TAR Veneto, Sez. III, n. 782, del 6 luglio 2015
Rifiuti.Illegittimità prescrizione per produzione di compost (AQC) utilizzando quantità di sovvalli entro la percentuale del 50% rispetto alla frazione verde

Illegittimità provvedimento della Provincia di Rovigo, con il quale, in osservanza di quanto stabilito dalla Regione Veneto con DGRV n. 568/2005, al punto 7, lettera c dell’allegato 1, la ricorrente è stata diffidata dal completare la propria attività di produzione di compost (AQC) utilizzando quantità di sovvalli tali da superare il limite dettato dalla delibera regionale, che li ammette solo entro la percentuale del 50% rispetto alla frazione verde. La prescrizione della delibera regionale laddove impone che nel caso di riutilizzo dei sovvalli, ossia degli scarti lignocellulosici ottenuti dopo la vagliatura finale del prodotto, questi non possano superare il 50% della frazione verde e debbano essere preventivamente puliti dai residui plastici mediante idoneo trattamento, assume una valenza che esorbita dalla mera attività di controllo sulla gestione degli impianti, incidendo sulle caratteristiche stesse delle sostanze da trattare, onde consentirne l’utilizzo senza pregiudizio per l’ambiente, incidendo su profili che spettano all’autorità statale. (Segnalazione e massima a cura di F. Albanese)

N. 00782/2015 REG.PROV.COLL.

N. 00976/2009 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto

(Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 976 del 2009, integrato da motivi aggiunti, proposto da: 
Biocalos Srl, rappresentato e difeso dagli avv. Antonio Sartori, Mauro Ferruzzi, Mario Barioli, con domicilio eletto presso Mario Barioli in Venezia-Mestre, piazzetta Zorzetto, 1; 

contro

Provincia di Rovigo, rappresentato e difeso dagli avv. Carla Bernecoli, Licia Paparella, Eliana Varvara, Claudio Codognato, con domicilio eletto presso Claudio Codognato in Venezia-Mestre, Calle del Sale, 33; 
Comune di Canda;
Commissione Provinciale c/o Provincia di Rovigo; 
Regione Veneto in Persona del Presidente P.T., rappresentato e difeso dagli avv. Luisa Londei, Ezio Zanon, domiciliata in Venezia, Cannaregio, 23; 

nei confronti di

A.R.P.A.V. Agenzia Regionale per la Protezione dell'Ambiente Per il Veneto; 

per l'annullamento

quanto al ricorso principale, della deliberazione n. 20, prot. 4938 del 4.2.2009, con la quale la Giunta provinciale di Rovigo ha deliberato di non approvare il progetto di adeguamento e la compatibilità ambientale dell'impianto di compostaggio presentato da Biocalos srl il 3.1.2009;del parere reso dalla Commissione provinciale VIA in data 22.12.2008;.

quanto ai motivi aggiunti, depositati il 21.7.2009:della deliberazione n. 154 prot. n. 26796 del 27.5.09 con la quale la Giunta Provinciale di Rovigo ha nuovamente deliberato di non approvare il progetto di adeguamento e la compatibilità ambientale dell'impianto di compostaggio presentato da Biocalos il 3.11.2008;

quanto ai motivi aggiunti, depositati il 22.11.2010, del provvedimento prot. GE/2010/38430 del 7 luglio 2010, a firma del Dirigente dell’Area Ambiente della Provincia di Rovigo, nella parte in cui ha diffidato la ricorrente a 4) “…completare la produzione dei lotti utilizzando quantità di sovvalli tali da riportare la percentuale dei medesimi rispetto alla frazione verde entro il limite massimo del 50%, come previsto dalla DGRV n. 568/2005; per quanto riguarda i lotti già prodotti ed in fase di maturazione alla data di ricevimento della presente, a subordinarne l’utilizzo alla preventiva verifica del rispetto dei limiti previsti dalla normativa in materia di fertilizzanti (D.lgs. n. 75 del 29.4.2010)”; nonché del punto 7 lett. c) dell’allegato 1 alla DGRV n. 568/2005 e per quanto necessario della nota ARPA n. 74134 del 16.6.2010.

