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SENTENZA DELLA CORTE (Grande Sezione) 10 gennaio 2006

«Art. 234 CE – Direttiva 93/13/CEE – Consumatori – Clausole abusive – Normativa nazionale resa conforme alla direttiva dopo la conclusione da parte di uno Stato terzo di un accordo di associazione con le Comunità europee prima dell’adesione del detto Stato all’Unione europea – Incompetenza della Corte »

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Nel procedimento C-302/04,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’art. 234 CE, dallo Szombathelyi Városi Bíróság (Ungheria) con decisione 10 giugno 2004, pervenuta in cancelleria il 14 luglio 2004, nella causa tra

Ynos kft

e

János Varga,

LA CORTE (Grande Sezione),

composta dal sig. V. Skouris, presidente, dai sigg. P. Jann, A. Rosas, K. Schiemann e J. Makarczyk, presidenti di sezione, dai sigg. C. Gulmann, A. La Pergola, K. Lenaerts, P. Ku-ris, E. Juhász, G. Arestis, M. Ilešic( (relatore) e A. Ó Caoimh, giudici,

avvocato generale: sig. A. Tizzano

cancelliere: sig. B. Fülöp, amministratore

vista la fase scritta del procedimento e in seguito alla trattazione orale del 21 giugno 2005,

viste le osservazioni presentate:

– per il governo ungherese, dal sig. P. Gottfried nonché dalle sig.re J. Fazekas e R. Sommsich, in qualità di agenti;

– per il governo ceco, dal sig. T. Boc(ek, in qualità di agente;

– per il governo spagnolo, dal sig. F. Díez Moreno, in qualità di agente;

– per il governo lettone, dalle sig.re A. Zikmane e E. Balode-Buraka, in qualità di agenti;

– per il governo austriaco, dalla sig.ra C. Pesendorfer, in qualità di agente;

– per il governo polacco, dal sig. T. Nowakowski, in qualità di agente;

– per la Commissione delle Comunità europee, dal sig. A. Aresu nonché dalle sig.re K. Riczné Talabér e M.-J. Jonczy, in qualità di agenti,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 22 settembre 2005,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1 La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione dell’art. 6, n. 1, della direttiva del Consiglio 5 aprile 1993, 93/13/CEE, concernente le clausole abusive nei contratti stipulati con i consumatori (GU L 95, pag. 29; in prosieguo: la «direttiva»).

2 Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia tra la società Ynos kft (in prosieguo: la «Ynos»), che svolge l’attività di agente immobiliare, e il sig. Varga in merito all’esecuzione di un contratto di intermediazione per la vendita di un immobile.

Contesto normativo

La normativa comunitaria

L’adesione della Repubblica di Ungheria all’Unione europea

3 L’accordo europeo che istituisce un’associazione tra le Comunità europee e i loro Stati membri, da una parte, e la Repubblica d’Ungheria, dall’altra (GU 1993, L 347, pag. 2; in prosieguo: l’«accordo di associazione») è stato firmato il 16dicembre 1991 ed è entrato in vigore il 1° febbraio 1994.

4 L’art. 67 di tale accordo così dispone:

«Le parti contraenti riconoscono che il principale requisito per l’integrazione economica dell’Ungheria nella Comunità è il ravvicinamento della legislazione presente e futura di questo paese a quella della Comunità. L’Ungheria deve pertanto adoperarsi affinché la legislazione» futura sia, nei limiti del possibile, compatibile con quella comunitaria».

5 L’art. 68 del medesimo accordo così dispone:

«Il ravvicinamento delle legislazioni comprende segnatamente i seguenti settori: (…) tutela dei consumatori, (…)».

6 L’art. 2, figurante nella parte prima, intitolata «Principi», dell’atto relativo alle condizioni di adesione della Repubblica ceca, della Repubblica di Estonia, della Repubblica di Cipro, della Repubblica di Lettonia, della Repubblica di Lituania, della Repubblica d’Ungheria, della Repubblica di Malta, della Repubblica di Polonia, della Repubblica di Slovenia e della Repubblica slovacca e agli adattamenti dei trattati sui quali si fonda l’Unione europea (GU 2003, L 236, pag. 33; in prosieguo: l’«atto di adesione») così prevede:

«Dalla data di adesione le disposizioni dei trattati originari e gli atti adottati dalle istituzioni prima dell’adesione (…) vincolano i nuovi Stati membri e si applicano in tali Stati alle condizioni previste da detti trattati e dal presente atto».

7 Nella parte quinta dell’atto di adesione, intitolata «Disposizioni di applicazione del presente atto», figura un titolo II, «Applicabilità degli atti delle istituzioni», nel quale sono compresi gli artt. 53-59.

