TAR Lazio (RM), Sez. I, n. 8551, del 2 ottobre 2013
Urbanistica.Validità Piano Insediamenti Produttivi (PIP)

Il piano per gli insediamenti produttivi (P.I.P.) previsto dall'art. 27 della legge n. 865/1971, è uno strumento urbanistico di natura attuativa, dotato di efficacia decennale dalla data di approvazione ed avente valore di piano particolareggiato di esecuzione: “come tale, trascorsi i dieci anni, l'Amministrazione non può disporre alcuna proroga dello stesso, potendo invece unicamente valutare l'opportunità di predisporre un nuovo strumento con conseguente rinnovazione della scelta pianificatoria attuativa rimasta inattuata. Si deduce, quindi, che, alla scadenza del termine di dieci anni legislativamente previsto, la inefficacia del piano è un effetto automatico di legge che, segnando il venir meno dei presupposti per il perfezionamento dell’espropriazione, rende dovuta la revoca dell’assegnazione previamente disposta, di tal che la stessa revoca non presenta profili di discrezionalità. (Segnalazione e massima a cura di F. Albanese)

N. 08551/2013 REG.PROV.COLL.

N. 04867/1993 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 4867 del 1993, proposto da: 
Fisichella Concetto, rappresentato e difeso dagli avv. ti Luisa Totino, Dario Faratro e Stefania Saraceni, con domicilio eletto presso Stefania Saraceni in Roma, via Ugo Bartolomei, 23;

contro

Comune Di Roma (ora Roma Capitale), in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso per legge dagli avv.ti Daniela Barbicinti e Cristina Montanaro, domiciliata in Roma, via Tempio di Giove, 21;

per l'annullamento

previa sospensione dell’esecuzione,

del provvedimento del Comune di Roma, in data 15.12.1992, n. 56, prot. Rip. XIII 6937, del 14.12.1992, con cui viene revocata l’assegnazione in diritto di superficie di alcuni lotti siti nel p.i.p. 9/ L. Tor Cervara, di cui uno assegnato al ricorrente;



Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune Di Roma;

Vista la memoria difensiva del Comune di Roma;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 3 luglio 2013 il cons. Rosa Perna e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.



FATTO e DIRITTO

1. Il sig. Concetto Fisichella, odierno esponente, con il ricorso in epigrafe rappresenta quanto segue.

1.1 Con delibera consiliare n. 3253 del 15.7.1980, veniva approvato dal Comune di Roma il piano delle aree da destinare ad insediamenti produttivi di carattere industriale e artigianale.

Con delibera consiliare n. 469 del 6.3.1981 veniva promosso il procedimento di espropriazione relativo al suddetto piano; ad essa facevano seguito la delibera di G.M. n. 2366 del 27.3.1984 che disponeva l'occupazione in via d'urgenza delle aree site nel P.P. 9/L Tor Cevara, e la deliberazione n. 3853del 29.5.1984, con cui la Giunta Comunale assegnava al ricorrente, unitamente al sig. Diasparra Vincenzo, i lotti nn. B3 e B2 di complessivi mq 3604, che venivano consegnati con verbale di immissione in possesso del 15.9.1984.

L’area assegnata doveva essere destinata alla costruzione di un edificio industriale per l’esercizio dell’attività degli assegnatari, a suo tempo coattivamente trasferiti dall’area e dal manufatto che essi occupavano perche ricadente sul tracciato della linea B Termini Rebibbia della Metropolitana.

1.2 A decorrere dal 15 luglio 1990 il Piano per gli insediamenti produttivi diveniva inefficace per la parte non attuata, ai sensi dell'art. 17 L. 1150/42 e 27 L. 865/71.

1.3 Con il provvedimento n. 56 del 15.12.1992, il Comune di Roma disponeva la revoca dell'assegnazione dell'area del ricorrente, per consentine la restituzione al proprietario.

