Consiglio di Stato Sez. IV n. 149 del 10 gennaio 2022
Urbanistica.Termine di durata del permesso edilizio

Il termine di durata del permesso edilizio non può mai intendersi automaticamente sospeso, essendo al contrario sempre necessaria, a tal fine, la presentazione di una formale istanza di proroga, cui deve comunque seguire un provvedimento da parte della stessa Amministrazione, che ha rilasciato il titolo ablativo, che accerti l’impossibilità del rispetto del termine, e solamente nei casi in cui possa ritenersi sopravvenuto un factum principis ovvero l’insorgenza di una causa di forza maggiore


Pubblicato il 10/01/2022

N. 00149/2022REG.PROV.COLL.

N. 02652/2020 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 2652 del 2020, proposto dalla società Marlin s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Marcello Brescia Morra e Lodovico Visone, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

il Comune di Centola, in persona del Sindaco in carica, rappresentato e difeso dall'avvocato Maria Annunziata, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
lo Sportello Unico del Cilento – S.U.A.P. Cilento, non costituito in giudizio;

nei confronti

i signori Claudio Capuano, Giuliano Capuano, Maria Cimmino, Francesco Cozzolino, Angela De Mare, Luisa Di Matola, Emilia Iamone, Fabio Sibilio e Nicola Di Costanzo, non costituiti in giudizio;

per la riforma

della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Campania, sede di Salerno, Sez. II, con la sentenza n. 2055 del 21 novembre 2019, resa tra le parti.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Centola;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 25 novembre 2021 il consigliere Alessandro Verrico e uditi per le parti gli avvocati Marcello Brescia Morra e Lodovico Visone;

Vista l’istanza di passaggio in decisione depositata in data 22 novembre 2021 dall’avvocato Maria Annunziata;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. L’oggetto del presente giudizio è rappresentato dai seguenti atti:

a) la determinazione del Comune di Centola n. 18079 del 28 dicembre 2017 recante: i) il diniego di proroga del temine di ultimazione dei lavori richiesto dalla società Marlin il 22 maggio 2015 in relazione al titolo edilizio n. 1005 del 28 ottobre 2010 rilasciato dal Comune per la ristrutturazione ed il recupero di un villaggio turistico preesistente; ii) la sospensione dell’ulteriore corso dei lavori (impugnata in prime cure con ricorso n.r.g. 380/2018);

b) la nota prot. n. 958 del 22 gennaio 2018 del responsabile S.U.E. di conferma del diniego di proroga del termine di ultimazione lavori e del contestuale ordine di sospensione lavori (impugnata in prime cure con ricorso n.r.g. 380/2018);

c) l’ordinanza di demolizione n. 1/2018 (prot. n. 3203), con la quale sono stati contestati alla società i seguenti abusi:

“1. Mutamento della destinazione d’uso di tutte le unità abitative, da strutture turistiche ricettive a rotazione d’uso extra alberghiere assentite a civile abitazione;

2. Difformità edilizie delle unità abitative, realizzate e in via di realizzazione, creando all’interno un soppalco per circa la metà della superficie degli alloggi, aumentando di fatto la superficie utile di ogni unità immobiliare. Precisando che nei fabbricati di tipo B, la superficie del soppalco realizzato è di circa 22,00 mq rispetto ad una superficie di circa 45,00 mq di progetto, mentre la superficie del soppalco nei fabbricati circolari di tipo C occupava una superficie di circa 34,00 mq rispetto ad una superficie di circa 60 mq di progetto.

3. Per i fabbricati individuati in planimetria come unità B e B1, per tutti, sulla parte posteriore era stato chiuso, in difformità uno spazio tra la struttura ed un muro di contenimento, realizzando un aumento di superficie tra i 7,00 ed i 10,00 mq ed un aumento di volume tra i 20,00 ed i 30,00 mc.

4. Per il fabbricato individuato in planimetria con il numero 6, oltre al soppalco (come tutti gli altri fabbricati), è stato oggetto di ulteriori abusi riguardanti la realizzazione di un corpo di fabbrica di dimensioni di circa 40,00 mq con un’altezza lorda di mt 2.70 circa ed un volume di mc 108.00 circa non previsto in progetto;

5. Il fabbricato individuato in planimetria con il numero 3 oltre al soppalco (come tutti gli altri fabbricati), è stato oggetto di ulteriori abusi riguardanti la realizzazione di un gazebo di dimensioni di mt 5,65 x mt 4.40 circa e per un’altezza di mt 2.37;

6. Il fabbricato individuato in planimetria con il numero 20 destinato a reception, è stato trasformato, in difformità al progetto, in abitazione e venduto con atto pubblico.

Oltre al cambio di destinazione d’uso non assentito, sul fabbricato n. 20 sono stati realizzati ulteriori abusi riguardanti:

6.1 un portico in legno di dimensioni m. 5,00 x m. 8,90 circa;

6.2 un fabbricato in legno di dimensione di m. 6,40 x m. 3,40 circa;

6.3 un pergolato di dimensione di m. 6,30 x m. 5,85 circa;

7. Il fabbricato individuato in planimetria con il numero 22, è stato ristrutturato in difformità al progetto assentito, aumentando l’altezza alla gronda da mt. 1,50 a mt 1,90 circa oltre alla realizzazione di un portico di mt. 11.85 x mt. 3.45 non previsto in progetto” (impugnata in prime cure con ricorso n.r.g. 711/2018);

d) la nota S.U.A.P. Cilento prot. n. 6184 del 2 agosto 2018 con la quale, in relazione alla pratica S.U.A.P. prot. n. 4640/18, è stata disposta la sospensione dell’attività d’impresa ex art. 21-nonies della legge 241/90 e la contestuale comunicazione di avvio del procedimento per l’adozione dei provvedimenti ex art. 19 l.241/90 (impugnata in prime cure con ricorso n.r.g. 1780 del 2018);

e) le note S.U.E. presso il Comune di Centola prot. n. 10568 del 30 luglio 2018 (allegata alla nota S.U.A.P. 6184/18) e prot. n. 10474 del 2 agosto 2018 (richiamata nella nota SUAP 6184/18) (impugnate in prime cure con ricorso n.r.g. 1780 del 2018);

f) le note S.U.A.P. Cilento prot. n. 4648 del 26 giugno 2018 e prot. n. 7121 dell’11 settembre 2018 (impugnate in prime cure con ricorso n.r.g. 1780 del 2018).

