Corte di Giustizia Sez. I sent. 4 ottobre 2007
«Direttiva 87/102/CEE – Credito al consumo – Diritto del consumatore di procedere contro il creditore nell’ipotesi di mancata esecuzione o di esecuzione non conforme del contratto relativo ai beni o ai servizi finanziati dal credito – Presupposti – Menzione del bene o del servizio finanziato nell’offerta di credito – Apertura di credito con possibilità di far uso del credito concesso in momenti differenti – Possibilità, per il giudice nazionale, di rilevare d’ufficio il diritto del consumatore di procedere contro il creditore»
Nel procedimento C‑429/05,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’art. 234 CE, dal Tribunal d’instance de Saintes (Francia) con decisione 16 novembre 2005, pervenuta in cancelleria il 2 dicembre 2005, nella causa

Max Rampion,

Marie-Jeanne Godard Rampion

contro

Franfinance SA,

K par K SAS,

LA CORTE (Prima Sezione),

composta dal sig. P. Jann (relatore), presidente di sezione, dai sigg. A. Tizzano, A. Borg Barthet, M. Ilešič e E. Levits, giudici,

avvocato generale: sig. P. Mengozzi

cancelliere: sig. M.-A. Gaudissart, capo unità

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza dell’8 febbraio 2007,

considerate le osservazioni presentate:

– per la Franfinance SA, dal sig. B. Soltner, avocat;

– per il governo francese, dal sig. G. de Bergues e dalla sig.ra R. Loosli‑Surrans, in qualità di agenti;

– per il governo tedesco, dai sigg. M. Lumma e A. Dittrich, in qualità di agenti;

– per il governo spagnolo, dal sig. F. Díez Moreno, in qualità di agente;

– per il governo italiano, dal sig. I. M. Braguglia, in qualità di agente, assistito dalla sig.ra W. Ferrante, avvocato dello Stato;

– per il governo austriaco, dalla sig.ra C. Pesendorfer, in qualità di agente;

– per la Commissione delle Comunità europee, dai sigg. A. Aresu e J.‑P. Keppenne, in qualità di agenti,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 29 marzo 2007,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1 La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione della direttiva del Consiglio 22 dicembre 1986, 87/102/CEE, relativa al ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri in materia di credito al consumo (GU 1987, L 42, pag. 48), come modificata dalla direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 16 febbraio 1998, 98/7/CE (GU L 101, pag. 17; in prosieguo: la «direttiva 87/102»), segnatamente dei suoi artt. 11 e 14.

2 Tale domanda è stata sollevata nel contesto di una controversia tra il sig. Rampion e la sig.ra Godard Rampion (nel prosieguo: i «coniugi Rampion»), da una parte, e le società Franfinance SA (in prosieguo: la «Franfinance») e K par K SAS (in prosieguo: la «K par K»), dall’altra, con riguardo ad un contratto di vendita di finestre e ad un’apertura di credito ai fini del finanziamento di tale contratto.

Contesto normativo

Normativa comunitaria

3 La direttiva 87/102 tende al ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri in materia di credito al consumo.

4 L’art. 11 di tale direttiva così recita:

«1. Gli Stati membri provvedono affinché l’esistenza di un contratto di credito non pregiudichi in alcun modo i diritti del consumatore nei confronti del fornitore di beni o di servizi acquisiti in base a tale contratto qualora i beni o servizi non siano forniti o non siano comunque conformi al contratto di fornitura.

2. Quando:

a) per l’acquisto di beni o la fornitura di servizi il consumatore conclude un contratto di credito con una persona diversa dal fornitore, e

b) tra il creditore e il fornitore dei beni o dei servizi esiste un precedente accordo in base al quale il credito è messo esclusivamente da quel creditore a disposizione dei clienti di quel fornitore per l’acquisto di merci o di servizi di tale fornitore, e

c) il consumatore di cui alla lettera a) ottiene il credito in conformità al precedente accordo, e

d) i beni o i servizi considerati dal contratto di credito non sono forniti o sono forniti soltanto in parte, o non sono conformi al relativo contratto di fornitura,

e) il consumatore ha proceduto contro il fornitore, ma non ha ottenuto la soddisfazione cui aveva diritto,

il consumatore ha il diritto di procedere contro il creditore.

Gli Stati membri stabiliranno entro quali limiti e a quali condizioni il diritto è esercitabile.

3. Il paragrafo 2 non è applicabile quando la singola operazione è di un valore inferiore a un importo pari a 200 [euro]».

5 L’art. 14 della direttiva 87/102 prevede quanto segue:

«1. Gli Stati membri provvedono affinché i contratti di credito non deroghino, a detrimento del consumatore, alle disposizioni del diritto nazionale che danno esecuzione o che corrispondono alla presente direttiva.

2. Gli Stati membri adottano inoltre le misure necessarie per impedire che le norme emanate in applicazione della presente direttiva siano eluse mediante una speciale formulazione dei contratti e in particolare attraverso la distribuzione dell’importo del credito in più contratti».