 

Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Provincia di Rovigo e di Regione Veneto in persona del Presidente P.T.;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 24 giugno 2015 la dott.ssa Alessandra Farina e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

FATTO

La ricorrente, BIOCALOS Srl, è titolare e gestore di un impianto di compostaggio sito in Comune di Canda (RO), presso il quale viene svolta l’attività di trattamento di rifiuti organici non pericolosi in regime semplificato, conformemente al disposto di cui agli arttt. 31 e 33 del D.lgs. 22/97.

In data 15.6.2006 la società presentava istanza per il conseguimento dell’autorizzazione ordinaria all’esercizio dell’impianto, ai sensi dell’art. 28 del D.lgs. n. 22/97.

In esito a tale richiesta, esaurito il relativo procedimento, l’amministrazione provinciale di Rovigo si determinava, con deliberazione G.P. n. 20 del 4.2.2009, in termini sfavorevoli alla ricorrente, non approvando, per le motivazioni ivi dedotte (collegate a problematiche di natura urbanistica, appartenenti alla competenza comunale), il progetto di adeguamento e la compatibilità ambientale dell’impianto di compostaggio presentato dalla società.

Detta delibera veniva quindi impugnata con il ricorso introduttivo del presente giudizio, con il quale e per i motivi in esso dedotti ne è stato chiesto l’annullamento.

L’amministrazione provinciale si costituiva in giudizio, opponendosi all’accoglimento del ricorso.

Con ordinanza cautelare n. 453/2009, ritenuta la sussistenza di apprezzabili profili di fumus con riguardo a quanto dedotto con il primo motivo di diritto, veniva accolta la richiesta di sospensione del provvedimento impugnato, con contestuale ordine rivolto all’amministrazione intimata di provvedere nuovamente sulla domanda presentata dalla società BIOCALOS.

La Giunta Provinciale si rideterminava, quindi, con deliberazione n. 154 del 27.5.2009, confermando ancora una volta di non poter approvare il progetto presentato da BIOCALOS, pur dichiarandone la compatibilità ambientale, come già attestata a maggioranza dalla Commissione VIA.

Ritenuta l’illegittimità anche della nuova deliberazione assunta dalla Provincia, la ricorrente proponeva un primo ordine di motivi aggiunti, depositati in data 21.7.2009, con i quali, per le motivazioni ivi esposte, ha chiesto l’annullamento, previa sospensione cautelare, anche di detta nuova deliberazione.

Resisteva ai motivi aggiunti la Provincia di Rovigo.

Con ordinanza cautelare n. 770/2009, ritenuta la fondatezza dei motivi aggiunti con riguardo alla violazione del disposto di cui all’art. 10 – bis della legge 241/90, accolta la richiesta cautelare, il Tribunale ordinava nuovamente alla Giunta Provinciale di rideterminarsi sulla domanda della ricorrente, osservando le garanzie di partecipazione.

In ottemperanza alla decisione cautelare, la Provincia si riattivava comunicando alla ricorrente le ragioni ostative all’accoglimento della domanda, cui facevano seguito le controdeduzioni dell’interessata.

All’esito del procedimento così riavviato, il Dirigente dell’Area Ambiente della Provincia di Rovigo provvedeva con nota del 19.10.2009 a trasmettere copia della deliberazione n. 228 del 5.10.2009, con la quale la Provincia, ritenuta la possibilità di accogliere le osservazioni presentate a superamento dei motivi ostativi all’esito favorevole dell’istanza, in conformità al parere espresso dalla Commissione provinciale VIA, superando i limiti di ordine urbanistico, relativi al rispetto delle distanze, dettati dal Comune di Canda, disponeva l’approvazione del progetto di adeguamento e la compatibilità ambientale dell’impianto di compostaggio presentato dalla BIOCALOS.

Seguiva la DGP n. 73 del 20.3.2010, contenente le prescrizioni relative all’approvazione del progetto e quelle relative ai profili emersi in sede di VIA.

La società, quindi, avviava l’esercizio provvisorio dell’impianto, pur dopo aver chiesto chiarimenti in merito alle prescrizioni impartite dalla Provincia con la deliberazione di approvazione.