2. Ai fini di una migliore comprensione della vicenda oggetto del presente giudizio in fatto si precisa quanto segue:

i) in data 19 dicembre 2008 la società Marlin s.r.l., dopo aver concluso in data 9 dicembre 2008 una convenzione edilizia con il Comune di Centola in esecuzione della delibera di G.m. 183/08 di approvazione della proposta formulata dalla stessa società, ha presentato presso lo Sportello unico delle attività produttive (S.U.A.P.) del Cilento una richiesta di titolo autorizzatorio per la ristrutturazione e il recupero di un villaggio turistico preesistente su di un’area situata in località Palinuro, frazione del Comune di Centola, individuata al foglio 39 particelle nn. 254, 255, 256, 565, 572, 546, 2012, 2013 e 548, ed estesa per circa mq 25.660;

ii) in data 28 agosto 2010, dopo l’adozione del parere positivo della Soprintendenza BAAP prot. n. 7899 del 24 marzo 2010, il S.U.A.P. Cilento ha rilasciato il titolo in questione (protocollo n. 1005/2010);

iii) con la comunicazione del 1° luglio 2011 effettuata dalla società al Comune di Centola è stata indicata come data di inizio lavori quella del 4 luglio 2011;

iv) in data 5 luglio 2013, con provvedimento prot. n. 8022, il S.U.A.P. ha assodato che “i lavori sono stati appena iniziati ed è stato realizzato meno del 10% di quanto complessivamente previsto nel progetto assentito” e che “il preesistente villaggio turistico è inesistente, l’impianto è chiuso da anni e le strutture che lo componevano, essendo precarie (capanne e tukul in paglia), nel giro di pochi anni sono andate completamente distrutte”;

v) rispetto all’istanza nel frattempo presentata dalla società con nota prot. 11084 del 4 dicembre 2012 per ottenere il mutamento di destinazione d’uso senza opere del villaggio turistico, ai sensi dell’art. 5, comma 9 e ss. del d.l. n. 70/2011, conv. in l. n. 106/2001 e, in via subordinata, ai sensi dell’art. 7, comma 6-bis della l.r. n. 19/2009, il Comune di Centola, con nota prot. n. 8022 del 5 luglio 2013, ha adottato provvedimento di diniego;

vi) nelle more, in data 27 marzo 2013, prot. n. 3956, è stato trasmesso al Comune di Centola il decreto dirigenziale dell’A.G.C.– Turismo e Beni Culturali – della G.r. della Campania n. 10 del 19 marzo 2013, recante la rimozione del vincolo di destinazione per la struttura turistico-alberghiera de qua;

vii) pertanto, con nota prot. n. 8714 del 24 luglio 2013, la società ha richiesto al Comune il rilascio di “permesso di costruire per il mutamento di destinazione d’uso senza opere ex art. 7, comma 6 bis, L.R.C. n. 19/2009 della struttura turistico ricettiva – Villaggio – Camping Marlin Club”;

viii) con delibera n. 30 del 31 luglio 2013 il Consiglio comunale di Centola ha stabilito di “non consentire sul territorio comunale mutamenti di destinazione d’uso degli immobili, aventi destinazione turistico – ricettive e di rotazione d’uso, in civile abitazione al fine di non depauperare il patrimonio turistico – ricettivo esistente”;

ix) con delibera n. 43 del 29 novembre 2013 il Consiglio comunale di Centola ha rilevato che il decreto regionale n. 10/2013, recante l’autorizzazione alla rimozione del vincolo di destinazione alberghiera della struttura di proprietà della ricorrente, fosse stato reso in assenza dei presupposti e da intendersi nullo per l’inesistenza e l’indeterminatezza dell’oggetto; tale delibera è stata gravata dalla società Marlin con ricorso proposto innanzi al T.a.r. per la Campania, sede di Salerno (r.g. n. 199/2014);

x) nelle more, è stata assunta anche la delibera n. 42 del 29 novembre 2013 con la quale il Consiglio comunale di Centola ha dettato indirizzi ai competenti organi comunali in merito alla corretta applicazione della l.r. n. 19/2009; anche tale delibera è stata impugnata dalla società con ricorso innanzi al T.a.r. Campania, sede di Salerno (r.g. n. 347/2014);

xi) il T.a.r. Campania, sede di Salerno, Sez. I, con la sentenza n. 1318 dell’8 giugno 2015, dopo aver riunito i ricorsi r.g. nn. 199/2014 e 347/2014, ha respinto gli stessi;

xii) avverso tale sentenza la società Marlin ha proposto appello (r.g. n. 411/2016), rispetto al quale, tuttavia, la stessa società ha manifestato la propria carenza di interesse;

xiii) rispetto al titolo prot. n. 1005/2010 (sub ii), in data 22 maggio 2015 (nota prot. n. 5600) la società Marlin ha comunicato al Comune di voler beneficiare del regime di proroga biennale introdotto dall’art. 30, comma 3, d.l. n. 69/2013 convertito in legge n. 98 del 2013, così da proseguire nell’attività edilizia;

