TAR Abruzzo, Sez. I, n. 624, del 2 luglio 2013
Rifiuti.Autorizzazione impianti mobili per il trattamento dei rifiuti

Nel caso degli impianti “mobili” per il trattamento dei rifiuti la legge prevede un’autorizzazione “a monte” e un regime non più autorizzatorio, ma di mera comunicazione, “a valle”, al momento dell’inizio della singola “campagna” di attività. Sempre che si tratti effettivamente di “impianti mobili” (tali qualificati in base alle caratteristiche strutturali, all’esistenza o meno di strumenti di ancoraggio permanente al suolo, alla temporaneità dell’esercizio e ad altri eventuali indicatori del tipo di impatto che può derivare), la norma non richiede alcuna ulteriore procedura di garanzia, invece prevista per la costruzione ed installazione di impianti c.d. “fissi”. Il presupposto per l’applicabilità della disciplina meno garantista è, dunque, la effettiva sussumibilità del’impianto tra quelli “mobili”, sussumibilità acquisita (ed acquisenda) in sede di richiesta di autorizzazione “unica”, sede cui compete la verifica della natura amovibile dell’impianto dal sito prescelto e del rapporto precario, e quindi ben delimitato temporalmente con il luogo e con l’ambiente circostante. A queste condizioni verificate “a monte”, il sistema consente il regime semplificato tenuto conto soprattutto del provvisorio (e minimo) impatto con l’ambiente circostante. La mera “comunicazione” di installazione, una volta ottenuta l’autorizzazione “unica” regionale, valevole su base nazionale, non è, secondo il testuale riferimento normativo, assoggettata ad alcuna ulteriore e previa verifica, né di compatibilità urbanistica né di compatibilità ambientale. (Segnalazione e massima a cura di F. Albanese)

N. 00624/2013 REG.PROV.COLL.

N. 00305/2008 REG.RIC.

N. 00577/2008 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per l' Abruzzo

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 305 del 2008, proposto da: 
CSA s.a.s. , Consorzio Stabile Ambiente S.C.A.R.L., Autobazar Adamo s.a.s., rappresentate e difese dall'avv. Paolo Dell'Anno, con domicilio eletto presso avv. Paolo Dell'Anno in L'Aquila, via Arco dei Venezian N. 27;

contro

Regione Abruzzo in persona del Presidente p.t., rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato, domiciliata in L'Aquila, Complesso Monumentale S. Domenico; Regione Abruzzo Direzione Parchi-Territorio Ambiente;

nei confronti di

Consorzio per lo Sviluppo Industriale L'Aquila, A.R.T.A. Abruzzo Dipartimento Provinciale L'Aquila, L'Aquilana Società Multiservizi - Asm S.p.A.; Arta Abruzzo Dipartimento Regionale, rappresentato e difeso dall'avv. Manuel Del Monte, con domicilio eletto presso avv. Francesco Camerini in L'Aquila, via Garibaldi, 62; Comune dell'Aquila in persona del Sindaco p.t., rappresentato e difeso dagli avv. Domenico De Nardis, Paola Giuliani, con domicilio eletto presso Ufficio Legale Comune in L'Aquila, via G. Pastorelli,18/C;

 

sul ricorso numero di registro generale 577 del 2008, proposto da: 
Consorzio Stabile Ambiente S.C.A.R.L., rappresentato e difeso dall'avv. Paolo Dell’Anno, con domicilio eletto presso avv. Paolo Dell’Anno in L'Aquila, via Arco dei Venezian N. 27;

contro

Regione Abruzzo, rappresentata e difesa per legge dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato, domiciliata in L'Aquila, Complesso Monumentale S. Domenico; Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato, domiciliata in L'Aquila, Complesso Monumentale S. Domenico; Comune dell’Aquila in Persona del Sindaco P.T.;

nei confronti di

A.R.T.A. Abruzzo Dipartimento Regionale - Pescara, rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato, domiciliata in L'Aquila, Complesso Monumentale S. Domenico;

per l'annullamento

quanto al ricorso n. 305 del 2008:

DELLA DETERMINAZIONE N.DN3/161 DEL 24 APRILE 2008 CON LA QUALE SI DISPONEVA LA SOSPENSIONE DI MESI SEI DELL’AUTORIZZAZIONE ALL'ESERCIZIO DELL'IMPIANTO MOBILE DI TRATTAMENTO RIFIUTI GIA’ RILASCIATA AL CONSORZIO RICORRENTE;

quanto al ricorso n. 577 del 2008:

DELLA DELIBERA DEL 9 LUGLIO 2008 N. 629 RECANTE DIRETTIVE REGIONALI SUGLI IMPIANTI MOBILI DI SMALTIMENTO E/O DI RECUPERO DEI RIFIUTI.



