Consiglio di Stato Sez. VI n. 3407 del 28.7.2016
Urbanistica.Sanatoria e demolizione
La proposizione di un’istanza di sanatoria ordinaria non comporta la radicale e definitiva inefficacia dell’ordine di demolizione, ma fa conseguire all’atto uno stato di temporanea quiescenza, fino alla definizione del procedimento, espressa o tacita, all'evidente fine di evitare, in caso di accoglimento dell'istanza, la demolizione di un’opera che, benché realizzata in assenza o difformità dal titolo edilizio, si accerti tuttavia essere conforme alla strumentazione urbanistica. Una volta rigettata l’istanza di sanatoria, il provvedimento di demolizione riacquista la sua efficacia, determinando, così, la permanenza dell’interesse all’impugnazione dello stesso.
N. 03407/2016REG.PROV.COLL.
N. 08648/2015 REG.RIC.
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REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 8648 del 2015, proposto da:
Martin Fabiano, Valussi Michela, rappresentati e difesi dagli avvocati Luca De Pauli C.F. DPLLCU71L16C758N, Luca Mazzeo C.F. MZZLHR70H08L219U, con domicilio eletto presso Luca Mazzeo in Roma, Via Giosué Borsi N.4;
contro
Comune di Moruzzo, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Stefano Placidi C.F. PLCSFN45D19A345A, Luciano Di Pasquale C.F. DPSLCN41M29H501E, con domicilio eletto presso Luciano Di Pasquale in Roma, Via Adige, 43;
per la revocazione della sentenza del CONSIGLIO DI STATO - SEZ. VI n. 01058/2015, resa tra le parti, concernente demolizione opere edilizie;
Visti il ricorso per revocazione e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Comune di Moruzzo;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 5 maggio 2016 il Cons. Roberto Giovagnoli e uditi per le parti gli avvocati De Pauli, Mazzeo e Di Pasquale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
Ano Martin e
FATTO e DIRITTO
1. Viene in decisione il ricorso per revocazione proposto dai signori Fabiano Martin e Michela Valussi contro la sentenza n. 1058 del 2015, con la quale la Sesta Sezione di questo Consiglio di Stato ha respinto l’appello proposto dagli odierni ricorrenti avverso la sentenza n. 339 del 22013 del T.a.r. per il Friuli Venezia Giulia.
2. La vicenda per cui è causa attiene alla realizzazione, nel Comune di Moruzzo, di un accesso carraio, con un cancello con colonne di sostegno ai due lati, cui ancorare muri di contenimento.
L’opera è stata oggetto dell’ordinanza di demolizione, adottata dal Comune di Moruzzo, n. 1383 del 20 febbraio 2013, ordinanza impugnata dagli odierni ricorrenti innanzi al T.a.r. Friuli Venezia Giulia e, in sede di appello, innanzi a questo Consiglio di Stato.
3. I ricorrenti deducono, ai sensi dell’art. 395, n. 4 c.p.c., che la sentenza pronunciata dal Consiglio di Stato sarebbe affetta dai seguenti errori di fatto:
omesso esame di parte di un documento erroneamente ritenuta non prodotta in atti;
erronea supposizione che il Comune di Moruzzo avesse desunto l’avvenuta ultimazione delle opere dal modulo allegato alla DIA in variante;
erronea supposizione circa il fatto che lo stato dei luoghi rivelasse l’avvenuta ultimazione delle opere.
erronea supposizione circa la non necessità di un muro di contenimento per la realizzazione dell’accesso carraio
4. Si è costituito in giudizio per resistere al ricorso il Comune di Moruzzo.
5. Nel corso del giudizio gli odierni ricorrenti hanno presentato al Comune di Moruzzo istanza di sanatoria, ai sensi dell’art. 50, comma 3, L.R. n. 19/2009 – dell’intervento sanzionato con l’ordinanza di demolizione n. 1383 del 20 febbraio 2013.
6. Su tale istanza il Comune di Moruzzo ha provveduto con atto prot. 46/2139 del 31 marzo 2016, comunicato il successivo 6 aprile 2016, confermando, le ragioni che avevano portato all’emissione della precedente ordinanza n. 1383 del 20 febbraio 2013.
7. A seguito dell’adozione di tale provvedimento, il Comune di Moruzzo ha eccepito l’improcedibilità, per sopravvenuta carenza di interesse del ricorso per revocazione, sulla base della considerazione che il nuovo provvedimento avrebbe assorbito e sostituito il precedente provvedimento di demolizione oggetto della sentenza revocanda. L’interesse dei ricorrenti si sarebbe, quindi, “trasferito” dall’annullamento dell’ordinanza di demolizione già adottata (ed impugnata) all’eventuale annullamento del provvedimento di rigetto dell’istanza di sanatoria, derivando da questo, e non già dalla precedente ordinanza, ormai priva di efficacia, l’effetto lesivo della posizione giuridica degli stessi.
