore dell’inquinamento, con il corollario dell’inesistenza di un obbligo di bonifica a carico del soggetto individuato soltanto quale proprietario del bene (T.A.R. Toscana, Sez. II, n. 665/2009 cit.).

Va parimenti accolto il settimo motivo del ricorso originario, limitatamente alla parte in cui è volto a censurare la prescrizione, contenuta al n. 15 del punto 22 dell’ordine del giorno della Conferenza di Servizi del 28 aprile 2006, che impone che l’analisi di rischio sito-specifica sia effettuata secondo i criteri dettati da A.P.A.T. – I.S.S. ed A.R.P.A.V. per il sito di Porto Marghera: la P.A., infatti, non ha fornito alcuna motivazione dell’estensione di tali criteri anche al sito di Livorno.

Deve, invece, essere respinta la censura, contenuta nel medesimo motivo, avverso la prescrizione che impone, relativamente alle sostanze riscontrate nel sito, per le quali non è stata ancora definita a livello normativo una concentrazione limite, di definire la concentrazione stessa in accordo con gli organismi di controllo e con l’I.S.S.: ed infatti, come ammesso dalla ricorrente, l’art. 1 dell’allegato 1 al d.m. n. 471/1999 prevede, “per le sostanze non indicate in Tabella” (e cioè le sostanze per le quali non stata ancora definita una concentrazione limite), l’adozione dei valori di concentrazione limite accettabili riferiti alla sostanza più affine tossicologicamente. Ora, ad avviso del Collegio è evidente l’esigenza dell’ausilio degli organismi tecnici (come l’I.S.S.) nell’individuazione di quali siano le sostanze tossicologicamente più affini rispetto a quelle riscontrate nel sito e per le quali si richieda la fissazione di valori di concentrazione limite. Donde la ragionevolezza della prescrizione, peraltro coerente con la prassi, seguita comunemente dal Ministero, di riferirsi in materia ai pareri dell’I.S.S..

Quanto al sesto motivo di ricorso, il Collegio è consapevole dei contrasti esistenti circa la possibilità o meno di considerare le terre da scavo alla stregua di rifiuti (cfr. sul punto T.A.R. Veneto, Sez. III, 23 maggio 2006, n. 1444). Sul punto va osservato che le argomentazioni della ricorrente (rivolte a contestare il proprio assoggettamento alla disciplina sui rifiuti) si fondano sull’art. 8, comma 1, lett. f), del d.lgs. n. 22/1997, secondo cui sono escluse dal novero dei rifiuti le terre e le rocce da scavo destinate all’effettivo utilizzo per reinterri, riempimenti, rilevati e macinati, sempreché non si tratti di materiali provenienti da siti inquinati e da bonifiche con concentrazione di inquinanti superiore ai limiti di accettabilità fissati dalle norme vigenti. Tuttavia, l’art. 186 del d.lgs. n. 152/2006, nel testo attualmente in vigore, alla lett. e) del comma 1 subordina il riutilizzo delle terre e rocce da scavo al previo accertamento della loro non provenienza da siti contaminati, ovvero sottoposti ad interventi di bonifica ai sensi degli artt. 239 e segg. del medesimo decreto legislativo. Pertanto, è irrilevante che la P.A. non abbia fornito alcuna motivazione sull’equiparazione ai rifiuti delle terre da scavo del sito, con conseguente improcedibilità della doglianza de qua:l’accoglimento di questa, infatti, non porterebbe alcun beneficio alla ricorrente, dovendosi ad oggi la predetta equiparazione ritenere derivante dallo stesso dettato normativo, con il corollario che la rinnovazione dell’attività della P.A. sul punto condurrebbe al medesimo esito oggetto di contestazione.

