Sulla riforma del Ministero per i Beni Culturali
di Paolo BIANCHIi

Dispiace constatare che nella schizofrenica attività normativa che coinvolge il ministero per i beni culturali da quattro anni a questa parte l’ultimo tassello sia il peggior agglomerato di confusione ed incertezza organizzativa che potesse essere realizzato. Sembra una maledizione, ma ad ogni cambio di ministro, e di relativo staff di collaboratori, il dicastero della cultura sprofonda sempre più in una palude di disorganizzazione che sembra non aver mai fine. La situazione, se possibile, viene resa ancora più tragicomica dalla sequenza di provvedimenti applicativi del regolamento, primi fra tutti i provvedimenti di nomina dei dirigenti generali del ministero. Si, perché ad ogni riforma – ma non necessariamente legato ad essa – si verifica una sorta di spoil system selvaggio che “taglia” i vertici delle singole strutture dirigenziali in nome di una pretesa razionalizzazione delle risorse umane che si fa fatica a capire. Leggendo le recenti nomine fatte – o meglio, i relativi procedimenti di nomina avviati – alla faccia delle capacità tecniche richieste per ricoprire un ruolo, si vedono architetti guidare il settore degli archivi, bibliotecari dirigere strutture prevalentemente dedicate ad attività di tutela e valorizzazione del patrimonio architettonico e del paesaggio, amministrativi guidare i centri di più rilevante importanza artistica del Paese, “trombati” di prestigio che, magari, dopo aver fatto la storia di una direzione generale sono collocati nel dimenticatoio degli incarichi di studio ed esiliati di lusso per far posto alle restanti margherite da “piazzare”. E’ una situazione veramente paradossale. Una riforma annunciata come la svolta e/o lo strumento del cambiamento culturale del paese che si trasforma nella più cieca demolizione di una struttura ministeriale in nome di un non ben identificato disegno innovatore. Leggendo alcuni articoli del dpr 233/2007, si vede l’incertezza che ha colto il redattore nel delineare e precisare funzioni e competenze delle diverse articolazioni organizzate. La prima è quella che riguarda ad esempio la figura del segretario generale a cui vengono attribuiti compiti di gestione di servizi essenziali delle funzioni ministeriali in ciò contravvenendo a sane regole di opportunità che impediscono di attribuire tali “poteri” a soggetti caratterizzati da un predominante ruolo “politico”. Va da sé che al segretario dovevano essere dati esclusivamente compiti di coordinamento e di supporto all’indirizzo politico del Ministro e non certo, per fare un semplice esempio, la redazione ed elaborazione, nonché la predisposizione dei modelli di bando di gara e delle convenzioni-tipo per l’affidamento dei servizi aggiuntivi o della predisposizione delle intese di programma Stato-regioni in materia di valorizzazione. Inoltre, si valuti l’impatto della previ sioni di attribuzioni al segretario di compiti prettamente tecnico-amministrativi come, ad esempio, le determinazioni – seppur concordate con le competenti direzioni generali – da assumere in sede di conferenza di servizi per interventi di carattere intersettoriale o di dimensione regionale (art. 2, comma 3, lett. c ); il coordinamento del’attività di tutela in base a criteri uniformi ed omogenei sull’intero territorio nazionale ; lo svolgimento di funzioni di coordinamento e vigilanza sull'Istituto superiore per la conservazione ed il restauro, sull'Opificio delle pietre dure, sull'Istituto centrale per il restauro e la conservazione del patrimonio archivistico e librario e sull'Istituto centrale per il catalogo e la documentazione (art. 2, comma 3, lett. p) In sede di organizzazione centrale si assiste, poi, al fenomeno curioso dell’accorpamento della direzione generale per i beni storici, artistici ed etnoantropologici con quella per i beni architettonici, quando in periferia si assiste all’opposto allo spacchettamento delle cc.dd. soprintendenze “miste”, scorporando e rendendo autonome le strutture dei beni architettonici e del paesaggio da quelle dei beni storici, artistici ed etnoantropologici (!). In sede di elaborazione del decreto n. 233/2007 in più di una occasione e da più parti – Consiglio superiore, Consiglio di Stato, commissioni parlamentari – era stato chiesto di non sopprimere questa Direzione specializzata per i beni storico-artistici. Purtroppo, la richiesta è rimasta inascoltata con il sorgere di molteplici problematiche organizzative che dovranno essere risolte – non si sa come – all’indomani dell’entrata in vigore del dpr. N. 233/2007 (30 dicembre). Non mi soffermerò sulle problematiche note relative alla costituzione delle nuove soprintendenze speciali né sul ruolo di tutela assegnato ai Poli museali. Intendo invece invitare a riflettere sul dato che emerge a livello periferico, che è quello che si riferisce alle direzioni regionali. Queste diventano il centro propulsore dell’azione ministeriale a livello periferico, con un piccolo problema, però, che non è stato ancora risolto. Questi uffici non hanno ancora una dotazione organica e sono composti da poche decine di dipendenti che dovranno far fronte nell’immediato a tutte le competenze attribuite da regolamento che – a differenza di quanto avveniva con il dpr 173/2004 – non sono più delegabili agli uffici inferiori, ad eccezione di quelle relative alla tutela. Forse, l’impostazione della struttura periferica andava rivista con un occhio di attenzione al carico di competenze che veniva man mano aumentando, visto anche quanto andava diminue ndo il carico di competenze a livello centrale. Purtroppo, anche in questo caso, si deve registrare una "disattenzione" del redattore del regolamento che non ha pensato in alcun modo ad una razionale ed efficace distribuzione di competenze tra struttura centrale e periferica. Il regolamento si conclude con alcune disposizioni relative alle attribuzioni delle soprintendenze per i beni archeologici, architettonici e paesaggistici, storici, artistici ed etnoantropologici, senza nulla dire in merito alle soprintendenze archivistiche,a gli archivi di stato ed alle biblioteche, quasi fossero dei “corpi estranei” nell’organizzazione ministeriale. I compiti attribuiti sono prevalentemente di carattere istruttorio e consultivo in merito a provvedimenti che dovranno essere adottati dagli Uffici superiori, periferici e centrali. Alcune (molte..) incongruenze sono presenti nella redazione di alcune disposizioni, ma si attende il “classico” parere dell’ufficio legislativo del ministero per interpretare in maniera corretta e, soprattutto logica, tali norme Resta la sensazione di una gran confusione al termine dell’analisi di questo provvedimento – il dpr 233/2007 – che non sembra a primissima vista aver risolto i problemi organizzativi del Ministero per i beni e le attività culturali, ma, al contrario, sembra averli aggravati o, nella migliore delle ipotesi, lasciati immutati, senza soluzione. Il giudizio complessivo, tuttavia, non può che essere naturalmente sospeso in attesa di vedere i primi riflessi applicativi del regolamento, ma fin da adesso non si può fare a meno di muovere dei primi e forti accenni di critica verso un provvedimento che anziché presentare dei veri risvolti innovativi di organizzazione ministeriale, sembra essere la brutta copia del dpr 173/2004 con un banale rimescolamento di competenze tra i diversi soggetti ministeriali. Paolo Bianchi