Cass. Sez. III n. 49467 del 29 dicembre 2022 (UP 28 ott 2022)
Pres. Di Nicola Est. Pazienza Ric. Buccolieri
Rumore.Esercizio di attività o mestiere rumoroso

In tema di disturbo delle occupazioni e del riposo delle persone, l'esercizio di una attività o di un mestiere rumoroso, integra: A) l'illecito amministrativo di cui all'art. 10, comma 2, della legge 26 ottobre 1995, n. 447, qualora si verifichi esclusivamente il mero superamento dei limiti di emissione del rumore fissati dalle disposizioni normative in materia; B) il reato di cui al comma 1 dell'art. 659, cod. pen., qualora il mestiere o la attività vengano svolti eccedendo dalle normali modalità di esercizio, ponendo così in essere una condotta idonea a turbare la pubblica quiete; C) il reato di cui al comma 2 dell'art. 659 cod. pen., qualora siano violate specifiche disposizioni di legge o prescrizioni della Autorità che regolano l'esercizio del mestiere o della attività, diverse da quelle relativa ai valori limite di emissione sonore stabiliti in applicazione dei criteri di cui alla legge n. 447 del 1995


RITENUTO IN FATTO

    1. Con sentenza del 16/10/2018, il Tribunale di Taranto ha condannato BUCCOLIERI Angelo alla pena di giustizia in relazione al reato di cui all’art. 659 cod. pen., nonché al risarcimento dei danni (da liquidarsi in separata sede) subiti dalle parti civili costituite SERGI Antonio e BIANCO Giuseppe.
    2. Ricorre per cassazione il BUCCOLIERI, a mezzo del proprio difensore, deducendo, previa dichiarazione di rinuncia alla prescrizione:
    2.1. Nullità della sentenza per essere la motivazione stata depositata a quasi tre anni e mezzo di distanza dalla lettura del dispositivo. Si lamenta la violazione di principi costituzionali e sovranazionali, e si chiede in subordine sollevarsi questione di legittimità costituzionale dell’art. 546, comma 3, cod. proc. pen.
    2.2. Violazione di legge con riferimento alla valorizzazione di circostanze successive al dicembre 2013, ovvero posteriori alla data indicata nella contestazione “chiusa”.
    2.3. Vizio di motivazione con riferimento all’omessa valutazione dei testi indicati dalla difesa, che avevano concordemente escluso la sussistenza delle circostanze (accensione e carico di mezzi pesanti, rumori molesti all’alba, lamentele degli abitanti ecc.), nonchè alla mancanza di valutazione critica della “perizia fonometrica” acquisita dall’ing. STRANIERI e alla inverosimiglianza delle circostanze riferite dalle parti (presenza di mezzi pesanti, attività alle 4/5 di mattina).
    2.4. Violazione di legge con riferimento alla ritenuta rilevanza penale della condotta, da ricondurre invece nell’illecito amministrativo di cui all’art. 10, comma 2, l. 447 del 1995. Si censura la sentenza per non aver in alcun modo valutato l’eventuale carattere eccedente o smodato del mestiere rumoroso svolto dal ricorrente, presupposto necessario per configurare il reato di cui all’art. 659 cod. pen., e di aver apoditticamente ritenuto la condotta idonea ad arrecare disturbo ad un numero indeterminato di persone.
    2.5. Violazione di legge e vizio di motivazione con riferimento alla mancata valutazione dell’applicabilità dell’art. 131-bis cod. pen.
    3. Con requisitoria scritta ritualmente trasmessa, il Procuratore Generale sollecita l’annullamento della sentenza impugnata, condividendo le ragioni poste a sostegno del quarto motivo di ricorso.
    4. Con memoria di replica, il difensore della parte civile contesta le conclusioni del P.G., osservando che il ricorso doveva essere dichiarato in toto inammissibile perché contenente censure in fatto. Con riferimento al quarto motivo, se ne evidenzia comunque la manifesta infondatezza dal momento che la sentenza impugnata – con richiami alle deposizioni testimoniali e all’apporto tecnico dello STRANIERI – aveva evidenziato le connotazioni eccessive e smodate dell’attività del BUCCOLIERI, violative anche del codice della strada quanto ai mezzi pesanti accesi anche durante le fasi di sosta prolungata. Su tali basi, il difensore insiste pe  il rigetto del ricorso e la condanna del ricorrente alla rifusione delle spese sostenute nel grado.
    Con memoria tempestivamente trasmessa, il difensore del ricorrente riepiloga le doglianze svolte in ricorso, insistendo per l’accoglimento.