Con riferimento alle doglianze di cui al ricorso per motivi aggiunti depositato il 18 aprile 2007, il secondo motivo (rubricato al n. 10) va accolto in relazione al profilo dell’omessa motivazione, da parte della P.A., del giudizio di insufficienza del “Rapporto sullo stato di avanzamento dei sistemi di messa in sicurezza d’emergenza”, trasmesso dalla società ricorrente con lettera del 3 luglio 2006, non emergendo, dalla Conferenza di Servizi del 13 dicembre 2006, alcun elemento a supporto di un simile giudizio. Ad opposta conclusione deve, invece, pervenirsi per quanto concerne il cd. Report periodico delle attività di messa in sicurezza d’emergenza, in merito al quale i nn. 1-4 del punto 7 dell’ordine del giorno indicano i profili di incompletezza. Del pari da respingere sono le doglianze incentrate sul sistema di barriera idraulica realizzato dalla società, avendo la P.A. sufficientemente specificato i profili sotto cui esso avrebbe dovuto essere potenziato (cfr in specie il n. 8 del punto 7 dell’ordine del giorno, con riferimento alle possibilità di controllo dell’efficienza ed efficacia della barriera). Il terzo motivo aggiunto (rubricato al n. 11) è invece inammissibile per acquiescenza, per avere la società provveduto ad ottemperare alla prescrizione della P.A., presentando la domanda di autorizzazione ex artt. 27 e 28 del d.lgs. n. 22/1997 per il deposito delle acque emunte e mostrando in tal modo una spontanea e consapevole accettazione (in parte qua) della prescrizione poi oggetto di impugnazione (cfr., ex multis, T.A.R. Lazio, Roma, Sez. III, 26 marzo 2008, n. 2599).

Quanto, infine, ai motivi aggiunti depositati il 20 dicembre 2007, non possono essere condivise le censure contenute nel quinto e nel settimo motivo, avendo la P.A. sufficientemente motivato (pure per relationem) le prescrizioni di cui la ricorrente si duole. Il sesto motivo, relativo all’imposizione di coefficienti di rischio più restrittivi di quelli imposti dalla normativa in vigore all’epoca, risulta, invece, improcedibile per le stesse ragioni già esposte poc’anzi con riferimento al trattamento quale rifiuto delle terre di scavo del sito, e cioè per i mutamenti di disciplina intervenuti nel frattempo (in particolare, con l’entrata in vigore del d.lgs. n. 4/2008, che ha dato valore normativo ai coefficienti più restrittivi prescritti in sede di Conferenza di Servizi del 30 ottobre 2007). Da tali mutamenti, del resto ammessi dalla medesima ricorrente nella memoria finale, discende la sopravvenuta carenza di interesse ad una pronuncia sul punto, perché è evidente che, in caso di accoglimento della censura, la rinnovazione dell’istruttoria da parte della P.A. comporterebbe la necessità, per quest’ultima, di tenere conto della nuova (e più restrittiva) disciplina normativa.

In definitiva, il ricorso è fondato nei limiti sopra esposti e, pertanto, va parzialmente accolto. Nello specifico, vanno accolte tutte le doglianze rivolte avverso l’imposizione del sistema della barriera cd. fisica, con annullamento delle statuizioni ad essa relative contenute nelle Conferenze di Servizi e negli altri atti impugnati, nonché delle statuizioni relative alla messa in mora della ricorrente ed all’esecuzione in danno della stessa. Quanto alle altre prescrizioni impugnate, si devono annullare quelle contestate con il quinto motivo del ricorso originario, nonché con il settimo (in quest’ultimo caso, limitatamente all’imposizione di un’analisi di rischio sito-specifica effettuata secondo i criteri dettati da A.P.A.T. – I.S.S. ed A.R.P.A.V. per il sito di Porto Marghera). Vanno infine annullate le prescrizioni della Conferenza di Servizi del 13 dicembre 2006 (che, peraltro, in proposito richiama le prescrizioni della precedente Conferenza del 28 luglio 2005) incentrare sul giudizio di inidoneità del “Rapporto” trasmesso dalla ricorrente con nota del 3 luglio 2006: giudizio, per il quale si deve condividere la censura di illegittimità formulata nel secondo motivo del ricorso per motivi aggiunti depositato il 18 aprile 2007.

Tutte le altre censure, con l’eccezione di quelle da ritenersi assorbite, risultano infondate, ovvero inammissibili o improcedibili, nei termini sopra ricordati.

Le spese seguono la soccombenza, determinata in ragione della sostanziale preminenza dei motivi accolti, e sono liquidate come da dispositivo.


P.Q.M.


Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana, Seconda Sezione, così definitivamente pronunciando sul ricorso originario e sui motivi aggiunti indicati in epigrafe, li accoglie, nei limiti di cui in motivazione.

Condanna le Amministrazioni dello Stato costituite, soccombenti, al pagamento di spese ed onorari di causa, che liquida in misura forfettaria in complessivi € 3.000,00 (tremila/00), più I.V.A. e C.P.A. come per legge.

Compensa le spese per il resto.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Firenze, nella Camera di consiglio del 5 maggio 2009, con l’intervento dei Magistrati:

Maurizio Nicolosi, Presidente
Bernardo Massari, Consigliere
Pietro De Berardinis, Primo Referendario, Estensore

L\'ESTENSORE

IL PRESIDENTE


DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 14/10/2009