Consiglio di Stato Sez. VII n. 1710 del 27 febbraio 2025 
Urbanistica.Il certificato di destinazione urbanistica non è impugnabile

Deve essere esclusa l’autonoma impugnabilità del certificato di destinazione urbanistica, dato che questo si configura come una certificazione redatta da un pubblico ufficiale, avente natura ed effetti meramente dichiarativi e non costitutivi di posizioni giuridiche, le quali discendono invece da altri provvedimenti, che hanno a loro volta determinato la situazione giuridica acclarata dal certificato stesso. Pertanto, il certificato, in quanto privo di efficacia provvedimentale, non ha alcuna concreta lesività, il che rende impossibile la sua autonoma impugnazione, mentre gli eventuali errori contenuti in esso potranno essere corretti dalla stessa amministrazione, su istanza del privato, oppure quest’ultimo potrà impugnare davanti al giudice amministrativo gli eventuali successivi provvedimenti concretamente lesivi, adottati in base all’erroneo certificato di destinazione urbanistica.

Pubblicato il 27/02/2025

N. 01710/2025REG.PROV.COLL.

N. 07490/2024 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Settima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 7490 del 2024, proposto dall’Associazione Moschea Abu Bakar, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocato Luca Bauccio e dall’Avvocato Aldo Russo, con domicilio eletto presso lo studio dello stesso Avvocato Luca Bauccio in Milano, via A. Maffei, n. 1

contro

Comune di Magenta, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocato Paolo Bertacco, con domicilio eletto presso il suo studio in Milano, via San Clemente, n. 1

per la riforma

della sentenza n. 1619 del 28 maggio 2024 del Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia, sede di Milano, resa inter partes, notificata il 26 giugno 2024, che ha respinto il ricorso R.G. n. 1756/2020 proposto dall’odierna appellante avverso il rigetto opposto dal Comune di Magenta con PEC del 10 luglio 2020 in relazione alla richiesta formulata dall’Associazione ricorrente il 30 gennaio 2020 per l’assegnazione di un’area da adibire a luogo di culto per la comunità musulmana.


visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Magenta;

visti tutti gli atti della causa;

relatore nell’udienza pubblica del giorno 18 febbraio 2025 il Consigliere Massimiliano Noccelli e uditi per l’Associazione appellante l’Avvocato Aldo Russo e per il Comune appellato l’Avvocato Andrea Manzi su delega scritta dell’Avvocato Paolo Bertacco;

ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. L’odierna appellante, l’Associazione Moschea Abu Bakar (di qui in avanti solo l’Associazione), con sede legale nel Comune di Magenta, è un’associazione di promozione sociale costituita nel 2018.

1.1. Lo statuto dell’Associazione prevede che essa “raccoglie persone di fede religiosa musulmana ma non esclude né limita l’adesione a essa da parte di persone di altre fedi” e precisando che l’ente “si propone di costituire e realizzare una moschea nella città di Magenta, compatibilmente e nel rispetto delle norme di diritto urbanistico e di diritto pubblico …” (art. 3 dello statuto).

1.2. Con l’istanza del 30 gennaio 2020 l’Associazione ha chiesto al Comune di Magenta l’«assegnazione di un’area adeguata e consona da adibire a luogo di culto per la comunità mussulmana», ossia «un luogo da adibire stabilmente al culto e alle attività religiose della comunità mussulmana».

1.3. Nel corso del procedimento, l’istante ha evidenziato come nel vigente PGT comunale “si evince l’esistenza di un’area (distinta al Nuovo Catasto Terreni nel Comune di Magenta al foglio 21 mappale 778), cui lo strumento urbanistico attribuisce, tra l’altro, anche destinazione per attrezzature religiose” (pec del 10 marzo 2020).

1.4. A conclusione del procedimento, l’amministrazione comunale con provvedimento del 10 luglio 2020 ha respinto l’istanza dell’associazione.

2. L’Associazione istante ha impugnato avanti al Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia, sede di Milano (di qui in avanti, per brevità, il Tribunale), il provvedimento di diniego del 10 luglio 2020 affidando il gravame a due motivi.

2.1. Con il primo motivo la ricorrente in prime cure ha allegato la violazione dei diritti inviolabili dell’uomo in materia di libertà di religione, di culto, di manifestazione del pensiero e di espressione, garantiti dalla Costituzione (art. 19 Cost.) e dalla Carta europea dei diritti dell’uomo, oltre che alla carenza di istruttoria e alla violazione dei principi di proporzionalità e ragionevolezza dell’azione amministrativa in relazione ai singoli presupposti sostanziali su cui si fonda il diniego.