8 L’art. 53 di tale atto dispone:

«Dalla data di adesione i nuovi Stati membri sono considerati come destinatari delle direttive e delle decisioni ai sensi dell’articolo 249 del trattato CE e dell’articolo 161 del trattato CEEA, purché tali direttive e decisioni siano state notificate a tutti gli Stati membri attuali. (…) I nuovi Stati membri sono considerati come aventi ricevuto notifica di tali direttive e decisioni dopo l’adozione».

9 L’art. 54 di detto atto dispone:

«I nuovi Stati membri mettono in vigore le misure necessarie per conformarsi, dalla data di adesione, alle disposizioni delle direttive (…), ai sensi dell’articolo 249 del trattato CE (…), a meno che un altro termine sia previsto negli allegati di cui all’articolo 24 o in altre disposizioni del presente atto o dei suoi allegati».

La direttiva 93/13/CE

10 L’art. 1, n. 1, della direttiva così dispone:

«La presente direttiva è volta a ravvicinare le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri concernenti le clausole abusive nei contratti stipulati tra un professionista e un consumatore».

11 L’art. 6, n. 1, della direttiva è così formulato:

«Gli Stati membri prevedono che le clausole abusive contenute in un contratto stipulato fra un consumatore ed un professionista non vincolano il consumatore, alle condizioni stabilite dalle loro legislazioni nazionali, e che il contratto resti vincolante per le parti secondo i medesimi termini, sempre che esso possa sussistere senza le clausole abusive».

La normativa nazionale

12 Ai sensi dell’art. 3, n. 1, della legge sulla ratifica dell’accordo di associazione (1994. évi I. törvény a Magyar Köztársaság és az Európai Közösségek és azok tagállamai között társulás létesítéséro"l szóló, Brüsszelben, 1991. december 16-án aláírt Európai Megállapodás kihírdetéséro"l), del 4 gennaio 1994, (Magyar Közlöny, 1994/1), in vigore dal 1° febbraio 1994, si deve garantire che la preparazione e la conclusione degli accordi internazionali della Repubblica d’Ungheria così come l’elaborazione e l’adozione delle norme giuridiche interne siano conformi al detto accordo di associazione.

13 Il n. 2 del medesimo articolo dispone che, nell’elaborazione e nell’adozione delle norme giuridiche, è necessario conformarsi alle esigenze poste dall’art. 67 del medesimo accordo.

14 Le pertinenti disposizioni di diritto nazionale in materia di clausole contrattuali abusive figurano segnatamente agli artt. 209 e 239 del codice civile ungherese, nella versione risultante dalla legge n. 149/97 recante modifiche del codice civile della Repubblica d’Ungheria n. IV/1959 (1997. évi CXLIX. törvény a Magyar Köztársaság Polgári Törvénykönyvéro"l szóló 1959. évi IV. törvény módósításáról), del 19 dicembre 1997, (Magyar Közlöny, 1997/115; in prosieguo: il «codice civile modificato»), entrato in vigore il 1° marzo 1998.

15 L’art. 209, n. 1, del codice civile prevede che, se un contratto contiene una clausola generale abusiva, la parte lesa può impugnare tale clausola.

16 L’art. 209/B, n. 1, del detto codice prevede che una condizione generale del contratto o una clausola di un contratto stipulato tra un consumatore e un operatore economico è abusiva quando, in contrasto con il requisito della buona fede, stabilisce unilateralmente e ingiustificatamente, a danno di una delle parti, i diritti e gli obblighi dei contraenti derivanti dal contratto.

17 Secondo l’art. 239 del codice civile, in caso d’invalidità parziale di un contratto, e salvo contraria disposizione di legge, il contratto non è considerato integralmente invalido, a meno che non venga constatato che le parti non l’avrebbero concluso in assenza della parte invalida.

18 L’art. 11, n. 5, della legge n. CXLIX/97 e l’art. 3, n. 2, del decreto governativo n. 18/1999 (II.5.) sulle clausole ritenute abusive nei contratti stipulati con i consumatori (Kormányrendelet a fogyasztóval kötött szerzo"désben tisztességtelennek mino"sülo" feltételekro"l), del 5 febbraio 1999 (Magyar Közlöny, 1999/8; in prosieguo: il «decreto governativo») enunciano che in tali contratti devono essere contenute norme compatibili con la direttiva

La controversia di cui alla causa a qua e le questioni pregiudiziali

19 Il 10 gennaio 2002 la Ynos concludeva con il sig. Varga un contratto di intermediazione (in prosieguo: il «contratto») per la vendita di un immobile. Il prezzo lordo che il sig. Varga aveva dichiarato di voler ricavare era di HUF 70 187 500.

