Consiglio di Stato Sez.II n. 2489 del 19 agosto 2021
Sviluppo sostenibile.Certificati Verdi

La finalità di tutela ambientale sottesa al meccanismo incentivante dei certificati verdi non consente una lettura della relativa disciplina in un’ottica puramente economica o meccanica, comunque avulsa dalla cornice delle prescrizioni ambientali che regolano le attività produttive di riferimento, con la quale anzi essa deve necessariamente armonizzarsi. Elemento di raccordo testuale -e ovviamente non esaustivo- è costituito dal regime del deflusso minimo vitale, cui fanno riferimento, sia il d.m.11 novembre 1999  sia il d.m. 18 dicembre 2008, seppure da angolazioni completamente diverse. Con la dizione “deflusso minimo vitale” (DMV) si intende il quantitativo di acqua che qualsiasi opera di captazione ubicata sull’asta di un lago, fiume, torrente, o di altro corso d’acqua, deve restituire, sì da garantirne la naturale integrità ecologica, seppure con popolazione ridotta, con particolare riferimento alla tutela della vita acquatica. La consistenza del DMV incide evidentemente sulle modalità di gestione e conseguentemente sui costi dell’impianto. L’obbligo di garantire, ai fini del rilascio della concessione per impianti idroelettrici, il DMV e l’equilibrio del bilancio idrico è imposto, a livello normativo, dall’art. 12 bis, comma 1, del r.d. 11 dicembre 1933, n. 1775 (T.U. delle disposizioni di legge sulle acque e impianti elettrici) ed è attualmente previsto dall’art. 95, comma 4 del d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152, Testo unico ambientale.


Pubblicato il 19/08/2021

N. 05933/2021REG.PROV.COLL.

N. 02489/2014 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 2489 del 2014, proposto dalla Società Edison S.p.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Gabriele Pafundi e Eugenio Bruti Liberati, con domicilio eletto presso lo studio del primo in Roma, via Tagliamento, n. 14

contro

la Società G.S.E. -Gestione servizi energetici- s.p.a. in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato Carlo Malinconico, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, Corso Vittorio Emanuele II, n. 284;
il Ministero dello sviluppo economico e il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, in persona dei rispettivi Ministri pro tempore, rappresentati e difesi ex lege dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria in Roma, via dei Portoghesi, n. 12

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, Sezione III ter, n. 6835/2013, resa tra le parti, concernente il diniego di ricalcolo della quota di energia avente diritto ai certificati verdi.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio della Società G.S.E. s.p.a., del Ministero dello sviluppo economico e del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare;

Visti tutti gli atti della causa;

Visto l’art. 25 del d.l. 28 ottobre 2020, n. 137 e l’art. 4 del d.l. 30 aprile 2020, n. 28, convertito con l. 25 giugno 2020, n. 70, come da ultimo modificato dall’art. 6, comma 1, lett. e), del decreto-legge 1 aprile 2021, n. 44, convertito con l. 28 maggio 2021, n. 76;

Relatore, nell’udienza pubblica del giorno 8 giugno 2021, il Cons. Antonella Manzione e uditi per le parti l’avvocato Eugenio Bruti Liberati Eugenio e l’avvocato Clizia Calamita di Tria, in sostituzione, per dichiarata delega, dell’avvocato Carlo Malinconico;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

1. Oggetto della controversia è la reiezione della domanda presentata dalla Società Edison s.p.a. (d’ora in avanti, solo Edison) alla Società G.S.E. -Gestore dei servizi energetici – s.p.a. (d’ora in avanti, G.S.E.) per ottenere la rideterminazione della quota di energia già calcolata in sede di rilascio dei certificati verdi per interventi di potenziamento (a Robbiate) e di rifacimento parziale (a Calusco e Paderno) di impianti di propria proprietà.