CONSIDERATO IN DIRITTO

    1. Il ricorso è fondato nei sensi di cui in motivazione.
    2. Manifestamente infondato è il primo motivo, dovendo in questa sede darsi seguito al condivisibile indirizzo interpretativo di questa Suprema Corte secondo cui «la violazione da parte del giudice del termine per il deposito della sentenza, stabilito dall'art. 544 cod. proc. pen., può avere conseguenze di altro genere, ma non determina la nullità del provvedimento, né tanto meno la sua inutilizzabilità o inammissibilità» (Sez. 3, n. 33386 del 18/03/2015, D., Rv. 264507 – 01, che ha tra l’altro escluso la fondatezza delle censure difensive di illegittimità costituzionale per violazione del diritto di difesa, osservando che il diritto dello Stato all'amministrazione della giustizia ed alla repressione dei reati verrebbe vanificato se si prevedesse la nullità dei provvedimenti per i casi di ritardato deposito - ossia per comportamenti addebitabili a singoli magistrati, comunque perseguibili in sede disciplinare - mentre il rischio di "oblio" della discussione orale, prospettato dalla difesa, sarebbe agevolmente evitabile attraverso una tempestiva attività di sintesi ed archiviazione per iscritto, In senso conforme, cfr. anche Sez. 5, n. 15660 del 12/02/2020, Salamina, Rv. 279155 - 01).
    3. Ad analoghe conclusioni di manifesta infondatezza deve pervenirsi quanto al secondo ordine di censure. Il fatto che una parte delle risultanze istruttorie documentali e dichiarative (rispettivamente, fotografie dei luoghi e deposizioni testimoniali) sia riferibile a periodi successivi a quello preso in considerazione nel capo di accusa non costituisce, evidentemente, circostanza idonea a modificare la collocazione temporale dei fatti contestati al BUCCOLIERI nel capo di accusa né, tantomeno, ad ampliare surrettiziamente il contenuto dell’imputazione. Tali risultanze, ovviamente, possono assumere un indiretto rilievo nella complessiva valutazione relativa alla consistenza dell’impianto accusatorio, ma non certo nella definizione dell’ambito e dei limiti dell’accusa ascritta al ricorrente: appaiono quindi inconferenti i richiami agli istituti della contestazione suppletiva e dell’inutilizzabilità.
    4. Sono invece fondate le censure compendiate nel terzo e nel quarto motivo di ricorso, che consentono – per le ragioni che si vanno subito ad esporre - una trattazione unitaria.
    Deve invero osservarsi che, nel percorso argomentativo tracciato dalla sentenza impugnata, è graficamente assente qualsiasi riferimento al contenuto e all’attendibilità delle deposizioni dei testi indicati dalla difesa, i quali – come segnalato dal ricorrente - avevano offerto una ricostruzione del tutto antitetica a quella della parte civile e dagli altri testi escussi su iniziativa dell’accusa, sia quanto all’effettiva entità dei movimenti e delle operazioni di avvio dell’attività svolte nelle prime ore del mattino, sia quanto alla presenza di altre fonti di rumore, sia anche quanto all’effettività delle lamentele ricevute (cfr. sul punto pag. 9 del ricorso).
    Si tratta di una lacuna motivazionale che, ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 546, comma 1, lett. e), n. 1), non assume rilevanza solo per l’accertamento dei fatti, ma per la loro qualificazione giuridica (e, nella fattispecie in esame, anche quanto alla loro effettiva rilevanza penale).
    Questa Suprema Corte ha infatti ripetutamente chiarito che «in tema di disturbo delle occupazioni e del riposo delle persone, l'esercizio di una attività o di un mestiere rumoroso, integra: A) l'illecito amministrativo di cui all'art. 10, comma 2, della legge 26 ottobre 1995, n. 447, qualora si verifichi esclusivamente il mero superamento dei limiti di emissione del rumore fissati dalle disposizioni normative in materia; B) il reato di cui al comma 1 dell'art. 659, cod. pen., qualora il mestiere o la attività vengano svolti eccedendo dalle normali modalità di esercizio, ponendo così in essere una condotta idonea a turbare la pubblica quiete; C) il reato di cui al comma 2 dell'art. 659 cod. pen., qualora siano violate specifiche disposizioni di legge o prescrizioni della Autorità che regolano l'esercizio del mestiere o della attività, diverse da quelle relativa ai valori limite di emissione sonore stabiliti in applicazione dei criteri di cui alla legge n. 447 del 1995» (così ad es. Sez. 3, n. 56430 del 18/07/2017, Vazzana, Rv. 273605 – 01).
    In tale condivisibile prospettiva ermeneutica, appare condivisibile il rilievo del Procuratore Generale (pag. 3 della requisitoria in atti) secondo cui “sarebbe stato necessario verificare che l’esercizio del mestiere rumoroso eccedesse le normali modalità, o che, oltre al superamento dei valori limite di emissioni sonore, fossero state violate specifiche disposizioni di legge o prescrizioni dell’autorità”: operazione che avrebbe reso necessaria, anzitutto, una compiuta ricostruzione dell’effettiva consistenza dei rumori riconducibili all’impresa del BUCCOLIERI, tenendo anche conto – magari per disattenderle integralmente – delle risultanze dibattimentali contrastanti con l’ipotesi accusatoria.
    5. Le considerazioni fin qui svolte assumono rilievo assorbente delle altre censure prospettate, ed impongono l’annullamento della sentenza impugnata con rinvio, per nuovo giudizio, al Tribunale di Taranto in diversa persona fisica.

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata con rinvio per nuovo giudizio al Tribunale di Taranto, in diversa persona fisica.

Così deciso il 28 ottobre 2022