2.1.1. Essa in proposito ha evidenziato che il Comune non ha attuato «quanto previsto dal PGT vigente per un’area che risulta avere già una destinazione conforme alla realizzazione del luogo di culto in questione ovvero con l’individuazione di altra area/fabbricato, adeguato e consono, da poter fruire al medesimo».

2.1.2. Inoltre, la ricorrente in prime cure ha sostenuto che il Comune ha errato nell’affermare che non sono stati indicati i requisiti indispensabili, richiesti dall’amministrazione, per adibire un’area quale luogo di culto (come l’indicazione del luogo in cui dovrebbe sorgere il luogo di culto; il numero di persone della comunità mussulmana in Magenta interessate alla partecipazione al culto; la capacità dell’istante a sostenere investimenti o a remunerare la concessione di un ipotetico diritto di superficie).

2.2. Con il secondo motivo la ricorrente in prime cure ha contestato l’assunto del Comune secondo cui poiché l’associazione «si è costituita come Associazione di Promozione Sociale» alla luce del “consolidato orientamento” della giurisprudenza del Consiglio di Stato «l’attività di culto non può di per sé essere intesa come attività di promozione sociale (cfr. sentenza n. 181/2013 CdS)», cosicché «la qualità dell’istante come associazione di promozione sociale, per la quale l’art. 71 del D. Lgs. 117/2017 ne consente l’insediamento della sede in edifici con qualunque destinazione d’uso, non l’autorizza ad insediare un luogo di culto non occasionale o precario in aree e territori comunali non vocati (ordinanza 6178-2018 Cds)».

2.2.1. La ricorrente, a sostegno della doglianza, ha evidenziato come la tesi del Comune sia stata già confutata dal Tribunale stesso con la sentenza n. 1511 del 3 agosto 2020, che ha ritenute infondate le eccezioni sollevate dal Comune per sostenere che l’associazione non fosse legittimata a promuovere il ricorso avverso il diniego del Comune alla concessione di un’area pubblica, richiesta per sole poche ore, per uno scambio augurale in occasione della festa del sacrificio nell’estate del 2019.

2.3. Nel costituirsi nel primo grado del giudizio, la difesa comunale ha replicato alle cesure sollevate.

2.4. All’udienza del 24 maggio 2024 la causa è stata trattenuta in decisione dal primo giudice.

3. Infine, con la sentenza n. 1619 del 18 maggio 2024, il Tribunale, pur accogliendo il secondo motivo di ricorso e, per l’effetto, riconoscendo la legittimazione dell’Associazione a richiedere l’assegnazione di un’area per il culto, invece erroneamente esclusa dal Comune, ha nel merito respinto il ricorso.

3.1. Ad avviso del primo giudice, infatti, l’Associazione con l’istanza del 30 gennaio 2020 ha chiesto al Comune l’assegnazione di un’area adeguata e consona da adibire a luogo di culto per la comunità mussulmana, ossia «un luogo da adibire stabilmente al culto e alle attività religiose della comunità mussulmana», evidenziando la presenza di un’area, avente tale destinazione, nel vigente PGT comunale “al foglio 21 mappale 778”.

3.2. Più in particolare, nella relazione del Piano dei Servizi, allegato al vigente PGT, l’area indicata dall’Associazione risulta disciplinata, come affermato dalla difesa comunale (memoria del 16.10.2023, pag. 11) quale “Area per un intervento di verde urbano attrezzato, con possibile realizzazione di altri servizi di cui maturi la necessità (tra i quali: un insediamento per attrezzature religiose da realizzare in diritto di superficie)” (par. 7.1, lett. f), pag. 42).

3.3. A fronte di tale precisa destinazione, nel provvedimento impugnato si afferma che per la concessione del diritto di superficie sulla predetta area (al foglio 21 mappale 778) sarebbe necessaria l’indizione di un’indagine di “mercato” e, nel rispetto del principio di parità di trattamento, l’indagine di mercato si rivolgerebbe in generale alla platea delle confessioni religiose interessate a presentare una proposta progettuale tesa a realizzare l’istallazione di attrezzature religiose, attenendosi alle “modalità attuative che saranno stabilite”.