2. La Edison impugna la sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio del 10 luglio 2013, n. 6835, che ha respinto il ricorso per l’annullamento di ridetto provvedimento di rigetto (prot. n. GSE/P2009076661 del 22 dicembre 2009). Più in particolare, il ricorso di primo grado è stato proposto dall’odierna appellante invocando la necessità di “neutralizzare” l’incremento del c.d. minimo costante deflusso vitale (DMV) conseguito all’approvazione da parte della Giunta regionale della Lombardia del Programma di tutela e uso delle acque -PTUA-, siccome consentito dall’art. 4 del d.m. 18 dicembre 2008 per gli interventi di potenziamento; ciò a valere anche per quelli di rifacimento, pena la illegittimità del decreto medesimo per disparità di trattamento tra tipologie di interventi sostanzialmente sovrapponibili.

3. L’adito Tribunale non ha ritenuto condivisibile la prospettata opzione ermeneutica, sull’assunto che la fattispecie in controversia è interamente disciplinata dal d.m. 11 novembre 1999 «in quanto nella nozione di “effetti dispiegati”, fatti salvi dalla normativa sopravvenuta, rientrano anche le modalità di calcolo ed i parametri del predetto decreto in concreto utilizzati dal Gestore per il calcolo dell’energia incentivante nel momento in cui ha valutato ed accolto le domande proposte dalla ricorrente». Né era valutabile un qualche affidamento dell’azienda, stante che «nel momento in cui sono stati realizzati gli interventi di rifacimento parziale (anno 2002) nessuna norma riconosceva la rilevanza delle modifiche normative in materia di minimo deflusso costante vitale». Infine non vi è stata alcuna violazione della finalità incentivante di cui all’art. 2 della l. 24 dicembre 2007, n. 244, in quanto non applicabile agli impianti oggetto di causa.

4. Con un unico articolato motivo di appello, l’appellante torna a prospettare la questione della disciplina applicabile in materia di DMV, ritenendo l’approccio del Tribunale del tutto formalistico, e come tale errato. In particolare:

i- con riferimento all’intervento di potenziamento dell’impianto di Robbiate, i due decreti ministeriali, del 1999 e del 2008, pur se recanti meccanismi diversi per addivenire al calcolo dell’energia incentivata, sono accomunati logicamente dalla necessità che gli effetti delle modifiche normative in tema di deflusso minimo vitale vengano neutralizzate (primo motivo del ricorso di primo grado). Non appare plausibile, dunque, che gli operatori che hanno realizzato ingenti investimenti per accedere al regime dei certificati verdi si vedano danneggiati dall’introduzione di novelle legislative. Nessun rilievo avrebbe la circostanza che il d.m. 18 dicembre 2008 è stato adottato sulla scorta della l. n. 244/2007, riferibile esclusivamente agli impianti entrati in esercizio dopo il 31 dicembre 2007, stante l’identità di ratio tra le discipline succedutesi nel tempo. La salvaguardia degli «effetti dispiegati», contenuta nell’art. 15 del d.m. 24 ottobre 2005, che ha abrogato il precedente dell’11 novembre 1999, non è riferibile ad un evento quale l’entrata in vigore delle modifiche normative sul deflusso minimo costante vitale in Lombardia, risalente al 1 gennaio 2009;

ii- il rifacimento parziale, nel caso di specie riferito agli impianti di Calusco e Paderno (secondo motivo del ricorso di primo grado), non si diversificherebbe in alcun modo dal potenziamento, come erroneamente affermato dal Tribunale. Tale lettura, necessaria ad evitare censure di disparità di trattamento, troverebbe conferma sia nel decreto del 1999 che in quello del 2008, stante che entrambi calcolano gli incentivi sulla base di una formula dalla quale «emerge limpidamente come un intervento di rifacimento parziale sottenda in realtà anche un potenziamento dell’ impianto » (v. testualmente pag. 23 dell’atto di appello);

iii- la ritenuta applicabilità del d.m. 18 dicembre 2008 a tutte le fattispecie oggetto di causa, infine, farebbe cadere anche l’affermata infondatezza della censura di violazione della finalità incentivante perseguita dalla l. 24 dicembre 2007, n. 244, che al contrario sarebbe sicuramente frustrata dalla mancata neutralizzazione di qualsivoglia scelta regionale sopravvenuta in materia di DMV.

