Cass. Sez.III n.37168 del 5 settembre 2014 (Ud 6 mag. 2014)
Pres. Squassoni Est. Di Nicola Ric. Autizi
Urbanistica.Attenuante della riparazione del danno

La circostanza attenuante della avvenuta riparazione del danno non è applicabile ai reati edilizi quando l'abbattimento volontario dell'opera abusiva sia avvenuto in epoca posteriore all'emanazione dell'ordinanza sindacale che impone la demolizione delle opere, la cui inottemperanza avrebbe determinato l‘acquisizione del sito al patrimonio comunale

RITENUTO IN FATTO

1. La Corte di appello di Roma, con sentenza emessa in data 31 ottobre 2013, ha parzialmente riformato la pronuncia resa dal Tribunale di Rieti riducendo la pena inflitta a A.C., concesse le attenuanti generiche, a mesi quattro, giorni venti di arresto ed Euro 15.000,00 di ammenda per i reati previsti del D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, art. 44, lett. b) e art. 95, accertati in data (OMISSIS).

Al ricorrente è stato contestato (D.P.R. n. 380 del 2001, art. 44, lett. b) il fatto di aver realizzato, in assenza del permesso di costruire, un muro con sovrastante basamento delle dimensioni di m.

l. 9,40x5,40 circa, sul quale era stato eretto un fabbricato, costituito da blocchetti in cemento e coperture in legno e tegole, aventi dimensioni planimetriche pari a m. l. 9,40 x5,40 ed altezze variabili dai m. l. 2,70 ai m. l. 3,70 all'interno del quale erano stati ricavati tre distinti ambienti mediante tramezzatura ed una tettoia.

2. Per l'annullamento dell'impugnata sentenza, A.C. ha proposto, tramite il proprio difensore, ricorso per cassazione affidando il gravame a due motivi con i quali deduce violazione di legge per erronea valutazione delle prove e difetto di motivazione nonchè violazione di legge per omessa declaratoria di estinzione del reato ed omessa concessione dell'attenuante di cui all'art. 62 c.p., n. 6.

Assume che il giudice di appello ha omesso di valutare tutti gli elementi sottoposti al suo vaglio evitando, da un lato, di esporre le ragioni per le quali ha rigettato le doglianza avanzate e, dall'altro, ha fondato il giudizio di colpevolezza esclusivamente sulle ortofoto omettendo di considerare che questa hanno un mero valore indiziario ed omettendo di motivare sull'idoneità delle deposizioni testimoniali, fondate su mere ipotesi e valutazioni personali degli operanti, a provare il reato (primo motivo).

Lamenta poi che il Giudice d'appello erroneamente non ha applicato analogicamente la causa estintiva di cui al D.Lgs. 22 gennaio 2004, n. 42, art. 181, comma 1 quinquies, essendo intervenuta la remissioni in pristino con la demolizione delle opere, nè ha concesso l'attenuante prevista dall'art. 62 c.p., n. 6 proprio n virtù dell'avvenuta e spontanea demolizione del manufatto (secondo motivo).

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è manifestamente fondato.

2. Il primo motivo è proposto fuori dai casi consentiti.

Con esso il ricorrente, attraverso deduzioni meramente assertive che implicano valutazioni di merito insuscettibili di esame in sede di legittimità, sollecita una inammissibile rivalutazione delle prove avendo il Giudice del merito adeguatamente logicamente motivato circa la formulazione del giudizio di penale responsabilità.

La Corte territoriale ha infatti chiaramente spiegato, rigettando l'analogo motivo d'appello, come il teste D., ascoltato al dibattimento, avesse confermato che era stata realizzata una nuova costruzione sia sulla base di una comparazione dello stato attuale dei luoghi con i rilievi fotografici pregressi e acquisiti al momento del sopralluogo, ossia dell'accertato abuso, e sia sul presupposto che lo stesso teste, in altro sopralluogo effettuato quindici giorni prima, non aveva notato in loco la realizzata ed abusiva costruzione.

3. Il secondo motivo è parimenti manifestamente infondato.

3.1. Sotto il primo profilo della doglianza, in conformità al costante orientamento di questa Corte, va osservato che, a differenza dal reato paesaggistico, nel reato urbanistico la demolizione delle opere abusive non comporta l'estinzione della contravvenzione (ex multis, Sez. 3^, n. 17535 del 24/03/2010, Medina, Rv. 247167), essendo diverso l'oggetto della tutela penale ed essendo la causa estintiva prevista dal D.Lgs. n. 42 del 2004, art. 181, comma 1 quinquies, concepita come una misura di carattere premiale limitatamente alle condotte illecite minori (esclusivamente quelle di cui al primo comma della disposizione) di turbativa del paesaggio per coloro che procedono alla rimessione in pristino delle aree o degli immobili soggetti al vincolo paesaggistico, prima che essa venga disposta d'ufficio dall'autorità amministrativa e comunque prima della condanna, mirando il legislatore ad invogliare le condotte di tempestivo recupero della zona sottoposta al vincolo affinchè il paesaggio riacquisti il precedente aspetto esteriore con conseguente recupero del suo pregio estetico che costituisce ad un tempo l'oggetto e la ragione della tutela.

3.2. Sotto il secondo profilo della doglianza, la Corte territoriale ha sottolineato come, da un lato, non sia affatto risultato che la demolizione fosse stata eseguita dal ricorrente spontaneamente ed indipendentemente dall'ingiunzione a demolire e come, dall'altro, siano stati acquisiti, pur in mancanza della relata di notifica in atti dell'ordine di demolizione, concreti elementi per ritenere che l'ingiunzione fu impartita dalla pubblica amministrazione prima dell'eseguita demolizione, essendo stato l'ordine rivolto, in un frangente temporale in cui l'abbattimento non era stato evidentemente ancora eseguito, nei confronti di un terzo acquirente cui l'imputato aveva alienato il terreno sul quale era ricaduto l'abuso.

Sicchè, nel negare la configurabilità dell'attenuante, la Corte d'appello si è correttamente attenuta al principio di diritto secondo il quale la circostanza attenuante della avvenuta riparazione del danno non è applicabile ai reati edilizi quando l'abbattimento volontario dell'opera abusiva sia avvenuto in epoca posteriore all'emanazione dell'ordinanza sindacale che impone la demolizione delle opere, la cui inottemperanza avrebbe determinato l'acquisizione del sito al patrimonio comunale (Sez. 3^, n. 29991 del 13/07/2011, Crisà, Rv. 251025).

4. Sulla base delle considerazioni che precedono, la Corte ritiene pertanto che il ricorso debba essere dichiarato inammissibile, con conseguente onere per il ricorrente, ai sensi dell'art. 616 c.p.p., di sostenere le spese del procedimento.

Tenuto, poi, conto della sentenza della Corte costituzionale in data del 13 giugno 2000, n. 186, e considerato che non vi è ragione di ritenere che il ricorso sia stato presentato senza "versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità", si dispone che il ricorrente versi la somma, determinata in via equitativa, di Euro 1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso in Roma, il 6 maggio 2014.
Depositato in Cancelleria il 5 settembre 2014