Cons. Stato Sez. IV n.1135 del 21 marzo 2016
Urbanistica.Approvazione di piano particolareggiato e obblighi di comunicazione

Il decreto di approvazione di un piano particolareggiato deve essere depositato nella segreteria comunale e notificato nelle forme delle citazioni a ciascun proprietario degli immobili vincolati dal piano stesso entro un mese dall'annuncio dell'avvenuto deposito; sicché sussiste in capo alla p.a. un obbligo di notifica individuale, ma solo in favore dei proprietari di immobili direttamente incisi dalla disciplina del piano di recupero; va quindi escluso dall'obbligo di notifica individuale il proprietario delle aree esterne al perimetro del piano impugnato in quanto titolare di immobili non direttamente vincolati dal piano. Ciò implica che: la (mera) vicinitas (requisito legittimante certamente sussistente nel caso di specie) giova unicamente a perimetrare i soggetti in possesso della legittimazione attiva a dolersi del permesso di costruire rilasciato al controinteressato, ma non giova ad individuare i soggetti che necessariamente devono essere destinatari della notifica individuale del piano, al fine di individuare il dies a quo di proposizione del ricorso. Il principio è quindi quello per cui deve essere destinatario della notifica individuale del piano unicamente il soggetto direttamente inciso.

 

N. 01135/2016REG.PROV.COLL.

N. 06900/2015 REG.RIC.

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 6900 del 2015, proposto da:
Vincenzo Giugni, rappresentato e difeso dagli avv.ti Giovanni Pellegrino e Gianluigi Pellegrino, con domicilio eletto presso il primo in Roma, corso del Rinascimento, 11;

contro

Comune di Castrignano del Capo, in persona del legale rappresentante in carica, rappresentato e difeso dall'avv. Pietro Quinto, con domicilio eletto presso Alfredo Placidi in Roma, via Cosseria, 2;

nei confronti di

Francesco Melcarne, rappresentato e difeso dall'avv. Alessandro Orlandini, con domicilio eletto presso Srl Liberal in Roma, corso del Rinascimento,11;

per la riforma

della sentenza del T.a.r. per la Puglia – Sede staccata di Lecce - Sezione III, n. 2226 del 4 luglio 2015.

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Castrignano del Capo e del signor Francesco Melcarne;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 4 febbraio 2016 il consigliere Fabio Taormina e uditi per le parti gli avvocati Pellegrino, Orlandini e Alessandro Distante (su delega dell’Avvocato Quinto);

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

FATTO

1. L’impugnata sentenza - T.a.r. per la Puglia – Sede staccata di Lecce - Sezione III, n. 2226 del 4 luglio 2015 - ha scrutinato il ricorso, integrato da motivi aggiunti, proposto dalla odierna parte appellante signor Vincenzo Giugni, avverso i seguenti atti:

a) permesso di costruire 21.11.2013 n. 122 assentito dal dirigente dell'UTC del Comune di Castrignano del Capo, e successive varianti assentite con permessi di costruire 19.5.2014 n. 47 e 17.7.2014 n. 79;

b) autorizzazione paesaggistica 30.4.2014 n. 44 assentita dallo stesso Comune;

c) variante - approvata dal Consiglio comunale con deliberazione 5.3.2014 n. 3. - al piano urbanistico di insieme (corredato di planovolumetrico) della maglia n.8 (di cui alla precedente deliberazione consiliare n. 26/12 parimente gravata).

2. Giova evidenziare sin da ora che l’originario ricorrente aveva prospettato, nei confronti dei su menzionati atti, la sussistenza di plurimi vizii di violazione di legge ed eccesso di potere.