Conclude, pertanto, l’appellante per l’accoglimento, con l’appello, del ricorso di primo grado e per l’annullamento dell’atto in quella sede impugnato.

5. Si è costituito in giudizio il G.S.E. per resistere all’appello e chiederne la reiezione con la conseguente conferma della sentenza di primo grado. Si sono altresì costituiti il Ministero dello sviluppo economico e il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare con atto di stile per chiedere la reiezione del gravame.

6. Sia l’appellante che il G.S.E. hanno depositato memorie illustrative in vista dell’udienza di trattazione dell’appello. Il primo ha eccepito altresì la inammissibilità del ricorso per non avere la Edison impugnato dapprima il d.m. 18 marzo 2002, di modifica del d.m. 11 novembre 1999 mediante l’inserimento di nuove prescrizioni (Allegato A) riguardanti il calcolo della quota di energia incentivabile per gli impianti idroelettrici a seguito di rifacimento totale o parziale; indi il d.m. 18 dicembre 2008, nella parte in cui non prevede le invocate tutele dalle previsioni di un maggiore DMV per gli impianti attivati a seguito di rifacimento. La Edison a sua volta, oltre a controbattere sui rilievi di parte avversa, ha ribadito come riferendo l’incidenza delle modifiche normative al quinquennio antecedente l’intervento di potenziamento dell’impianto e la sua conseguente messa in esercizio, l’obbligo di rilascio del DMV finisce per incidere sia sulla producibilità storica, sia sulla producibilità attesa, risultando invece neutro ai fini del calcolo dell’aumento di producibilità incentivato.

7. All’udienza pubblica dell’8 giugno 2021, sentite le difese delle parti che ne hanno fatto preventiva richiesta, la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

8. Il Collegio ritiene l’appello infondato nel merito, con conseguente assorbimento delle eccezioni di inammissibilità sollevate dal G.S.E.

9. Va premesso come il sistema di incentivazione dell’energia elettrica prodotta da fonti rinnovabili, noto con il nome della documentazione dimostrativa dell’adempimento ai relativi obblighi, ovvero i certificati verdi (CV), è stato introdotto in Italia con il d.lgs. del 16 marzo 1999, n. 79, di attuazione della direttiva 96/92/CE recante norme comuni per il mercato interno della stessa. In via del tutto descrittiva e semplificante, si può affermare che si tratta di titoli scambiabili/negoziabili sul mercato, corrispondenti ad una certa quantità di emissioni di CO2, che vengono conferiti a titolo gratuito dal G.S.E. al gestore di un impianto (alimentato da fonti rinnovabili). Il relativo criterio di incentivazione, basato su regole di mercato e quindi più confacente al contesto di liberalizzazione nel quale si inseriva, consisteva nell’obbligo, posto a carico dei produttori ed importatori di energia elettrica prodotta da fonti non rinnovabili, di immettere nella rete elettrica, a decorrere dal 2002, una quota minima di elettricità prodotta da impianti alimentati da fonti rinnovabili entrati in esercizio dopo il primo aprile 1999. Tale quota, inizialmente fissata al 2%, e applicata sulla produzione e sulle importazioni dell’anno precedente, è stata via via modificata dalla normativa sopravvenuta.

Va infine ricordato come a monte del rilascio del certificato si colloca la qualificazione quale impianto alimentato da fonti rinnovabili (qualifica “IAFR”), nel caso di specie con codice 117, per l’impianto oggetto di potenziamento, 476 e 477, per quelli cui si riferiscono i rifacimenti.

