Cass. Sez. III n. 10978 del 22 marzo 2010 (CC 27 gen. 2010)
Pres. Fiale Est. Sarno Ric. Farruggio
Urbanistica. Fiscalizzazione illecito edilizio
Il provvedimento di fiscalizzazione dell’illecito edilizio, regolamentato dall'art. 34 DPR 380/01 non equivale ad una sanatoria, atteso che non integra una regolarizzazione dell'illecito, considerato che le opere realizzate vengono tollerate, nello stato in cui si trovano, solo in funzione della conservazione di quelle realizzate legittimamente. La determinazione da parte del responsabile comunale della somma da versare dall’interessato nell’ambito della procedura dell’ari 34 DPR 380/01 non vincola il giudice nell’accertamento del reato nel senso che non preclude la possibilità di autonoma verifica in sede giudiziaria della entità e/o natura della difformità realizzata al fine di verificare se la stessa possa essere effettivamente definita parziale o debba invece essere ritenuta totale.
UDIENZA Cc.. del 27.01.2010
SENTENZA N. 139
REG. GENERALE N. 27737/2009
 REPUBBLICA ITALIANA
 IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
 LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
 Sez. III Penale
Composta dagli  ill.mi  Sigg.ri Magistrati:
Dott. ALDO  FIALE                                             Presidente
 Dott. AGOSTINO CORDOVA                              Consigliere
 Dott. LUIGI MARINI                                            Consigliere
 Dott. GIULIO SARNO                                         Rel. Consigliere
 Dott. SANTI GAZZARA                                       Consigliere
 ha pronunciato la seguente
 ORDINANZA
 sul ricorso proposto da:
 1) FARRUGGIO ANGELO N. IL xx/xx/xxxx
 - avverso l'ordinanza n. 553/2009 TRIB. LIBERTA' di ROMA, del  12/06/2009;
 - sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. GIULIO SARNO;
- lette/sentite le  conclusioni del  PG Dott. Izzo Gioacchino che ha concluso per il rigetto del ricorso.
 
 Con l'ordinanza in epigrafe il tribunale di Roma - sezione per il  riesame -  rigettava l'appello proposto da Farruggio Angelo avverso l'ordinanza con  la  quale il GIP di Velletri aveva rigettato la richiesta di dissequestro di  tre  edifici residenziali in Artena per i quali si contestava la  realizzazione di una  volumetria maggiore di mc 2290,16, rispetto a quella autorizzata pari a  mc  5049,51.
 Il tribunale, dopo avere premesso che l'istante - ingiunto a rimuovere  le opere  abusive - aveva provveduto al pagamento della sanzione pecuniaria ex  art. 34 DPR  380/01 assumendo l'impossibilità di procedere ad una demolizione  limitata del  manufatto, respingeva l'appello sul rilievo che le questioni proposte  non  riguardavano la legittimità del titolo ablativo generico ma la validità  della  sanatoria conseguente al pagamento della sanzione pecuniaria e che  quest'ultima  era stata legittimamente esclusa in ragione della notevole volumetria  realizzata  in eccesso.
 Propone in questa sede ricorso il Farruggio deducendo con motivo unico  la  violazione dell'art. 34 DPR 380/01 sul rilievo che erroneamente il  tribunale del  riesame avrebbe ritenuto la difformità totale e non parziale alla luce  delle  norme tecniche del Piano Regolatore Generale vigente.
 Dopo avere sintetizzato il contenuto dell'art. 9 delle predette  disposizioni  recante la descrizione degli indici ed urbanistici, ed avere escluso la  rilevanza esterna all'amministrazione del contenuto delle circolari  dell'Assessorato all'Urbanistica Regionale recanti indirizzi e criteri  generali  da seguire nella formazione dei Regolamenti Edilizi Comunali, il  ricorrente  conclude rilevando che i vani scala aperti, non portavano ad avere  cubatura  essendo volontà della società proprietaria di demolire la muratura per  sostituirla con elementi tubolari verticali; che per le coperture a  tetto degli  edifici non vi erano altre disposizioni oltre a quelle contenute nelle  circolari  di cui sopra sulle percentuali da rispettare; che l'analisi di superfici  non  residenziali realizzate fuori dal PdC 39/05 consentiva l'accesso alla  procedura  dell'art. 36 DPR 380/01 ma che era consentita anche la procedura  dell'art. 34 in  quanto le variazioni avevano comportato incremento di superfici o volumi  alle  unità immobiliari già in progetto senza aumento di numero o modifiche di   destinazione d'uso; che ai sensi dell'art. 31 DPR 380/01 i volumi  realizzati  oltre i limiti del progetto approvato rilevano come totale difformità  solo se  l'opera abusiva presenti il duplice requisito dell'autonoma  utilizzabilità e  della specifica rilevanza.