Visti i ricorsi e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio della Regione Abruzzo, di ARTA Abruzzo - Dipartimento Regionale, del Comune dell’Aquila e del Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 8 maggio 2013 il dott. Maria Abbruzzese e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.



FATTO

I. Con il ricorso epigrafato al n. 305/2008 R.G. le società ricorrenti, rispettivamente, le prime due, esercenti attività di trattamento rifiuti, la terza proprietaria dell’area di intervento, hanno impugnato gli atti meglio sopra individuati con i quali la Regione Abruzzo ha inteso disporre la sospensione per mesi sei dell’autorizzazione all’esercizio dell’impianto mobile di trattamento rifiuti, già rilasciata al Consorzio Stabile Ambiente s.c.a.r.l., all’interno del capannone della ditta Autobazar Adamo s.a.s., per pretesa incompatibilità dell’ubicazione con l’attività autorizzata e per la mancata attivazione della procedura di verifica di assoggettabilità, e quindi di sospendere la campagna di attività da svolgersi all’interno del capannone aziendale sopra detto.

Premettevano le ricorrenti che l’impianto in questione, posizionato all’interno del perimetro aziendale della Ditta Autobazar Adamo, localizzata nel Nucleo Industriale di Bazzano dell’Aquila, era stato attivato al fine di superare la situazione di emergenza nella gestione dei rifiuti a L’Aquila determinata per gravi difficoltà operative indotte dall’assenza di idonei impianti; in particolare, l’impianto mobile di trattamento in questione era finalizzato a trattare i rifiuti solidi urbani in maniera da trasformarli in rifiuti speciali con codice CER 191212 che potessero come tali essere conferiti in impianti di discarica ubicati al di fuori dell’ambito territoriale ottimale di produzione; in tale contesto era stata rilasciata al Consorzio Stabile Ambiente s.c.a.r.l. (di seguito “Consorzio stabile”) l’autorizzazione all’esercizio di un impianto mobile di trattamento rifiuti, secondo quanto previsto dall’art. 208, comma 15, d.lgs. 152/2006; in data 25 ottobre 2007 il Consorzio Stabile effettuava la comunicazione di avvio della campagna di attività di trattamento, indicando che l’impianto mobile in questione sarebbe stato installato presso la Ditta Autobazar Adamo, e di seguito l’ASM (Aquilana società Multiservizi) affidava appunto al Consorzio Stabile il trattamento dei rifiuti solidi urbani dei comuni dell’Aquila, Lucoli, Scoppito e Tornimparte presso l’impianto mobile in questione; l’impianto è stato posizionato all’interno del Nucleo Industriale di Bazzano e precisamente in zona A del piano regolatore esecutivo del Consorzio.

Il provvedimento impugnato sospendeva l’autorizzazione e la campagna di attività rilevando l’incompatibilità urbanistica dell’area e la mancata attivazione della procedura di verifica di assoggettabilità, benché sia la Provincia dell’Aquila, Settore Urbanistica, che la stessa regione Abruzzo, servizio assistenza legale, si fossero espressi nel senso che gli impianti mobili di gestione dei rifiuti non costituiscono un intervento edilizio da sottoporre al rispetto della normativa urbanistica.