20 Il contratto conteneva, in linea di massima, clausole che riprendono le condizioni generali di un contratto tipo.

21 Ai termini del punto 5 del contratto, le parti convenivano che consideravano l’intermediazione giunta a buon fine e la transazione effettuata se, nell’ambito di tale operazione, fosse stato concluso un contratto con uno dei clienti dell’intermediario. Nella seconda frase del medesimo punto veniva altresì stipulato che «il mandante accetta che l’intermediario ha diritto alla commissione anche nel caso in cui un cliente trovato dall’intermediario fa una proposta di acquisto o di locazione relativa all’immobile di proprietà del mandante a un prezzo quantomeno uguale a quello fissato dal mandante e dall’intermediario nel contratto integrando i criteri formali che si applicano all’operazione di cui trattasi, anche se il mandante rifiuta tale proposta».

22 Nel caso in cui l’intermediazione fosse giunta a buon fine, la Ynos aveva diritto, secondo il contratto, a una commissione pari al 2% del prezzo convenuto, maggiorata dell’imposta sul valore aggiunto. La commissione era dovuta al momento della firma del contratto di vendita o del corrispondente preliminare. Se tale commissione non fosse stata pagata, l’intermediario aveva il diritto di percepire la commissione maggiorata di una penale per il ritardo del 30%.

23 L’11 marzo 2002, i gestori della Ynos, il sig. Varga, il figlio del sig. Varga quale venditore dell’immobile, nonché i sigg. Ragasits e Kovács, quali acquirenti, firmavano un accordo di principio per la stipula del contratto (in prosieguo: l’«accordo di principio») nel quale fissavano il prezzo di vendita dell’immobile e convenivano che il contratto o il preliminare di vendita sarebbe stato concluso entro il 15 marzo 2002 al più tardi. Per tale data, tuttavia, né il contratto, né il preliminare di vendita venivano stipulati.

24 L’immobile veniva infine venduto nel 2003 a persona diversa dai sigg. Ragasits e Kovács.

25 La Ynos ha proposto un ricorso dinanzi allo Szombathelyi Városi Bíróság deducendo che l’intermediazione era stata portata a buon fine ai sensi del contratto in quanto le parti avevano stipulato l’accordo di principio. Ha concluso che il sig. Varga fosse condannato a pagarle la commissione prevista dal contratto, maggiorata degli interessi e delle spese.

26 Il sig. Varga concludeva chiedendo il rigetto della domanda. Ha sostenuto che la seconda frase del punto 5 del contratto costituisce una clausola abusiva. Ha aggiunto che il contratto di vendita dell’immobile era stato stipulato senza l’intermediazione della Ynos.

27 La Ynos sostiene che la detta seconda frase non costituisce una clausola abusiva ai sensi dell’art. 209/B del codice civile.

28 Il giudice a quo ritiene che la controversia, nella misura in cui sia dato di constatare l’esistenza di una clausola abusiva, come sostenuto dal convenuto, dovrà essere decisa alla luce della direttiva.

29 Ciò considerato, lo Szombathelyi Városi Bíróság ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1) Se l’art. 6, n. 1, della [direttiva 93/13] (…), a norma del quale gli Stati membri prevedono che le clausole abusive contenute in un contratto stipulato fra un consumatore ed un professionista non vincolino il consumatore alle condizioni stabilite dalle loro legislazioni nazionali, possa essere interpretato nel senso che può costituire il fondamento di una disposizione nazionale come l’art. 209, n. 1, della legge n. IV del 1959, relativa al codice civile, applicabile nel caso in cui venga accertato il carattere abusivo di una condizione generale di un contratto e ai sensi della quale le clausole abusive risultano prive di efficacia obbligatoria nei confronti del consumatore non ipso iure, ma solo quando il consumatore vi si sia opposto con una apposita dichiarazione, vale a dire quando le abbia impugnate con successo.

2) Se dalla disposizione della direttiva, secondo la quale il contratto resta vincolante per le parti secondo i medesimi termini, sempre che esso possa sussistere senza le clausole abusive, possa conseguire che, in una situazione in cui il professionista opera avvalendosi di clausole abusive che, secondo il suo diritto nazionale, non vincolano il consumatore, ma, senza tali clausole, che formano parte del contratto, il detto professionista non avrebbe stipulato il detto contratto con il consumatore, non venga meno la validità di tutto il contratto, se questo è eseguibile senza le clausole abusive.

3) Se, dal punto di vista dell’applicazione del diritto comunitario, sia rilevante che la controversia principale sia sorta prima dell’adesione della Repubblica di Ungheria all’Unione europea, ma dopo l’adattamento del suo diritto nazionale alla direttiva».