A seguito di un accertamento eseguito da ARPAV, veniva tuttavia assunto dal Dirigente dell’Area Ambiente della Provincia di Rovigo il provvedimento datato 7 luglio 2010 con il quale, accertato, come da rilevazioni effettuate da ARPAV, che nella gestione del materiale trattato per la realizzazione del compost di qualità non risultavano osservanti i rapporti ponderali della miscela, così come prescritto al punto 7 lettera c) dell’allegato 1 della DGRV n. 568/2005, in particolare per quanto riguarda le percentuali di sovvalli derivanti dalla vagliatura finale, i quali non possono superare il 50% della frazione verde (e non del totale dei rifiuti conferiti), si diffidava la ricorrente (punto 4) a “…completare la produzione dei lotti utilizzando quantità di sovvalli tali da riportare la percentuale dei medesimi rispetto alla frazione verde entro il limite massimo del 50%, come previsto dalla DGRV n. 568/2005; per quanto riguarda i lotti già prodotti ed in fase di maturazione alla data di ricevimento della presente, a subordinarne l’utilizzo alla preventiva verifica del rispetto dei limiti previsti dalla normativa in materia di fertilizzanti (D.lgs. n. 75 del 29.4.2010)”.

Detto provvedimento di diffida, nella parte in cui impone la richiamata prescrizione, e la presupposta deliberazione regionale, n. 568/05, relativamente al punto 7 lettera c) dell’allegato 1, venivano quindi impugnati con un secondo ordine di motivi aggiunti, depositati in data 22.11.2010, con i quali sono stati denunciati i seguenti vizi di illegittimità:

Violazione ed omessa applicazione dell’art. 19 D.lgs. 22/97, oggi sostituito dall’art. 195 del D.lgs. 152/2006; dell’art. 1 del DM 5.2.1998 e relativo allegato;

Violazione ed omessa applicazione dell’art. 117 secondo comma lettera s) della Costituzione;

Violazione e falsa applicazione dell’art.4 L.r.V. 3/2000;

Eccesso di potere.

La DGRV n. 568/2005 ha approvato la direttiva tecnica recante le norme e gli indirizzi operativi per la realizzazione e la conduzione degli impianti di recupero e trattamento delle frazioni organiche dei rifiuti urbani e altre matrici organiche mediante compostaggio, biostabilizzazione e digestione anaerobica.

Con specifico riferimento alle contestazioni opposte dalla Provincia alla ricorrente, il punto 7 della delibera regionale impugnata riguarda l’ipotesi in cui, nell’ambito del procedimento per la produzione di ACQ (Ammendante Compostato di Qualità), vengano riutilizzati i sovvalli, ossia gli scarti lignocellulosici ottenuti dopo la vagliatura finale del prodotto: in tale caso la presenza di tali sostanze non può superare il 50% della frazione verde e debbono essere preventivamente puliti dai residui plastici mediante idoneo trattamento.

Osserva in primo luogo la difesa istante che la contestata prescrizione contenuta al punto 7 della delibera regionale esorbita dalle finalità cui è rivolta la direttiva, in quanto quest’ultima, così come allegata alla DGRV, ha unicamente lo scopo di disciplinare la realizzazione degli impianti di recupero e trattamento della frazioni organiche dei rifiuti, la conduzione operativa degli impianti e le caratteristiche dei prodotti ottenuti, senza tuttavia poter entrare nell’ambito della definizione delle caratteristiche che deve assumere la miscela per la produzione dell’ACQ o comunque in generale per la produzione del compost.

In secondo luogo, le prescrizioni così introdotte dalla Regione Veneto si pongono in netta violazione del sistema di ripartizione delle competenze, fra Stato e Regioni, in materia di trattamento dei rifiuti e più in generale di tutela ambientale.

Sebbene la DGRV sia stata emanata in applicazione della legge regionale n. 3/2000, che consente la delega alle Regioni e agli enti locali delle funzioni di gestione e controllo dell’attività di trattamento dei rifiuti, detta delibera, nell’imporre le prescrizioni contestate, avrebbe invaso le competenze proprie dello Stato, essendo intervenuta su profili, quali sono le caratteristiche tecniche dei rifiuti da sottoporre a trattamento, che, proprio al fine di rendere omogeneo il livello di tutela ambientale su tutto il territorio nazionale, risultano riservate all’amministrazione statale.