2. Contro il suddetto provvedimento l’odierno esponente si è gravato con il ricorso in epigrafe, chiedendone l’annullamento per i seguenti motivi:

I) Violazione e falsa applicazione dell'art. 17, co. 2, L. 1150/1942 in combinato disposto con l'art. 27 L. 865/1971; b) in subordine, eccesso di potere :per assoluto difetto di motivazione, nonché violazione dell'art. 3 L. 241/90;



Dalla equiparazione del piano delle aree da destinare a insediamenti produttivi al piano particolareggiato, operata dall’art. 27 della legge 1150/1942, discende che, nel caso di parziale inattuazione del primo piano, il Comune abbia l’obbligo di provvedere alla formazione di un nuovo piano per il necessario assetto della parte non realizzata nei termini; la ripianificazione è attività dovuta e non meramente discrezionale; difetta di motivazione la decisione dell’Amministrazione di non provvedere alla ripianificazione delle aree e di procedere invece alla revoca delle assegnazioni già effettuate.

II) Incompetenza. Eccesso di potere per illogicità errore e falsità di presupposti. Violazione dei principi in tema di revoca. Impossibilità dell'oggetto;



Il provvedimento impugnato si trova in contrasto con i fondamentali principi che regolano l’istituto della revoca, avendo un oggetto impossibile, ossia un atto già caducato e reso inefficace dalla intervenuta inefficacia della dichiarazione di pubblica utilità connessa al Piano 9/L.

III) Eccesso di potere per ingiustizia manifesta. Violazione dei principi generali in tema di buon



andamento della P.A. Sviamento. Violazione art. 31 L.U. e del Regolamento edilizio del Comune di Roma. Contraddittorietà e illogicità manifesta;



La situazione di inedificazione posta alla base del provvedimento impugnato trova causa nell’inerzia dell’Amministrazione intimata, che non si è mai pronunciata sul progetto edilizio presentato dal ricorrente per il rilascio della concessione, mai ottenuta, a costruire un manufatto da destinare all’attività produttiva.

IV) Violazione e falsa applicazione dell'art. 27, lett. I) dello statuto del Comune di Roma nonché



conseguente violazione della L. 142/90.

Attesa la discrezionalità del potere di revoca estrinsecatosi col provvedimento impugnato, lo stesso avrebbe dovuto essere adottato dalla Giunta municipale e non dal dirigente superiore della Rip. XIII, che nella specie risulta sfornito di competenza.

3. Nel presente giudizio si costituiva l’Amministrazione intimata per resistere al ricorso in epigrafe e ne ha chiesto il rigetto siccome infondato.

4. Con ordinanza collegiale n. 963 del 26 maggio 1993 veniva respinta la domanda incidentale di sospensione dell’atto impugnato.

Con ordinanza collegiale n. 2916/2013 del 21 marzo 2013 la Sezione ordinava all’Amministrazione intimata il deposito di una documentata relazione sui fatti di causa; all’incombente istruttorio l’Amministrazione provvedeva nelle date del 23 maggio e del 3 giugno 2013.

5. Alla Pubblica Udienza del 3 luglio 2013 la causa è stata trattenuta in decisione.

6. Il ricorso è infondato e deve essere respinto.

6.1 Secondo la prospettazione del ricorrente, la parziale inattuazione del P.I.P. comporterebbe, così come avviene per i piani particolareggiati, l'obbligo del Comune di provvedere alla formazione di un nuovo piano per il necessario assetto della parte non realizzata nei termini; intorno a questa tesi, che non risulta, tuttavia, suffragata né da fonti normative né da pronunce giurisprudenziali, vengono costruiti i quattro motivi di gravame, che debbono dunque ritenersi privi di fondamento giuridico per le ragioni che si vengono ad esporre.

6.2 Osserva in proposito il Collegio che, a differenza di quanto sostenuto nel ricorso, la sussistenza di un obbligo del Comune volto alla formazione di un nuovo piano nel caso all’esame, non si desume né dall'art. 17, comma 2, né dall’art. 27 della legge n. 865/1971.