Da qui il ricorso che deduce: 1) Violazione di legge (art. 7, legge n.241/1990 e s.m.i.). Mancata comunicazione di avvio del procedimento: l’Amministrazione non ha provveduto ad indicare le particolare esigenze di celerità che avrebbero giustificato l’omissione della comunicazione dia avvio del procedimento, che avrebbe peraltro consentito alla ricorrente di partecipare al procedimento fornendo elementi tali da conformare diversamente le scelte dell’Amministrazione; tutti gli atti istruttori (relazione della Provincia e diffida della Regione) non fanno alcun riferimento alle ragioni (incompatibilità urbanistica e mancanza verifica di assoggettabilità) a sostegno dell’atto di sospensione impugnati: 2) Violazione dell’art. 208, comma 13, D.Lgs. n.152/2006, Violazione dell’art. 45, comma 16, lett. B), L.R. 45/2007, eccesso di potere per travisamento dei fatti, contraddittorietà e perplessità della motivazione: la disposizione richiamata nel provvedimento impugnato (il citato art.. 208) regola l’applicazione delle sanzioni amministrative in caso di inosservanza delle prescrizioni dell’autorizzazione, ipotesi non affatto pertinenti alla fattispecie; la sospensione, peraltro, è misura che può essere adottata “ove si manifestino situazioni di pericolo per la salute pubblica e per l’ambiente”, che non sono state affatto richiamate nel caso in esame, posto che il provvedimento non reca alcuna motivazione sul punto; al contrario, la nota del Sindaco del Comune dell’Aquila, acquisita nel corso del procedimento, avrebbe dovuto indurre l’Amministrazione regionale a non disporre affatto la sospensione, attesa la possibilità di gravissime conseguenze igienico sanitarie per le popolazioni del comprensorio aquilano in caso di sospensione dell’attività dell’impianto mobile in questione; 3) Violazione ed erronea applicazione di legge (art. 208, D.Lgs. n.152/2006; art. 3 D.P.R. n.380/2001, art. 39 delle N.T.A. del P.R.T.E.; art. 196, comma 6, D.Lgs. n.152/2006). Eccesso di potere per motivazione perplessa e contraddittorietà: non trova fondamento nella normativa la tesi espressa dal Consorzio per lo Sviluppo Industriale secondo cui l’impianto mobile in questione avrebbe dovuto essere insediato in area con destinazione servizi tecnologici; l’art. 208, comma 15, d.lgs. 152/2006, disposizione che regola l’impianto in questione, non fa alcun riferimento alla localizzazione e alla costruzione dell’impianto, che al contrario fondano il contenuto minimo inderogabile dell’autorizzazione unica prevista per gli impianti fissi; d’altra parte, gli impianti mobili di gestione dei rifiuti sono definibili come “opere temporanee”, sottratte, come tali, alla disciplina urbanistico-edilizia, non comportando la trasformazione in via permanente di suolo inedificato e, per definizione, contribuendo a soddisfare esigenze meramente temporanee; gli impianti mobili sono ex lege destinati, infatti, all’effettuazione di singole e temporalmente circoscritte campagne di attività di gestione dei rifiuti; come tale non necessitano del permesso a costruire né della valutazione di conformità urbanistica; neppure necessita il previo nulla-osta del Consorzio, non rilevando le riscontrate pretese difformità urbanistiche, peraltro insussistenti, essendo l’impianto mobile perfettamente compatibile con la destinazione industriale; inoltre, l’impianto in questione è stato installato in un capannone industriale già destinato al trattamento di rifiuti e regolarmente assentito; 4) Eccesso di potere per motivazione perplessa, carenza istruttoria, travisamento dei fatti, violazione e falsa applicazione di legge (d.lgs. 4/2007, nella parte in cui sostituisce il d.Lgs. 152/2006, articoli 6, 10, 20 ed i relativi allegati): la parte della motivazione fondata sull’asserita carenza di previa verifica di assoggettabilità è fortemente perplessa giacché basata su alcune note istruttorie del pari perplesse e non affatto espressamente imponenti la detta verifica sulla base di precise disposizioni normative (disposizioni di cui si evidenzia, invece, l’assenza e di cui si auspica l’introduzione); non si comprende pertanto da dove l’Amministrazione tragga la certezza della asserita necessità della verifica di assoggettabilità; in ogni caso, trattandosi di impianto temporaneo, non occorre la detta verifica, infatti non richiesta all’epoca della autorizzazione accordata, né prevista nel testo unico ambientale; 5) Eccesso di potere per disparità di trattamento: altri impianti mobili presenti nel territorio regionale non hanno subito il trattamento riservato dalla Regione alle ricorrenti.