 Ed aggiunge anche il ricorrente che mentre il tribunale aveva omesso di  valutare  suindicati elementi contenuti nella consulenza depositata in atti, il  responsabile comunale aveva invece ritenuto senz'altro legittima la  procedura  dell'art. 34 provvedendo a quantificare gli oneri poi corrisposti dalla  società  ricorrente, affermando infine che il giudice non ha potere di sindacare  l'operato della p.a..
 Motivi della decisione
 Il ricorso è inammissibile.
 Si deve anzitutto premettere che il provvedimento di fiscalizzazione  dell'illecito edilizio, regolamentato dall'art. 12 delle legge 28  febbraio 1985  n. 47 (ed ora dall'art. 34 DPR 380/01) non equivale ad una sanatoria,  atteso che  non integra una regolarizzazione dell'illecito, considerato che le opere   realizzate vengono tollerate, nello stato in cui si trovano, solo in  funzione  della conservazione di quelle realizzate legittimamente (Sez. 3, n.  13978 del  25/02/2004 Rv. 228451).
 Inoltre si deve rilevare anche che la determinazione da parte del  responsabile  comunale della somma da versare dall'interessato nell'ambito della  procedura  dell'art. 34 DPR 380/01 non vincola il giudice nell'accertamento del  reato nel  senso che non preclude la possibilità di autonoma verifica in sede  giudiziaria  della entità e/o natura della difformità realizzata al fine di  verificare se la  stessa possa essere effettivamente definita parziale o debba invece  essere  ritenuta totale.
 Tale verifica assume infatti connotazione decisiva sulla sussistenza del  reato  di cui all'art. 44 lett. b) - ravvisabile unicamente nell'ipotesi di  difformità  totale e, come più' volte affermato da questa Corte, il giudice  nell'esercizio  della potestà penale tenuto in via autonoma ad accertare la conformità  dell'opera eseguita con le disposizioni in materia urbanistico -  edilizia. La  compatibilità del manufatto con gli strumenti urbanistici è infatti  elemento  costitutivo dei reati contemplati dalla normativa urbanistica (Sez. 3,  n. 41620  del 02/10/2007 Rv. 237995 ).
 E' da escludere, quindi, che la revoca del sequestro debba  automaticamente  conseguire al versamento della somma stabilita dal Comune nell'ambito  della  cennata procedura dell'art. 34 o che al giudice penale sia inibita la  possibilità di autonomi e/o ulteriori accertamenti sull'entità  dell'abuso.
 Correttamente, quindi, il tribunale del riesame ha ritenuto di dover  procedere  ad una autonoma verifica della persistenza del fumus sull'istanza   dell'interessato.
 Ed in questo senso appare incensurabile - in quanto correttamente e  logicamente  motivata - la valutazione connessa alla ragguardevole entità complessiva   dell'abuso stesso che già aveva determinato il sequestro degli immobili.
 Quanto ai rilievi del ricorrente, a prescindere dalla considerazione  che, come  correttamente osservato dal tribunale, essi attengono in realtà alla  legittimità  stessa del sequestro, se ne rende senz'altro necessaria la verifica  dibattimentale postulando accertamenti specifici incompatibili con la  fase in  esame (peraltro per alcuni aspetti, si fa riferimento anche ad  interventi di  modifica progettati e non ancora realizzati) che non consente - secondo  l'orientamento consolidato l'instaurazione di un processo nel processo.
 A mente dell'art. 616 c.p.p., alla declaratoria di inammissibilità  consegue  l'onere delle spese del procedimento, nonché del versamento di una somma  in  favore della Cassa delle ammende, fissata in via equitativa, in ragione  dei  motivi dedotti, nella misura di euro 1000.
 P. Q. M.
 Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento  delle  spese processuali, nonché al versamento, in favore della Cassa delle  ammende,  della somma di euro 1.000.
 Cosi deciso, il giorno 27.1.2010
 
 DEPOSTATA IN CANCELLERIA 22 MAR. 2010
                    



