Consiglio di Stato Sez. VI n. 1924 del 7 marzo 2025
Urbanistica.Sanatoria opere abusive ed onere della prova al privato
L’onere della prova dell'ultimazione entro una certa data di un’opera edilizia abusiva, allo scopo di dimostrare che essa rientra fra quelle per le quali si può ottenere una sanatoria speciale ovvero fra quelle per cui non era richiesto un titolo ratione temporis perché realizzate legittimamente senza titolo, incombe sul privato a ciò interessato. Va tuttavia ammesso un temperamento secondo ragionevolezza nel caso in cui, il privato da un lato porti a sostegno della propria tesi sulla realizzazione dell'intervento prima di una certa data elementi rilevanti (aerofotogrammetrie, dichiarazioni sostitutive di edificazione o altre certificazioni attestanti fatti che costituiscono circostanze importanti) e, dall’altro, il Comune non analizzi debitamente tali elementi e fornisca elementi incerti in ordine alla presumibile data della realizzazione del manufatto privo di titolo edilizio.
Pubblicato il 07/03/2025
N. 01924/2025REG.PROV.COLL.
N. 09807/2020 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 9807 del 2020, proposto da Gennaro Sorrentino, rappresentato e difeso dall’avv. Maria Cuomo, con domicilio digitale come da PEC da registri di giustizia;
contro
il Comune di Praiano (Salerno), in persona del Sindaco pro tempore, non costituito in giudizio;
per la riforma
della sentenza del T.a.r. per la Campania, sez. st. di Salerno (Sezione seconda) n. 274/2020, resa tra le parti.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti tutti della causa;
Designato relatore il cons. Giuseppe La Greca;
Udita nell’udienza pubblica del 123 febbraio 2025 l’avv. Maria Cuomo;
Rilevato in fatto e ritenuto in diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1.- La domanda di annullamento veicolata con il ricorso di primo grado aveva ad oggetto le ordinanze n. 21 del giorno 11 luglio 2019 e n. 26 del successivo 26 luglio 2019 con le quali era stata ingiunta all’originario ricorrente la demolizione delle opere abusive ivi descritte e catastalmente identificate al foglio 1, particella 291, sub. 2 e sub. 4, del Comune di Praiano (Salerno).
2.-Sosteneva in prime cure il ricorrente come il Comune avesse errato a ritenere le opere di recente realizzazione, senza tener conto del corredo documentale in atti, compreso un elemento aerofogrammetrico, volto a dimostrare come in realtà il compendio edilizio fosse risalente ad un tempo nel quale diverso sarebbe stato il regime abilitativo che, nel caso di specie, avrebbe escluso il possesso di apposito titolo concessorio.
3.- All’esito dell’impugnativa con la quale la parte privata faceva valere plurimi vizi, il T.a.r. per la Campania, sez. st. di Salerno, sez. II, con sentenza n. 274 del 2020 rigettava il ricorso sulla base di un iter argomentativo che – premessi gli effetti del carattere estremamente vincolato delle ingiunzioni demolitorie – era così sintetizzabile:
- la parte privata non avrebbe fornito una prova inconfutabile circa la datazione del compendio immobiliare controverso, nella sua attuale consistenza e conformazione, in epoca anteriore all’introduzione dell’obbligo generalizzato di licenza edilizia;
- l’atto costitutivo di enfiteusi del 29 giugno 1895 (rep. n. 119), depositato in giudizio da parte ricorrente, si sarebbe limitato a menzionare una «casa colonica», con la quale non sarebbe stato, di certo, identificabile il complesso edilizio in contestazione;
- l’esibito stralcio aerofotogrammetrico del 19 ottobre 1954 avrebbe presentato un livello del tutto insufficiente di definizione grafica e non avrebbe consentito, quindi, di verificare l’asserita coincidenza dell’edificazione ivi riprodotta con quella esistente;
- il raffronto con le riproduzioni fotografiche satellitari pure versate in atti avrebbe indotto, anzi, ad escludere siffatta coincidenza;
- nel contempo, il pure esibito stralcio aerofotogrammetrico del 23 dicembre 1988 non avrebbe rivestito, di per sé, portata dirimente, considerata la sua posteriorità rispetto all’introduzione dell’obbligo generalizzato di licenza edilizia ed all’imposizione del vincolo paesaggistico sull’area di intervento.
