Cass. Sez. III n. 12014 del 22 marzo 2023 (UP 23 feb 2023)
Pres. Ramacci Est. Mengoni Ric. Reda
Rumore.Reato di disturbo delle occupazioni e del riposo delle persone

L'affermazione di responsabilità per il reato di disturbo delle occupazioni e del riposo delle persone non implica, attesa la natura di illecito di pericolo presunto, la prova dell'effettivo disturbo di più persone, essendo sufficiente l'idoneità della condotta a disturbarne un numero indeterminato Ai fini della configurabilità della contravvenzione di cui all'art. 659 cod. pen., non sono necessarie né la vastità dell'area interessata dalle emissioni sonore, né il disturbo di un numero rilevante di persone, essendo sufficiente che i rumori siano idonei ad arrecare disturbo ad un gruppo indeterminato di persone, anche se raccolte in un ambito ristretto, come un condominio


RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza del 4/5/2022, il Tribunale di Cosenza dichiarava Giuseppe Reda colpevole della contravvenzione di cui all’art. 659 cod. pen. e lo condannava alla pena di 225,00 euro di ammenda.
2. Propone ricorso per cassazione lo stesso imputato, a mezzo del proprio difensore, deducendo i seguenti motivi:
- violazione dell’art. 192 cod. proc. pen. Il Tribunale avrebbe fondato l'affermazione di responsabilità soltanto sulle dichiarazioni della parte civile costituita, evidentemente portatrice di un interesse, e di altri due testimoni; ebbene, entrambe queste fonti di prova sarebbero risultate palesemente inattendibili. In particolare, la Nigro avrebbe riferito di aver sporto denuncia soltanto due anni dopo essersi trasferita nell'immobile adiacente a quello del ricorrente, puro fronte di due anni di intollerabili rumori, per come dalla stessa dichiarato. Guardacaso, peraltro, la denuncia sarebbe stata sporta appena 15 giorni dopo che il ricorrente ne aveva sporta un'altra nei confronti del marito della parte civile; la donna, peraltro, aveva anche dichiarato che il proprio coniuge ed il Reda non si conoscevano, sebbene, in verità, i due fossero venuti più volte in contatto, come confermato dalle varie denunce già sporte dall'imputato nei confronti del marito della parte civile, nonché nei confronti di questa. Le parole della stessa, peraltro, sarebbero state smentite dai Carabinieri, più volte intervenuti, senza, tuttavia, riscontrare alcunché. Del tutto inattendibili, poi, risulterebbero i coniugi Carolei/Launi, che avrebbero riferito circostanze diverse anche con riguardo ai motivi per i quali avevano abitato nel condominio per un breve tempo, ed avevano quantificato quest'ultimo in termini diversi, con evidente contraddizione. In modo alquanto singolare, ad ulteriore segno della propria inattendibilità, la parte civile non avrebbe peraltro citato a teste i propri vicini di casa, ma soltanto la sorella della proprietaria ed il suo marito, per l'appunto trasferitisi in passato - per poco tempo - in un appartamento vicino a quello del ricorrente;
- inosservanza o erronea applicazione dell’art. 659 cod. pen. Richiamata ampia giurisprudenza sulla fattispecie di reato, si contesta che il Tribunale l'avrebbe riconosciuta in contrasto con i principi affermati da questa Corte, ossia senza esaminare affatto la reale diffusività dei rumori lamentati dalla Nigro. La stessa sentenza, peraltro, ammetterebbe che il danno sarebbe stato patito “almeno dagli inquilini degli appartamenti adiacenti a quello del Reda”, così mettendo in dubbio l'idoneità della condotta a creare disturbo ad un numero indeterminato di persone. L'insussistenza del reato, peraltro, risulterebbe anche dalle dichiarazioni di numerosi altri soggetti escussi, diffusamente riportati nel ricorso, cosicché il Giudice avrebbe dovute mettere una pronuncia assolutoria.