Concludeva per l’accoglimento del ricorso e dell’istanza cautelare.

Si costituivano la Regione Abruzzo e l’ARTA instando per il rigetto del ricorso e dell’istanza cautelare stante la legittimità del provvedimento impugnato.

Interveniva ad adiuvandum il Comune dell’Aquila.

Il TAR adito accoglieva la proposta istanza cautelare.

Le parti depositavano memorie e documentazione.

II. Con il ricorso epigrafato al n. 577/2008 R.G. le ricorrenti impugnano la delibera di giunta regionale meglio in epigrafe individuata, recante direttive regionali sugli impianti mobili di smaltimento e/o di recupero dei rifiuti, sopravvenuta al provvedimento di sospensione e prospettata come variamente incidente sia sull’autorizzazione in corso, di cui nelle more era stata chiesta la proroga, che sulla eventuale futura attività di essa ricorrente.

Il ricorso deduce: 1) Violazione e falsa applicazione di legge (D.Lgs. 152/2006, art. 208, comma 15, anche con riferimento al comma 6 del medesimo articolo). Incompetenza e violazione di legge (L.R. Abruzzo 19.12.2007, n.45, art. 50, comma 2). Violazione della gerarchia delle fonti normative (art. 4, comma 1. Disposizioni sulla legge in generale). Sviamento di potere. Violazione degli artt. 37, 38, 39 dello Statuto della regione Abruzzo. Incompetenza della Giunta: il potere riservato alla giunta regionale di emanare apposite direttive per disciplinare le modalità di acquisizione dei pareri da parte degli organismi competenti, le modalità di gestione degli impianti, le procedure di controllo, eventuali prescrizioni integrative, come previsto dall’art. 50, comma 2, L.R. 19.12.2007, n.45 (norme sulla gestione integrata dei rifiuti), deve essere esercitato in armonia con le leggi nazionali in materia; ove l’atto impugnato fosse atto di normazione secondaria dovrebbe a sua volta essere conforme allo Statuto della regione Abruzzo che riserva la competenza per i regolamenti al Consiglio; le indicazioni contenute nella direttiva violano la legge statale di cui pretende di essere attuazione nonché la pertinente legge regionale nella parte in cui inserisce, prima del procedimento di comunicazione della prossima attivazione dell’impianto, un nuovo atto permissivo preventivo, aggiungendo in tal modo una seconda autorizzazione definitiva a quella (unica) prevista dalla norma statale; la legge statale, inoltre, assorbe in un’autorizzazione unica tanto il permesso a realizzare l’impianto quanto quello per la sua gestione, non contemplando affatto una autonoma “autorizzazione all’esercizio”; inoltre, la direttiva regionale introduce un terzo procedimento autorizzatorio, da attivare alla scadenza temporale della campagna, per ottenere una proroga dell’attività; è palesemente illegittimo il regime (duplice) autorizzatorio introdotto dalla legge regionale a fronte dal regime di comunicazione di inizio attività stabilito dalla legge nazionale, del resto consentito in generale per lo svolgimento di attività di minore impatto ambientale e di minore complessità gestionale; la regione inoltre, aggravando il procedimento previsto per gli impianti “mobili”, ha, nella sostanza, inteso uniformare la disciplina per questi applicabile a quella vigente per gli impianti fissi, in maniera del tutto incongrua e contrastante con quanto sancito dall’art. 208, comma 12, d.Lgs. n.152/2006; in particolare, la richiesta di proroga non può non osservare lo stesso regime di mera comunicazione previsto per l’attivazione dell’impianto; 2) Violazione e falsa applicazione di legge (L.R. Abruzzo 19.12.2007, n.45, art. 50, comma 2). Violazione del principio costituzionale fondamentale dell’art. 41, comma 3 Cost.: secondo la indicata normativa, la Giunta regionale può emanare “apposite direttive per disciplinare le modalità di acquisizione dei pareri da parte degli organismi competenti, le modalità di gestione degli impianti, le procedure di controllo, eventuali prescrizioni integrative”; la legge regionale va interpretata in conformità alle disposizioni statali che attribuiscono alla Regione