3.4. Tale assunto si pone, ad avviso del Tribunale, quale ragione autonoma a fondamento del rigetto dell’istanza, che si aggiunge alle altre ragioni di reiezione (come l’indicazione del luogo in cui dovrebbe sorgere il luogo di culto; il numero di persone della comunità mussulmana in Magenta interessate alla partecipazione al culto; la capacità dell’istante a sostenere investimenti o a remunerare la concessione di un ipotetico diritto di superficie).

3.5. Con questo assunto il Comune avrebbe, sempre ad avviso del Tribunale, di fatto riconosciuto l’esistenza di un’area pubblica da adibire stabilmente a culti religiosi, area che nel corso del procedimento veniva poi effettivamente individuata come potenzialmente impiegabile allo scopo preposto.

3.6. Il Comune ha poi affermato che per mettere a disposizione l’area de qua occorreva avviare idonee procedure ad evidenza pubblica con un’“indagine di mercato”.

3.7. L’amministrazione in altri termini, considerata la destinazione urbanistica dell’area finalizzata alla realizzazione di strutture per esercizio di culti, non poteva, ad avviso del Tribunale, che rigettare l’istanza dell’associazione ricorrente volta ad ottenere la predetta area in via diretta, dovendo preliminarmente avviare il procedimento evidenziale finalizzato all’assegnazione del diritto di superficie relativo a quell’area.

3.8. Nel caso di specie l’infondatezza delle censure rivolte nei confronti di una delle autonome ragioni poste a fondamento dell’atto gravato manterrebbe in piedi l’atto, con assorbimento, per carenza di interesse, delle altre censure rivolte nei confronti delle altre autonome ragioni.

3.9. Il Tribunale, alla luce di tali ragioni, ha pertanto respinto il ricorso proposto in primo grado dall’Associazione, pur riconoscendole, come detto, la legittimazione a richiedere l’assegnazione dell’area.

4. Avverso tale sentenza ha proposto appello l’Associazione, lamentandone l’erroneità nella parte in cui ha respinto il ricorso per le ragioni che di seguito saranno esaminate, e ne ha chiesto la riforma.

4.1. Si è costituito l’appellato, il Comune di Magenta, per chiedere la reiezione dell’appello.

4.2. Le parti hanno depositato le rispettive memorie nei termini di cui all’art. 73 c.p.a.

4.3. Nell’udienza pubblica del 18 febbraio 2025 il Collegio, sentiti i difensori delle parti, ha trattenuto la causa in decisione.

5. L’appello è fondato per le assorbenti ragioni che seguono.

6. La domanda oggetto di contenzioso riguarda l’individuazione di uno spazio da adibire in modo permanente e duraturo a luogo di culto religioso per la comunità musulmana, luogo indispensabile per assicurare effettività a libertà primarie e inderogabili quale quella religiosa.

6.1. L’Associazione, formulata la richiesta di individuazione di un luogo da fruire in modo permanente e duraturo quale luogo di culto, ha segnalato al Comune altresì che nella relazione del Piano dei Servizi, allegato al vigente PGT, l’area corrispondente al foglio 21 mappale 778, come del resto confermato in giudizio anche dal Comune (memoria del 16 ottobre 2023, p. 11, depositata in primo grado), è qualificata quale “Area per un intervento di verde urbano attrezzato, con possibile realizzazione di altri servizi di cui maturi la necessità (tra i quali: un insediamento per attrezzature religiose da realizzare in diritto di superficie)” (par. 7.1, lett. f), pag. 42).

6.2. In tal senso sono le allegazioni che l’Associazione ha effettuato con la memoria del 10 marzo 2020 (all. 2 sub doc. 7), ove l’Associazione ha evidenziato che l’area per il luogo di culto poteva essere localizzato anche nel foglio 21 mappale 778.

6.3. Sul punto, inoltre, l’appellante rammenta che l’impugnazione di primo grado non a caso veniva estesa anche al certificato di destinazione urbanistica, datato 22 settembre 2020, trasmesso dal Comune (con PEC del 24 settembre 2020: doc. 5) a seguito dell’istanza dell’Associazione (in data 26 agosto 2020, prot.n. 35556: doc. 9), formulata in relazione alla richiesta del luogo di culto in questione.

6.4. Lamenta l’appellante che la sentenza qui gravata oblitera del tutto che, contrariamente alle risultanze degli estratti del PGT forniti dalla medesima Associazione in allegato alla propria memoria del 10 marzo 2020 e ignorati dal Comune, per quell’area – almeno in modo espresso – il certificato di destinazione non riferisce della destinazione per attrezzature religiose.