La prima disposizione prevede infatti che: "Le aree da comprendere nel piano sono delimitate, nell'ambito delle zone destinate a insediamenti produttivi dai piani regolatori generali o dai programmi di fabbricazione vigenti, con deliberazione del consiglio comunale, la quale, previa pubblicazione, insieme agli elaborati, a mezzo di deposito presso la segreteria del comune per la durata di venti giorni, è approvata con decreto del presidente della giunta"; mentre l'art. 27 L. 865/1971, ai fini che ne occupano, si limita a stabilire l'inefficacia del piano particolareggiato per la parte in cui lo stesso non abbia avuto attuazione decorso il termine stabilito per la sua esecuzione.

6.3 Risultano pertanto prive di pregio le deduzioni di parte ricorrente, svolte nei primi due motivi di ricorso, volte ad affermare la sussistenza di un obbligo per l’intimata Amministrazione di procedere alla ripianificazione delle aree ricadenti nella porzione di P.I. non attuata.

Come la giurisprudenza ha chiarito, il piano per gli insediamenti produttivi (P.I.P.) previsto dall'art. 27 della legge n. 865/1971, è uno strumento urbanistico di natura attuativa, dotato di efficacia decennale dalla data di approvazione ed avente valore di piano particolareggiato di esecuzione: “come tale, trascorsi i dieci anni, l'Amministrazione non può disporre alcuna proroga dello stesso, potendo invece unicamente valutare l'opportunità di predisporre un nuovo strumento con conseguente rinnovazione della scelta pianificatoria attuativa rimasta inattuata” (Cons. Stato, Sez. V, sent. n. 6363/2011; T.a.r. Campania - Napoli, sez. II, n. 1503/2002 (ud. del 15-11-2011).

6.4 Da quanto esposto si deduce, quindi, che, alla scadenza del termine di dieci anni legislativamente previsto, la inefficacia del piano è un effetto automatico di legge che, segnando il venir meno dei presupposti per il perfezionamento dell’espropriazione, rende dovuta la revoca dell’assegnazione previamente disposta (nella specie, in favore del ricorrente), di tal che la stessa revoca non presenta profili di discrezionalità.

Il contestato provvedimento di revoca è dunque privo dei dedotti profili di discrezionalità mentre, per converso, non è configurabile alcun obbligo dell’Amministrazione di procedere alla ripianificazione delle aree ricadenti nella porzione di P.I. non attuata; quest’ultima attività soltanto, secondo la giurisprudenza, sarebbe il risultato eventuale di una valutazione discrezionale della p.a..

6.5 Le esposte considerazioni impongono di disattendere anche le ulteriori censure, svolte con il primo mezzo, relative al difetto di motivazione dell’atto impugnato, che correttamente fa riferimento all’applicazione dell’art. 27, comma 3, della legge n. 865/1971, nonché l'eccezione, di cui all’ultimo motivo, relativa al difetto di competenza dell’autorità emanante, fondata sull’assunto, non condivisibile dal Collegio, della natura discrezionale del provvedimento di revoca gravato.

6.6 Neppure meritevoli di considerazione, infine, e in disparte il profilo della tardività delle medesime, si appalesano in questa sede le doglianze relative alla dedotta inerzia dell’Amministrazione in merito alla richiesta concessione a costruire, trattandosi di vicende relative ad altro procedimento, sia pure connesso con quello epilogato nel provvedimento gravato.

7. Per le considerazioni complessivamente svolte il ricorso è infondato e va respinto.

8. In considerazione della natura della controversia, si ritiene che sussistano giuste ragioni per disporre la compensazione tra le parti delle spese del presente giudizio.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima)

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Compensa le spese.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 3 luglio 2013 con l'intervento dei magistrati:

Calogero Piscitello, Presidente

Alessandro Tomassetti, Consigliere

Rosa Perna, Consigliere, Estensore

 

 

 

 

 

 

L'ESTENSORE

 

IL PRESIDENTE

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 02/10/2013

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)