il compito di “adottare prescrizioni integrative oppure…vietare l’attività con provvedimento motivato qualora lo svolgimento della stessa nello specifico sito non sia compatibile con la tutela dell’ambiente o della salute pubblica “ (ex art 208, comma 15, ultima proposizione); la regione non può invece introdurre una nuova disciplina degli impianti mobili, prevedendo nuove autorizzazioni ovvero imporre adempimenti non contemplati nella norma statale non delegati in alcun modo alla Regione; né può sostenersi che la norma abbia natura regolamentare, riservata, in subiecta materia, allo Stato, trattandosi di esercizio di potestà esclusiva; 3) Violazione del principio costituzionale che riserva alla potestà legislativa esclusiva dello Stato la materia “tutela dell’ambiente” (Cost., art. 117, comma 2, lett.S), anche in riferimento alla lett.M). Violazione del principio costituzionale dell’art. 120, primo comma, che vieta alle Regioni di ostacolare la libera circolazione delle cose nel territorio nazionale: in materia di tutela dell’ambiente, le Regioni non possono introdurre modifiche peggiorative della disciplina statale positiva, riducendo i livelli di tutela, né introdurre criteri e procedimenti permissivi in astratto più protettivi; nel caso di specie, trattandosi di atto amministrativo generale, lo stesso deve comunque essere conforme alla normativa primaria sovraordinata; ove la direttiva fosse attuativa della previsione legislativa, secondo quanto disposto nell’art. 50, comma 2, L.R. 45/2007, quest’ultima disposizione sarebbe affetta da illegittimità costituzionale per violazione dell’art. 117, comma 2, lett S) della Costituzione, essendo preclusa alle Regioni ogni iniziativa legislativa in tale settore non espressamente delegata o attribuita dalla legge nazionale; sussisterebbe violazione anche dell’art. 117, comma 2, lett. M), Cost., che riserva alla potestà legislativa statale la determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale, e violazione dell’art. 120, comma 1, laddove la Costituzione vieta alle Regioni di adottare provvedimenti che ostacolino in qualsiasi modo la libera circolazione delle cose tra le regioni; nel caso di specie, l’introduzione di due nuove autorizzazioni non previste dalla legge statale costituirebbe appunto un ostacolo alla circolazione di beni giuridici che già hanno avuto un atto permissivo positivo che ne consentirebbe la circolazione nell’intero territorio nazionale, oltre che un ostacolo alla libera concorrenza, imponendo agli impianti destinati ad operare nel territorio abruzzese un trattamento differenziato, più restrittivo, senza alcuna giustificazione; 4) Violazione e falsa applicazione di legge (D.Lgs. 4/2008, nella parte in cui sostituisce il D.lgs. 152/2007, articoli 6, 10, 20 ed i relativi allegati): la delibera gravata stabilisce che per gli impianti mobili debba essere applicata la normativa statale e regionale in materia di V.I.A.; l’analisi della normativa esclude che gli impianti mobili debbano e possano essere assoggettati a V.I.A. (ovvero a verifica di assoggettabilità).

Concludeva per l’accoglimento del ricorso e dell’istanza cautelare.

Si costituiva la Regione chiedendo il rigetto del ricorso e dell’istanza cautelare.

Il TAR adito respingeva la proposta istanza cautelare.

Le parti depositavano memorie illustrative.

III. All’esito della pubblica udienza dell’8 maggio 2013, il Collegio riservava la decisione in camera di consiglio per entrambi i ricorsi.

DIRITTO

I. I due ricorsi all’esame possono essere riuniti vertendo tra le medesime parti su questioni connesse.

II. Con il primo ricorso, i ricorrenti impugnano il provvedimento con il quale la Regione Abruzzo ha sospeso (per mesi sei) l’autorizzazione all’esercizio dell’impianto mobile al trattamento dei rifiuti in Bazzano (L’Aquila), rilevando la non conformità urbanistica dell’impianto come localizzato (all’interno del Nucleo Industriale di Bazzano – L’Aquila) e la non previa sottoposizione al procedimento di verifica di assoggettabilità.