8. Alla pubblica udienza del 5 maggio 2016, la causa è stata trattenuta per la decisione.
9. Deve essere preliminarmente esaminata l’eccezione di improdecibilità del ricorso per sopravvenuta carenza di interesse sollevata dal Comune di Moruzzo.
L’eccezione è infondata.
La proposizione di un’istanza di sanatoria ordinaria non comporta la radicale e definitiva inefficacia dell’ordine di demolizione, (cfr. Cons. di Stato, n. 1546/2014 e 4818/2013), ma fa conseguire all’atto uno stato di temporanea quiescenza, fino alla definizione del procedimento, espressa o tacita, all'evidente fine di evitare, in caso di accoglimento dell'istanza, la demolizione di un’opera che, benché realizzata in assenza o difformità dal titolo edilizio, si accerti tuttavia essere conforme alla strumentazione urbanistica. Una volta rigettata l’istanza di sanatoria, il provvedimento di demolizione riacquista la sua efficacia, determinando, così, la permanenza dell’interesse all’impugnazione dello stesso.
10. Il ricorso per revocazione è, comunque, inammissibile in quanto proposto al di fuori dei casi consentiti dall’art. 395, n. 4) c.p.c.
Nel processo amministrativo l'errore di fatto idoneo a fondare la domanda di revocazione, ai sensi degli artt. 106, c.p.a e 395 n. 4, c.p.c., deve, infatti, rispondere a tre requisiti: a) derivare da una pura e semplice errata od omessa percezione del contenuto meramente materiale degli atti del giudizio, che abbia indotto l'organo giudicante a decidere sulla base di un falso presupposto fattuale, ritenendo così un fatto documentale escluso, ovvero inesistente un fatto documentale provato; b) attenere ad un punto non controverso e sul quale la decisione non abbia espressamente motivato; c) essere stato un elemento decisivo della decisione da revocare, necessitando perciò un rapporto di causalità tra l'erronea presupposizione e la pronuncia stessa; l'errore deve, inoltre, apparire con immediatezza ed essere di semplice rilevabilità, senza necessità di argomentazioni induttive o indagini ermeneutiche.
Pertanto, mentre l'errore di fatto revocatorio è configurabile nell'attività preliminare del giudice di lettura e percezione degli atti acquisiti al processo, quanto alla loro esistenza ed al loro significato letterale, esso, invece, non ricorre nell'ipotesi di erroneo, inesatto o incompleto apprezzamento delle risultanze processuali o di anomalia del procedimento logico di interpretazione del materiale probatorio, ovvero quando la questione controversa sia stata risolta sulla base di specifici canoni ermeneutici o sulla base di un esame critico della documentazione acquisita, tutte ipotesi queste che danno luogo semmai ad un ipotetico errore di giudizio, non censurabile mediante la revocazione, la quale altrimenti si trasformerebbe in un ulteriore grado del giudizio, non previsto dall'ordinamento (cfr, fra le tante, Cons. Stato,sez. V, 13 giugno 2016, n. 2546).
11. Nel caso di specie, i lamentati errori di fatto attengono, invece, a punti controversi, sui quali la sentenza revocanda si è espressamente pronunciata, disattendendo altrettanti motivi di impugnazione proposti dagli odierni ricorrenti. Il ricorso per revocazione fa valere, dunque, non errori di fatto, ma ipotetici errori di giudizio o valutazione del materiale documentale.
In particolare:
il motivo sub I) è inammissibile in quanto, a differenza di quanto deducono i ricorrenti, l’allegato B della DIA in variante è stato oggetto di esame e di valutazione (si contesta, semmai, non un errore di percezione, ma di interpretazione e di valutazione del relativo documento);
il motivo sub II) è inammissibile in quanto è la stessa sentenza revocanda a desumere, all’esito di un giudizio e di una valutazione del materiale documentale, non censurabile tramite il rimedio revocatorio, l’avvenuta ultimazione della recintazione rilevata dagli accertamenti, dalla compilazione dell’Allegato B di cui al modulo relativo alla DIA in variante;
il motivo sub III è inammissibile in quanto il denunciato errore di fatto verte su un punto controverso sul quale la sentenza revocanda si è espressamente pronunciata;
il motivo sub IV) è inammissibile in quanto la necessità o meno di un muro di contenimento per l’accesso carraio non rappresenta un fatto, ma un giudizio, la cui erroneità non può essere contestata con il rimedio della revocazione.
12. Il ricorso deve, per tali ragioni, essere dichiarato inammissibile.
Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate in complessivi € 2.000, oltre agli accessori di legge.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), definitivamente pronunciando sul ricorso per revocazioe, come in epigrafe proposto, lo dichiara inammissibile.
Condanna i ricorrenti in solido al pagamento delle spese processuali che liquida in complessivi € 2.000, oltre agli accessori di legge, a favore del Comune di Moruzzo.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 5 maggio 2016 con l'intervento dei magistrati:
Sergio Santoro, Presidente
Roberto Giovagnoli, Consigliere, Estensore
Bernhard Lageder, Consigliere
Marco Buricelli, Consigliere
Francesco Mele, Consigliere
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
Roberto Giovagnoli Sergio Santoro