In punto di fatto, inoltre, aveva rappresentato quanto segue:

a) di essere proprietaria in Leuca (fraz. di Castrignano del Capo) di una antica villa con annesso giardino pertinenziale (villa Sangiovanni) gravata di usufrutto in favore della madre Maria Adelaide Sangiovanni, confinante con un'area solo parzialmente edificata, caratterizzata per moltissimi anni dalla presenza del vecchio cinema all'aperto (c.d. arena) di Leuca, e che entrambe le dette proprietà risultavano ubicate in una delle zone tipizzate come B3 dal Programma di fabbricazione vigente nel Comune di Castrignano, identificate e disciplinate come zone di "Edilizia esistente in zone di interesse ambientale e paesaggistico" dall'art. 16 NTA dello stesso strumento urbanistico;

b) che nel corso dell’estate 2014 aveva notato che nell'area confinante (e divenuta totalmente libera a seguito della demolizione delle preesistenze edilizie), iniziava ad essere realizzato un nuovo edificio che ( pur risultando illeggibile il cartello di cantiere) già lasciava presagire il proprio contrasto tipologico e architettonico con l'ambiente urbano circostante;

c) che a questo punto, la propria genitrice aveva eseguito formale accesso agli atti (consentito dal Comune solo in data 08.10.2014) a seguito del quale si accertava che era in corso di realizzazione un complesso edificio a tre livelli, interamente destinati alla collocazione di esercizi commerciali, bar ristoro e parcheggio coperto per auto, il tutto per una superficie coperta complessiva di mq. 279,05 al piano terra, e mq. 99,10 al primo piano, per un volume complessivo di mc. 1.158,85, risultato assentito con permesso di costruire del 21.11.2013 n. 122, oggetto di una prima variante (PdC 19.05.14 n. 47) su cui il Comune di Castrignano aveva assentito autorizzazione paesaggistica del 30.04.14 n. 44 inviata alla Sovrintendenza di Lecce ai sensi dell'art. 146 c. 11 Dlgs n. 42/04, e poi di una seconda e finale variante (PdC 17.07.14 n. 79).

3. L’impugnata sentenza:

a) ha dichiarato irricevibile il ricorso a cagione della tardività dell’impugnazione delle delibere consiliari di approvazione del "planovolumetrico" e della successiva "variante", nonché dei permessi di costruire a suo tempo rilasciati e dell'autorizzazione paesaggistica;

b) con riferimento a tale ultimo atto ha sostenuto che il mezzo fosse altresì inammissibile per omessa notifica del medesimo all'Unione "Talassa - Mare di Leuca" tra i Comuni di Tricase e Castrignano del Capo quale Autorità all'uopo delegata dalla Regione Puglia titolare del relativo potere (tale capo non è stato impugnato ed è coperto dalal forza del giudicato interno);

c) in particolare, ha fatto presente che:

I) le impugnate deliberazioni consiliari approvative del "Piano urbanistico d'insieme e planivolumetrico relativo alla maglia n° 8 in Marina di Leuca" proposto da parte appellata controinteressata Francesco Melcarne, erano state pubblicate nell'albo pretorio comunale per 15 giorni consecutivi (rispettivamente, la delibera di C.C. n. 26 del 20.11.2012 in data 10.12.2012 e la successiva variante di cui alla delibera di C.C. n. 3 del 05.03.2014 in data 11.03.2014);

II) secondo il combinato disposto dell'art. 41 cod. proc. amm. e dell'art. 47 della legge n. 135/1990 (sostituito dall'art. 124 del d.lgs. n. 267/2000), il termine per impugnare tali atti decorreva dalla pubblicazione dei medesimi all'albo pretorio per quindici giorni consecutivi, a meno che l’impugnativa non provenisse dai soggetti destinatari del provvedimento;

III) per tali dovevano intendersi sia i soggetti direttamente contemplati che i soggetti immediatamente incisi dall’atto, con riguardo ai quali il termine d’impugnazione cominciava a decorrere dalla necessaria notifica nei loro confronti del provvedimento; nel caso di specie, tuttavia, il signor Giugni aveva notificato il ricorso introduttivo del giudizio solo in data 15.11.2014, quando era abbondantemente trascorso il termine decadenziale di giorni 60 dall’avvenuta pubblicazione delle delibere impugnate all'albo pretorio per 15 giorni consecutivi;