II.1) La ricorrente contesta la legittimità del provvedimento per motivi formali (mancata comunicazione di avvio del procedimento) e sostanziali (non necessità della richiesta conformità urbanistica e della sottoposizione a verifica di assoggettabilità), diffusamente argomentando.

II.2) Va in via preliminare osservato che, benché il provvedimento abbia cessato di produrre effetti (stante la scadenza dell’autorizzazione originaria in relazione alla quale era stata disposta la impugnata sospensione), i ricorrente hanno nondimeno dedotto la persistenza del loro interesse alla decisione del ricorso (da intendersi limitato alla declaratoria di illegittimità dell’atto) stante la possibile proroga della campagna di attività e la possibilità di concreto riesercizio del potere contestato.

In sostanza, i ricorrenti hanno interesse in ogni caso alla declaratoria di illegittimità dell’atto impugnato a fini conformativi del possibile nuovo esercizio del potere e tale prospettazione può senz’altro accogliersi, con la disamina del ricorso nel merito.

II.3) Il ricorso è fondato.

Il provvedimento impugnato dispone la sospensione per sei mesi dell’autorizzazione al trattamento di rifiuti rilasciata in favore del ricorrente Consorzio stante la prospettata necessità di verificare la conformità urbanistica dell’intervento (rectius, della localizzazione del detto impianto) e di approfondire la questione della eventuale necessità della V.I.A.

I ricorrenti contestano recisamente entrambe le censure sollevate, argomentando sulla base della disciplina statale vigente e vincolante in materia di impianti mobili come fissata positivamente (e compiutamente) dall’art. 208, comma 15, d.lgs. n.152/2006, come segue: “Gli impianti mobili di smaltimento o di recupero, esclusi gli impianti mobili che effettuano la disidratazione dei fanghi generati da impianti di depurazione e reimmettono l’acqua in testa al processo depurativo presso il quale operano, ad esclusione della sola riduzione volumetrica e separazione delle frazioni estranee, sono autorizzati, in via definitiva, dalla Regione ove l’interessato ha la sede legale o la società straniera proprietaria dell’impianto ha la sede di rappresentanza. Per lo svolgimento delle singole campagne di attività sul territorio nazionale l’interessato, almeno sessanta giorni prima dell’installazione dell’impianto, deve comunicare alla regione nel cui territorio si trova il sito prescelto le specifiche dettagliate relative alla campagna di attività, allegando l’autorizzazione di cui al comma 1 e l’iscrizione all’Albo nazionale gestori ambientali, nonché l’ulteriore documentazione richiesta. La Regione può adottare prescrizioni integrative oppure può vietare l’attività con provvedimento motivato qualora lo svolgimento della stessa nello specifico sito non sia compatibile con la tutela dell’ambiente o della salute pubblica”.

II.4) In base alla richiamata normativa, di competenza esclusiva dello Stato, attenendo alla materia “tutela dell’ambiente” (cfr. Corte cost. 14.3.2008, n.62, nel senso che la legislazione regionale deve attenersi alla disciplina uniforme stabilita dal legislatore statale nella materia ambientale “proprio in considerazione dei valori della salute e dell’ambiente che si intendono tutelare in modo omogeneo sull’intero territoriale nazionale”), gli impianti mobili sono autorizzati “in via definitiva” dalla Regione ove l’interessato ha sede legale o la società estera la sede di rappresentanza; per lo svolgimento delle singole campagne di attività, l’interessato (già autorizzato) deve presentare alla Regione nel cui territorio si trova il sito prescelto – almeno 60 giorni prima dell’installazione dell’impianto - una comunicazione contenente le specifiche dettagliate sull’attività da svolgere; la regione può adottare prescrizioni integrative o vietare l’attività che ritenga incompatibile con la tutela dell’ambiente o della salute.