Diritto interno

6 L’art. L. 311-20 del Code de la consommation prevede, ai fini dell’applicazione dell’art. 11 della direttiva 87/102, che, «[q]ualora la previa offerta menzioni il bene o la prestazione di servizi finanziati, gli obblighi del mutuatario prendono effetto solo dal momento della consegna del bene o dalla fornitura della prestazione (…)».

7 A tal riguardo, l’art. L. 311-21 del codice medesimo precisa che, «[i]n caso di contestazione circa l’esecuzione del contratto principale, il Tribunale potrà, fino alla risoluzione della controversia, sospendere l’esecuzione del contratto di credito. Quest’ultimo è risolto o annullato di pieno diritto quando il contratto per il quale è stato concluso è, a sua volta, giudizialmente risolto o annullato (…)».

Causa principale e questioni pregiudiziali

8 Il 5 settembre 2003, dopo una visita a domicilio da parte del venditore, i coniugi Rampion ordinavano alla K par K alcune finestre, per un prezzo totale di EUR 6150. In forza del contratto di vendita concluso a tal fine, le finestre dovevano essere consegnate entro un termine da sei ad otto settimane a decorrere dalle misurazioni effettuate dal tecnico addetto.

9 Secondo il giudice del rinvio, da tale contratto di vendita risulta un finanziamento totale dell’acquisto realizzato mediante credito concesso dalla Franfinance.

10 In pari data, i coniugi Rampion sottoscrivevano con la Franfinance un’apertura di credito per un tetto massimo pari all’importo della vendita. L’offerta di credito indica l’identità del venditore con la menzione «compte plate-forme K par K», ma non specifica il bene finanziato.

11 Alla consegna delle finestre ordinate, il 27 novembre 2003, i coniugi Rampion appuravano che i davanzali e gli infissi erano infestati da parassiti. I lavori non venivano proseguiti e, con lettera del 5 gennaio 2004, gli interessati dichiaravano di voler risolvere il contratto di vendita.

12 Non avendo ricevuto risposta per loro soddisfacente alla richiesta di risoluzione del contratto, con atti del 29 ottobre e del 2 novembre 2004 i coniugi Rampion citavano in giudizio la K par K e la Franfinance chiedendo che il contratto di vendita fosse dichiarato nullo, con conseguente risoluzione del contratto di credito, argomentando che il contratto di vendita non recava l’indicazione precisa del termine di consegna dei beni di cui trattasi, in contrasto con il requisito previsto dal Code de la consommation.

13 In subordine, i coniugi Rampion chiedevano la risoluzione per inadempimento del contratto di vendita, deducendo che la K par K, avendo proposto la fornitura e la posa degli elementi di carpenteria quando il relativo supporto era difettoso, era venuta meno all’«obbligo di consigliare» («obligation de conseil») gravante sulla stessa.

14 Le convenute nella causa principale facevano valere, segnatamente, che non sussisteva alcuna interdipendenza tra i due contratti, dal momento che, contrariamente a quanto previsto dall’art. L. 311-20 del Code de la consommation, l’indicazione del bene finanziato non risultava dall’offerta di credito. Inoltre, si sarebbe trattato di un’apertura di credito e non di un credito vincolato al finanziamento della vendita.

15 Il giudice del rinvio, nell’ambito del dibattimento dinanzi al medesimo svoltosi, sollevava d’ufficio diversi motivi attinenti a disposizioni del Code de la consommation relative al credito al consumo ed alla vendita a domicilio.

16 In tale contesto, il Tribunal d’instance de Saintes decideva di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1) Se gli artt. 11 e 14 della direttiva (…) 87/102/CEE vadano interpretati nel senso che consentono al giudice di applicare le norme sull’interdipendenza tra il contratto di credito ed il contratto di fornitura di beni o di servizi, finanziato grazie a tale credito, quando il contratto di credito non menziona il bene il cui acquisto è finanziato o è stato concluso nella forma di apertura di credito senza menzione del bene finanziato.

2) Se la direttiva (…) 87/102/CEE abbia una finalità più ampia della mera tutela del consumatore, che si estenda all’organizzazione del mercato consentendo al giudice di applicare d’ufficio le disposizioni che ne derivano».

Sulle questioni pregiudiziali

Sulla prima questione

Sulla ricevibilità

17 In primo luogo, la Franfinance fa valere che non spetta alla Corte pronunciarsi in ordine alla prima questione, dal momento che essa, in realtà, riguarda esclusivamente l’applicazione di disposizioni del diritto nazionale relative ai requisiti necessari ai fini della sussistenza di un credito vincolato. La direttiva 87/102, infatti, si limiterebbe a disciplinare un’armonizzazione minima e il suo art. 11 preciserebbe che gli Stati membri stabiliscono, in particolare, a quali condizioni il consumatore può esercitare il diritto di procedere contro il creditore.