6.5. In altre parole, anche dopo il rigetto dell’istanza, il Comune avrebbe continuato a ignorare, se non peggio, a negare di fatto quella destinazione non riportandola espressamente nell’impugnato certificato: il che renderebbe evidente come il Comune non abbia inteso proprio considerare quell’area salvo poi cercare di trovare – inammissibilmente solo in giudizio – delle giustificazioni per dare l’impressione di averlo in qualche modo considerato ai fini del rigetto.

6.6. Ma, sul punto, l’Associazione deduce che:

a) non v’è dubbio che quell’area sia già destinata e fungibile per la funzione cui si riferisce la domanda dell’Associazione;

b) al riguardo oggetto di impugnazione completamente obliterato dalla sentenza appellata è il certificato di destinazione, che a conferma del rigetto di cui si controverte non riferiva della destinazione che qui interessa per l’area dianzi indicata;

c) l’Associazione aveva dato e confermato la propria disponibilità al confronto e, ove vi fosse stata la necessità di acquisire ulteriori elementi e/o anche di definire termini e modalità per l’assegnazione in diritto di superficie, questo non era motivo di diniego, bensì al contrario di accoglimento della richiesta di localizzazione con rinvio a successiva procedura per la relativa assegnazione.

6.7. Dunque, le ragioni erano e sarebbero tutt’altro che nel senso del rigetto.

6.8. Inoltre, il Comune in sede di istruttoria e nel suo diniego (docc. 1-3) non si sarebbe peritato di far riferimento all’area segnalata dall’Associazione: anzi, a seguito della richiesta del certificato di destinazione (doc. 9), ha fornito una certificazione che non riportava la possibilità della destinazione in questione e in ragione di ciò anch’essa è stata impugnata.

6.9. Ciò rileva perché proprio per quanto precede la considerazione dell’area in questione e della sua destinazione avrebbe condotto non certo al gravato rigetto bensì a dover:

a) dare atto che quell’area in base al PGT vigente è fruibile per un insediamento per attrezzature religiose da realizzare in diritto di superficie;

b) aprire quel confronto che comunque l’Associazione aveva chiesto in ordine a modalità e termini per pervenire alla fruizione;

c) a tutto voler concedere, in questa stessa ottica avrebbe dovuto non negare, bensì “avviare” proprio quelle «idonee procedure ad evidenza pubblica con un’“indagine di mercato”» per pervenire all’assegnazione di quello spazio indicato dall’Associazione ed effettivamente fruibile per «un insediamento per attrezzature religiose da realizzare in diritto di superficie».

7. L’Associazione appellante precisa che essa non ha inteso né intende sottrarsi alle procedure di evidenza per l’assegnazione dell’area, ma ha chiesto e chiede, ribadendolo in questa sede, l’individuazione di uno spazio fruibile quale luogo di culto: tale spazio a questo punto è confermato poter essere quello individuato nel foglio 21 mappale 77.

7.1. Eppure il Comune, acquisito questo dato, non avrebbe affatto ritenuto di provvedere in merito, malgrado la disponibilità e il sollecito in tal senso dell’Associazione, preferendo invece, almeno sin qui, trincerarsi dietro il gravato rigetto fornendo per di più un certificato di destinazione che illegittimamente non riporta in adeguata evidenza questa opportunità.

8. Le censure dell’appellante, di cui si è dato sin qui sintetico ragguaglio, in effetti risultano fondate perché risulta comprovato che essa in sede di interlocuzione procedimentale aveva indicato l’area corrispondente al foglio 21 mappale 778, come del resto confermato in giudizio anche dal Comune (memoria del 16 ottobre 2023, p. 11, depositata avanti al Tribunale), qualificata quale “Area per un intervento di verde urbano attrezzato, con possibile realizzazione di altri servizi di cui maturi la necessità (tra i quali: un insediamento per attrezzature religiose da realizzare in diritto di superficie)” (par. 7.1, lett. f), pag. 42).

8.1. Anche nella memoria di replica in questa sede depositata il 28 gennaio 2025 (p. 4), del resto, il Comune di Magenta ammette che il certificato di destinazione contiene un chiaro rimando alla disciplina urbanistica applicabile e al Piano dei Servizi, la cui Relazione (ben nota all’Associazione), riporta espressamente come l’area, situata tra strada Robecco e via Tobagi, fosse già stata oggetto di interesse da parte della Chiesa Evangelica di Magenta, riconoscendo, dunque, la sua destinazione urbanistica a fini di culto.