Il contrasto così evidenziato è confermato anche dalla normativa di cui al D.lgs. 22/97, che distingue le diverse competenze spettanti allo Stato ed alle Regioni, da cui non si è discostato il successivo D.lgs. 152/2006, nonché dalle disposizioni contenute nel D.M. 5.2.1998, che esplicitamente ha individuato le caratteristiche delle sostanze contenute nel rifiuto, così confermando che l’individuazione delle caratteristiche dello stesso e delle sostanze in esso rilevabili appartiene esclusivamente allo Stato.

Non profilandosi diverse motivazioni a supporto dell’assunzione da parte della Regione di misure più severe e ritenuto che la fissazione di tali limiti appartenga alla competenza statale di tutela dell’ambiente e dell’ecosistema, appare evidente la violazione della riserva dettata dalla Costituzione in via esclusiva a favore dello Stato per quanto riguarda i rifiuti e le loro specifiche caratteristiche tecniche.

La Regione Veneto, costituitasi in giudizio, ha controdedotto in ordine ai secondi motivi aggiunti, evidenziando che nella fattispecie non si è dato luogo ad alcuna invasione delle competenze statali in materia di rifiuti, avendo la Regione esercitato le proprie funzioni di gestione dei rifiuti mediante il controllo degli impianti di trattamento, intervenendo sulle caratteristiche dei prodotti ottenuti al fine di attenuare l’impatto ambientale degli impianti.

Ciò quindi esclude ogni violazione dell’ordine delle competenze dettato dalla Costituzione e dalla normativa di settore, da cui l’infondatezza delle censure opposte avverso la diffida della Provincia e la delibera regionale in essa richiamata.

Anche la Provincia di Rovigo ha controdedotto in ordine ai secondi motivi aggiunti, evidenziando la doverosità dell’atto provinciale rispetto alle prescrizioni dettate dalla delibera regionale, concludendo per la loro reiezione.

In occasione della trattazione della causa nel merito fissata per l’udienza pubblica del 9 aprile 2015, il Collegio ha sollevato, ai sensi dell’art. 73 c.p.a., alcune perplessità in ordine all’ammissibilità dei secondi motivi aggiunti, trattandosi di censure rivolte avverso un atto non appartenente alla medesima sequenza procedimentale che ha dato origine ai provvedimenti oggetto del ricorso introduttivo e dei primi motivi aggiunti, disponendo il rinvio della trattazione al fine di consentire alla ricorrente di difendersi sul punto.

La difesa istante provvedeva quindi a depositare le proprie osservazioni difensive, ribadendo l’ammissibilità dei motivi aggiunti, in quanto proposti avverso un atto della Provincia comunque collegato agli altri atti già impugnati, facente riferimento al medesimo rapporto sostanziale.

All’udienza del 24 giugno 2015 il ricorso è stato trattenuto in decisione.

DIRITTO

Preliminarmente il Collegio deve dare atto dell’improcedibilità del ricorso introduttivo e dei primi motivi aggiunti a seguito dell’avvenuto riconoscimento da parte della Provincia delle pretese avanzate dalla ricorrente.

Quindi, come confermato dalla stessa difesa istante, l’interesse alla definizione del giudizio persiste solo con riferimento alle censure dedotte con i secondi motivi aggiunti, proposti avverso la diffida provinciale e la delibera della Giunta Regionale n. 568/2005.

Sempre in via preliminare, attese le controdeduzioni formulate dalla difesa della ricorrente ai sensi dell’art. 73 c.p.a., ritiene il Collegio che le argomentazioni dedotte possano ritenersi condivisibili e quindi, superati i dubbi di ammissibilità relativi alla proposizione dei secondi motivi aggiunti, possa passarsi all’esame della loro fondatezza.

Con tale mezzo parte ricorrente si duole del provvedimento assunto dalla Provincia di Rovigo, con il quale, in osservanza di quanto stabilito dalla Regione Veneto con DGRV n. 568/2005, al punto 7, lettera c dell’allegato 1, è stata diffidata dal completare la propria attività di produzione di compost (AQC) utilizzando quantità di sovvalli tali da superare il limite dettato dalla delibera regionale, che li ammette solo entro la percentuale del 50% rispetto alla frazione verde.