10. Il sistema ha evidenziato da subito una serie di criticità che ne hanno imposto modifiche e aggiustamenti, attuate con una corposa stratificazione normativa. Da ultimo, con il d.lgs. 3 marzo 2011, n. 28, di attuazione della direttiva 2009/28/CE sulla promozione dell’uso dell’energia da fonti rinnovabili, recante modifica e successiva abrogazione delle direttive 2001/77/CE e 2003/30/CE, si è previsto il graduale superamento di ridetto meccanismo di mercato basato sui certificati verdi, sostituendolo con altro, di tipo feed in tariff.

11. Per quanto qui di specifico interesse anche la legge finanziaria del 2008, n. 244 del 2007, aveva profondamente inciso la materia. La norma, che ha apportato modifiche anche alla disciplina delle procedure autorizzative degli impianti alimentati da fonti rinnovabili, al fine di facilitarne la diffusione, si riferisce dichiaratamente a quelli entrati in esercizio in data successiva al 31 dicembre 2007, per i quali il diritto di accesso ai certificati verdi, della durata di 15 anni, comincia a venire affiancato da un diverso sistema di tariffazione onnicomprensiva, di analoga durata temporale, egualmente variabile a seconda della fonte utilizzata. Per rimediare alla perdita di valore di mercato dei CV, si prevede altresì un prezzo di riferimento sul quale calcolare l’offerta del G.S.E., nonché l’obbligo per lo stesso di ritiro di quelli “in esubero” rispetto agli impegni in capo ai produttori da fonti fossili e quindi eccedentari in riferimento alle richieste di mercato.

12. Anche la disciplina secondaria - originariamente emanata sulla base dell’art. 11 del d.lgs. n. 79/1999- ha necessariamente subito progressivi adeguamenti ai mutamenti della fonte primaria. Rileva in proposito il Collegio come il susseguirsi dei provvedimenti attuativi della mutata legislazione non abbiano tuttavia mai tralasciato di declinare espressamente il regime transitorio applicabile, avendo cura di salvaguardare le posizioni acquisite sulla base della fonte successivamente caducata. Da qui la reiterata clausola di salvaguardia che figura nel d.m. del 18 marzo 2002, che ha modificato il richiamato d.m. 11 novembre 1999; indi nel d.m. 24 ottobre 2005, che ha abrogato quello del 2002; infine in quello del 18 dicembre 2008. A tale clausola fa riferimento il primo giudice per legittimare «le modalità di calcolo ed i parametri del predetto decreto [quello del 1999] utilizzati dal Gestore per il calcolo dell’energia incentivante nel momento in cui ha valutato ed accolto le domande proposte dalla ricorrente».

13. Il d.m. 11 novembre 1999 definisce potenziamento (art. 2, comma 1, lett. d), «l’intervento tecnologico su un impianto, esistente da almeno cinque anni, tale da consentire un aumento della producibilità dell’impianto medesimo»; rifacimento (art. 2, comma 1, lett. e), «l’intervento impiantistico-tecnologico su un impianto, esistente da almeno dieci anni, che comporti un adeguato miglioramento delle prestazioni energetiche ed ambientali attraverso la sostituzione o la totale ricostruzione delle principali parti dell’impianto». Quanto all’energia incentivabile, ne prevede il calcolo in maniera diversa a seconda della tipologia di intervento: nel primo caso (potenziamento), si ha riguardo alla “producibilità aggiuntiva” dopo l’intervento (art. 4, comma 1, lett. b); nel secondo (rifacimento), a quella “attesa” dalle migliorie effettuate. In entrambi i casi, il dato di partenza è la produzione netta di riferimento storica prima dell’intervento. Nell’ambito della categoria del potenziamento, tuttavia, ai sensi dell’art. 2, comma 1, lett. a), tale dato storico è costituito dalla «media aritmetica dei valori della produzione netta, espressa in GWh, effettivamente realizzata negli ultimi cinque anni solari, al netto di eventuali periodi di fermata programmata dell’impianto eccedenti le ordinarie esigenze manutentive e tenendo conto delle eventuali modifiche normative in merito al minimo deflusso costante vitale». Da qui l’affermazione, contenuta nell’atto di diniego impugnato e riferita al solo impianto “Esterle”, che poiché «la modifica normativa in merito al minimo deflusso costante vitale è intervenuta successivamente dell’entrata in esercizio dell’impianto a seguito dell’intervento di potenziamento» non era possibile dare luogo a modifiche dei valori della produzione storica, a suo tempo calcolata.

