Consiglio di Stato Sez. VI n. 4830 del 18 ottobre 2017
Urbanistica.Conoscenza del permesso di costruire tramite cartello di cantiere

La richiesta di accesso non è idonea ex se a differire sensibilmente i termini di proposizione del ricorso, qualora il vicino, asseritamente pregiudicato dalla costruzione, attraverso il cartello di cantiere sia stato reso edotto degli estremi del titolo edilizio: infatti, se per un verso deve essere assicurata al vicino la tutela in sede giurisdizionale dei propri interessi nei confronti di un intervento edilizio ritenuto illegittimo, per altro verso deve parimenti essere salvaguardato l’interesse del titolare del permesso di costruire a che l’esercizio di detta tutela venga attivato senza indugio e non irragionevolmente o colposamente differito nel tempo, al fine di evitare la creazione di una situazione di incertezza delle situazioni giuridiche in contrasto con il principio dell’affidamento



Pubblicato il 18/10/2017

N. 04830/2017REG.PROV.COLL.

N. 06165/2017 REG.RIC.

N. 06166/2017 REG.RIC.


REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

ex artt. 38 e 60 cod. proc. amm.
sul ricorso numero di registro generale 6165 del 2017, proposto dall’originaria ricorrente Crazzolara Ingrid, in proprio e in qualità di legale rappresentante dell’impresa Ciasa Milandura S.a.s. di Ingrid Crazzolara & C., rappresentata e difesa dagli avvocati Emiliano Fumagalli, Alessandro Ezechieli e Andrea Manzi, con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultimo in Roma, via Federico Confalonieri, n. 5;

contro

Comune di Badia, in persona del Sindaco in carica, rappresentato e difeso dagli avvocati Manfred Schullian e Luca Mazzeo, con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultimo in Roma, via Eustachio Manfredi, 5;

nei confronti di

Pizzinini Hugo, Pizzinini Paolo e la Società Rosa Alpina S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentati e difesi dagli avvocati Hartmann Reichhalter e Michela Reggio D’Aci, con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultimo in Roma, via degli Scipioni, n. 288;


sul ricorso numero di registro generale 6166 del 2017, proposto dall’originaria ricorrente Crazzolara Ylenia e dagli originari intervenienti ad adiuvandum Crazzolara Benno, Crazzolara Ingrid, Plankensteiner Manuela e dall’associazione Heimatpflegeverband Südtirol, tutti rappresentati e difesi dagli avvocati Emiliano Fumagalli, Alessandro Ezechieli e Andrea Manzi, con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultimo in Roma, via Federico Confalonieri, n. 5;

contro

Comune di Badia, in persona del Sindaco in carica, rappresentato e difeso dagli avvocati Manfred Schullian e Luca Mazzeo, con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultimo in Roma, via Eustachio Manfredi, 5;

nei confronti di

Pizzinini Hugo, Pizzinini Paolo e la Società Rosa Alpina S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentati e difesi dagli avvocati Hartmann Reichhalter e Michela Reggio D’Aci, con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultimo in Roma, via degli Scipioni, n. 288;

per la riforma

quanto al ricorso n. 6165 del 2017:

della sentenza del Tribunale regionale di giustizia amministrativa, Sezione autonoma di Bolzano, n. 265/2017, resa tra le parti e concernente: impugnazione di concessione edilizia;

quanto al ricorso n. 6166 del 2017:

per la riforma

della sentenza del Tribunale regionale di giustizia amministrativa, Sezione autonoma di Bolzano, n. 264/2017, resa tra le parti e concernente: impugnazione di concessione edilizia;


Visti i ricorsi in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio delle rispettive parti appellate;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore, nella camera di consiglio del giorno 28 settembre 2017, il consigliere Bernhard Lageder e uditi, per le parti, gli avvocati Manzi, Mazzeo, Schullian e Reichhalter;

Sentite le stesse parti ai sensi dell’art. 60 cod. proc. amm.;


1. PREMESSO che – previa riunione dei ricorsi in epigrafe, per ragioni di connessione oggettiva (essendo in primo grado stata impugnata la medesima concessione edilizia) e parzialmente soggettiva, e giusta segnalazione alle parti all’odierna udienza cautelare – si ravvisano i presupposti per definire la causa con sentenza in forma semplificata;