xiv) in seguito, la società, con nota prot. 17900 del 22 dicembre 2017, ha chiesto, ai sensi dell’art. 15, comma 2, del d.P.R. n. 380 del 2001, una ulteriore proroga del termine per il completamento delle opere;

xv) con la determinazione n. 18079 del 28 dicembre 2017, il Comune ha respinto tale suddetta richiesta e, contestualmente, ha dichiarato la decadenza del permesso a costruire, ai sensi dell’art. 15 d.P.R. n. 380 del 2001;

xvi) in data 22 gennaio 2018 il responsabile S.U.E., con la nota prot. n. 958, ha confermato il diniego di proroga del termine di ultimazione lavori e il contestuale ordine di sospensione lavori;

xvii) con ricorso proposto dinanzi al T.a.r. per la Campania, sede di Salerno (r.g. n. 380/2018) la società ha impugnato tali provvedimenti (sub xv e sub xvi);

xviii) a seguito di due sopralluoghi, effettuati in data 25 gennaio 2018 e 1° febbraio 2018, il Comune di Centola ha dapprima redatto il verbale di accertamento di violazioni urbanistiche prot. n. 2951 del 5 marzo 2018, e infine, in data 9 marzo 2018, ha adottato l’ordinanza di demolizione n. 1/2018 (prot. n. 3203);

xix) entrambi i provvedimenti sub xviii sono stati impugnati dalla società Marlin con ricorso proposto dinanzi al T.a.r. per la Campania, sede di Salerno (r.g. n. 711/2018);

xx) in relazione al medesimo progetto, in data 27 aprile 2018 la società ha depositato presso il Comune di Centola, ai sensi dell’art. 22, comma 2, del d.P.R. n. 380 del 2001, una variante in corso d’opera, al fine di sanare gli abusi contestati (prot. n. 5819), sul presupposto che gli interventi eseguiti in difformità dal titolo abilitativo costituissero semplici “tolleranze di cantiere”, ovvero scostamenti dai parametri urbanistici autorizzati in misura contenuta nel 2% delle misure progettuali;

xxi) con nota prot. n. 4648 del 26 giugno 2018, il S.U.A.P. Cilento ha chiesto alla società Marlin s.r.l. di produrre chiarimenti, pena l’irricevibilità della domanda, atteso che “il PAU n. 1005 del 25.08.2010 risulta ampiamente decaduto di diritto e non risultano esservi provvedimenti di proroga o di rinnovo per esso; che pertanto qualsiasi procedura ordinaria di variante in corso d’opera è inammissibile; che, peraltro, la procedura di variante invocata sembrerebbe prodotta ‘in sanatoria’, tipologia di procedimento per il quale questo Suap è incompetente; che la pratica non è stata prodotta in modalità telematica (condizione obbligatoria per legge atteso lo sportello telematico attivato da questo Suap) e non è corredata dalla obbligatoria modulistica predisposta dalla Regione”;

xxii) in riscontro alla nota prot. 5437 del 13 luglio 2018, con cui il S.U.A.P. Cilento ha trasmesso al S.U.E. del Comune di Centola la documentazione relativa alla variante in corso d’opera unitamente alle integrazioni prodotte dalla Marlin s.r.l., il S.U.E., con nota prot. n. 10568 del 30 luglio 2018, ha comunicato al S.U.A.P. che “… il PAU n. 1005 del 25/08/2010 rilasciato dal SUAP Cilento è ampiamente scaduto, per cui andrebbe presentato una nuova richiesta al SUAP per il completamento dei lavori e non una variante in c.o….; da quanto accertato in corso di sopralluogo in data 25/012018 e 01/02/2018, nel cantiere in oggetto è in via di realizzazione ed in parte è già realizzato un cambio di destinazione d’uso non autorizzato da questo Comune di tutte le unità da struttura ricettiva a civile abitazione, ed alcune sono state anche già alienate, come, per esempio, quella che era sopra la reception; …dal punto di vista urbanistico, l’area su cui insiste il cantiere ricade in parte in zona “G5 Zone di nuovo insediamento extraalberghiero” … ed in parte in zona “G3 Zone di insediamento extra-alberghiero esistenti…; Per le opere già realizzate, essendo in area sottoposta a vincolo paesaggistico, va chiesta la conformità paesaggistica non la variante in c.o., e la conformità stessa la Soprintendenza la rilascia a norma dell’art. 167 d.lgs. solo se non vi sono aumenti di volume o di superfici utili, e, quindi, non nel caso in esame, nel quale gli immobili presentano aumento di volume e di superficie utile.”;

xxiii) in data 2 agosto 2018, il S.U.E., con nota prot. n. 10474, ha chiesto al S.U.A.P. Cilento di attivare il procedimento volto all’assunzione dei provvedimenti previsti dal comma 3 dell’art. 19 della l. 241/1990 e s.m.i. di divieto di prosecuzione dell’attività intrapresa, ai sensi dell’art. 21-nonies della medesima legge;

xxiv) infine, in data 2 agosto 2018 il S.U.A.P. Cilento, con nota prot. n. 6184, ordinava “di sospendere le attività di cui alla SCIA in oggetto indicata” e comunicava “l’avvio del procedimento, ai sensi del combinato disposto di cui all’art. 19, co. 3, e art. 21-nonies della legge 241/90 e s.m.i. di divieto di prosecuzione dell’attività e di rimozione degli eventuali effetti dannosi di essa con riferimento agli interventi di variante in corso d’opera di cui alla SCIA 4640/2018, per le ragioni evidenziate nella nota del SUE comunale prot.n. 10568 del 30.07.2018, acquisita al prot. del Suap in data 02.08.2018 al n. 6182, che allegata al presente provvedimento ne costituisce parte integrante e sostanziale”;

xxv) anche quest’ultimo atto, unitamente alle note allegate e richiamate, veniva impugnato dalla società con ricorso proposto dinanzi al T.a.r. per la Campania, sede di Salerno (n.r.g. 1780 del 2018).