14. Il d.m. 18 dicembre 2008, invece, sempre con riferimento agli interventi di potenziamento, al § 4.2.2 indica la necessità di tenere conto, nella determinazione del valore della produzione netta ovvero della producibilità attesa dopo gli stessi, nonché dell’energia immessa nel sistema elettrico nel generico anno, delle «eventuali modifiche normative in merito al minimo deflusso costante vitale, eventualmente intervenute successivamente», con ciò rendendo rilevanti anche quelle future, evidentemente non per la valutazione dello “storico”. E’ evidente dunque la eterogeneità del richiamo rispetto alla precedente metodologia di calcolo.

15. La finalità di tutela ambientale sottesa al meccanismo incentivante dei CV non consente una lettura della relativa disciplina in un’ottica puramente economica o meccanica, comunque avulsa dalla cornice delle prescrizioni ambientali che regolano le attività produttive di riferimento, con la quale anzi essa deve necessariamente armonizzarsi. Elemento di raccordo testuale -e ovviamente non esaustivo- è costituito dal regime del deflusso minimo vitale, cui fanno riferimento, come poc’anzi chiarito, sia il d.m. del 1999 che quello del 2008, seppure da angolazioni completamente diverse.

16. Con la dizione “deflusso minimo vitale” (DMV) si intende il quantitativo di acqua che qualsiasi opera di captazione ubicata sull’asta di un lago, fiume, torrente, o di altro corso d’acqua, deve restituire, sì da garantirne la naturale integrità ecologica, seppure con popolazione ridotta, con particolare riferimento alla tutela della vita acquatica. La consistenza del DMV incide evidentemente sulle modalità di gestione e conseguentemente sui costi dell’impianto. L’obbligo di garantire, ai fini del rilascio della concessione per impianti idroelettrici, il DMV e l’equilibrio del bilancio idrico è imposto, a livello normativo, dall’art. 12 bis, comma 1, del r.d. 11 dicembre 1933, n. 1775 (T.U. delle disposizioni di legge sulle acque e impianti elettrici) ed è attualmente previsto dall’art. 95, comma 4 del d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152, Testo unico ambientale.

17. Anche il Programma di tutela ed usi delle acque (PTUA), di competenza regionale, trova compiuta declinazione nel richiamato Testo unico ambientale, quale strumento tipico di settore attuativo della pianificazione distrettuale per garantire un approccio integrato dei diversi aspetti gestionali ed ecologici nel territorio di riferimento. La normativa sopravvenuta che ha inciso negativamente sulla redditività degli impianti in relazione al mutato regime del DMV si identifica dunque in tale Piano o Programma, approvato dalla Giunta regionale della Lombardia in data 29 marzo 2006, prevedendo un significativo incremento del quantitativo che gli impianti idroelettrici devono rilasciare.

18. Chiarito quanto sopra, può ora passarsi allo scrutinio del merito della controversia.

19. Seppure l’appellante articoli tre distinti motivi di censura -recte, tre ordini di considerazioni- essi possono essere esaminati congiuntamente in considerazione della sostanziale omogeneità giuridica delle argomentazioni sostenute. La tesi della Edison, infatti, seppure non priva di suggestioni, anche in ragione dei tecnicismi espositivi riferiti ai criteri di calcolo, analiticamente descritti per inferirne una lettura teleologicamente orientata senza soluzione di continuità dal 1999 al 2008, non può essere condivisa. Essa contrasta infatti con i più elementari principi ordinamentali, quali quello del tempus regit actum, tanto più che l’invocata retroattività dovrebbe riferirsi non ad un’istanza di parte presentata in epoca antecedente e tuttavia ancora in corso di definizione, bensì a procedimenti che hanno già esaurito i loro effetti essendosi integralmente sviluppati nel vigore del precedente regime giuridico. Né a diversa conclusione può addivenirsi attribuendo, come preteso dall’appellante, valore di nuova domanda a quella di ricalcolo, stante che essa si risolve in realtà in un’istanza di autotutela contenutistica, il cui riconoscimento finirebbe per mettere in discussione le esigenze di certezza e stabilità dei rapporti giuridici ormai consolidati.