18 A tal riguardo, si deve riconoscere che la direttiva 87/102, come emerge dal suo art. 15 e dal suo venticinquesimo ‘considerando’, a norma dei quali tale direttiva non impedisce agli Stati membri di mantenere o adottare disposizioni più rigorose a tutela dei consumatori, si limita ad un’armonizzazione minima delle disposizioni nazionali relative al credito al consumo.

19 Tuttavia, la prima questione sottoposta concerne espressamente l’interpretazione dell’art. 11 della detta direttiva; è pacifico che tale disposizione sia stata trasposta nel diritto francese, in particolare, dagli artt. L. 311-20 e L. 311-21 del Code de la consommation che consentono al debitore, a talune condizioni, di ottenere la sospensione, la risoluzione o l’annullamento del contratto di credito.

20 Orbene, la questione se e, eventualmente, in qual misura il diritto di agire in giudizio, previsto dall’art. 11, n. 2, della direttiva 87/102 a favore del consumatore nei confronti del creditore, possa essere subordinato dal diritto nazionale a condizioni diverse rispetto a quelle elencate da tale disposizione, riguarda l’analisi nel merito della prima questione sottoposta. L’aggiunta di qualsivoglia requisito supplementare, infatti, comporta il rischio di collocare le disposizioni di diritto nazionale al di là del livello di armonizzazione perseguito da questa direttiva e non si può, pertanto, ritenere immediatamente che rientri unicamente in tale diritto.

21 In secondo luogo, secondo la Franfinance, la Corte è tanto meno competente a esprimersi in ordine a tale questione dal momento che il giudice del rinvio, in realtà, non intende acclarare che, nella causa principale, i debitori possano effettivamente agire in giudizio nei confronti del creditore ai sensi dell’art. 11 della direttiva 87/102, bensì che sia riconosciuta l’interdipendenza tra i contratti in oggetto per fini del tutto diversi. Il giudice del rinvio intenderebbe, in realtà, applicare norme del diritto francese aventi una natura ed un oggetto differenti, in quanto non sarebbero attinenti a tale diritto di agire in giudizio, bensì prevedrebbero la decadenza automatica del creditore dal proprio diritto agli interessi qualora nell’offerta di credito non ricorrano talune menzioni relative a tale interdipendenza.

22 La Commissione delle Comunità europee esprime, con riguardo alla ricevibilità delle questioni pregiudiziali ovvero alla competenza della Corte quanto alla loro soluzione, una riserva attinente al fatto che il giudice del rinvio non indica con precisione la ragione per la quale una risposta è necessaria ai fini della soluzione della causa principale.

23 A tal riguardo, si deve ricordare che le questioni relative all’interpretazione del diritto comunitario proposte dal giudice nazionale nell’ambito del contesto di diritto e di fatto che egli individua sotto la propria responsabilità, del quale non spetta alla Corte verificare l’esattezza, godono di una presunzione di rilevanza (v. sentenze 15 maggio 2003, causa C‑300/01, Salzmann, Racc. pag. I‑4899, punti 29 e 31, nonché 5 dicembre 2006, cause riunite C‑94/04 e C‑202/04, Cipolla e a., Racc. pag. I‑11421, punto 25).

24 Il rigetto, da parte della Corte, di una domanda proposta da un giudice nazionale è possibile soltanto qualora appaia in modo manifesto che l’interpretazione del diritto comunitario richiesta non ha alcun rapporto con l’effettività o l’oggetto della causa principale, qualora la questione sia di tipo ipotetico o, ancora, qualora la Corte non disponga degli elementi di fatto e di diritto necessari per rispondere in modo utile alle questioni che le sono sottoposte (v., in particolare, sentenze 13 marzo 2001, causa C‑379/98, PreussenElektra, Racc. pag. I‑2099, punto 39; 15 giugno 2006, causa C‑466/04, Acereda Herrera, Racc. pag. I‑5341, punto 48, e Cipolla e a., cit., punto 25).

25 Orbene, è giocoforza rilevare che non risulta in modo manifesto che l’interpretazione delle norme comunitarie richiesta dal giudice del rinvio non abbia alcun rapporto con l’effettività o l’oggetto della causa principale, né che le questioni relative all’interpretazione di tali norme siano di tipo ipotetico. Se è pur vero che la prima questione sottoposta menziona, in termini estremamente generici, l’applicazione delle «norme sull’interdipendenza tra il contratto di credito ed il contratto di fornitura di beni o di servizi», dalla decisione di rinvio non risulta che tale questione riguardi esclusivamente, in realtà, l’applicazione di disposizioni di diritto nazionale diverse da quelle di trasposizione dell’art. 11 della direttiva 87/102, ovvero ricomprese nella sua sfera di applicazione.

