Cass. Sez. III n. 20381 del 13 maggio 2013 (Ud. 22 gen. 2013)
Pres. Lombardi Est. Fiale Ric. Cretella
Urbanistica. Prescrizione del reato urbanistico ed onere probatorio

In tema di decorrenza della data di prescrizione del reato edilizio e di spostamento di essa ad una data diversa da quella dell'accertamento - fermo restando l'onere incombente sull'accusa di fornire la prova dell'inizio della decorrenza del termine in oggetto - non è sufficiente la semplice e diversa affermazione da parte dell’imputato per ritenere che il reato si sia realmente estinto per prescrizione, o quanto meno per ritenere incerta la data con conseguente ricorso al principio “in dubio pro reo". Invero, in base alla regola iuris secondo la quale chiunque affermi un fatto o una circostanza determinati è tenuto a darne prova, è preciso onere dell'imputato che voglia avvalersi della invocata causa estintiva, in contrasto o in aggiunta a quanto già risulta in proposito dagli atti di causa, quello di allegare gli elementi In suo possesso, dei quali è il solo a potere concretamente disporre, onde determinare la data di Inizio del decorso del termine di prescrizione. In assenza di una prova siffatta non può che valere la diversa data prospettata dall'accusa e coincidente con la data di accertamento della condotta illecita.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Udienza pubblica
Dott. LOMBARDI Alfredo Maria - Presidente - del 22/01/2013
Dott. FIALE Aldo - rel. Consigliere - SENTENZA
Dott. FRANCO Amedeo - Consigliere - N. 169
Dott. ORILIA Lorenzo - Consigliere - REGISTRO GENERALE
Dott. RAMACCI Luca - Consigliere - N. 35056/2012
ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
CRETELLA PASQUALE N. IL 15/11/1966;
avverso la sentenza n. 2775/2011 CORTE APPELLO di FIRENZE, del 23/03/2012;
visti gli atti, la sentenza e il ricorso;
udita in PUBBLICA UDIENZA del 22/01/2013 la relazione fatta dal Consigliere Dott. ALDO FIALE;
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. SPINACI Sante che ha concluso per la declaratoria di inammissibilità del ricorso.