19. In sintesi, G.S.E. ha legittimamente respinto la richiesta della Edison, siccome peraltro riferita ad un’operazione (il ricalcolo sostanziale di valore) non prevista dalla normativa. Le sopravvenienze normative in materia di MDV non possono risolversi nell’obbligo di attuare ridetto ricalcolo, sia perché di esse non era prevista la valutabilità all’atto del rilascio dei certificati, avvenuto obbligatoriamente sulla base della disciplina contenuta nel decreto ministeriale vigente ratione temporis, sia perché il diverso principio contenuto nell’allegato A al sopravvenuto d.m. 18 dicembre 2008, oltre ad applicarsi solo, come l’intera disciplina di settore, agli impianti entrati in esercizio dopo il 31 dicembre 2007, non impone un adeguamento degli incentivi pregressi, siccome preteso dall’appellante. Tale è dunque l’accezione da attribuire alla richiamata salvezza degli «effetti dispiegati» e dei «diritti quesiti» contenuta, da ultimo, come poc’anzi ricostruito, nell’art. 21, comma 8, del decreto del 2008. Essa, cioè, va intesa non in relazione alle regole applicate, siccome impropriamente affermato dal primo giudice, bensì alla cristallizzazione delle stesse nei provvedimenti adottati sulla base dei principi in esse contenuti.

20. Quanto sopra detto sarebbe già sufficiente ad avviso del Collegio a respingere l’appello.

21. A ciò va solo aggiunta la infondatezza dell’ulteriore argomentazione dell’appellante, laddove pretende di neutralizzare le differenze tra tipologie di interventi al fine di dequotare il mancato richiamo all’incidenza delle sopravvenienze normative sulla disciplina dei rifacimenti (anche) nel decreto del 2008.

Come chiarito al § 13, il d.m. del 1999 ha espressamente distinto le varie tipologie di interventi, declinandone le relative definizioni. Il rifacimento deve risolversi in «un adeguato miglioramento delle prestazioni energetiche ed ambientali attraverso la sostituzione o la totale ricostruzione delle principali parti dell’impianto»), laddove il potenziamento consegue ad una libera scelta dell’esercente che intende incrementare la funzionalità dell’impianto. Da qui solo in tale seconda ipotesi, l’obiettivo di un risultato incrementale, che nel secondo caso è “atteso”, quale conseguenza dell’intervento rimediale. Ciò non toglie, evidentemente, che si debba comunque tendere ad un miglioramento anche in caso di interventi di rifacimento e che lo stesso si risolva in qualche modo in un potenziamento; ma la differenza concettuale tra le due nozioni, confermata anche dalla diversità dei presupposti di preesistenza dell’impianto (5 anni per il potenziamento, 10 per i rifacimenti) resta di palpabile percezione, sì da non consentire l’assorbimento dell’una tipologia nell’altra.

21.1. Ciò vale anche con riferimento alla declinazione degli interventi contenuta nell’art. 2 del d.m. del 2008, che qualifica potenziamento o ripotenziamento (lett. g) l’intervento tecnologico che consente una «producibilità aggiuntiva»; rifacimento totale quello «impiantistico-tecnologico eseguito su un impianto esistente alimentato da fonti rinnovabili» (lett. h); infine rifacimento parziale quello «su impianti idroelettrici, geotermoelettrici e a biomasse» (lett. i), con ciò spostando l’asse definitorio sulla tipologia dell’impianto originario piuttosto che sulla natura della modifica.