II.5) In via generale, può dirsi che le autorizzazioni in materia ambientale rientrano nelle funzioni regolative della pubblica amministrazione in quanto volte, con carattere preventivo e di precauzione, a far sì che le attività dei soggetti incidenti sul bene ambiente siano disciplinate non solo a livello legislativo ma pure in sede provvedimentale, in modo tale che nel loro svilupparsi possano essere salvaguardati, in un’ottica complessiva di bilanciamento reciproco, la salute, l’ambiente, l’iniziativa economica privata, onde l’autorizzazione può assumere funzioni, di volta in volta, di previsione, prevenzione, gestione programmatoria.

Più puntualmente, la funzione tipica dell’autorizzazione (“unica”) consiste, secondo la più accreditata dottrina, nella prevenzione dei rischi ambientali e sanitari connessi alla gestione dei rifiuti tramite la verifica preventiva del rispetto dei requisiti oggettivi e soggettivi stabiliti dalle norme (standard, limiti, condizioni di esercizio, ecc.) e l’individuazione delle altre prescrizioni e misure da adottare per assicurare che i rifiuti siano recuperati e smaltiti senza pericolo per la salute dell’uomo e senza usare metodi e procedimenti pregiudizievoli per l’ambiente.

II.6) Nel caso degli impianti “mobili”, come si è detto, la legge prevede un’autorizzazione “a monte” e un regime non più autorizzatorio, ma di mera comunicazione, “a valle”, al momento dell’inizio della singola “campagna” di attività.

Sempre che si tratti effettivamente di “impianti mobili” (tali qualificati in base alle caratteristiche strutturali, all’esistenza o meno di strumenti di ancoraggio permanente al suolo, alla temporaneità dell’esercizio e ad altri eventuali indicatori del tipo di impatto che può derivare), la norma non richiede alcuna ulteriore procedura di garanzia, invece prevista per la costruzione ed installazione di impianti c.d. “fissi”.

Il presupposto per l’applicabilità della disciplina meno garantista è, dunque, la effettiva sussumibilità del’impianto tra quelli “mobili”, sussumibilità acquisita (ed acquisenda) in sede di richiesta di autorizzazione “unica”, sede cui compete la verifica della natura amovibile dell’impianto dal sito prescelto e del rapporto precario, e quindi ben delimitato temporalmente con il luogo e con l’ambiente circostante (cfr. TAR Emilia-Romagna, sez.Parma, 2.4.2001, n.235 e Cons. di Stato, sez.V, 13 marzo 2002, n.1501).

A queste condizioni (ripetesi, verificate “a monte”), il sistema consente il regime semplificato tenuto conto soprattutto del provvisorio (e minimo) impatto con l’ambiente circostante.

La mera “comunicazione” di installazione, una volta ottenuta l’autorizzazione “unica” regionale, valevole su base nazionale, non è, secondo il testuale riferimento normativo (che nulla dispone al riguardo), assoggettata ad alcuna ulteriore e previa verifica, né di compatibilità urbanistica né di compatibilità ambientale.

Tale regime è del tutto ragionevole, essendo evidente, per un verso, che la natura, per definizione, “mobile” dell’impianto esclude la rilevanza “urbanistico-edilizia” dello stesso (che non a caso è, secondo la disposizione sopra richiamata, localizzabile “anche in luogo chiuso”) e che, per altro verso, la compatibilità ambientale è desunta dalla stessa intervenuta “omologazione” nazionale dell’impianto, sul presupposto dello svolgimento di attività espressamente consentite agli impianti “mobili” e alle condizioni e con le prescrizioni indicate espressamente nel provvedimento autorizzatorio.

II.7) Ne discende la illegittimità del provvedimento impugnato che in violazione della sopraindicata normativa ha inteso imporre ulteriori previe verifiche di compatibilità e conformità (urbanistica e ambientale) ad un impianto “mobile” (tale natura non essendo contestata), così assoggettando a condizioni diverse l’originaria autorizzazione già rilasciata in corso di attività.

Resta ovviamente ferma la potestà della Regione di “vietare l’attività con provvedimento motivato qualora lo svolgimento della stessa nello specifico sito non sia compatibile con la tutela dell’ambiente o della salute pubblica” (ex art. 208 cit).

Nondimeno, occorre evidenziare che il provvedimento di sospensione impugnato non fa riferimento alcuno a tali specifiche ragioni di tutela concreta dell’ambiente o della salute pubblica, né è motivato sull’eventuale inosservanza di prescrizioni imposte in sede di autorizzazione, il che integra ulteriori motivi di illegittimità dello stesso.