Il T.a.r. ha anche affermato che le «opere si rivelano suscettibili, quindi, di determinare, per le caratteristiche dimensionali, strutturali e funzionali tramite esse acquisite dall’immobile preesistente, una trasformazione del territorio rilevante sotto il profilo urbanistico-edilizio e di integrare gli estremi degli interventi di nuova costruzione, in difformità totale e con variazioni essenziali rispetto al fabbricato originario, eseguiti in assenza del necessario permesso di costruire e sanzionabili, come tali, ai sensi dell’art. 31 del d.p.r. n. 380/2001».
4.- Avverso la predetta sentenza ha interposto appello la parte privata la quale ne ha chiesto la riforma sulla base di doglianze così articolate:
1) Error in iudicando, violazione e falsa applicazione di legge (artt. 7,8 e 10- bis l. n. 241 del 1990; art. 31 d.P.R. n. 380 del 2001); eccesso di potere sotto diversi profili.
Sostiene l’appellante che:
- l’omessa comunicazione di avvio del procedimento e del preavviso di rigetto avrebbero compromesso le facoltà partecipative della parte privata, vieppiù avuto riguardo ai documenti versati in atti e a quelli in possesso del Comune che avrebbero suggerito una interlocuzione procedimentale;
- il difetto di motivazione si anniderebbe nella mancata esplicitazione delle ragioni per le quali le opere, risalenti nel tempo, siano state ritenute abusive e soggette alla misura demolitoria;
- la corrispondenza tra le opere riprodotte fotograficamente e quelle reali, risulterebbe attestata anche nella relazione tecnica di parte non considerata dal T.a.r., ciò che avrebbe imposto un approfondimento istruttorio;
- la pregressa esistenza del compendio immobiliare sarebbe dimostrata da una combinazione di atti: l’atto di enfiteusi del 1892, l’atto di compravendita del giorno 8 febbraio 1957, l’atto di compravendita del 17 dicembre 1966;
- il Comune sarebbe stato a conoscenza dell’esistenza dell’immobile per effetto del deposito del tipo di frazionamento del 5 marzo 1996 (e la consistenza immobiliare avrebbe dovuto ritenersi realizzata e completata in epoca anteriore al 1954 in mancanza, all’epoca di un obbligo di accatastamento); circostanza, questa che, di per sé, avrebbe dovuto condurre a ritenere sussistente la violazione del d. P.R. n. 380 del 2001 poiché, in tesi, applicabile solo agli ad interventi realizzati successivamente;
- il T.a.r. erroneamente avrebbe ritenuto certa la trasformazione della originaria casa colonica in quella oggetto di accertamento e altrettanto erroneamente si sarebbe discostato dai documenti in atti, collocando la trasformazione in epoca recente;
- all’immobile andrebbe applicata la disciplina del c.d. stato legittimo;
- l’intervento avrebbe richiesto una autonoma valutazione, poiché la conferma dell’integrale ordine di demolizione pregiudicherebbe il diritto della parte ricorrente a conservare i manufatti, singolarmente descritti, per i quali avrebbe dovuto ritenersi inapplicabile l’art. 31 d.P.R. n. 380 del 2001 in ragione: a) di una precedente presentazione di istanza di cambio di destinazione d’uso; b) in presenza di manufatti asseritamente non computabili in punto di superficie e volume; c) in presenza della natura pertinenziale di talune opere e della non necessitò di provvedimenti autorizzatori.
5.- Il Comune di Praiano, sebbene ritualmente intimato, non si è costituito in giudizio.
6.- All’udienza pubblica del 13 febbraio 2025, presente la procuratrice dell’appellante la quale si è riportata alle già rassegnate domanda e conclusioni, l’appello è stato trattenuto in decisione.
7.- L’appello, alla stregua di quanto si dirà, è fondato nei sensi – e limiti – appresso specificati.