22. D’altro canto, che la Edison sia perfettamente consapevole della differenza concettuale tra le due tipologie di interventi è provato per tabulas dal richiamo nominalistico distinto che essa stessa ha effettuato, dapprima nella istanza di rilascio dei certificati, adesso in quella di ricalcolo dell’energia incentivabile. Il diverso regime giuridico delle sopravvenienze normative, valutabili solo con riferimento al quinquennio precedente l’attivazione dell’impianto, secondo il d.m. del 1999, pro futuro, in base a quello del 2008, è tuttavia da sempre accomunato dal fil rouge della sua riferibilità ai potenziamenti, ma non ai rifacimenti. Sul punto, non può che condividersi la ricostruzione del primo giudice, che ravvisa nella ontologica differenza tra le due tipologie la ratio della diversificazione della scelta di regime giuridico, ferma restando la possibilità per l’azienda, laddove la situazione concreta sia sussumibile ad entrambi i paradigmi definitori, di accedere a quello ritenuto più vantaggioso. Cosa che nel caso di specie la Edison non ha inteso fare, non avendo da subito ravvisato la discriminazione successivamente invocata.

23. In conclusione dunque il regime giuridico applicabile agli interventi attuati dalla Edison, dei quali il primo, di potenziamento di un impianto (denominato “Esterle”) messo in esercizio il 31 dicembre 2001; gli altri due (riferiti alla Centrale Semenza e alla Centrale Bertini) di rifacimento parziale, non poteva che essere quello vigente alla data degli stessi. La successiva istanza di ricalcolo presentata in data 9 giugno 2009, essendo riferita a certificati verdi di cui i tre impianti «godono […] da alcuni anni», non poteva essere accolta, non trovando applicazione retroattivamente la disciplina sopravvenuta ad incentivi già concessi.

24. Va infine ricordato come il d.m. 18 dicembre 2008 contenga vari spunti di diritto transitorio, che ne confermano lo iato rispetto alla cornice previgente, della quale si vogliono tuttavia salvaguardare gli effetti consolidati. In particolare l’art. 15, recante «Disposizioni per la transizione dal precedente meccanismo di incentivazione ai meccanismi di cui alla legge finanziaria 2007 e alla legge finanziaria 2008», lungi dall’immagine l’applicazione dei nuovi criteri alle certificazioni già rilasciate, imponendone l’adeguamento, rimette al detentore la possibilità di chiedere il ritiro del documento. Ciò proprio al fine di una graduale transizione ma soprattutto di «non penalizzare gli investimenti già avviati», la cui minorata redditività in ragione dell’incremento dei costi di gestione per il rispetto di più stringenti regole ambientali ben avrebbe potuto spingere la Società verso scelte alternative. Nella stessa logica l’art. 21, comma 6, individua un criterio transitorio di determinazione del cosiddetto coefficiente di gradazione “D” per gli impianti che abbiano già ottenuto la qualifica in data antecedente l’entrata in vigore del decreto stesso. Facoltà entrambe delle quali la Edison non ha inteso avvalersi.

25. Per quanto sopra detto, il Collegio ritiene che l’appello debba essere respinto, con conseguente conferma della sentenza del T.A.R. per il Lazio, sez. III ter, n. 6385/2013, di reiezione del ricorso n.r.g. 2075/2010.

26. La complessità della materia trattata giustifica la compensazione tra le parti delle spese del grado di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Spese del grado compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso dalla Sezione Seconda del Consiglio di Stato nella camera di consiglio del giorno 8 giugno 2021 tenutasi con modalità da remoto con la contemporanea e continuativa presenza dei magistrati:

Gianpiero Paolo Cirillo, Presidente

Paolo Giovanni Nicolo' Lotti, Consigliere

Antonella Manzione, Consigliere, Estensore

Francesco Guarracino, Consigliere

Carmelina Addesso, Consigliere