8.2. Il Comune di Magenta, invece, nel provvedimento impugnato ha inteso negare l’esistenza in toto di qualsivoglia area destinabile a luogo di culto, senza minimamente prendere in considerazione, a differenza di quanto sostiene erroneamente il primo giudice nella sentenza impugnata, la specifica indicazione data dall’Associazione richiedente, asserendo che non fosse stato indicato il “luogo” da adibire a culto, mentre tale indicazione, con riferimento all’area di cui si è detto, è stata evidentemente data dall’Associazione, senza trovare puntuale riscontro nel provvedimento comunale stesso.

8.3. Il Comune, al contrario, ha affermato che «oltretutto – pure ipotizzando l’esistenza di un bene immobile (un edificio, o parte di esso) disponibile nella città di Magenta per l’esercizio del culto – anche a seguito della sentenza n. 254/2019 della Corte costituzionale – la conseguente installazione di un luogo di culto risulterebbe comunque subordinata alla realizzazione di almeno tre condizioni […]: i) il rilascio del permesso di costruire; ii) la stipula con il Comune di una convenzione a fini urbanistici; iii) l’accertamento della conformità urbanistica in base ai principi della materia».

8.4. Ma l’adempimento di queste condizioni, di cui l’Associazione richiedente, a detta del Comune, non si sarebbe preoccupata, non era nemmeno ipotizzabile e richiedibile una volta che, come il Comune stesso ha perentoriamente affermato nel provvedimento, non esistesse nel territorio comunale un terreno in ipotesi destinabile a culto.

8.5. Si comprende, dunque, che la soddisfazione di queste tre essenziali condizioni era preclusa, in ipotesi, dalla stessa inesistenza di un terreno destinabile a culto, affermata dal Comune, il quale invece non si è dato carico di verificare a monte se, come invece la richiedente aveva indicato, esistesse almeno un’area, secondo la pianificazione urbanistica, destinabile a culto.

8.6. E tanto è dimostrato eloquentemente dal successivo passaggio motivazionale del provvedimento comunale, impugnato in primo grado, nella parte in cui il Comune afferma che «anche nell’eventualità che una delle aree ex adverso [sic] indicate in futuro possa essere destinata all’installazione di attrezzature religiose, per la concessione del diritto di superficie sarebbe necessaria l’indizione di un’indagine di “mercato”» e «difatti, nel rispetto del principio di parità di trattamento, l’indagine di mercato si rivolgerebbe in generale alla platea delle confessioni religiose […] interessate a presentare una proposta progettuale tesa a realizzare l’istallazione di attrezzature religiose, attenendosi alle modalità attuative che saranno stabilite» e ciò, ha precisato ancora il Comune, «per meglio individuare il possibile oggetto del contratto di concessione, nel rispetto dei principi di economicità ed efficienza dell’azione pubblicistica e nel rispetto delle tempistiche procedimentali necessarie per istruire un procedimento di tale tipo, nonché nel rispetto dei requisiti tecnici ed economici prestabiliti».

9. È evidente dalla lettura del provvedimento, pertanto, che il Comune non solo abbia escluso recisamente l’esistenza di un’area, ma ha anche precisato – anticipando le linee, e le scelte, di una propria eventuale futura azione amministrativa – che, se pure tale area per l’installazione di attrezzature religiose vi fosse, la concessione di essa avrebbe dovuto seguire una procedura di scelta del concessionario che, nel rispetto del principio di parità tra tutte le confessioni religiose, consentisse la destinazione dell’area in ipotesi disponibile a quella che offrisse le migliori garanzie sul piano di una efficiente proposta progettuale.

9.1. Il vizio di istruttoria che affligge il provvedimento comunale emerge nella misura in cui esso, perentoriamente, esclude l’esistenza di un’area da adibire a luogo di culto che, invece, risulterebbe esistente secondo la pianificazione urbanistica e, nel richiedere contraddittoriamente all’Associazione adempimenti che, invece, presuppongono l’esistenza di detta area, comunque evidenzia che, quando pure detta area fosse disponibile, sarebbe necessaria seguire una procedura ad evidenza pubblica.