Sulla competenza della Corte

30 Con la terza questione, che va risolta per prima, il giudice a quo vuole in sostanza sapere se la Corte sia competente a risolvere la prima e la seconda delle questioni sollevate. Infatti, i fatti a base della controversia di cui alla causa a qua risalgono a epoca anteriore all’adesione della Repubblica d’Ungheria all’Unione europea, ma successiva al ravvicinamento dell’ordinamento giuridico di tale Stato alla direttiva.

Osservazioni sottoposte alla Corte

31 Il governo ungherese e la Commissione delle Comunità europee sostengono che la direttiva non è applicabile alla controversia di cui alla causa a qua, in quanto i fatti risalgono a epoca anteriore all’adesione della Repubblica d’Ungheria all’Unione europea. Sostengono che questa controversia dev’essere risolta in applicazione delle norme di legge nazionali in vigore al momento della stipula del contratto in esame e del sorgere di tale controversia.

32 Secondo il governo ceco, la circostanza che il procedimento dinanzi al giudice nazionale sia iniziato prima dell’adesione della Repubblica d’Ungheria non è di per sé determinante. Ciò che conta è che il rapporto giuridico di cui alla causa a qua si è concluso prima dell’adesione.

33 I governi austriaco, spagnolo, lettone e austriaco sostengono, per contro, che, a partire dall’adesione all’Unione europea, il giudice nazionale del nuovo Stato membro è obbligato, in un caso come quello di cui alla causa a qua, a interpretare le disposizioni di diritto nazionale intese al ravvicinamento di queste ultime con la direttiva, nell’ottica di quest’ultima. Quando una questione pregiudiziale viene sollevata da un giudice nazionale ai sensi dell’art. 234 CE, la Corte sarebbe in linea di principio tenuta a darvi soluzione. Inoltre, il governo lettone ricorda che, secondo la costante giurisprudenza, la Corte si riconosce competente a statuire su domande di pronuncia pregiudiziale vertenti su disposizioni comunitarie, in situazioni in cui i fatti di cui alla causa a qua si collocano al di fuori dell’ambito di applicazione del diritto comunitario, ma nelle quali tali disposizioni di diritto sono state rese applicabili dal diritto nazionale (sentenze 18 ottobre 1990, cause C-297/88 e C-197/89, Dzodzi, Racc. pag. I-3763, punto 36, e 17 luglio 1997, causa C-130/95, Giloy, Racc. pag. I-4291, punto 23). Tale governo precisa a questo riguardo che, se una disposizione di diritto nazionale è di contenuto identico a quella di diritto comunitario, le dette due disposizioni devono ricevere uniforme interpretazione, a prescindere dalla questione se l’adesione di uno Stato membro all’Unione europea sia intervenuta prima o dopo il ravvicinamento della normativa nazionale di questo Stato con il diritto comunitario.

Giudizio della Corte

34 Dall’ordinanza di rinvio risulta che lo Szombathelyi Városi Bíróság chiede con la prima e la seconda questione l’interpretazione da parte della Corte dell’art. 6, n. 1, della direttiva, al fine di valutare la portata di norme di diritto nazionale.

35 Si deve tuttavia ricordare che, secondo la decisione di rinvio, i fatti di cui alla causa a qua risalgono a epoca anteriore all’adesione della Repubblica d’Ungheria all’Unione europea.

36 Orbene, la Corte è competente a interpretare la direttiva soltanto per quanto attiene alla sua applicazione nel nuovo Stato membro, a decorrere dalla data dell’adesione di quest’ultimo all’Unione europea (v., in tal senso, sentenza 15 giugno 1999, causa C-321/97, Andersson e Wåkerås-Andersson, Racc. pag. I-3551, punto 31).

37 Dal momento che nella specie i fatti di cui alla causa a qua sono anteriori all’adesione della Repubblica d’Ungheria all’Unione europea, la Corte non è competente a interpretare la direttiva.

38 Considerato quanto precede, la terza questione pregiudiziale va risolta dichiarando che in circostanze come quelle di cui alla causa a qua, i cui fatti sono anteriori all’adesione di uno Stato all’Unione europea, la Corte non è competente a risolvere la prima e la seconda questione.

Sulle spese

39 Nei confronti delle parti nella causa principale il presente procedimento costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute per presentare osservazioni alla Corte, diverse da quelle delle dette parti, non possono dar luogo a rifusione.

Per questi motivi, la Corte (Grande Sezione) dichiara:

In circostanze come quelle di cui alla causa a qua, i cui fatti sono anteriori all’adesione di uno Stato all’Unione europea, la Corte di giustizia non è competente a risolvere la prima e la seconda questione.