II.8) Le considerazioni che precedono, per la loro concludenza, esimono il Collegio dalla disamina delle ulteriori questioni agitate con il ricorso.

II.9) Il ricorso n.n.305/2008 va dunque accolto nei sensi che precedono.

III. Con il ricorso n.577/2008, il ricorrente Consorzio impugna la sopravvenuta delibera di giunta regionale n.629/2008 che, secondo la ricostruzione di parte ricorrente, riscriverebbe in larga parte la disciplina autorizzatoria degli impianti mobili, imponendo ulteriori e diversi oneri procedimentali e sostanziali, in violazione della disciplina uniforme stabilita dal legislatore nazionale.

III.1) Già con ordinanza cautelare n. 296/2008 di questo TAR si è evidenziato che l’atto impugnato “assume consistenza di mera direttiva”, dal che si argomentava la natura “non lesiva” dello stesso e la permanente vigenza del “regime di comunicazione” per il concreto esercizio dell’attività a monte autorizzata, “fatto salvo l’eventuale (esplicito) potere inibitorio della Regione”, desunto dal sopra già esaminato art. 208, comma 15, del D.lgs. 152/2006.

III.2) Il Collegio non ha ragioni per modificare l’indirizzo già tracciato.

In particolare, l’atto, comunque lo si voglia qualificare, non riveste alcuna portata lesiva per la ricorrente, cui non è stato impedito lo svolgimento di alcuna attività per effetto di talune delle ulteriori “condizioni” imposte dalla c.d. “direttiva” e che neppure ha addotto l’esistenza di atti in concreto impositivi di talune delle dette “condizioni”.

La circostanza sopra indicata determina l’inammissibilità del ricorso per difetto di interesse.

III.3) Sotto diverso profilo, e confermando ancora il predetto indirizzo espresso in sede cautelare, non può non ribadirsi che la disciplina degli “impianti mobili” è uniformemente e compiutamente contenuta nella normativa primaria statale (cui è riservava potestà legislativa esclusiva in materia), con la conseguenza che ad essa deve conformarsi la normativa secondaria che può regolare unicamente i profili dalla detta normativa statale attribuiti, ossia la possibilità di “adottare prescrizioni integrative” ovvero di “vietare l’attività con provvedimento motivato qualora lo svolgimento della stessa nello specifico sito non sia compatibile con la tutela dell’ambiente o della salute pubblica”, coerentemente declinati dalla legge regionale 19.12.2007, n.45 nel senso di consentire l’emanazione di “apposite direttive per disciplinare le modalità di acquisizione dei pareri da parte degli organismi competenti, le modalità di gestione degli impianti, le procedure di controllo, eventuali prescrizioni integrative” (art. 50, comma 2).

Perspicua conseguenza di quanto precede è l’estraneità di contenuti diversi ed ulteriori dall’ambito di operatività consentita alla Regione, in subiecta materia, dalla legge nazionale e dalla stessa legge regionale, come la potestà di definire e scansionare diversamente il procedimento autorizzatorio o di inizio attività per gli impianti mobili, con la persistente vigenza del regime normativo generale.

III.4) Il ricorso è dunque inammissibile.

III.5) Tenuto conto della natura della controversia e della difficoltà delle questioni trattate, le spese possono compensarsi inter parte, con espressa declaratoria di irripetibilità del contributo versato.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per l'Abruzzo – L’AQUILA,

definitivamente pronunciando sui ricorsi riuniti, come in epigrafe proposti, così provvede:

accoglie il ricorso n.305/2008, nei sensi di cui in motivazione; dichiara inammissibile il ricorso n.577/2008.

Spese compensate e contributo irripetibile.

Così deciso in L'Aquila nella camera di consiglio del giorno 8 maggio 2013 con l'intervento dei magistrati:

Saverio Corasaniti, Presidente

Paolo Passoni, Consigliere

Maria Abbruzzese, Consigliere, Estensore

 

 

 

 

 

 

L'ESTENSORE

 

IL PRESIDENTE

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 02/07/2013

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)