RITENUTO IN FATTO
La Corte di appello di Firenze, con sentenza del 23.3.2012, ha confermato la sentenza 23.3.2010 del Tribunale di Firenze - Sezione distaccata di Pontassieve, che aveva affermato la responsabilità penale di Cretella Pasquale in ordine al reato di cui:
- al D.P.R. n. 380 del 2001, art. 44, lett. b), (per avere realizzato, in assenza del prescritto permesso di costruire, la messa in opera di una casa prefabbricata, nonché la costruzione di una tettoia tubolare in ferro e lamiera di mt. 40x7 e di altri manufatti - acc. in Figline Valdarno, loc. Restone, il 5.2.2008) e, riconosciute circostanze attenuanti genetiche, lo aveva condannato alla pena di giorni 10 di arresto ed Euro 4.000,00 di ammenda, concedendo i doppi benefici.
Avverso tale sentenza ha proposto ricorso il Cretella, il quale - sotto i profili della violazione di legge e del vizio di motivazione - ha eccepito:
- la inconfigurabilità del reato, anche in relazione all'elemento soggettivo, in quanto le opere realizzate non sarebbero assoggettate, per le loro caratteristiche, al regime del permesso di costruire;
- la prescrizione del reato, in quanto i manufatti dovrebbero ritenersi realizzati "alla data del 1 gennaio 2007";
- la eccessività della pena e, comunque, il diniego immotivato della conversione della pena detentiva in quella pecuniaria corrispondente. CONSIDERATO IN DIRITTO
1. I primi due motivi di ricorso sono infondati.
1.1 Nella specie risulta accertata la intervenuta realizzazione, in assenza di titolo abilitativo: a) di una doppia recinzione - la prima con pali di cemento e la seconda con strutture in ferro - di un terreno agricolo adibito a deposito di materiali di un'impresa di noleggio di attrezzature e ponteggi per l'edilizia; b) di una vasta tettoia destinata a deposito di elementi componibili per impalcature;
c) di una struttura abitativa prefabbricata in uso agli operai impiegati nell'azienda.
Non si tratta, chiaramente, di opere precarie, perché la natura "precaria" di un manufatto - secondo la giurisprudenza di questa Corte Suprema (vedi, ex plurimis, Cass., sez. 3: 26.6.2009, n. 26573, Morandin; 22.6.2009, n. 25965, Bisulca; 25.2.2009, n. 22054, Frank; 9.5.2007, Quintiero; 12.1.2007, Compagnucci; 28.9.2006, Grifoni; 21.3.2006, Cavallini) - ai fini dell'esenzione dal permesso di costruire, non può essere desunta dalla temporaneità della destinazione soggettivamente data all'opera dal costruttore ma deve ricollegarsi alla intrinseca destinazione materiale di essa ad un uso realmente precario e temporaneo, per fini specifici, contingenti e limitati nel tempo, con conseguente e sollecita eliminazione, non essendo sufficiente che si tratti eventualmente di un manufatto smontabile e/o non infisso al suolo.
In senso assolutamente conforme, secondo la giurisprudenza del Consiglio di Stato, la precarietà di un manufatto non dipende dai materiali utilizzati o dal suo sistema di ancoraggio al suolo, bensì dall'uso al quale il manufatto stesso è destinato; pertanto, essa va esclusa quando trattasi di struttura destinata a dare un'utilità prolungata nel tempo, indipendentemente dalla facilità della sua rimozione, a nulla rilevando la temporaneità della destinazione data all'opera del proprietario, in quanto occorre valutare la stessa alla luce della sua obiettiva e intrinseca destinazione naturale (vedi C. Stato, sez. 5: 15.6.2000, n. 3321; 23.1.1995, n. 97). Nella vicenda in esame sono rilevanti, dunque, le esigenze alle quali le opere realizzate assolvono e tali esigenze risultano palesemente non temporanee, emergendo ad evidenza - ed essendo stata illustrata con motivazione adeguata, coerente ed immune da vizi logico-giuridici - l'attitudine del manufatti ad una utilizzazione non contingente ne' limitata nel tempo, indicativa dell'impegno effettivo e durevole del territorio.
Nessun concreto elemento, inoltre, risulta prodotto a sostegno della tesi difensiva secondo la quale il manufatto prefabbricato sarebbe stato posto in esposizione per la vendita, considerato che l'impresa dell'imputato non svolgeva tale tipo di attività commerciale. 1.2 Il reato non era prescritto al momento della pronuncia della sentenza impugnata.
L'accertamento risale ai 5.2.2008 e la scadenza del termine ultimo di prescrizione coincide, pertanto, con il 5.2.2013.
La giurisprudenza di questa Corte è assolutamente uniforme (vedi, ex plurimis, Cass., Sez. 3, 7.5.2009, n. 19082) nell'affermare che, in tema di decorrenza della data di prescrizione del reato edilizio e di spostamento di essa ad una data diversa da quella dell'accertamento - fermo restando l'onere incombente sull'accusa di fornire la prova dell'inizio della decorrenza del termine in oggetto - non è sufficiente la semplice e diversa affermazione da parte dell'imputato per ritenere che il reato si sia realmente estinto per prescrizione, o quanto meno per ritenere incerta la data con conseguente ricorso al principio "in dubio pro reo". Invero, in base alla regula iuris secondo la quale chiunque affermi un fatto o una circostanza determinati è tenuto a darne prova, è preciso onere dell'Imputato che voglia avvalersi della invocata causa estintiva, in contrasto o in aggiunta a quanto già risulta in proposito dagli atti di causa, quello di allegare gli elementi In suo possesso, dei quali è il solo a potere concretamente disporre, onde determinare la data di inizio del decorso del termine di prescrizione. In assenza di una prova siffatta non può che valere la diversa data prospettata dall'accusa e coincidente con la data di accertamento della condotta illecita. Nella fattispecie in esame il manufatto prefabbricato risulta acquistato nel gennaio 2008, mentre l'epoca di realizzazione degli altri manufatti è stata fatta risalire dal giudice di primo grado, senza precisa determinazione, all'anno 2007, ma non sicuramente ai 1 gennaio di quell'anno.
2. La pena risulta determinata, in misura palesemente lieve, con corretto riferimento ai criterì direttivi di cui all'art. 133 cod. pen., ma il terzo motivo di ricorso è fondato limitatamente alla
richiesta di conversione della pena detentiva.
Tale richiesta, infatti, costituiva oggetto dell'atto di appello ed è stata del tutto ignorata dalla Corte di merito.
3. La sentenza impugnata, conseguentemente, deve essere annullata limitatamente alla richiesta di conversione della pena detentiva e deve disporsi il rinvio, sul punto, ad altra Sezione della Corte di appello di Firenze.
Il ricorso, invece, va rigettato nel resto.

P.Q.M.
annulla la sentenza impugnata limitatamente alla richiesta di conversione della pena detentiva e rinvia, sui punto, ad altra Sezione della Corte di appello di Firenze. Rigetta nel resto il ricorso.
Così deciso in Roma, il 22 gennaio 2013.
Depositato in Cancelleria il 13 maggio 2013