FirmeSENTENZA DELLA CORTE (Grande Sezione)

10 gennaio 2006(*)

«Art. 234 CE – Direttiva 93/13/CEE – Consumatori – Clausole abusive – Normativa nazionale resa conforme alla direttiva dopo la conclusione da parte di uno Stato terzo di un accordo di associazione con le Comunità europee prima dell’adesione del detto Stato all’Unione europea – Incompetenza della Corte »

Nel procedimento C-302/04,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’art. 234 CE, dallo Szombathelyi Városi Bíróság (Ungheria) con decisione 10 giugno 2004, pervenuta in cancelleria il 14 luglio 2004, nella causa tra

Ynos kft

e

János Varga,

LA CORTE (Grande Sezione),

composta dal sig. V. Skouris, presidente, dai sigg. P. Jann, A. Rosas, K. Schiemann e J. Makarczyk, presidenti di sezione, dai sigg. C. Gulmann, A. La Pergola, K. Lenaerts, P. Ku-ris, E. Juhász, G. Arestis, M. Ilešic( (relatore) e A. Ó Caoimh, giudici,

avvocato generale: sig. A. Tizzano

cancelliere: sig. B. Fülöp, amministratore

vista la fase scritta del procedimento e in seguito alla trattazione orale del 21 giugno 2005,

viste le osservazioni presentate:

– per il governo ungherese, dal sig. P. Gottfried nonché dalle sig.re J. Fazekas e R. Sommsich, in qualità di agenti;

– per il governo ceco, dal sig. T. Boc(ek, in qualità di agente;

– per il governo spagnolo, dal sig. F. Díez Moreno, in qualità di agente;

– per il governo lettone, dalle sig.re A. Zikmane e E. Balode-Buraka, in qualità di agenti;

– per il governo austriaco, dalla sig.ra C. Pesendorfer, in qualità di agente;

– per il governo polacco, dal sig. T. Nowakowski, in qualità di agente;

– per la Commissione delle Comunità europee, dal sig. A. Aresu nonché dalle sig.re K. Riczné Talabér e M.-J. Jonczy, in qualità di agenti,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 22 settembre 2005,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1 La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione dell’art. 6, n. 1, della direttiva del Consiglio 5 aprile 1993, 93/13/CEE, concernente le clausole abusive nei contratti stipulati con i consumatori (GU L 95, pag. 29; in prosieguo: la «direttiva»).

2 Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia tra la società Ynos kft (in prosieguo: la «Ynos»), che svolge l’attività di agente immobiliare, e il sig. Varga in merito all’esecuzione di un contratto di intermediazione per la vendita di un immobile.

Contesto normativo

La normativa comunitaria

L’adesione della Repubblica di Ungheria all’Unione europea

3 L’accordo europeo che istituisce un’associazione tra le Comunità europee e i loro Stati membri, da una parte, e la Repubblica d’Ungheria, dall’altra (GU 1993, L 347, pag. 2; in prosieguo: l’«accordo di associazione») è stato firmato il 16dicembre 1991 ed è entrato in vigore il 1° febbraio 1994.

4 L’art. 67 di tale accordo così dispone:

«Le parti contraenti riconoscono che il principale requisito per l’integrazione economica dell’Ungheria nella Comunità è il ravvicinamento della legislazione presente e futura di questo paese a quella della Comunità. L’Ungheria deve pertanto adoperarsi affinché la legislazione» futura sia, nei limiti del possibile, compatibile con quella comunitaria».

5 L’art. 68 del medesimo accordo così dispone:

«Il ravvicinamento delle legislazioni comprende segnatamente i seguenti settori: (…) tutela dei consumatori, (…)».

6 L’art. 2, figurante nella parte prima, intitolata «Principi», dell’atto relativo alle condizioni di adesione della Repubblica ceca, della Repubblica di Estonia, della Repubblica di Cipro, della Repubblica di Lettonia, della Repubblica di Lituania, della Repubblica d’Ungheria, della Repubblica di Malta, della Repubblica di Polonia, della Repubblica di Slovenia e della Repubblica slovacca e agli adattamenti dei trattati sui quali si fonda l’Unione europea (GU 2003, L 236, pag. 33; in prosieguo: l’«atto di adesione») così prevede:

«Dalla data di adesione le disposizioni dei trattati originari e gli atti adottati dalle istituzioni prima dell’adesione (…) vincolano i nuovi Stati membri e si applicano in tali Stati alle condizioni previste da detti trattati e dal presente atto».

7 Nella parte quinta dell’atto di adesione, intitolata «Disposizioni di applicazione del presente atto», figura un titolo II, «Applicabilità degli atti delle istituzioni», nel quale sono compresi gli artt. 53-59.

