Cons.Stato Sez. IV n.4670 del 4 settembre 2012
Urbanistica. Presentazione DIA e oneri di urbanizzazione.

Il passaggio del tempo non produce un titolo costitutivo avente valore di assenso ma impedisce l'inibizione di un'attività già intrapresa in un momento anteriore. In tal modo, appare chiaro che l’efficacia del titolo formatosi in base all’atto del privato cioè la modalità abilitativa alla realizzazione dell’intervento edilizio, si determina indipendentemente dal mancato esercizio del potere di interdizione da parte della pubblica amministrazione, trattandosi di fattispecie che operano su piani giuridici diversi. L’obbligo di corrispondere gli oneri di urbanizzazione ed il costo di costruzione sorge in relazione alla situazione esistente al momento della presentazione della domanda, tale prassi è confermata anche dalla particolare disciplina della denuncia di inizio attività contenuta nella legge regionale (art 42 commi 2 e 3 della legge regionale della Lombardia n. 12 del giorno 11 marzo 2005 “Legge per il governo del territorio”) che prevede, da un lato, che il calcolo dei dovuti oneri di urbanizzazione e costo di costruzione sia allegato già al momento della presentazione della denuncia di inizio attività e, in secondo luogo, disponendo che il pagamento sia effettuato con le modalità previste dalla vigente normativa che, per gli oneri di urbanizzazione, impone l’adempimento entro trenta giorni successivi alla presentazione della denuncia di inizio attività, rendendo quindi impermeabile la disciplina ai mutamenti disciplinari successivi. (Segnalazione e massima a cura di F. Albanese)

N. 04670/2012REG.PROV.COLL.

N. 02570/2010 REG.RIC.

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso in appello n. 2570 del 2010, proposto da Nova Domus Italia s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avv.ti Mario Bassani, Cristina Bassani e Mario Sanino, ed elettivamente domiciliata presso quest’ultimo in Roma, viale Parioli n. 180, come da mandato a margine del ricorso introduttivo;

contro

Comune di Milano, in persona del sindaco legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avv.ti Maria Rita Surano, Antonello Mandarano e Raffaele Izzo, ed elettivamente domiciliato presso quest’ultimo in Roma, lungotevere Marzio n. 3, come da mandato in calce alla comparsa di costituzione e risposta;

e con l'intervento di

Le Fontane s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avv.ti Mario Bassani e Mario Sanino, ed elettivamente domiciliata presso quest’ultimo in Roma, viale Parioli n. 180, come da mandato in calce alla comparsa di costituzione e risposta;

per la riforma

della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia, sezione seconda, n. 12 del giorno 11 gennaio 2010;



Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Milano;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 26 giugno 2012 il Cons. Diego Sabatino e uditi per le parti gli avvocati Mario Bassani, Mario Sanino e Antonello Mandarano;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.



FATTO

Con ricorso iscritto al n. 2570 del 2010, Nova Domus Italia s.r.l. propone appello avverso la sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia, sezione seconda, n. 12 del giorno 11 gennaio 2010 con la quale è stato respinto il ricorso proposto contro il Comune di Milano per l'annullamento della nota pg. 155086/2008 del Comune di Milano, Sportello Unico dell’Edilizia, in data 19.02.2008, avente ad oggetto: “Denuncia di inizio attività per nuova costruzione in via Zamagna Bernardo n. 11, pratica n. 10429/2007, P.G. 1085226/2007 – Integrazione del contributo di costruzione”.

Dinanzi al giudice di prime cure, la Nuova Domus Italia s.r.l. aveva impugnato il provvedimento con il quale il Comune aveva disposto il conguaglio del contributo di costruzione relativo alla d.i.a., presentata in data 13.12.2007, relativa all’intervento edilizio realizzato in via Zamagna Bernardo, 11, in esecuzione della deliberazione del consiglio comunale n. 73/07, divenuta esecutiva in data 08.01.2008, che aveva aggiornato in aumento gli oneri di urbanizzazione dovuti per gli interventi edilizi.

La ricorrente riteneva che l’integrazione richiesta fosse illegittima per violazione degli artt. 42,44 e 48 della L.R. 12/05 e degli artt. 16 e 23 del D.P.R. 380/01 ed eccesso di potere in quanto gli oneri urbanizzativi dovrebbero essere determinati con riguardo alla disciplina vigente al momento della presentazione della domanda. Chiedeva quindi il risarcimento dei danni per la stipulazione della fideiussione richiesta dal Tribunale in sede cautelare.

La difesa comunale ha invece sostenuto la legittimità del provvedimento comunale in quanto, dovendo ritenersi che la d.i.a. produca effetti decorsi trenta giorni dalla sua presentazione al Comune, tutte le sopravveninenze normative intercorse tra la presentazione e l’efficacia debbono essere applicate al procedimento.

Il ricorso veniva deciso con la sentenza appellata. In essa, il T.A.R. riteneva infondate le censure proposte, considerando la DIA, indifferentemente alla considerazione della sua natura come atto di autorizzazione implicita o come atto privato, fosse comunque soggetta alle modifiche normative fino al momento della compiuta efficacia, ossia fino alla data di possibile esercizio del potere interdittivo dell’amministrazione.