26 Ciò premesso, la presunzione di rilevanza della prima questione sottoposta non viene meno.

27 Tuttavia, dal momento che, nell’ambito della procedura di collaborazione istituita dall’art. 234 CE, spetta alla Corte fornire al giudice nazionale una soluzione utile che gli consenta di dirimere la controversia con cui è adito, spetta alla Corte stessa, se del caso, riformulare le questioni ad essa deferite (v., segnatamente, sentenze 28 novembre 2000, causa C‑88/99, Roquette Frères, Racc. pag. I‑10465, punto 18; 20 maggio 2003, causa C‑469/00, Ravil, Racc. pag. I‑5053, punto 27, e 4 maggio 2006, causa C‑286/05, Haug, Racc. pag. I‑4121, punto 17).

28 Così, la prima questione sottoposta dev’essere intesa come volta a chiarire se gli artt. 11 e 14 della direttiva 87/102 vadano interpretati nel senso che ostano a che il diritto di agire in giudizio, previsto dall’art. 11, n. 2, della direttiva 87/102, di cui gode il consumatore nei confronti del creditore, sia subordinato al requisito che la previa offerta di credito menzioni il bene o la prestazione di servizio finanziati.

29 Alla luce delle suesposte considerazioni, la prima questione sottoposta dev’essere ritenuta ricevibile.

Sul merito

30 Tutti i governi che hanno presentato osservazioni alla Corte, al pari della Commissione, ritengono che il diritto di agire in giudizio, di cui gode il consumatore ai sensi dell’art. 11, n. 2, della direttiva 87/102, non possa essere subordinato alla menzione espressa del bene finanziato nel contratto di credito. A tal riguardo, si fondano sia sul tenore letterale di tale disposizione, sia sulla finalità della direttiva, e cioè la tutela del consumatore.

31 La Franfinance, per contro, fa valere che il contratto che ha concluso con i coniugi Rampion costituisce un’autentica apertura di credito, che potrebbe avere molteplici impieghi. A differenza di un credito vincolato, che servirebbe al finanziamento di un’unica operazione, una siffatta apertura di credito non sarebbe assoggettata alla regola di interdipendenza di cui all’art. 11 della direttiva 87/102, dal momento che il creditore non può assumersi tutti i rischi economici connessi con ogni acquisto. Eventuali abusi o frodi dovrebbero essere valutati caso per caso.

– Sulla sfera di applicazione ratione materiae della direttiva 87/102 e, segnatamente, del suo art. 11, n. 2

32 In limine, occorre ricordare che, ai sensi dell’art. 1, n. 1, della direttiva 87/102, la direttiva medesima si applica ai contratti di credito, i quali sono definiti al n. 2, lett. c), primo comma, dello stesso articolo, come contratti in base ai quali «il creditore concede o promette di concedere al consumatore un credito sotto forma di dilazione di pagamento, di prestito o di altra analoga facilitazione finanziaria». Tale definizione ampia del concetto di «contratto di credito» trova conferma, come dedotto dalla Commissione all’udienza, nel decimo ‘considerando’ della direttiva 87/102, ai termini del quale «si può ottenere una migliore protezione del consumatore prescrivendo determinate condizioni da applicare a tutte le forme di credito».

33 Tuttavia, come risulta dall’art. 1, n. 2, lett. c), secondo comma, e dall’art. 2 della direttiva 87/102 nonché dai suoi ‘considerando’ dall’undicesimo al quattordicesimo, alcuni contratti di credito o tipi di transazioni sono o possono essere, in ragione della loro natura specifica, del tutto o in parte esclusi dalla sfera di applicazione della direttiva stessa. Tra le ipotesi previste da tali disposizioni non ricorre l’apertura di credito.

34 Un’apertura di credito il cui unico scopo consista nel mettere a disposizione del consumatore un credito utilizzabile in momenti differenti non è nemmeno esclusa, quantomeno parzialmente, dalla sfera di applicazione della direttiva 87/102 in forza dell’art. 2, n. 1, lett. e), della direttiva medesima.

35 Occorre infatti ricordare che, ai termini di tale disposizione, la direttiva 87/102 non si applica «al credito concesso da un istituto di credito o da un istituto finanziario sotto forma di apertura di credito in conto corrente, diversi dai conti coperti da una carta di credito». Tuttavia, ai sensi del detto art. 2, n. 1, lett. e), le disposizioni previste dall’art. 6 della direttiva 87/102 si applicano a siffatti crediti.

36 Orbene, la nozione di «conto corrente» ai sensi del detto art. 2, n. 1, lett. e), che, costituendo un’eccezione, va interpretato in senso stretto, presuppone, come risulta dall’espressione «credito concesso sotto forma di apertura di credito in conto corrente», che l’obiettivo di tale conto non si limiti a mettere a disposizione del cliente un credito. Un siffatto conto costituisce, al contrario, una piattaforma più o meno generale che consente al cliente di effettuare operazioni finanziarie, caratterizzata dal fatto che gli importi versati su tale conto, dal cliente stesso o da un terzo, non sono necessariamente finalizzati a rinnovare un credito concesso sul conto stesso. In altre parole, un saldo negativo per il cliente, autorizzato nella forma di un’apertura di credito, non è che uno dei possibili stati in cui può trovarsi quel conto, che può presentare anche un saldo positivo per il cliente.