2. CONSIDERATO che il T.r.g.a. - Sezione autonoma di Bolzano, con la sentenza n. 265/2017 (impugnata con il ricorso in appello n. 6165/2017), ha dichiarato irricevibile il ricorso n. 65 del 2017, proposto da Crazzolara Ingrid, in proprio e quale titolare dell’impresa alberghiera Ciasa Milandura S.a.s. di Ingrid Crazzolara & C., avverso la concessione edilizia n. 42/2016 del 10 maggio 2016 (e i presupposti pareri della commissione edilizia comunale), rilasciata dal Comune di Badia in favore dei controinteressati Pizzinini Paolo, Pizzinini Hugo e Rosa Alpina s.r.l. «per l’esecuzione dei lavori di realizzazione di una nuova sede di maso chiuso (stalla/fienile e casa d’abitazione) sulle pp.ff. 4516/1 e 4517 C.C. Badia a San Cassiano» (v. così, testualmente, la concessione edilizia), in quanto proposta tardivamente con ricorso notificato il 3 aprile 2017, ampiamente oltre il decorso del termine di decadenza di sessanta giorni a far tempo dal rilascio della concessione edilizia e dall’inizio dei lavori nel mese di maggio 2016, e che lo stesso T.r.g.a., con la parallela sentenza n. 264/2017, ha dichiarato inammissibile il ricorso n. 307 del 2016, proposto da Crazzolara Ylenia avverso la medesima concessione edilizia, per carenza di legittimazione e d’interesse a ricorrere attesa l’inconfigurabilità dell’elemento della vicinitas qualificante la posizione della ricorrente (residente in un edificio sito a una distanza di quasi 300 m dal fondo interessato dalla costruzione), dichiarando comunque, in entrambe le sentenze, l’infondatezza dei ricorsi anche nel merito;

3. RITENUTO, in reiezione del motivo d’appello dedotto avverso la declaratoria di irricevibilità del ricorso n. 65 del 2017, che:

- alla luce delle acquisite risultanze istruttorie è rimasto comprovato che il cantiere, allestito nel mese di maggio 2016, sin dall’inizio era munito di un cartello di cantiere, sul quale risultava espressamente indicato, quale oggetto della costruzione, la «realizzazione di nuova sede di maso chiuso», e il quale riportava gli estremi della concessione edilizia n. 42/2016 del 10 maggio 2016 (v. doc. 25 del fascicolo di primo grado dell’originaria ricorrente) che a sua volta contemplava, quale oggetto del titolo edilizio, «l’esecuzione dei lavori di realizzazione di una nuova sede di maso chiuso (stalla/fienile e casa d’abitazione) sulle pp.ff. 4516/1 e 4517 C.C. Badia a San Cassiano»;

- avendo l’apposizione del prescritto cartello di cantiere la funzione di esporre al pubblico i titoli edilizi rilasciati e i nominativi dei responsabili dall’attività edilizia in corso, onde consentire a eventuali controinteressati di far valere in sede amministrativa e/o giurisdizionale le proprie posizioni giuridiche soggettive eventualmente lese dall’attività edilizia (e rendere agevolmente individuabili i soggetti responsabili qualora durante lo svolgimento delle attività di cantiere derivino danni nel confronti di terzi), era onere dell’originaria ricorrente di attivarsi immediatamente e senza indugio presso i competenti uffici comunali per prendere visione del progetto, dal quale risultava in modo chiaro e univoco che sarebbero stati realizzati sia una nuova casa di abitazione sia un fabbricato rurale (con la precisazione, in linea di diritto, che la richiesta di accesso non è idonea ex se a differire sensibilmente i termini di proposizione del ricorso, qualora il vicino, asseritamente pregiudicato dalla costruzione, attraverso il cartello di cantiere sia stato reso edotto degli estremi del titolo edilizio: infatti, se per un verso deve essere assicurata al vicino la tutela in sede giurisdizionale dei propri interessi nei confronti di un intervento edilizio ritenuto illegittimo, per altro verso deve parimenti essere salvaguardato l’interesse del titolare del permesso di costruire a che l’esercizio di detta tutela venga attivato senza indugio e non irragionevolmente o colposamente differito nel tempo, al fine di evitare la creazione di una situazione di incertezza delle situazioni giuridiche in contrasto con il principio dell’affidamento; v. in tale senso, ex plurimis, Cons. Stato, Sez. VI, 18 luglio 2016, n. 3191);