Contestando le statuizioni del primo giudice, la parte appellante evidenzia l’errata ricostruzione in fatto ed in diritto operata dal giudice di prime cure, riproponendo le proprie censure.

Nel giudizio di appello, si è costituito il Comune di Milano, chiedendo di dichiarare inammissibile o, in via gradata, rigettare il ricorso, nonché Le Fontane s.r.l., cessionaria del credito costituito dall’importo versato al Comune a titolo di integrazione dalla Nuova Domus s.r.l., nelle more cancellata dal registro delle imprese.

Alla pubblica udienza del 26 giugno 2012, il ricorso è stato discusso ed assunto in decisione.

DIRITTO

1. - L’appello è fondato e merita accoglimento entro i termini di seguito precisati.

2. - Con il primo motivo di diritto, viene dedotta erroneità manifesta della sentenza impugnata; difetto di motivazione, perplessità e contraddittorietà della motivazione; violazione di legge in riferimento all’art. 97 della Costituzione; all’art. 11 delle disposizioni sulla legge in generale; agli art. 42, 44 comma 13 e 48 comma 7 della legge regionale Lombardia n. 12 del giorno 11 marzo 2005; agli art. 16 e 23 del d.P.R. n. 380 del 6 giugno 2001; agli art. 3 e 19 della legge sul procedimento.

La censura si concentra fondamentalmente sull’errata ricostruzione dogmatica dell’istituto della DIA, evidenziando come, anche in relazione alla particolare formulazione della legge regionale Lombardia in merito, il momento della nascita dell’obbligo di corrispondere il contributo si formi nella fase di presentazione dell’istanza, dovendosi poi provvedere all’adempimento dell’obbligo assunto nei trenta giorni successivi, e quindi togliendo ogni spazio giuridico alla possibile ulteriore applicabilità di norme sopravvenute.

2.1. - La doglianza è fondata e va accolta.

Il giudice di prime cure ha affrontato il tema delle sopravvenienze normative intercorse tra la presentazione della DIA e la sua efficacia evidenziando come “la DIA, indipendentemente dalla qualifica giuridica assegnata – punto su cui come noto si contrappongono due differenti orientamenti che sostengono rispettivamente la natura di autorizzazione implicita (Cons. Stato sez IV 5811/2008) e di atto privato (Cons. Stato sez. VI 717/2009) – produce effetti al trentesimo giorno dalla sua presentazione, purchè, come già affermato da questa Sezione, sia completa di tutti gli elementi richiesti dalla legge (sentenza n. 5737/2008). Nello spatium deliberandi dei trenta giorni dalla presentazione della denuncia, periodo durante il quale l’Amministrazione ha un compito di controllo, a conclusione del quale può esercitare poteri inibitori dei lavori non ancora avviati, le eventuali modifiche normative devono trovare applicazione, in quanto il procedimento non è ancora perfezionato e la DIA non può produrre effetti: vige allora il principio del tempus regit actum, per cui l'Amministrazione è tenuta ad applicare la normativa in vigore al momento dell'adozione del provvedimento definitivo, quand'anche sopravvenuta, e non già, salvo che espresse norme statuiscano diversamente, quella in vigore al momento dell'avvio del procedimento. Tale posizione è stata ampiamente espressa da questa Sezione nella sentenza richiamata dalla difesa comunale (n. 588/2006), in cui si è affermato il principio secondo cui “le innovazioni normative introdotte medio tempore non sono irrilevanti, giacchè un intervento edilizio, ancorchè conforme alla normativa vigente al tempo della denuncia, ben può essere interdetto ove non sia più in linea con la normativa sopravvenuta, entrata in vigore (o destinata a entrare in vigore) prima del compimento del trentesimo giorno dalla presentazione della denuncia stessa.” E il principio della “sensibilità” della DIA alle modifiche legislative nei trenta giorni tra la presentazione e l’inizio dell’efficacia, deve trovare applicazione anche rispetto ad eventuali variazioni delle disposizioni regolamentari, tra cui la disciplina pianificatoria e le tariffe degli oneri. Pare quindi corretta la posizione dell’Amministrazione Comunale laddove ritiene che la nuova disciplina introdotta con un atto deliberativo che produce effetti dal 8.1.2008 vada applicato anche alle DIA per le quali non è decorso il termine di trenta giorni”.

L’impostazione seguita dal giudice di prime cure non appare però in linea con i più recenti arresti giurisprudenziali e con le disposizioni legislative successive che, sebbene non applicabili ratione temporis, servono a meglio illuminare il tema della disciplina applicabile alla fattispecie.