37 Peraltro, né la struttura né l’obiettivo della direttiva 87/102, che è volta, in particolare, a tutelare il consumatore, depongono nel senso dell’esclusione dalla sfera di applicazione della direttiva medesima dei contratti di credito concessi nella forma di un’apertura di credito, il cui unico scopo consiste nel mettere a disposizione del consumatore un credito utilizzabile in momenti differenti.

38 Con riguardo, più precisamente, alla sfera di applicazione dell’art. 11, n. 2, della direttiva 87/102, dal disposto di tale disposizione non risulta, contrariamente a quanto sostenuto dalla Franfinance, che essa trova applicazione limitatamente al contratto di credito volto al finanziamento di un solo contratto di vendita o di servizi.

39 Come sottolineato dall’avvocato generale al paragrafo 58 delle sue conclusioni, nessun elemento tratto dalla lettera di tale disposizione sembra deporre nel senso che essa non si applichi alle aperture di credito. In particolare, l’uso del termine «contratto» al singolare alla fine dell’art. 11, n. 2, lett. d), della direttiva 87/102, che, tra le condizioni richieste per l’esercizio del diritto di agire in giudizio, prevede la circostanza che «i beni o i servizi considerati dal contratto di credito non [siano] forniti o [siano] forniti soltanto in parte, o non [siano] conformi al relativo contratto di fornitura», non giustifica la lettura riduttiva di tale disposizione operata dalla Franfinance.

40 Inoltre, l’art. 11, n. 3, della stessa direttiva prevede espressamente un’eccezione all’applicazione del n. 2 di tale articolo. Tuttavia, non sono le aperture di credito ad esserne escluse in termini generali.

41 Quanto all’argomento della Franfinance secondo cui l’art. 11 della direttiva 87/102 non può applicarsi ad un’apertura di credito, dal momento che il creditore non può assumersi tutti i rischi economici connessi con ogni acquisto, occorre rilevare che tali rischi sono considerevolmente ridotti per il fatto che il n. 2 di tale articolo conferisce al consumatore il diritto di procedere contro il creditore solo quando sussiste, conformemente al requisito previsto dal detto n. 2, lett. b), «tra il creditore e il fornitore dei beni o dei servizi (…) un precedente accordo in base al quale il credito è messo esclusivamente da quel creditore a disposizione dei clienti di quel fornitore per l’acquisto di merci o di servizi di tale fornitore» e il consumatore, conformemente al requisito previsto allo stesso n. 2, lett. c), ha ottenuto «il credito in conformità al precedente accordo».

42 L’obiettivo perseguito dall’art. 11, n. 2, della direttiva 87/102 può essere conseguito solo se tale disposizione si applica anche quando il credito consente una molteplicità di impieghi. Tale disposizione, infatti, dev’essere letta alla luce del ventunesimo ‘considerando’ della direttiva 87/102, ai termini del quale, in particolare, «per quanto riguarda i beni e servizi che il consumatore ha sottoscritto per contratto di acquistare a credito, il consumatore, almeno nelle circostanze sotto definite, deve godere, nei confronti del creditore, di diritti che si aggiungono ai suoi normali diritti contrattuali nei riguardi di questo e del fornitore di beni o servizi».

43 Peraltro, il fatto che un acquisto tra altri finanziati mediante la medesima apertura di credito possa, in forza dell’art. 11, n. 2, della direttiva 87/102, consentire al consumatore di procedere contro il creditore non significa necessariamente che tale azione incida sull’apertura di credito complessivamente intesa. Infatti, come sottolineato dall’avvocato generale ai paragrafi 65 e segg. delle sue conclusioni, tale disposizione della direttiva 87/102 consente di modulare in maniera differenziata la tutela che dev’essere offerta al consumatore per poter tener conto delle specificità di un siffatto credito rispetto ad un credito concesso per un singolo acquisto.

44 Pertanto, si deve ritenere che l’art. 11, n. 2, della direttiva 87/102 si applichi sia ad un credito inteso a finanziare una singola operazione sia ad un’apertura di credito che consenta al consumatore di utilizzare il credito in momenti differenti.

Sul diritto di procedere contro il creditore previsto dall’art. 11, n. 2, della direttiva 87/102

45 Quanto alla questione se l’art. 11, n. 2, della direttiva 87/102 osti a che il diritto di agire in giudizio che esso prevede sia subordinato alla condizione che la previa offerta di credito rechi menzione del bene o della prestazione di servizi finanziati, occorre rilevare che tale condizione non è prevista tra le cinque condizioni cumulativamente richieste al primo comma di tale disposizione.