3. Il T.a.r per la Campania, sede di Salerno, Sez. II, con la sentenza n. 2055 del 21 novembre 2019:

a) ha riunito i ricorsi r.g. n. 380/2018, n. 711/2018 e n. 1780 del 2018;

b) ha esaminato e respinto partitamente e con dovizia di argomenti tutti i motivi posti a sostegno dei tre ricorsi;

c) ha accolto il quarto motivo del secondo ricorso (n.r.g. 711/2018), annullando in parte qua l’ordinanza di demolizione n. 1/2018 del Comune di Centola, dopo aver assodato l’erroneità del destinatario ivi indicato, ovvero non già la ditta ma l’acquirente del fabbricato;

d) ha condannato la ditta a rifondere in favore del Comune le spese di lite, nella misura di 6.000 euro.

4. La società originaria ricorrente ha proposto appello, per ottenere la riforma della sentenza impugnata e il conseguente accoglimento integrale del ricorso originario. In particolare, l’appellante ha articolato otto motivi di gravame (da pagina 5 a pagina 42 del ricorso), in parte riproducendo criticamente le censure di primo grado in parte introducendo doglianze nuove, in tal modo riassumibili:

I) ammissibilità dell’istanza di proroga in quanto tempestiva, in quanto nella individuazione del dies a quo del termine dovrebbero incidere le note inviate dal Comune che di fatto impedivano l’inizio dei lavori e in quanto per il decorso del termine dovrebbero essere considerati i provvedimenti comunali di sospensione dei lavori nel periodo estivo;

II) sarebbe errato il riferimento ai “giorni di pioggia” inserito nel provvedimento di diniego di proroga, in quanto la società non ha mai considerato tali giorni ai fini del calcolo temporale di validità del permesso di costruire;

III) il mutamento della destinazione d’uso richiesto dovrebbe essere consentito perché avvenuto nell’ambito della stessa categoria funzionale, considerato, peraltro, che la l.r. n. 17 del 2001 comprende le case vacanze nella categoria delle strutture ricettive extra-alberghiere, destinazione a casa vacanze che risulta confermata dagli atti di compravendita, dal regolamento di gestione della struttura turistica, dalla gestione unitaria di alcuni aspetti rimessa alla società Marlin e da ulteriori evidenze indicate dall’appellante;

IV) nella gravata sentenza sarebbe ravvisabile un eccesso di potere giurisdizionale, laddove il primo giudice, piuttosto che indagare in merito all’effettivo mutamento di destinazione da turistico a residenziale, ha affrontato il tema diverso e ulteriore della realizzabilità dell’intervento, ai sensi della legge regionale n. 17 del 2001, in zona G3 e G5 del Comune di Centola;

V) la sentenza impugnata, oltre a contrastare con un precedente giurisprudenziale della medesima Sezione del T.a.r. Salerno (n. 1198 del 2019), violerebbe l’art. 5 delle N.T.A., che disciplina le destinazioni d’uso delle singole zone omogenee e nell’ambito della sigla TR2 fa rientrare tutte le “attrezzature turistico ricettive a rotazione d’uso extra alberghiere”, tra le quale vi sono le case per vacanza di cui alla l.r. n. 17 del 2001;

VI) il primo giudice non avrebbe considerato che la realizzazione dei soppalchi è prevista espressamente nel progetto approvato con il provvedimento autorizzativo unico n. 1005/2010 e, ad ogni modo, nel dubbio avrebbe dovuto disporre attività istruttoria;

VII) le altre edificazioni realizzate in difformità alla SCIA non costituirebbero illeciti, considerando la tolleranza di legge del due per cento e che la cubatura e la superficie coperta realizzate sono inferiori rispetto a quelle autorizzate con il provvedimento unico;

VIII) sarebbe illegittima anche la sospensione dei lavori, considerato che, stante la tempestività della richiesta di proroga e la conseguente illegittimità del relativo diniego, la stessa risulta immotivata.

4.1. Si è costituito in giudizio il Comune di Centola, il quale, depositando memoria difensiva, si è opposto all’appello e ne ha chiesto l’integrale rigetto.

4.2. Le parti hanno infine scambiato ulteriori memorie, con le quali hanno replicato alle avverse deduzioni, insistendo nelle proprie difese. In particolare, l’appellante ha introdotto inammissibilmente una nuova censura con memoria del 20 settembre 2021 (basata sulla proroga legislativa del PAU, che andrebbe ad aggiungersi agli altri motivi di proroga del termine per presentare istanza di proroga) ed altri nuovi motivi contestualmente alla penultima censura. La società ha infine eccepito la cessazione della materia del contendere per due dei ricorsi di prime cure, deducendo che nelle more del giudizio, rispetto al gravato avvio del procedimento di autotutela, il Comune non avrebbe più adottato (nel termine ex art. 21-nonies) il provvedimento di annullamento d’ufficio.

5. All’udienza del 25 novembre 2021 la causa è stata trattenuta in decisione dal Collegio.

6. Preliminarmente, il Collegio:

a) rileva l’infondatezza dell’eccezione di cessazione della materia del contendere, in ragione dell’infondatezza dell’appello nel merito;

b) ritiene di esaminare direttamente i motivi di censura sollevati nel primo grado del giudizio, essendo gli stessi sostanzialmente e criticamente ribaditi nella presente sede di gravame e costituendo il perimetro invalicabile del thema decidendum ex art. 104 c.p.a. (cfr. Cons. Stato, sez. V n. 5868 del 2015).