8 L’art. 53 di tale atto dispone:

«Dalla data di adesione i nuovi Stati membri sono considerati come destinatari delle direttive e delle decisioni ai sensi dell’articolo 249 del trattato CE e dell’articolo 161 del trattato CEEA, purché tali direttive e decisioni siano state notificate a tutti gli Stati membri attuali. (…) I nuovi Stati membri sono considerati come aventi ricevuto notifica di tali direttive e decisioni dopo l’adozione».

9 L’art. 54 di detto atto dispone:

«I nuovi Stati membri mettono in vigore le misure necessarie per conformarsi, dalla data di adesione, alle disposizioni delle direttive (…), ai sensi dell’articolo 249 del trattato CE (…), a meno che un altro termine sia previsto negli allegati di cui all’articolo 24 o in altre disposizioni del presente atto o dei suoi allegati».

La direttiva 93/13/CE

10 L’art. 1, n. 1, della direttiva così dispone:

«La presente direttiva è volta a ravvicinare le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri concernenti le clausole abusive nei contratti stipulati tra un professionista e un consumatore».

11 L’art. 6, n. 1, della direttiva è così formulato:

«Gli Stati membri prevedono che le clausole abusive contenute in un contratto stipulato fra un consumatore ed un professionista non vincolano il consumatore, alle condizioni stabilite dalle loro legislazioni nazionali, e che il contratto resti vincolante per le parti secondo i medesimi termini, sempre che esso possa sussistere senza le clausole abusive».

La normativa nazionale

12 Ai sensi dell’art. 3, n. 1, della legge sulla ratifica dell’accordo di associazione (1994. évi I. törvény a Magyar Köztársaság és az Európai Közösségek és azok tagállamai között társulás létesítéséro"l szóló, Brüsszelben, 1991. december 16-án aláírt Európai Megállapodás kihírdetéséro"l), del 4 gennaio 1994, (Magyar Közlöny, 1994/1), in vigore dal 1° febbraio 1994, si deve garantire che la preparazione e la conclusione degli accordi internazionali della Repubblica d’Ungheria così come l’elaborazione e l’adozione delle norme giuridiche interne siano conformi al detto accordo di associazione.

13 Il n. 2 del medesimo articolo dispone che, nell’elaborazione e nell’adozione delle norme giuridiche, è necessario conformarsi alle esigenze poste dall’art. 67 del medesimo accordo.

14 Le pertinenti disposizioni di diritto nazionale in materia di clausole contrattuali abusive figurano segnatamente agli artt. 209 e 239 del codice civile ungherese, nella versione risultante dalla legge n. 149/97 recante modifiche del codice civile della Repubblica d’Ungheria n. IV/1959 (1997. évi CXLIX. törvény a Magyar Köztársaság Polgári Törvénykönyvéro"l szóló 1959. évi IV. törvény módósításáról), del 19 dicembre 1997, (Magyar Közlöny, 1997/115; in prosieguo: il «codice civile modificato»), entrato in vigore il 1° marzo 1998.

15 L’art. 209, n. 1, del codice civile prevede che, se un contratto contiene una clausola generale abusiva, la parte lesa può impugnare tale clausola.

16 L’art. 209/B, n. 1, del detto codice prevede che una condizione generale del contratto o una clausola di un contratto stipulato tra un consumatore e un operatore economico è abusiva quando, in contrasto con il requisito della buona fede, stabilisce unilateralmente e ingiustificatamente, a danno di una delle parti, i diritti e gli obblighi dei contraenti derivanti dal contratto.

17 Secondo l’art. 239 del codice civile, in caso d’invalidità parziale di un contratto, e salvo contraria disposizione di legge, il contratto non è considerato integralmente invalido, a meno che non venga constatato che le parti non l’avrebbero concluso in assenza della parte invalida.

18 L’art. 11, n. 5, della legge n. CXLIX/97 e l’art. 3, n. 2, del decreto governativo n. 18/1999 (II.5.) sulle clausole ritenute abusive nei contratti stipulati con i consumatori (Kormányrendelet a fogyasztóval kötött szerzo"désben tisztességtelennek mino"sülo" feltételekro"l), del 5 febbraio 1999 (Magyar Közlöny, 1999/8; in prosieguo: il «decreto governativo») enunciano che in tali contratti devono essere contenute norme compatibili con la direttiva

La controversia di cui alla causa a qua e le questioni pregiudiziali

19 Il 10 gennaio 2002 la Ynos concludeva con il sig. Varga un contratto di intermediazione (in prosieguo: il «contratto») per la vendita di un immobile. Il prezzo lordo che il sig. Varga aveva dichiarato di voler ricavare era di HUF 70 187 500.