46 È pur vero che, ai sensi del secondo comma della detta disposizione, «[g]li Stati membri stabiliranno entro quali limiti e a quali condizioni il diritto è esercitabile». Tuttavia, come ha osservato il governo tedesco ed ha rilevato l’avvocato generale al paragrafo 71 delle sue conclusioni, tale disposizione non può essere interpretata nel senso che consente agli Stati membri di assoggettare il diritto di agire in giudizio di cui gode il consumatore a condizioni ulteriori oltre a quelle esaustivamente indicate dall’art. 11, n. 2, primo comma, della direttiva 87/102.

47 Infatti, da un canto, il secondo comma dell’art. 11, n. 2, della direttiva 87/102, come emerge dal suo disposto, presuppone l’esistenza del diritto di agire in giudizio previsto dal primo comma della disposizione medesima. D’altro canto, sarebbe in contrasto con l’obiettivo perseguito da tale direttiva, che consiste, in particolare, nel garantire in tutti gli Stati membri il rispetto di una norma di tutela minima del consumatore in materia di credito al consumo, il fatto di consentire che il diritto del consumatore di procedere contro il creditore, in forza dell’art. 11, n. 2, primo comma, della detta direttiva, sia assoggettato ad una condizione di forma come quella oggetto della causa principale.

48 Tale interpretazione è corroborata dall’art. 14, n. 1, della direttiva 87/102, ai termini del quale «[g]li Stati membri provvedono affinché i contratti di credito non deroghino, a detrimento del consumatore, alle disposizioni del diritto nazionale che danno esecuzione o che corrispondono alla presente direttiva», nonché dallo stesso art. 14, n. 2, ai sensi del quale «[g]li Stati membri adottano inoltre le misure necessarie per impedire che le norme emanate in applicazione della presente direttiva siano eluse mediante una speciale formulazione dei contratti (…)».

49 Il detto art. 14, infatti, sottolinea in termini generali l’importanza accordata dal legislatore comunitario alle disposizioni di tutela poste dalla direttiva 87/102 ed alla loro stretta interpretazione. Inoltre, come è stato dedotto dai governi francese, tedesco, spagnolo ed italiano, nonché dalla Commissione, il n. 2 di questo stesso articolo osta, in particolare, a che una normativa nazionale possa consentire al creditore di evitare, mediante la semplice omissione della menzione dei beni o dei servizi finanziati, che il consumatore proceda nei suoi confronti in forza dell’art. 11, n. 2, della direttiva 87/102.

50 Alla luce di tutte le suesposte considerazioni, la prima questione sottoposta dev’essere risolta dichiarando che gli artt. 11 e 14 della direttiva 87/102 devono essere interpretati nel senso che ostano a che il diritto del consumatore di procedere contro il creditore, previsto dall’art. 11, n. 2, della direttiva medesima, sia subordinato alla condizione che la previa offerta di credito rechi menzione del bene o della prestazione di servizi finanziati.

Sulla seconda questione

Sulla ricevibilità

51 La Franfinance fa valere che la seconda questione sottoposta, che non è utile ai fini della soluzione della controversia di cui alla causa principale, è irricevibile. Il giudice del rinvio, infatti, non avrebbe necessità di sollevare d’ufficio la questione dell’interdipendenza sussistente tra il contratto principale ed il contratto di credito, poiché tale questione è stata direttamente sollevata dai coniugi Rampion, avendo essi domandato al giudice del rinvio di dichiarare la nullità del contratto di vendita e, «di conseguenza», la risoluzione del contratto accessorio di finanziamento.

52 Il governo francese ha sostenuto, all’udienza, che i coniugi Rampion hanno chiesto al giudice del rinvio che il contratto di vendita fosse dichiarato nullo, con conseguente risoluzione del contratto di credito, invocando diversi motivi, senza peraltro far valere la sussistenza di un’interdipendenza tra i due contratti in esame. Il giudice del rinvio, se tuttavia si è interrogato in ordine a tale punto, non lo ha realmente fatto d’ufficio, dal momento che, nelle loro rispettive difese, sia la K par K sia la Franfinance avrebbero fatto valere che, in assenza di menzione del bene venduto sull’offerta di credito, il contratto di credito non costituiva un contratto di credito vincolato.

53 La Commissione ha rilevato, all’udienza, che nella causa principale non risulta con certezza che il giudice del rinvio sia stato indotto a sollevare d’ufficio la questione relativa a tale interdipendenza. Infatti, chiedendo conseguentemente alla nullità del contratto di vendita la risoluzione del contratto di credito, gli stessi coniugi Rampion si sarebbero fondati sull’interdipendenza sussistente tra i due detti contratti. Inoltre, alla luce degli argomenti svolti in difesa della K par K e della Franfinance nella causa principale, si potrebbe porre la questione se il giudice del rinvio non fosse stato già adito con riguardo al motivo attinente a tale interdipendenza.