- peraltro, la specificazione sul cartello, quale oggetto della costruzione, della realizzazione di una «nuova sede del maso», rendeva evidente che sarebbero stati realizzati sia una casa di abitazione sia un fabbricato rurale (fienile-stalla), intendendosi, sia nel linguaggio comune sia nel linguaggio giuridico, per sede del maso chiuso una casa di abitazione con relativi annessi rustici (v. art. 2 l. prov. n. 17/2001; art. 20 d.P.G.P. n. 5/1998; nel regime previgente, art. 2 d.P.G.P. n. 8/1962, di approvazione del testo unico delle leggi provinciali sull’ordinamento dei masi chiusi nella Provincia di Bolzano);

- a ciò si aggiunge che, come correttamente rilevato nell’impugnata sentenza n. 265/2017, la natura dei lavori eseguiti sin dal mese di maggio 2016 era tale che chiunque vi poteva inferire, in modo univoco e secondo massime di comune esperienza, che i lavori erano vòlti alla costruzione anche di una casa di abitazione e non solo di un fabbricato rustico (infatti, l’esecuzione di uno scavo profondo finalizzato alla costruzione di garages o altri locali interrati era di per sé indicativa della costruzione di una casa di abitazione, essendo un fabbricato rurale costituito da stalla e fienile notoriamente privo di vani interrati);

- come, poi, altrettanto puntualmente rilevato nell’impugnata sentenza, la notizia della costruzione di una nuova sede masale da parte degli originari controinteressati era stata riportata su tutti i locali mass media, sia in occasione della presentazione, in data 28 giugno 2016, di un ricorso in via amministrativa ex art. 105 l. urb. prov. da parte di altri vicini, sia in occasione della proposizione, a fine novembre 2016, del ricorso giudiziario n. 307 del 2016 da parte di Crazzolara Ylenia;

- alla luce degli evidenziati elementi probatori precisi, plurimi e concordanti, nonché tenuto conto della natura delle censure dedotte dall’originaria ricorrente – incentrate sull’asserita inammissibilità ab imis del rilascio di una concessione edilizia per la realizzazione di una casa di abitazione sul fondo in questione e dunque vòlte a contestare l’an e non solo il quomodo di siffatta costruzione –, deve ritenersi incontrovertibilmente comprovato che l’originaria ricorrente sin dal mese di maggio 2016 fosse stata a piena conoscenza dell’intervento progettato e in grado di valutarne l’eventuale incidenza lesiva sulla propria sfera giuridica, mentre il ricorso introduttivo di primo grado è stato notificato il 3 aprile 2017, e dunque ampiamente oltre il termine di decadenza di cui all’art. 41, comma 2, cod. proc. amm., maturato a fine luglio 2016;

4. RITENUTA, altresì, l’infondatezza del motivo d’appello proposto avverso la statuizione di inammissibilità del ricorso n. 307 del 2016 per carenza di legittimazione e d’interesse in capo all’originaria ricorrente Crazzolara Ylenia, in quanto:

- la stessa adduce a situazione legittimante la circostanza di risiedere stabilmente in un edificio (sito a San Cassiano nel Comune di Badia, via Pecei n. 17, come da certificato di residenza storico e auto-dichiarazione asseverata, in atti), a distanza di quasi 300 m dalla nuova costruzione (precisamente, di 283 m, giusta planimetria prodotta sub doc. 24 del fascicolo di primo grado), in posizione dominante – su un pendio sovrastante – rispetto al luogo di ubicazione della nuova costruzione (v. documentazione fotografica in atti), asseritamente integrante il requisito della vicinitas che radicherebbe la propria legittimazione e il proprio interesse a ricorrere;