7. L’appello è infondato e deve pertanto essere respinto.

8. Con il primo motivo del ricorso r.g. n. 380/2018 la società ricorrente lamenta l’illegittimità del diniego di proroga, vista la tempestività della relativa istanza, perché il termine di inizio lavori andrebbe collocato in data 22 novembre 2011 (giorno di deposito della polizza a garanzia dei lavori da effettuare per la realizzazione delle opere di urbanizzazione) ed il termine di ultimazione lavori in data 15 giugno 2015 (in relazione al quale andrebbe considerato che l’ordinanza sindacale n. 039-A-2008-V del 21 giugno 2008 ha disposto, in Palinuro, la sospensione dei lavori edili nel periodo estivo).

Con il secondo motivo la società ha dedotto l’illegittimità del provvedimento gravato laddove il Comune ha ritenuto il permesso estinto in data 3 luglio 2016, perché questo non avrebbe considerato di aver sostanzialmente inibito l’inizio dei lavori sino al 21 novembre 2011 e di aver sospeso i lavori con la citata ordinanza sindacale.

Con un terzo motivo la società ha lamentato l’assoluta carenza istruttoria, il totale difetto del presupposto, l’erroneità e l’illogicità della motivazione del gravato provvedimento, nella parte in cui, a supporto del diniego di proroga, ha affermato che “inoltre non ha alcun senso considerare, nel calcolo temporale di validità del permesso di costruire, i giorni di pioggia”.

8.1. Le censure, che in quanto strettamente connesse meritano trattazione unitaria, sono infondate.

8.2. Com’è noto, l’art. 15, commi 2 e 3, del d.P.R. n. 380 del 2001 dispone che “2. Il termine per l'inizio dei lavori non può essere superiore ad un anno dal rilascio del titolo; quello di ultimazione, entro il quale l'opera deve essere completata, non può superare tre anni dall'inizio dei lavori. Decorsi tali termini il permesso decade di diritto per la parte non eseguita, tranne che, anteriormente alla scadenza, venga richiesta una proroga. La proroga può essere accordata, con provvedimento motivato, per fatti sopravvenuti, estranei alla volontà del titolare del permesso, oppure in considerazione della mole dell'opera da realizzare, delle sue particolari caratteristiche tecnico-costruttive, o di difficoltà tecnico-esecutive emerse successivamente all'inizio dei lavori, ovvero quando si tratti di opere pubbliche il cui finanziamento sia previsto in più esercizi finanziari.

2-bis. La proroga dei termini per l'inizio e l'ultimazione dei lavori è comunque accordata qualora i lavori non possano essere iniziati o conclusi per iniziative dell'amministrazione o dell'autorità giudiziaria rivelatesi poi infondate”.

Secondo la disposizione, pertanto, la concessione della proroga presuppone l’esercizio di un potere discrezionale dell’Amministrazione condizionato alla presenza di determinate situazioni che prescindono dalla volontà del titolare del permesso, ad eccezione delle ipotesi di cui al comma 2-bis, la cui sussistenza vincola l’Amministrazione ad accogliere la richiesta di proroga.

8.3. Ciò considerato, con riferimento al caso di specie, il Collegio osserva che:

a) è stata la stessa società ricorrente ad indicare, con la comunicazione del 1° luglio 2011, il giorno del 4 luglio 2011 quale data di inizio lavori;

b) i fatti estranei alla volontà del titolare del permesso che abbiano inciso sull’esecuzione dei lavori non possono costituire cause di sospensione del decorso del termine di efficacia del titolo, in assenza di una previsione normativa in tal senso, potendo, al più, rappresentare, secondo quanto disposto dal citato art. 15, elementi valutabili discrezionalmente dall’Amministrazione ai fini della concessione della proroga;

c) a tal riguardo, è costante la giurisprudenza nell’affermare che “il termine di durata del permesso edilizio non può mai intendersi automaticamente sospeso, essendo al contrario sempre necessaria, a tal fine, la presentazione di una formale istanza di proroga, cui deve comunque seguire un provvedimento da parte della stessa Amministrazione, che ha rilasciato il titolo ablativo, che accerti l’impossibilità del rispetto del termine, e solamente nei casi in cui possa ritenersi sopravvenuto un factum principis ovvero l’insorgenza di una causa di forza maggiore” (cfr. Cons. Stato, Sez. III, n. 1870 del 2013, cit.; v. anche id., Sez. IV, 23 febbraio 2012, n. 974; da ultimo, id., Sez. IV, 16 giugno 2021, n. 4648);

d) ad ogni modo, è necessario che la proroga del termine di conclusione dei lavori ex art. 15 t.u.e.l. sia manifestata, in conformità coi principi generali di trasparenza e certezza giuridica ex artt. 1 e 2, l. n. 241 del 1990, mediante l’adozione di un formale ed espresso provvedimento, sia pure con valenza ricognitiva di effetti discendenti direttamente dalla legge (Cons. Stato, Sez. IV, 4 novembre 2021, n. 7373; id., Sez. IV, n. 4648 del 2021; id., Sez. IV, n. 2078 del 2020; id., Sez. II, n. 2206 del 2020) e che la richiesta di proroga debba essere formulata, in tutti i casi contemplati dal citato art. 15, prima della scadenza del termine di ultimazione dei lavori.

8.4. Nel caso di specie, pertanto deve escludersi che i vari fattori invocati dall’appellante possano avere avuto un’automatica efficacia sospensiva del termine. Tale conclusione rende peraltro del tutto irrilevante il riferimento ai “giorni di pioggia” contenuto nell’impugnato provvedimento.

8.5. In conclusione, correttamente il Comune ha rilevato che alla data di presentazione dell’istanza di proroga risultava ormai decaduto il titolo edilizio per intervenuta scadenza del relativo termine di efficacia.

9. Con il quarto motivo la ricorrente ha censurato il provvedimento di diniego in ragione dell’omesso invio del c.d. preavviso di diniego ex art. 10-bis l. n. 241 del 1990.