54 Occorre ricordare che, secondo la giurisprudenza citata al precedente punto 24, il rigetto, da parte della Corte, di una domanda proposta da un giudice nazionale è possibile soltanto qualora appaia in modo manifesto che l’interpretazione del diritto comunitario richiesta non ha alcun rapporto con l’effettività o l’oggetto della causa principale, qualora la questione sia di tipo ipotetico o, ancora, qualora la Corte non disponga degli elementi di fatto e di diritto necessari per rispondere in modo utile alle questioni che le sono sottoposte.

55 Orbene, nei motivi della sua decisione attinenti alla seconda questione sottoposta, il giudice del rinvio rileva esplicitamente che le disposizioni di cui agli artt. L. 311‑20 e L. 311‑21 del Code de la consommation non sono state fatte valere dai coniugi Rampion. Ciò premesso, non appare in modo manifesto che tale questione, relativa alla possibilità, per il giudice, di applicare d’ufficio tali disposizioni di diritto nazionale, non abbia alcun rapporto con l’effettività o l’oggetto della causa principale o che la questione posta sia di tipo ipotetico.

56 La seconda questione sottoposta, pertanto, dev’essere ritenuta ricevibile.

Sul merito

57 Con la sua seconda questione il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se la direttiva 87/102 debba essere interpretata nel senso che essa consente al giudice nazionale di applicare d’ufficio le disposizioni che traspongono nel diritto nazionale il suo art. 11, n. 2, in particolare in considerazione del fatto che tale direttiva ha una finalità più ampia della mera tutela del consumatore, che si estende all’organizzazione del mercato.

58 La questione relativa alla finalità della direttiva 87/102 si pone nel contesto specifico della giurisprudenza della Cour de cassation (Francia) che opera, come emerge dalla decisione di rinvio e, in particolare, dalle osservazioni del governo francese, una distinzione tra le norme di «ordre public de direction» (ordine pubblico di direzione) – adottate nell’interesse generale e rilevabili d’ufficio dal giudice – e quelle di «ordre public de protection» (ordine pubblico di protezione), adottate nell’interesse di una categoria di soggetti e di cui possono avvalersi solo i soggetti appartenenti a tale categoria. La disciplina del credito al consumo sarebbe ricompresa tra queste ultime norme.

59 Orbene, la Corte ha più volte rilevato che, come emerge dai suoi ‘considerando’, la direttiva 87/102 è stata adottata al duplice scopo di assicurare, da un canto, la realizzazione di un mercato comune del credito al consumo (terzo-quinto ‘considerando’) e, d’altro canto, di proteggere i consumatori che ottengono tali crediti (sesto, settimo e nono ‘considerando’) (sentenze 23 marzo 2000, causa C‑208/98, Berliner Kindl Brauerei, Racc. pag. I‑1741, punto 20, e 4 marzo 2004, causa C‑264/02, Cofinoga, Racc. pag. I‑2157, punto 25).

60 Del resto, il giudice del rinvio chiede se la giurisprudenza della Corte relativa alla possibilità, per il giudice, di rilevare d’ufficio le disposizioni di cui alla direttiva del Consiglio 5 aprile 1993, 93/13/CEE, concernente le clausole abusive nei contratti stipulati con i consumatori (GU L 95, pag. 29), quale risulta, in particolare, dalle sentenze 27 giugno 2000, cause riunite da C‑240/98 a C‑244/98, Océano Grupo Editorial e Salvat Editores (Racc. pag. I‑4941), e 21 novembre 2002, causa C‑473/00, Cofidis (Racc. pag. I‑10875), sia trasponibile alla direttiva 87/102.

61 Al punto 26 della menzionata sentenza Océano Grupo Editorial e Salvat Editores, la Corte ha dichiarato che l’obiettivo perseguito dall’art. 6 della direttiva 93/13, che obbliga gli Stati membri a prevedere che le clausole abusive non vincolino i consumatori, non potrebbe essere conseguito se questi ultimi fossero tenuti a eccepire essi stessi l’illiceità di tali clausole. In controversie di valore spesso limitato, gli onorari dei legali possono essere superiori agli interessi in gioco, il che può dissuadere il consumatore dall’opporsi all’applicazione di una clausola abusiva. Sebbene in controversie del genere le norme processuali di molti Stati membri consentano ai singoli di difendersi da soli, esiste un rischio non trascurabile che, soprattutto per ignoranza, il consumatore non faccia valere l’illiceità della clausola oppostagli. Ne discende che una tutela effettiva del consumatore può essere ottenuta solo se il giudice nazionale ha facoltà di valutare d’ufficio tale clausola.

62 Richiamandosi a tale punto della menzionata sentenza Océano Grupo Editorial e Salvat Editores, la Corte, al punto 33 della sentenza Cofidis, citata, ha confermato che la facoltà così riconosciuta al giudice di valutare d’ufficio il carattere abusivo di una clausola è stata ritenuta necessaria per garantire al consumatore una tutela effettiva, tenuto conto in particolare del rischio non trascurabile che questi ignori i suoi diritti o incontri difficoltà per esercitarli (v., del pari, sentenza 26 ottobre 2006, causa C‑168/05, Mostaza Claro, Racc. pag. I‑10421, punto 28).