Come riconosce la stessa difesa regionale nella propria memoria difensiva, con la delibera impugnata la Regione ha inteso disciplinare la particolare attività di gestione dei rifiuti esercitata dalla ricorrente, fissando la percentuale massima di sovvallo (ossia lo scarto ottenuto dopo la lavorazione e vagliatura finale del materiale ricavato dalla raccolta differenziata) ancora utilizzabile e le caratteristiche chimico fisiche dei rifiuti trattabili, onde ottenere un prodotto di qualità (compost).

Le argomentazioni spese dalla ricorrente al fine di dimostrare l’illegittimità della prescrizione dettata dalla DGRV 568/05 posta a fondamento della diffida provinciale sono sostanzialmente incentrate sulla violazione da parte della Regione della competenza esclusiva, riservata dalla Costituzione (art. 177, lettera s) e dalla normativa di settore allo Stato, circa l’individuazione delle caratteristiche tecniche dei rifiuti nell’ambito della tutela ambientale.

Le prescrizioni contestate avrebbero quindi inciso su un ambito rientrante nella riserva affidata alla legislazione statale, avendo disciplinato le caratteristiche tecniche dei rifiuti da trattare.

Si oppone a tale conclusione la difesa della Regione, la quale ritiene di poter legittimamente ricondurre la previsione introdotta con la delibera della Giunta nell’ambito dei compiti ad essa affidati di gestione degli impianti di trattamento dei rifiuti. Ritiene il Collegio che le considerazioni così espresse dalla Regione non possano essere condivise, in quanto, sebbene dettate con riferimento allo svolgimento delle attività di trattamento dei rifiuti e quindi delle caratteristiche degli stessi nell’ambito dell’attività di gestione degli impianti, le contestate prescrizioni finiscono in realtà per incidere direttamente sulle caratteristiche dei rifiuti da trattare e quindi accedono a profili di tutela ambientale che, pacificamente, sono devoluti alla competenza esclusiva statale.

Come di recente ribadito dalla Corte Costituzionale (sentenza n. 58 del 10 aprile 2015), conformemente all’orientamento da tempo seguito, “…la disciplina dei rifiuti è riconducibile alla «tutela dell'ambiente e dell'ecosistema», di competenza esclusiva statale ai sensi dell'art. 117, secondo comma, lettera s), Cost., anche se interferisce con altri interessi e competenze, di modo che deve intendersi riservato allo Stato il potere di fissare livelli di tutela uniforme sull'intero territorio nazionale, ferma restando la competenza delle Regioni alla cura di interessi funzionalmente collegati con quelli propriamente ambientali (tra le molte, sentenze n. 67 del 2014, n. 285 del 2013, n. 54 del 2012 e n. 244 del 2011, n. 225 del 2009, n. 164 del 2009 e n. 437 del 2008). Tale disciplina inoltre, «in quanto rientrante principalmente nella tutela dell'ambiente, e dunque in una materia che, per la molteplicità dei settori di intervento, assume una struttura complessa, riveste un carattere di pervasività rispetto anche alle attribuzioni regionali» (sentenza n. 249 del 2009). Con la conseguenza che, avendo anche riguardo alle diverse fasi e attività di gestione del ciclo dei rifiuti stessi e agli ambiti materiali ad esse connessi, la disciplina statale «costituisce, anche in attuazione degli obblighi comunitari, un livello di tutela uniforme e si impone sull'intero territorio nazionale, come un limite alla disciplina che le Regioni e le Province autonome dettano in altre materie di loro competenza, per evitare che esse deroghino al livello di tutela ambientale stabilito dallo Stato, ovvero lo peggiorino» (sentenze n. 314 del 2009, n. 62 del 2008 e n. 378 del 2007)”.

E’, peraltro, indubbio che la molteplicità degli interessi coinvolti comporta una inevitabile interferenza tra titoli di competenza formalmente attribuiti allo Stato (tutela dell'ambiente) e quelli assegnati in via concorrente alle Regioni (tutela della salute, governo del territorio).