9.1. La censura risulta infondata, atteso che l’illegittimità non rende il provvedimento annullabile, dovendosi applicare, nel caso di specie, l’art. 21-octies, comma 2, della legge n. 241 del 1990 il quale, nell’imporre al giudice di valutare il contenuto sostanziale del provvedimento e di non annullare l’atto nel caso in cui le violazioni formali non abbiano inciso sulla legittimità sostanziale del medesimo, rende irrilevante la violazione delle disposizioni sul procedimento o sulla forma dell’atto quando, per la natura vincolata del provvedimento (come nel caso di specie), il contenuto dispositivo non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato.

Invero, la tardività della richiesta di proroga, come visto intervenuta una volta estinto il relativo titolo edilizio, imponeva all’Amministrazione l’adozione del provvedimento di diniego.

Del resto, la novella normativa del citato comma 2 dell’art. 21-octies, disposta dall’art. 12, comma 1, lett. d) del d.l. 16 luglio 2020, n. 76, conferma a contrario l’applicabilità della previsione anche all’istituto del preavviso di diniego nel sistema previgente.

10. Con il quinto motivo di ricorso la ricorrente ha lamentato l’incompetenza del Comune di Centola a decidere sull’istanza di proroga, atteso che il titolo autorizzativo era stato rilasciato dal S.U.A.P. Cilento.

10.1. Il Collegio rileva l’infondatezza della censura, non solo in ragione del fatto che è stata la stessa società ricorrente ad interpellare l’ufficio comunale (piuttosto che il S.U.A.P. Cilento) depositando presso di esso l’istanza di proroga, ma in quanto la competenza ad esprimersi sull’istanza di proroga spetta proprio al S.U.E. del Comune di Centola. Del resto, tale competenza non subisce variazioni in ragione dello svolgimento dell’originario procedimento per il rilascio del provvedimento autorizzativo unico presso il S.U.A.P., che costituisce esclusivamente un modulo procedimentale inidoneo ad attrarre la competenza a detto organo, a fortiori rispetto alla domanda diversa e ulteriore di proroga del termine di efficacia del titolo.

11. Con riferimento al ricorso r.g. n. 711/2018, con un primo motivo la società Marlin ha impugnato le contestazioni edilizie n. 1 (“mutamento della destinazione d’uso di tutte le unità abitative, da strutture turistiche ricettive a rotazione d’uso extra alberghiere assentite a civile abitazione”) e n. 6 (“il fabbricato individuato in planimetria con il n. 20, destinato a reception, è stato trasformato, in difformità al progetto, in abitazione e venduto con atto pubblico”) in quanto ritenute poste in violazione dell’art. 23-ter t.u. dell’edilizia e dell’art. 2, comma 5, della legge della Regione Campania 28 novembre 2001 n. 195, secondo cui “Il mutamento di destinazione d’uso senza opere, nell’ambito di categorie compatibili alle singole zone territoriali omogenee, è libero”. Invero, il mutamento di destinazione d’uso sarebbe non rilevante, perché effettuato, senza opere, nell’ambito della stessa categoria funzionale (categoria “A-bis turistica – ricettiva”), come peraltro verrebbe confermato dai singoli atti di compravendita e dal regolamento condominiale.

11.1. Al riguardo, il Collegio rileva che è pacifico tra le parti che l’area di interesse ricade in parte in zona “G5 Zona di insediamento extralberghiero” e in parte in zona “G3 Zona di insediamento extra-alberghiero esistente”, rispetto alle quali le NTA del Comune di Centola prevedono rispettivamente interventi di riqualificazione con trasformazione di “preesistenze di modesta specializzazione del tipo campings” in “villaggi turistici” così come definiti dalla legge regionale n. 13/93” (art. 53 per la zona G3) e che le “zone di nuovo insediamento extra-alberghiero avranno destinazione tipologica di “villaggi turistici”, così come definiti dalla legge regionale n. 13/93” (art. 55 per la zona G5).

Peraltro, il decreto dirigenziale dell’A.G.C.– Turismo e Beni Culturali – della G.R.C. n. 10 del 19 marzo 2013, recante la rimozione del vincolo di destinazione per la struttura turistico-alberghiera de qua consentendo pertanto il mutamento di destinazione d’uso in residenziale, è stato dichiarato inutiliter dato con delibera c.c. n. 43/2013 (impugnata con ricorso respinto dal T.a.r. con sentenza n. 1318/2015), resta di conseguenza immutata la destinazione originaria dell’area.

Alla luce del chiaro dettato delle norme tecniche di attuazione dello strumento urbanistico per entrambe le zone di interesse non vi è quindi dubbio che la destinazione prescelta sia stata esclusivamente quella dei “villaggi turistici”, con la conseguenza che, anche volendo aderire alla tesi della destinazione a case vacanze, nel caso di specie si finisce per esorbitare dalla univoca destinazione d’uso.

11.2. Ad ogni modo, si osserva altresì che, sulla base degli elementi dedotti dalla stessa appellante, non vi è certezza che gli immobili siano stati destinati effettivamente a case vacanze, ravvisandosi per converso molteplici elementi dimostrativi della destinazione delle singole unità a residenze, come si evince, inter alia, dell’avvenuta alienazione delle stesse singolarmente a soggetti privati senza alcun limite dell’utilizzo esclusivamente personale (cfr. atti di compravendita) e dalla trasformazione in abitazione anche del fabbricato originariamente destinato a reception.