- a prescindere dal rilievo che la stabile residenza in un edificio sito a una distanza di quasi 300 m dal sito della nuova costruzione – la quale ultima peraltro, secondo la documentazione fotografica prodotta dalla stessa ricorrente, è avvistabile, dall’edificio in cui essa risiede, limitatamente alla parte di una falda del tetto – appare di per sé inidonea a integrare l’elemento materiale della vicinitas, ritiene il Collegio che la tesi invocata dagli odierni appellanti muova da un ormai datato concetto di vicinitas, basato sul semplice collegamento del soggetto ricorrente con la zona oggetto di edificazione, e che, per contro, il mero criterio della vicinitas non possa ex se radicare la legittimazione (e l’interesse) al ricorso, dovendo la parte ricorrente pur sempre fornire la prova concreta del pregiudizio specifico inferto dagli atti impugnati a una propria situazione giuridica soggettiva (ad. es., sub specie di deprezzamento del valore di un bene in proprietà, o di concreta compromissione del diritto alla salute), non essendo sufficiente a integrare una situazione qualificata di legittimazione (e di interesse) a ricorrere la generica deduzione di una semplice riduzione del panorama dovuta all’intervento edilizio (nella specie, peraltro, comunque da escludere sulla base delle risultanze della documentazione fotografica in atti), radicante un interesse di mero fatto non azionabile in giudizio (v. in tal senso, ex plurimis, Cons. Stato, Sez. IV, 2 febbraio 2016, n. 383, con ulteriori richiami);

- il ricorso di primo grado appare dunque riconducibile più che all’esercizio di un’azione a tutela di una posizione giuridica soggettiva differenziata facente capo all’originaria ricorrente e sorretta da un interesse concreto, attuale e personale, a un’azione di tipo popolare a tutela del paesaggio e dell’assetto urbanistico-edilizio della frazione comunale (San Cassiano nel Comune di Badia) di residenza della ricorrente, come tale inammissibile, con conseguente corretta pronuncia di inammissibilità non scalfita, per le esposte ragioni, in modo dirimente dal motivo d’appello in esame;

5. CONSIDERATO che la qui confermata declaratoria di inammissibilità del ricorso principale di primo grado n. 307 del 2016 travolge gli ivi spiegati interventi ad adiuvandum, come da corretto rilievo del T.r.g.a., a prescindere dall’inammissibilità, nei giudizi impugnatori con finalità annullatoria, di interventi ad adiuvandum svolti da parti cointeressate a termine scaduto;

6. RILEVATO che restano assorbiti i motivi d’appello proposti avverso le sentenze impugnate nelle parti in cui il T.r.g.a., dopo aver dichiarato i ricorsi irricevibili e rispettivamente inammissibili, li ha anche dichiarati infondati nel merito, trattandosi di motivazioni ad abundantiam che si risolvono in meri obiter dicta privi di qualsiasi relazione causale con le adottate pronunce assolutorie in rito che impediscono l’ingresso delle questioni di merito, sicché tali motivazioni, in quanto svolte in modo meramente virtuale e insuscettibili di assurgere a giudicato, non possono formare oggetto di impugnazione e, in ogni caso, devono ritenersi assorbiti;

7. RITENUTA, in considerazione di ogni elemento connotante la presente controversia, la sussistenza dei presupposti di legge per dichiarare le spese del presente grado di giudizio interamente compensate tra tutte le parti;

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), definitivamente pronunciando sugli appelli in epigrafe (ricorsi n. 6165 del 2017 e n. 6166 del 2017), tra di loro riuniti, li respinge e, per l’effetto, conferma le impugnate sentenze, nei sensi di cui in motivazione; dichiara le spese del presente grado di giudizio interamente compensate tra tutte le parti.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del giorno 28 settembre 2017, con l’intervento dei magistrati:

Luciano Barra Caracciolo, Presidente

Bernhard Lageder, Consigliere, Estensore

Vincenzo Lopilato, Consigliere

Francesco Mele, Consigliere

Francesco Gambato Spisani, Consigliere

         
         
L'ESTENSORE        IL PRESIDENTE
Bernhard Lageder        Luciano Barra Caracciolo