63 Come hanno fatto valere i governi spagnolo e italiano, nonché la Commissione, e come osservato dall’avvocato generale ai paragrafi 102 e seguenti delle sue conclusioni, tali rilievi sono parimenti validi con riguardo alla tutela dei consumatori prevista dall’art. 11, n. 2, della direttiva 87/102.

64 A tal riguardo, occorre ricordare che il detto art. 11, n. 2, pur perseguendo la duplice finalità richiamata al precedente punto 59, è volto a conferire al consumatore, in circostanze ben definite, taluni diritti nei confronti del creditore che si aggiungono ai suoi normali diritti contrattuali nei riguardi di questo e del fornitore di beni o servizi (v. supra, punto 42).

65 Tale finalità non potrebbe essere effettivamente perseguita se il consumatore stesso fosse costretto a far valere il proprio diritto di agire in giudizio, di cui gode nei confronti del creditore in forza delle disposizioni del diritto nazionale che traspongono l’art. 11, n. 2, della direttiva 87/102, in particolare in ragione del rischio non trascurabile che il consumatore ignori i suoi diritti o incontri difficoltà per esercitarli. Come ha rilevato l’avvocato generale al paragrafo 107 delle sue conclusioni, il fatto che la causa principale è stata attivata dai coniugi Rampion e che essi vi sono rappresentati da un avvocato non giustifica una conclusione diversa, dal momento che il problema va risolto facendo astrazione dalle circostanze concrete del singolo procedimento.

66 La Franfinance, tuttavia, fa valere che la seconda questione sottoposta, in realtà, è volta a consentire che venga irrogata d’ufficio la sanzione prevista dal diritto francese nell’ipotesi in cui non ricorrano talune menzioni che, secondo tale diritto, devono ricorrere nella previa offerta relativa ad un credito vincolato, vale a dire la decadenza del creditore dal proprio diritto agli interessi. Orbene, si tratterebbe di una vera e propria «sanzione privata», che non potrebbe mai essere irrogata d’ufficio senza violare il principio dispositivo e il diritto all’equo processo, sancito dall’art. 6 della Convenzione europea di salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950.

67 Nello stesso senso, il governo francese ha rilevato, all’udienza, richiamandosi alla sentenza 14 dicembre 1995, cause riunite C‑430/93 e C‑431/93, van Schijndel e van Veen (Racc. pag. I‑4705), che se un consumatore non invoca dinanzi al giudice la decadenza degli interessi che deve al creditore, tale giudice non può sollevare d’ufficio l’assenza di menzione, nella offerta previa di credito, del bene o del servizio finanziati, senza decidere ultra petita.

68 A tal riguardo, occorre rilevare che la seconda questione sottoposta riguarda esclusivamente, come emerge dai precedenti punti 55 e 57, l’art. 11, n. 2, della direttiva 87/102 nonché le disposizioni che ne garantiscono la trasposizione nel diritto interno, nella specie, secondo il giudice del rinvio, gli artt. L. 311-20 e L. 311‑21 del Code de la consommation. Nella decisione del giudice del rinvio non risulta, in alcun modo, un’eventuale sanzione consistente nella decadenza del creditore dal proprio diritto agli interessi. Né si è sostenuto dinanzi alla Corte che tali disposizioni del Code de la consommation prevedano una sanzione siffatta. Così, gli argomenti ripresi al punto precedente non sono pertinenti nel contesto della presente analisi, che non comprende la questione se il giudice nazionale possa pronunciare d’ufficio una sanzione come quella fatta valere dalla Franfinance.

69 Pertanto, la seconda questione sottoposta va risolta dichiarando che la direttiva 87/102 dev’essere interpretata nel senso che consente al giudice nazionale di applicare d’ufficio le disposizioni che traspongono nel diritto interno il suo art. 11, n. 2.

Sulle spese

70 Nei confronti delle parti nella causa principale il presente procedimento costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

Per questi motivi, la Corte (Prima Sezione) dichiara:

1) Gli artt. 11 e 14 della direttiva del Consiglio 22 dicembre 1986, 87/102/CEE, relativa al ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri in materia di credito al consumo, come modificata dalla direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 16 febbraio 1998, 98/7/CE, devono essere interpretati nel senso che ostano a che il diritto del consumatore di procedere contro il creditore, previsto dall’art. 11, n. 2, della direttiva medesima, come modificata, sia subordinato alla condizione che la previa offerta di credito rechi menzione del bene o della prestazione di servizi finanziati.

2) La direttiva 87/102, come modificata dalla direttiva 98/7, dev’essere interpretata nel senso che consente al giudice nazionale di applicare d’ufficio le disposizioni che traspongono nel diritto interno il suo art. 11, n. 2.

Firme