9.2. In questo modo, tuttavia, il Comune, nonostante quanto esso stesso affermi nel provvedimento circa il rispetto delle pronunce della Corte costituzionale in materia di libertà religiosa, frappone un illegittimo e insormontabile ostacolo all’esercizio della libertà di culto da parte dell’Associazione richiedente (v., sul punto, proprio Corte cost., 5 dicembre 2019, n. 254), con un diniego che, nella sua perentorietà immotivata, blocca qualsiasi prospettiva e iniziativa di questa, che pure, dopo l’accesso agli atti e nel contraddittorio procedimentale, ha indicato un’area potenzialmente destinabile al culto secondo gli strumenti urbanistici.

9.3. Altrettanto chiaro poi risulta che le ragioni espresse dalla sentenza impugnata, nel confermare il provvedimento di rigetto, integrano una motivazione postuma da parte del primo giudice, il quale non ha considerato che nel provvedimento impugnato in prime cure mai il Comune si è confrontato con la precisazione indicazione dell’area da parte dell’Associazione richiedente, ma ha inteso erroneamente negare a priori l’esistenza di una qualsivoglia area destinabile a culto.

9.4. Nel riesercitare il potere, dunque, il Comune prenderà in considerazione detta area, chiarendo se essa sia effettivamente destinabile al culto, e solo dopo avere individuato l’esistenza di detta area o di altra in ipotesi destinabile a culto, secondo la strumentazione urbanistica vigente, richiederà all’Associazione interessata il puntuale adempimento delle tre condizioni, di cui sopra si è detto, al fine di verificare la concreta fattibilità di detta proposta progettuale, valutando, dipoi, la necessità di procedere ad una indagine di mercato o, in ogni caso, ad una procedura selettiva per l’assegnazione di detta (o altra) area in concessione nel rispetto del principio di concorrenza e, quanto alla specifica vicenda, di parità tra le confessioni religiose interessate al godimento dell’area.

10. Per le assorbenti ragioni, di cui si è detto, e con l’effetto conformativo, appena indicato, l’appello dell’Associazione va dunque accolto e, in riforma della sentenza impugnata, devono essere annullati gli atti gravanti in prime cure, nei limiti sopra precisati, conseguendone l’obbligo di provvedere per il Comune appellato ai sensi di cui sopra.

10.1. Deve invece essere esclusa l’autonoma impugnabilità del certificato di destinazione urbanistica, dato che questo, secondo la prevalente giurisprudenza amministrativa, si configura come una certificazione redatta da un pubblico ufficiale, avente natura ed effetti meramente dichiarativi e non costitutivi di posizioni giuridiche, le quali discendono invece da altri provvedimenti, che hanno a loro volta determinato la situazione giuridica acclarata dal certificato stesso.

10.2. Pertanto, il certificato, in quanto privo di efficacia provvedimentale, non ha alcuna concreta lesività, il che rende impossibile la sua autonoma impugnazione nel presente giudizio (che, si ripete, ha ad oggetto un provvedimento comunale che ha negato in radice l’esistenza di una qualsiasi area destinabile a culto, non richiamando, dunque, detta certificazione, comunque non determinante), mentre gli eventuali errori contenuti in esso potranno essere corretti dalla stessa amministrazione, su istanza del privato, oppure quest’ultimo potrà impugnare davanti al giudice amministrativo gli eventuali successivi provvedimenti concretamente lesivi, adottati in base all’erroneo certificato di destinazione urbanistica.

11. Le spese del doppio grado del giudizio, per la novità delle questioni esaminate, possono essere interamente compensate tra le parti.

11.1. Il Comune di Magenta, comunque soccombente, deve essere condannato a rimborsare in favore dell’Associazione il contributo unificato richiesto per la proposizione del ricorso in primo e in secondo grado.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Settima), definitivamente pronunciando sull’appello, proposto dall’Associazione Moschea Abu Bakar, lo accoglie e per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, annulla il provvedimento impugnato in primo grado.

Compensa interamente tra le parti le spese del doppio grado del giudizio.

Condanna il Comune di Magenta a rimborsare in favore dell’Associazione Moschea Abu Bakar il contributo unificato richiesto per la proposizione del ricorso in primo e in secondo grado.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del giorno 18 febbraio 2025, con l’intervento dei magistrati:

Massimiliano Noccelli, Presidente FF, Estensore

Daniela Di Carlo, Consigliere

Pietro De Berardinis, Consigliere

Laura Marzano, Consigliere

Rosaria Maria Castorina, Consigliere