12. Con il secondo motivo di ricorso la società impugna la contestazione edilizia n. 2 (“Difformità edilizia delle unità abitative, realizzate e in via di realizzazione, creando all’interno un soppalco per circa la metà della superficie degli alloggi, aumentando di fatto la superficie utile di ogni unità immobiliare”), perché il titolo n. 1005/2010, alla luce di quanto illustrato dalla relazione di accompagnamento al progetto approvato, prevedrebbe espressamente la realizzazione dei soppalchi, i quali, peraltro, sarebbero stati realizzati all’interno della sagoma edilizia senza aver determinato aumenti della dimensione dei volumi autorizzati, essendo stato utilizzato solo ed esclusivamente l’involucro edilizio.

12.1. La doglianza è infondata, atteso che persiste il difetto di prova dell’inclusione dei soppalchi nel progetto allegato alla SCIA, non essendo stati prodotti in giudizio gli elaborati progettuali sulla base dei quali è stato rilasciato il provvedimento autorizzativo unico e non potendo questi essere surrogati, ai fini probatori, da un’affermazione presente nell’elaborato peritale di parte.

D’altro canto, le caratteristiche dei soppalchi in questione descritte nell’ordinanza di demolizione, peraltro in assenza di specifica prova contraria da parte dell’appellante, conducono a ritenere che gli stessi presentino un’efficacia determinante sulla capacità ricettiva ed abitativa dei singoli immobili, comportando inevitabilmente un incremento della superficie utile degli appartamenti con conseguente aggravio del carico urbanistico.

13. Parimenti infondata è la terza censura del ricorso r.g. n. 711/2018, con cui si impugnano le contestazioni (punti nn. 3, 4, 6.1, 6.2 e 7) relative alla realizzazione di manufatti diversi e ulteriori rispetto a quelli previsti dal titolo edilizio, sostenendo la tollerabilità degli scostamenti ai sensi dell’art. 22, comma 2, e dell’art. 34, comma 2-ter, del d.P.R. n. 380 del 2001, nonché ai sensi dell’art. 2, comma 1, Allegato A.31 del d.P.R. n. 31 del 2017.

13.1. Al riguardo, il Collegio rileva l’inapplicabilità delle previsioni richiamate dalla ricorrente con riferimento all’edificazione di nuova volumetria o di nuovi corpi di fabbrica (non potendo ravvisarsi nel caso di specie meri aggiustamenti nell’esecuzione dei lavori), rispetto alla quale è necessario ottenere autonomo titolo autorizzativo, pertanto non essendo consentito procedere mediante SCIA (neanche sotto forma di SCIA in variante).

14. Il quarto motivo di ricorso, attinente all’errore nella individuazione del destinatario dell’ordine demolitorio di cui al punto n. 4 dell’ordinanza (in ragione dell’avvenuta alienazione dell’unità immobiliare anteriormente alla realizzazione dell’abuso) è stato ritenuto fondato dal primo giudice.

Tale statuizione, non essendo stata oggetto di impugnazione da parte del Comune, deve essere ritenuta ormai passata in giudicato.

15. Risulta infondato anche il quinto motivo di ricorso, volto a censurare le contestazioni nn. 5 e 6.3, relative rispettivamente alla realizzazione di un gazebo e di un pergolato, rilevando al riguardo, oltre alle genericità del motivo (con cui l’appellante si limita a richiamare le previsioni normative a suo dire applicabili alla fattispecie), il difetto di prova dei presupposti che consentirebbero di far rientrare tali manufatti nell’ambito dell’edilizia libera di cui al d.m. 2 marzo 2018 nn. 44 e 46.

16. Parimenti infondato è il sesto motivo, con cui la ricorrente lamenta l’illegittimità dell’ordine di demolizione per non aver indicato le norme la cui violazione giustificherebbe l’ingiunzione, vista la conformità del provvedimento impugnato rispetto al consolidato principio giurisprudenziale secondo cui “l’ordinanza di demolizione di un immobile abusivo ha natura di atto dovuto e rigorosamente vincolato, con la conseguenza che essa è già dotata di un’adeguata e sufficiente motivazione, consistente nella descrizione delle opere abusive e nella constatazione della loro abusività” (ex multis, da ultimo Cons. Stato, Sez. VI, 7 giugno 2021, n. 4319).

17. In relazione al ricorso r.g. n. 1780/2018, con un primo motivo la ricorrente censura la sospensione dei lavori di cui alla SCIA per variante in corso d’opera n. 4640/2018 in quanto ingiunta in assenza di motivi d’urgenza, come dimostrato dalla contestualità della data della nota S.U.E. prot. n. 10474 e della nota S.U.A.P., e in difetto della necessaria fase istruttoria e in quanto da ritenersi inutile, in quanto le opere in variante risultavano essere già state sostanzialmente realizzate nel momento di adozione del provvedimento. Peraltro, la sospensione sarebbe tardiva perché ingiunta dopo la scadenza del termine risultante dal combinato disposto dei commi 3 e 6 dell’art. 19 della legge n. 241/90, né sarebbe sorretta da ragioni di interesse pubblico, attuali e concrete.

Con il settimo motivo di ricorso si lamenta che il S.U.A.P. Cilento, per un verso, si sarebbe dichiarato incompetente, per altro verso, avrebbe disposto la sospensione dei lavori in variante e l’avvio del procedimento di annullamento del titolo in variante.