“Tale interferenza – ha precisato la Corte - deve trovare composizione attraverso l'adozione del principio di prevalenza, cui questa Corte ha fatto più volte ricorso, quando appaia evidente l'appartenenza del nucleo essenziale di un complesso normativo ad una materia piuttosto che ad altre (sentenze n. 50 del 2005 e n. 370 del 2003), ovvero quando l'azione unitaria dello Stato risulti giustificata dalla necessità di garantire livelli adeguati e non riducibili di tutela ambientale su tutto il territorio nazionale (sentenza n. 67 del 2014)”.

Quest’ultimo è il profilo che rileva nel caso in esame, dove l’introduzione di specifici limiti per l’ulteriore lavorazione dei sovvalli, limiti dettati dalla Regione al fine di non creare un prodotto in qualche modo pregiudizievole per l’ambiente, finisce per incidere su profili che spettano all’autorità statale, essendo a questa devoluto il compito di fissare le caratteristiche dei rifiuti da trattare e lavorare all’interno degli impianti.

La Regione, quindi, pur intervenendo a disciplinare la gestione dei rifiuti all’interno degli impianti di trattamento, con le prescrizioni contestate finisce per andare oltre le proprie competenze, incidendo, per finalità di tutela ambientale, sulle caratteristiche stesse del rifiuto da trattare, così incorrendo nei vizi denunciati.

La normativa di settore avalla tale conclusione: in modo particolare il dettato normativo più recente, che peraltro ha confermato il previgente disposto di cui all’art. 19 del D.lgs 22/97, prevede, infatti, agli arrt. 195 e 196 del D.lgs. 152/2006, la distinzione fra i compiti riservati allo Stato e quelli affidati alle Regioni, stabilendo (comma 2 dell’art. 195, lettera c) che allo Stato spetti “la determinazione dei limiti di accettabilità e delle caratteristiche chimiche, fisiche e biologiche di talune sostanze contenute nei rifiuti in relazione a specifiche utilizzazioni degli stessi”.

Ne consegue che la prescrizione contenuta al punto 7 della delibera regionale, laddove impone che nel caso di riutilizzo dei sovvalli, ossia degli scarti lignocellulosici ottenuti dopo la vagliatura finale del prodotto, questi non possano superare il 50% della frazione verde e debbano essere preventivamente puliti dai residui plastici mediante idoneo trattamento, assume una valenza che esorbita dalla mera attività di controllo sulla gestione degli impianti, incidendo sulle caratteristiche stesse delle sostanze da trattare, onde consentirne l’utilizzo senza pregiudizio per l’ambiente.

Per tali considerazioni, quindi, ritenuta la fondatezza dei motivi aggiunti dedotti avverso la DGRV e la diffida provinciale che ne ha dato applicazione, se ne dispone l’accoglimento con conseguente annullamento, per la parte censurata, degli atti impugnati.

Considerato l’intero giudizio, anche nella parte in cui è venuto meno l’interesse alla sua definizione, ossia relativamente al ricorso introduttivo ed ai primi motivi aggiunti, ritiene il Collegio che possa essere disposta la condanna delle amministrazioni intimate al pagamento in favore della ricorrente delle spese di lite, nella somma indicata in dispositivo, oltre alla refusione del contributo unificato.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo dichiara in parte improcedibile, con riferimento alle censure dedotte con il ricorso introduttivo ed i primi motivi aggiunti; lo accoglie con riferimento ai secondi motivi aggiunti e per l’effetto annulla, per la parte indicata in epigrafe, il provvedimento assunto dalla Provincia di Rovigo ed in parte qua la DGRV 568/2005, con riferimento al punto 7 lettera c dell’allegato 1.

Condanna le parti soccombenti al pagamento in favore della ricorrente delle spese di lite che liquida in complessivi € 2.000,00 (duemila/00), di cui 1.000,00 (mille/00) a carico della Regione Veneto e 1.000,00 (mille/00) a carico della Provincia di Rovigo, oltre oneri di legge e la refusione delle somme versate da parte ricorrente a titolo di contributo unificato.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Venezia nella camera di consiglio del giorno 24 giugno 2015 con l'intervento dei magistrati:

Oria Settesoldi, Presidente

Alessandra Farina, Consigliere, Estensore

Giovanni Ricchiuto, Referendario

 

 

 

 

 

 

L'ESTENSORE

 

IL PRESIDENTE

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 06/07/2015

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)