20 Il contratto conteneva, in linea di massima, clausole che riprendono le condizioni generali di un contratto tipo.

21 Ai termini del punto 5 del contratto, le parti convenivano che consideravano l’intermediazione giunta a buon fine e la transazione effettuata se, nell’ambito di tale operazione, fosse stato concluso un contratto con uno dei clienti dell’intermediario. Nella seconda frase del medesimo punto veniva altresì stipulato che «il mandante accetta che l’intermediario ha diritto alla commissione anche nel caso in cui un cliente trovato dall’intermediario fa una proposta di acquisto o di locazione relativa all’immobile di proprietà del mandante a un prezzo quantomeno uguale a quello fissato dal mandante e dall’intermediario nel contratto integrando i criteri formali che si applicano all’operazione di cui trattasi, anche se il mandante rifiuta tale proposta».

22 Nel caso in cui l’intermediazione fosse giunta a buon fine, la Ynos aveva diritto, secondo il contratto, a una commissione pari al 2% del prezzo convenuto, maggiorata dell’imposta sul valore aggiunto. La commissione era dovuta al momento della firma del contratto di vendita o del corrispondente preliminare. Se tale commissione non fosse stata pagata, l’intermediario aveva il diritto di percepire la commissione maggiorata di una penale per il ritardo del 30%.

23 L’11 marzo 2002, i gestori della Ynos, il sig. Varga, il figlio del sig. Varga quale venditore dell’immobile, nonché i sigg. Ragasits e Kovács, quali acquirenti, firmavano un accordo di principio per la stipula del contratto (in prosieguo: l’«accordo di principio») nel quale fissavano il prezzo di vendita dell’immobile e convenivano che il contratto o il preliminare di vendita sarebbe stato concluso entro il 15 marzo 2002 al più tardi. Per tale data, tuttavia, né il contratto, né il preliminare di vendita venivano stipulati.

24 L’immobile veniva infine venduto nel 2003 a persona diversa dai sigg. Ragasits e Kovács.

25 La Ynos ha proposto un ricorso dinanzi allo Szombathelyi Városi Bíróság deducendo che l’intermediazione era stata portata a buon fine ai sensi del contratto in quanto le parti avevano stipulato l’accordo di principio. Ha concluso che il sig. Varga fosse condannato a pagarle la commissione prevista dal contratto, maggiorata degli interessi e delle spese.

26 Il sig. Varga concludeva chiedendo il rigetto della domanda. Ha sostenuto che la seconda frase del punto 5 del contratto costituisce una clausola abusiva. Ha aggiunto che il contratto di vendita dell’immobile era stato stipulato senza l’intermediazione della Ynos.

27 La Ynos sostiene che la detta seconda frase non costituisce una clausola abusiva ai sensi dell’art. 209/B del codice civile.

28 Il giudice a quo ritiene che la controversia, nella misura in cui sia dato di constatare l’esistenza di una clausola abusiva, come sostenuto dal convenuto, dovrà essere decisa alla luce della direttiva.

29 Ciò considerato, lo Szombathelyi Városi Bíróság ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1) Se l’art. 6, n. 1, della [direttiva 93/13] (…), a norma del quale gli Stati membri prevedono che le clausole abusive contenute in un contratto stipulato fra un consumatore ed un professionista non vincolino il consumatore alle condizioni stabilite dalle loro legislazioni nazionali, possa essere interpretato nel senso che può costituire il fondamento di una disposizione nazionale come l’art. 209, n. 1, della legge n. IV del 1959, relativa al codice civile, applicabile nel caso in cui venga accertato il carattere abusivo di una condizione generale di un contratto e ai sensi della quale le clausole abusive risultano prive di efficacia obbligatoria nei confronti del consumatore non ipso iure, ma solo quando il consumatore vi si sia opposto con una apposita dichiarazione, vale a dire quando le abbia impugnate con successo.

2) Se dalla disposizione della direttiva, secondo la quale il contratto resta vincolante per le parti secondo i medesimi termini, sempre che esso possa sussistere senza le clausole abusive, possa conseguire che, in una situazione in cui il professionista opera avvalendosi di clausole abusive che, secondo il suo diritto nazionale, non vincolano il consumatore, ma, senza tali clausole, che formano parte del contratto, il detto professionista non avrebbe stipulato il detto contratto con il consumatore, non venga meno la validità di tutto il contratto, se questo è eseguibile senza le clausole abusive.

3) Se, dal punto di vista dell’applicazione del diritto comunitario, sia rilevante che la controversia principale sia sorta prima dell’adesione della Repubblica di Ungheria all’Unione europea, ma dopo l’adattamento del suo diritto nazionale alla direttiva».