17.1. Con ulteriori motivi di ricorso la ricorrente censura la nota S.U.E. comunale n. 10568 del 30 luglio 2018, perché:

a) sarebbe fondata su un presupposto inesistente, in quanto, con l’ordinanza n. 173 del 29 marzo 2018, il T.a.r. Campania Salerno, aveva sospeso l’impugnato provvedimento, con cui il Comune, nel rigettare la richiesta di proroga, aveva dichiarato estinto il titolo n. 1005/2010 (secondo motivo);

b) non terrebbe conto dell’irrilevanza del mutamento di destinazione d’uso nell’ambito della stessa categoria funzionale (terzo motivo);

c) non terrebbe conto del fatto che il decreto regionale n. 10/13 dovrebbe essere considerato pienamente valido ed efficace (quarto motivo);

d) nell’affermare che per le opere già realizzate, oggetto di variante in corso d’opera, doveva essere richiesta la conformità urbanistica ex art. 167 del d.lgs. n. 42/04, non terrebbe conto del fatto che la variante in corso d’opera nella specie è stata presentata in anticipo perché “costretti” dall’ingiunzione di demolizione n. 1/18 assunta dal S.U.E. in data 9 marzo 2018, la quale, peraltro, è stata sospesa dal T.a.r. Salerno con l’ordinanza n. 297/18 ed è illegittima perché non tiene conto della tollerabilità degli scostamenti effettuati nell’esecuzione dei lavori (quinto motivo).

17.2. Infine, con un sesto motivo di ricorso la ricorrente censura la nota S.U.E. prot. n. 10474 del 2 agosto 2018, perché non si sarebbe tenuto conto del fatto che il T.a.r. Campania Salerno, con le ordinanze n. 173/18 e n. 297/18, aveva sospeso i provvedimenti volti alla inibizione dei lavori e alla demolizione delle opere in variante.

18. Preliminarmente, il Collegio rileva l’inammissibilità per difetto di interesse dei motivi di impugnazione rivolti ad atti endoprocedimentali, con cui le Amministrazioni, nel contraddittorio con la società, hanno esternato le ragioni che, a loro avviso, avrebbero potuto giustificare l’annullamento d’ufficio. Tali atti, invero, non presentano alcuna autonoma portata lesiva della sfera giuridica della ricorrente e ciò, a fortiori, dal momento in cui ad essi non ha fatto seguito l’adozione del provvedimento finale autoritativo.

Per tali motivi devono essere dichiarati inammissibili i motivi con cui si è gravata la nota S.U.E. comunale n. 10568 del 30 luglio 2018 (secondo, terzo, quarto e quinto motivo) e la nota S.U.E. prot. n. 10474 del 2 agosto 2018 (sesto motivo).

19. Relativamente alle censure rivolte avverso la nota S.U.A.P. Cilento prot. n. 6184 del 2 agosto 2018, in particolare, laddove con essa è stata disposta la sospensione dell’attività d’impresa in relazione alla pratica S.U.A.P. prot. n. 4640/18, il Collegio ritiene che:

a) la motivazione ivi riportata sia idonea e sufficiente, nella misura in cui in essa si fa rinvio alle note del S.U.E. comunale prot.n. 10568 del 30 luglio 2018 e prot. n. 10474 del 2 agosto 2018, dove risultano ampiamente sviluppate le ragioni giustificative della sospensione;

b) tale prodromica attività procedimentale sia dimostrativa dell’istruttoria svolta dagli uffici prima dell’adozione del provvedimento;

c) la circostanza dell’avvenuta realizzazione delle opere in variante sostenuta dalla ricorrente, oltre a non essere di per sé impeditiva dell’ingiunzione della sospensione, rappresenta una deduzione generica, priva di dimostrazione concreta e, di per sé, contraddittoria, atteso che è la stessa società ad affermare che l’intervento - al momento dell’adozione del provvedimento - non era stato ultimato integralmente;

d) sia inammissibile la censura relativa al mancato rispetto del termine per ingiungere la sospensione ex art. 19 della legge n. 241/90, ponendosi in contraddizione con quanto sostenuto dalla stessa ricorrente in ordine all’avvenuto integrale completamento delle opere oggetto della variante;

e) l’incompetenza del S.U.A.P. rispetto alle vicende poste a base dell’impugnato provvedimento sia stata oggetto di una preliminare interlocuzione procedimentale, da ritenersi superata dalla stessa Amministrazione nel momento in cui, in seguito allo scambio con il S.U.E. comunale, ha deciso di ingiungere la sospensione.

20. In conclusione, alla luce di quanto considerato, risulta meritevole di conferma la impugnata decisione, dovendosi peraltro escludere che siano ravvisabili profili di eccesso di potere giurisdizionale, in più punti lamentato nel gravame dell’appellante, il primo giudice essendosi limitato ad illustrare le ragioni di infondatezza dei motivi di ricorso.

21. Peraltro, occorre rilevare che la giurisprudenza è costante nell’affermare l’inammissibilità del ricorso proposto a tutela di interessi illegittimi allorquando il ricorrente sia un costruttore che intende soddisfare l’interesse materiale a modificare strutture recettive turistiche in residenze private in contrasto con la destinazione di zona, con ciò realizzando di fatto un lottizzazione abusiva (sul punto, in materia di edilizia, Cons. Stato, sez. IV, 19 aprile 2017, n. 1827; 13 aprile 2016, n. 1436, che applica i principi di Cons. Stato, ad. plen., 25 febbraio 2014 n. 9, § 8.3.4.; id., 27 aprile 2015 n. 5, § 9.2). Invero, l’interesse materiale o il bene della vita finale, in relazione al quale si propone una domanda di tutela, può essere effettivamente preso in considerazione dal giudice solo se non sia contra jus vel non jure ovvero d’indole abusiva e opportunistica.

22. In conclusione, in ragione di quanto esposto, l’appello deve essere respinto.

23. Le spese del presente grado di giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sull’appello r.g. n. 2652/2020, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Condanna la società appellante al pagamento in favore del Comune di Centola delle spese del presente grado di giudizio, nella misura di euro 20.000,00 (ventimila/00), oltre accessori di legge se dovuti.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del giorno 25 novembre 2021, con l’intervento dei magistrati:

Vito Poli, Presidente

Luca Lamberti, Consigliere

Francesco Gambato Spisani, Consigliere

Alessandro Verrico, Consigliere, Estensore

Michele Pizzi, Consigliere