Occorre, infatti, rilevare come questo Consiglio abbia posto fine al dibattito sulla natura dei titoli abilitativi non provvedimentali in edilizia con la sentenza dell’Adunanza plenaria 29 luglio 2011 n. 15 dove, a seguito di un’attenta ricostruzione delle diverse posizioni sostenute, raffrontate al quadro normativo in evoluzione, si è affermato che “la denuncia di inizio attività non è un provvedimento amministrativo a formazione tacita e non dà luogo in ogni caso ad un titolo costitutivo, ma costituisce un atto privato volto a comunicare l'intenzione di intraprendere un'attività direttamente ammessa dalla legge”. Tale lettura, in senso non provvedimentale, è stata peraltro immediatamente fatta propria dal legislatore il quale, introducendo il comma 6 ter dell’art. 19 della legge 7 agosto 1990, n. 241 “Nuove norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi” tramite l'articolo 6, comma 1, lettera c), del D.L. 13 agosto 2011, n. 138, ha espressamente qualificato tali atti come “non costituiscono provvedimenti taciti direttamente impugnabili”.

In questo senso, appare consequenziale e condivisibile la ricostruzione della natura del silenzio tenuto dall’amministrazione (sempre come ritenuto dalla citata Consiglio di Stato ad. plen. 29 luglio 2011 n. 15), per cui “il passaggio del tempo non produce un titolo costitutivo avente valore di assenso ma impedisce l'inibizione di un'attività già intrapresa in un momento anteriore”. In tal modo, appare chiaro che l’efficacia del titolo formatosi in base all’atto del privato (rectius, la modalità abilitativa alla realizzazione dell’intervento edilizio) si determina indipendentemente dal mancato esercizio del potere di interdizione da parte della pubblica amministrazione, trattandosi di fattispecie che operano su piani giuridici diversi.

Deve quindi convenirsi con l’appellante in merito all’immediato sorgere dell’obbligo di corrispondere gli oneri di urbanizzazione ed il costo di costruzione in relazione alla situazione esistente al momento della presentazione della domanda, vicenda che deve ritenersi confermata anche dalla particolare disciplina della denuncia di inizio attività contenuta nella legge regionale (art 42 commi 2 e 3 della legge regionale Lombardia n. 12 del giorno 11 marzo 2005 “Legge per il governo del territorio”) che prevede, da un lato, che il calcolo dei dovuti oneri di urbanizzazione e costo di costruzione sia allegato già al momento della presentazione della denuncia di inizio attività e, in secondo luogo, disponendo che il pagamento sia effettuato con le modalità previste dalla vigente normativa che, per gli oneri di urbanizzazione, impone l’adempimento entro trenta giorni successivi alla presentazione della denuncia di inizio attività, rendendo quindi impermeabile la disciplina ai mutamenti disciplinari successivi.

3. - Con il secondo motivo di diritto, l’appellante ripropone la domanda di risarcimento del danno, respinta dal giudice di prime cure, al fine di vedersi tenere indenne dalle spese sostenute per la stipula della fideiussione, imposta dal T.A.R. ai fini dell’accoglimento della misura cautelare richiesta.

3.1. - La domanda non può essere accolta.

Rileva la Sezione che le somme versate per la stipula della fideiussione, disposta dal T.A.R. come onere per l’accoglimento della misura cautelare richiesta, con ordinanza n. 515/2008, rientrano nel novero delle spese processuali, a norma dell’art. 90 del c.p.c., che esplicitamente inserisce in tale ambito anche le spese poste a carico per ordine del giudice.

La disciplina di tale ripetizione va quindi ricondotta non nell’ambito del risarcimento del danno extracontrattuale di cui all’art. 2043 del codice civile, ma a quello della ripartizione delle spese processuali, di cui all’art. 26 del codice del processo amministrativo, che espressamente richiama le disposizioni del codice del rito civile, agli art. 91, 92, 93, 94, 96 e 97.

Di tale profilo si renderà quindi conto nel suo ambito naturale.

4. - L’appello va quindi accolto. Sussistono peraltro motivi per compensare integralmente tra le parti le spese processuali, determinati dalle oscillazioni giurisprudenziali sulla questione decisa (così da ultimo, Cassazione civile, sez. un., 30 luglio 2008 n. 20598). Nell’ambito delle spese compensate viene parimenti inclusa quella sostenuta per la stipula della fideiussione, peraltro disposta dal giudice come onere, e non come obbligo, per l’accoglimento dell’istanza cautelare richiesta.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunziando in merito al ricorso in epigrafe, così provvede:

1. Accoglie l’appello n. 2570 del 2010 e, per l’effetto, in riforma della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia, sezione seconda, n. 12 del giorno 11 gennaio 2010, accoglie il ricorso di primo grado;

2. Compensa integralmente tra le parti le spese del doppio grado di giudizio.

Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del giorno 26 giugno 2012, dal Consiglio di Stato in sede giurisdizionale – Sezione Quarta - con la partecipazione dei signori:

Anna Leoni, Presidente FF

Diego Sabatino, Consigliere, Estensore

Raffaele Potenza, Consigliere

Guido Romano, Consigliere

Fulvio Rocco, Consigliere

 

 

 

L'ESTENSORE

 

IL PRESIDENTE

 

 

 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 04/09/2012

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)