8.1.- Deve essere premesso che correttamente il Comune ha considerato nella loro unitarietà le opere realizzate, dovendosi, come correttamente avvenuto, guardare all’edificazione nel suo complesso e alla sua idoneità a dar luogo ad una trasformazione del territorio nell’accezione di cui all’art. 10 d.PR. n. 380 del 2001. La circostanza che, nel caso di specie, secondo la prospettazione di parte, alcune specifiche porzioni dell’intervento potessero essere assoggettate ad un regime abilitativo più ‘leggero’ rispetto all’obbligo di conseguimento del permesso di costruire, non esonerava il Comune dal considerare nella loro complessività, come avvenuto, le opere realizzate, e ritenerle, altrettanto correttamente, qui soggette a provvedimento concessorio.
8.2.- In tal senso, l’impostazione difensiva diparte appellante si mostra priva di fondatezza.
9.1.- Parimenti infondata è la tesi secondo cui al caso di specie non potesse essere applicato il testo unico per l’edilizia approvato con d.P.R. n. 380 del 2001 e il correlato sistema di disciplina dei titoli edilizi e sanzionatori ivi contemplato alla data di (asserita, anteriore al predetto decreto) realizzazione dell’intervento.
9.2.- Sul punto va ricordato che ai sensi dell’art. 7 della l. n. 50 del 1999, la natura e qualificazione dei testi unici misti -– qual è il d.P.R. n. 380 del 2001 – abbiano voluto soddisfare, tra gli altri criteri e princìpi direttivi, la puntuale individuazione del testo vigente delle norme; l’esplicita indicazione delle norme abrogate, anche implicitamente, da successive disposizioni; il coordinamento formale del testo delle disposizioni vigenti, apportando, nei limiti di detto coordinamento, le modifiche necessarie per garantire la coerenza logica e sistematica della normativa anche al fine di adeguare e semplificare il linguaggio normativo (cfr., in tal senso, Cons. Stato, Ad. gen., parere 29 marzo 2001). In tal senso la formale vigenza del d. P.R., n. 380 del 2001 a far data dalla sua formale entrata in vigore non era ostativa al suo richiamo in relazione a condotte precedenti le quali risultavano parimenti realizzabili e sanzionabili secondo le analoghe – e omologhe – norme recate dalle disposizioni precedenti, prime fra tutte quelle sancite nella l. n. 47 del 1985 che, nel caso di specie, ostavano alla edificazione nei termini in cui è stata realizzata.
10.- Fondata, invece, si rivela la censura volta a denunciare il complessivo difetto di istruttoria nell’identificazione della data di realizzazione delle opere di cui trattasi e, dunque, della disciplina cui esse erano assoggettate.
10.1.- La giurisprudenza della sezione (cfr. da ultimo, sentenze n. 3486 del 2021; n. 287 del 2024), alla quale va data continuità, è nel senso che grava sul privato l'onere di provare la data di realizzazione e la consistenza originaria dell'immobile abusivo, in quanto solo l’interessato può fornire inconfutabili atti, documenti ed elementi probatori che possano radicare la ragionevole certezza dell'epoca di realizzazione di un manufatto (cfr., per tutte, Cons. Stato, sez. IV, 1 aprile 2019, n. 2115; sez. VI, 3 giugno 2019, n. 3696; id., 5 marzo 2018, n. 1391). Tale orientamento è basato sul principio di vicinanza della prova, essendo nella sfera del privato la prova circa l'epoca di realizzazione delle opere edilizie e la relativa consistenza, in quanto, relativamente ad un immobile realizzato in assenza di titoli edilizi, solo l'interessato può fornire gli inconfutabili atti, documenti o gli elementi probatori che siano in grado di radicare la ragionevole certezza del carattere di sanabilità di un'opera edilizia, in ragione dell'eventuale preesistenza rispetto all'epoca dell'introduzione di un determinato regime normativo dello ius aedificandi, dovendosi, dunque fare applicazione del generale principio processuale per cui la ripartizione dell'onere della prova va effettuata secondo il principio della vicinanza della prova (Cons. Stato Sez. VI, 25 maggio 2020, n. 3304).
Peraltro, proprio il criterio della vicinanza della prova conduce ad un temperamento del rigoroso onere probatorio «secondo ragionevolezza» nei casi in cui il privato, da un lato, porti a sostegno della propria tesi sulla realizzazione dell'intervento prima di una certa data elementi rilevanti (ad esempio, aerofotogrammetrie, dichiarazioni sostitutive di edificazione o altre certificazioni attestanti fatti o circostanze rilevanti) e, dall’altro, la pubblica amministrazione, non analizzi debitamente tali elementi o vi siano elementi incerti in ordine alla presumibile data della realizzazione del manufatto privo di titolo edilizio.