Sulla competenza della Corte

30 Con la terza questione, che va risolta per prima, il giudice a quo vuole in sostanza sapere se la Corte sia competente a risolvere la prima e la seconda delle questioni sollevate. Infatti, i fatti a base della controversia di cui alla causa a qua risalgono a epoca anteriore all’adesione della Repubblica d’Ungheria all’Unione europea, ma successiva al ravvicinamento dell’ordinamento giuridico di tale Stato alla direttiva.

Osservazioni sottoposte alla Corte

31 Il governo ungherese e la Commissione delle Comunità europee sostengono che la direttiva non è applicabile alla controversia di cui alla causa a qua, in quanto i fatti risalgono a epoca anteriore all’adesione della Repubblica d’Ungheria all’Unione europea. Sostengono che questa controversia dev’essere risolta in applicazione delle norme di legge nazionali in vigore al momento della stipula del contratto in esame e del sorgere di tale controversia.

32 Secondo il governo ceco, la circostanza che il procedimento dinanzi al giudice nazionale sia iniziato prima dell’adesione della Repubblica d’Ungheria non è di per sé determinante. Ciò che conta è che il rapporto giuridico di cui alla causa a qua si è concluso prima dell’adesione.

33 I governi austriaco, spagnolo, lettone e austriaco sostengono, per contro, che, a partire dall’adesione all’Unione europea, il giudice nazionale del nuovo Stato membro è obbligato, in un caso come quello di cui alla causa a qua, a interpretare le disposizioni di diritto nazionale intese al ravvicinamento di queste ultime con la direttiva, nell’ottica di quest’ultima. Quando una questione pregiudiziale viene sollevata da un giudice nazionale ai sensi dell’art. 234 CE, la Corte sarebbe in linea di principio tenuta a darvi soluzione. Inoltre, il governo lettone ricorda che, secondo la costante giurisprudenza, la Corte si riconosce competente a statuire su domande di pronuncia pregiudiziale vertenti su disposizioni comunitarie, in situazioni in cui i fatti di cui alla causa a qua si collocano al di fuori dell’ambito di applicazione del diritto comunitario, ma nelle quali tali disposizioni di diritto sono state rese applicabili dal diritto nazionale (sentenze 18 ottobre 1990, cause C-297/88 e C-197/89, Dzodzi, Racc. pag. I-3763, punto 36, e 17 luglio 1997, causa C-130/95, Giloy, Racc. pag. I-4291, punto 23). Tale governo precisa a questo riguardo che, se una disposizione di diritto nazionale è di contenuto identico a quella di diritto comunitario, le dette due disposizioni devono ricevere uniforme interpretazione, a prescindere dalla questione se l’adesione di uno Stato membro all’Unione europea sia intervenuta prima o dopo il ravvicinamento della normativa nazionale di questo Stato con il diritto comunitario.

Giudizio della Corte

34 Dall’ordinanza di rinvio risulta che lo Szombathelyi Városi Bíróság chiede con la prima e la seconda questione l’interpretazione da parte della Corte dell’art. 6, n. 1, della direttiva, al fine di valutare la portata di norme di diritto nazionale.

35 Si deve tuttavia ricordare che, secondo la decisione di rinvio, i fatti di cui alla causa a qua risalgono a epoca anteriore all’adesione della Repubblica d’Ungheria all’Unione europea.

36 Orbene, la Corte è competente a interpretare la direttiva soltanto per quanto attiene alla sua applicazione nel nuovo Stato membro, a decorrere dalla data dell’adesione di quest’ultimo all’Unione europea (v., in tal senso, sentenza 15 giugno 1999, causa C-321/97, Andersson e Wåkerås-Andersson, Racc. pag. I-3551, punto 31).

37 Dal momento che nella specie i fatti di cui alla causa a qua sono anteriori all’adesione della Repubblica d’Ungheria all’Unione europea, la Corte non è competente a interpretare la direttiva.

38 Considerato quanto precede, la terza questione pregiudiziale va risolta dichiarando che in circostanze come quelle di cui alla causa a qua, i cui fatti sono anteriori all’adesione di uno Stato all’Unione europea, la Corte non è competente a risolvere la prima e la seconda questione.

Sulle spese

39 Nei confronti delle parti nella causa principale il presente procedimento costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute per presentare osservazioni alla Corte, diverse da quelle delle dette parti, non possono dar luogo a rifusione.

Per questi motivi, la Corte (Grande Sezione) dichiara:

In circostanze come quelle di cui alla causa a qua, i cui fatti sono anteriori all’adesione di uno Stato all’Unione europea, la Corte di giustizia non è competente a risolvere la prima e la seconda questione.

Firme