CONSIDERATO IN DIRITTO

Il Collegio osserva, preliminarmente, che il reato di disturbo delle occupazioni o del riposo delle persone – nell’ipotesi di cui all’art. 659, comma 1, cod. pen., oggetto del processo – è divenuto procedibile a querela di parte ai sensi del d. lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, entrato in vigore il 30/12/2022; l’art. 85, comma 1, stesso decreto, poi, stabilisce che per i reati perseguibili a querela della persona offesa proprio in base a queste nuove disposizioni, commessi prima della loro entrata in vigore, il termine per la presentazione della querela decorre dalla predetta data, se la persona offesa ha avuto in precedenza notizia del fatto costituente reato. Ebbene, per costante giurisprudenza, una tale disposizione non si applica nel caso in cui la stessa persona offesa si sia già costituita parte civile nel giudizio di merito, come nel giudizio in esame, in quanto tale costituzione contiene già in sé – espressa – la volontà che si proceda nei confronti dell’imputato (tra le altre, Sez. U, n. 40150 del 21/6/2018, Salatino).
3. Tanto premesso, il ricorso risulta manifestamente infondato; le due censure, peraltro, possono essere trattate in modo congiunto, riguardando entrambe la configurabilità stessa del reato contestato.
4. Al riguardo, occorre innanzitutto ribadire che il controllo del Giudice di legittimità sui vizi della motivazione attiene alla coerenza strutturale della decisione di cui si saggia l’oggettiva tenuta sotto il profilo logico-argomentativo, restando preclusa la rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione e l'autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti (tra le varie, Sez. 6, n. 47204 del 7/10/2015, Musso, Rv. 265482; Sez. 3, n. 12110 del 19/3/2009, Campanella, n. 12110, Rv. 243247).
In tal modo individuato il perimetro di giudizio proprio della Suprema Corte, osserva allora il Collegio che le censure mosse al provvedimento impugnato sono inammissibili; dietro la parvenza di una violazione di legge, infatti, le stesse tendono ad ottenere in questa sede una nuova ed alternativa lettura delle medesime emergenze istruttorie già esaminate dai Giudici di merito (deposizioni testimoniali), sollecitandone una valutazione diversa e più favorevole.
Il che, come riportato, non è consentito.
4. La doglianza, inoltre, trascura che il Tribunale – pronunciandosi proprio sulla questione qui riprodotta – ha steso una motivazione del tutto congrua, fondata su oggettive risultanze dibattimentali e non manifestamente illogica; come tale, quindi, non censurabile. La sentenza, in particolare, ha evidenziato che la consumazione del reato ad opera del Reda era emersa in modo affidabile dalle dichiarazioni della parte civile costituita, che il Giudice - con argomento adeguato - ha ritenuto nel complesso attendibili e credibili, in quanto precise e riscontrate in più punti dal restante materiale probatorio.
4.1. Al riguardo, la sentenza richiamato le dichiarazioni dei testi Launi, Carolei e Mandarino, tutte concordi nel riferire di aver sentito intensi rumori provenienti dall'appartamento del ricorrente, provocati come da oggetti metallici; la Launi, ancora, aveva affermato che tali rumori non le consentivano il riposo in ore notturne.
4.2. Queste dichiarazioni, ancora, avevano ricevuto una indiretta conferma anche dalle parole di numerosi altri soggetti (Pasqua, Brazzi, Chiappetta, Imperatore, Maione e Greco), che - pur non essendo certi della provenienza - avevano comunque riferito con sicurezza che di notte, nel condominio, si sentivano distintamente rumori aventi le medesime caratteristiche di quelle riferiti dai testi già citati.
4.3. Infine, il Tribunale ha richiamato le dichiarazioni del Reda, il quale aveva ammesso di essere l'autore dei lamentati “battimenti”, ma solo allo scopo di indurre la vicina - la parte civile - a desistere dal suo comportamento rumorosamente molesto, del quale l'uomo era stato vittima. Ancora sul punto, il Giudice ha dato atto di una sicura conflittualità tra il ricorrente e i condomini, e di una indubbia animosità che lo stesso nutriva verso la generalità dei residenti del palazzo; un elemento che - con affermazione non manifestamente illogica – il Tribunale ha ritenuto rilevante proprio per ritenere inverosimile la versione offerta dal Reda.
5. Tanto riportato sul punto, questa Corte osserva che le considerazioni di cui al primo motivo di ricorso rivestono un palese carattere fattuale e tendono a minare il giudizio di attendibilità formulato sulla parte civile e su tutti gli altri testimoni escussi; in tal modo, tuttavia, le stesse censure si pongono espressamente sul livello di una impugnazione di merito, con richiamo (peraltro solo per estratti) a quanto questi testimoni avrebbero riferito in dibattimento, alle loro incertezze o contraddizioni, con richiesta di una nuova ed inammissibile valutazione in questa sede.
6. Il ricorso, ancora, risulta manifestamente infondato anche con riguardo al secondo motivo, che lamenta il riconoscimento del reato di quell'art. 659 cod. pen. in difetto del necessario requisito della diffusività dei rumori.
6.1. Il Tribunale, anche sul punto, ha steso una motivazione congrua ed incensurabile, richiamando la costante giurisprudenza di legittimità – qui da ribadire – per la quale l'affermazione di responsabilità per il reato di disturbo delle occupazioni e del riposo delle persone non implica, attesa la natura di illecito di pericolo presunto, la prova dell'effettivo disturbo di più persone, essendo sufficiente l'idoneità della condotta a disturbarne un numero indeterminato (tra le altre, Sez. 3, n. 45262 del 12/7/2018, G., Rv. 273948). Ancora, questa Corte ha costantemente sostenuto che ai fini della configurabilità della contravvenzione di cui all'art. 659 cod. pen., non sono necessarie né la vastità dell'area interessata dalle emissioni sonore, né il disturbo di un numero rilevante di persone, essendo sufficiente che i rumori siano idonei ad arrecare disturbo ad un gruppo indeterminato di persone, anche se raccolte in un ambito ristretto, come un condominio (Sez. 3, n. 18521 dell’11/1/2018, Ferri, Rv. 273216).
6.2. Tanto premesso, la sentenza ha fatto corretta applicazione di questi principi, riscontrando la contravvenzione in oggetto sul presupposto della “prova certa del grave pregiudizio patito dalla collettività condominiale, almeno dagli inquilini degli appartamenti adiacenti a quello del Reda”. Ciò – ha quindi concluso il Giudice, con argomento in fatto non manifestamente illogico – “dimostra chiaramente la potenzialità diffusiva delle fonti di rumore, senz’altro idonea a determinare la concreta messa in pericolo del bene giuridico tutelato dalla norma.”
7. Il ricorso, pertanto, deve essere dichiarato inammissibile. Alla luce della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che «la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità», alla declaratoria dell'inammissibilità medesima consegue, a norma dell'art. 616 cod. proc. pen., l'onere delle spese del procedimento nonché quello del versamento della somma, in favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata in euro 3.000,00.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 23 febbraio 2023