In tal caso, non è escluso il ricorso alla prova per presunzioni, sulla scorta di valutazioni prognostiche basate su fatti notori o massime di comune esperienza, inferendo, così e secondo criteri di normalità, la probabile data di tale ultimazione da un complesso di dati, documentali, fotografici e certificativi, necessari in contesti o troppo complessi o laddove i rilievi cartografici e fotografici erano scarsi (Cons. giust. amm. sic., sez. giur., n. 219 del 2023 e giurisprudenza ivi citata).
In sostanza, la deduzione della parte privata di concreti elementi di fatto relativi all’epoca dell’abuso trasferisce – solo quella – l'onere della prova contraria in capo all’amministrazione (ex aliis, Cons. Stato, sez. VI, n. 24 del 2024).
10.2.- Ora, gli elementi documentali versati nella sede procedimentale (e in giudizio) dall’appellante, prima facie, a cominciare al rilievo aerofotogrammetrico, non consentivano (e non consentono, qui) di escludere, nitidamente, in fatto, la fondatezza delle considerazioni esposte dalla stessa parte privata in punto di preesistenza dell’immobile: in tal senso le impugnate ordinanze si mostrano frutto di una istruttoria difettosa considerato che i plurimi elementi documentali versati in atti erano idonei all’avvio di un’attività volta ad approfondire la effettiva collocazione temporale dell’edificazione.
Ciò detto, nel riaffermare in linea di diritto che l’onere della prova dell'ultimazione entro una certa data di un’opera edilizia abusiva, allo scopo di dimostrare che essa rientra fra quelle per le quali si può ottenere una sanatoria speciale ovvero fra quelle per cui non era richiesto un titolo ratione temporis perché realizzate legittimamente senza titolo, incombe sul privato a ciò interessato, va ammesso «un temperamento secondo ragionevolezza nel caso in cui, il privato da un lato porti a sostegno della propria tesi sulla realizzazione dell'intervento prima di una certa data elementi rilevanti (aerofotogrammetrie, dichiarazioni sostitutive di edificazione o altre certificazioni attestanti fatti che costituiscono circostanze importanti) e, dall’altro, il Comune non analizzi debitamente tali elementi e fornisca elementi incerti in ordine alla presumibile data della realizzazione del manufatto privo di titolo edilizio» (cfr. Cons. giust. amm. sic., sez. giur., n. 605 del 2023).
11.- Conclusivamente, per le considerazioni fin qui svolte, l’appello è fondato e va accolto sotto gli assorbenti profili del difetto di istruttoria e di motivazione; per l’effetto, in parziale riforma della sentenza appellata, va, in parte qua, accolto il ricorso di primo grado, salvi gli eventuali ulteriori provvedimenti dell’amministrazione, ove sia accertata (ma con onere probatorio a carico dell’amministrazione) la effettiva posteriorità della realizzazione dell’edificio all’introduzione dell’obbligo del titolo concessorio.
12.- L’Amministrazione valuterà altresì la sincronizzabilità degli elementi documentali con la nuova disciplina dello «stato legittimo».
13.- Gli specifici profili della vicenda consentono la compensazione delle spese del doppio grado.
14.- Dispone, a cura della Segreteria, la trasmissione di copia della presente sentenza al Sindaco del Comune di Praiano.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione sesta), definitivamente pronunciando sull’appello in epigrafe, lo accoglie nei sensi e limiti di cui in motivazione e, per l’effetto, in riforma dell’impugnata sentenza, accoglie, in parte qua, il ricorso di primo grado e annulla i provvedimenti ivi impugnati, salvi gli ulteriori provvedimenti.
Spese del doppio grado di giudizio compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.
Dispone, a cura della Segreteria della Sezione, la trasmissione di copia della presente sentenza, al Sindaco di Praiano (Salerno).
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 13 febbraio 2025 con l'intervento dei magistrati:
Sergio De Felice, Presidente
Roberto Caponigro, Consigliere
Giovanni Gallone, Consigliere
Roberta Ravasio, Consigliere
Giuseppe La Greca, Consigliere, Estensore