d) ha respinto la tesi dell’appellante secondo cui quest’ultimo - in quanto nudo proprietario di immobile confinante e ricadente all’interno della stessa maglia n° 8 in Marina di Leuca interessata dalle delibere in oggetto- sarebbe stato da annoverarsi tra i soggetti destinatari diretti del provvedimento (e quindi della sua comunicaizone personale), perché tale prospettazione avrebbe implicato che tutti i proprietari e/o detentori a titolo qualificato di immobili confinanti e ricadenti nella zona interessata dal piano urbanistico d’insieme e planivolumetrico relativo alla Maglia n. 8 di cui alle delibere di C.C. dovessero essere destinatari della relativa notifica, con un ingiustificato aggravio dell’azione amministrativa;

e) ha ritenuto che dalla tardività dell’impugnazione delle delibere consiliari di approvazione del "planovolumetrico" e della successiva "variante” doveva di necessità conseguire la tardività dell’impugnazione per illegittimità derivata anche dei successivi permessi di costruire n. 122 del 21.11.2013, n. 47 del 19.05.14, e n. 79 del 17.07.14;

f) ha evidenziato che la impugnativa dei permessi di costruire era comunque tardiva anche con riferimento ad eventuali vizi propri degli atti in parola; ciò,in considerazione della circostanza che i lavori di scavo, da cui parte appellante poteva acquisire una prima conoscenza delle caratteristiche ontologiche e rilevanti del realizzando intervento costruttivo e comunque esercitare il proprio diritto di accesso onde procedere alla proposizione del ricorso, risultavano incominciati nel marzo 2014: il ricorso di primo grado, in quanto notificato solo nel novembre 2014 era irricevibile per tardività anche in relazione a tali provvedimenti.

4. Il Signor Giugni ha impugnato la detta decisione riproponendo criticamente i soli motivi (rispetto ai quali ha contestato la statuizione di irricevibilità), incentrati sugli eccessi di volumetria rispetto a alla tipologia costruttiva in concreto realizzata, escludendo che, ai sensi dell’art. 16, delle n.t.a. del p.d.f., in relazione a tale intervento edilizio, fosse richiamabile la disciplina del c.d. lotto libero, della villa isolata e che in ogni caso ricorressero i presupposti della demolizione e ricostruzione.

In particolare:

a) con il primo mezzo ha contestato la tesi del T.a.r. secondo cui il plano volumetrico non dovesse essere comunicato a parte appellante – soggetto direttamente inciso-; ciò in quanto Villa Sangiovanni ricadeva nella maglia n. 8 normata dal piano; era confinante con l’edificio oggetto di diretta prescrizione del piano; interessata dall’arretramento della costruzione rispetto alla sede stradale.

b) con il secondo mezzo ha criticato la affermata tesi della tardività del mezzo diretto a contestare i “vizi propri” del permesso di costruire rilasciato; ivi era stato denunciato, infatti, che non ci si trovava al cospetto di opere conformi alla prescrizione abilitativa di cui all’art. 16 delle n.t.a. al p.d.f. (opere di demolizione e ricostruzione con rispetto della volumetria preesistente): tale sospetto di violazione non poteva certo insorgere all’avvio dei lavori, ma soltanto nel progredire delle opere, e, quindi, nell’estate del 2014; il p.d.c. in variante venne assentito solo con atto n. 47 del 19.5.2014: la domanda di accesso risaliva al 16.9.2014; solo in data 9.10.204 furono rilasciate le copie degli atti sottesi al rilascio dell’avversato titolo abilitativo: il mezzo di primo grado venne notificato in data 15.11.2014 ed era pertanto tempestivo;

5. L’originario contro interessato si è costituito in giudizio ed ha depositato due articolate memorie chiedendo la reiezione del mezzo perché infondato in fatto e diritto; con memoria di replica depositata il 14 gennaio 2016 ha puntualizzato e ribadito le proprie tesi.

6. Il Comune di Castrignano del Capo si è costituito in giudizio ed ha depositato una articolata memoria chiedendo la reiezione del mezzo perché infondato in fatto e diritto; con memoria di replica depositata il 14 gennaio 2016 ha ribadito e puntualizzato le proprie tesi

7. Alla camera di consiglio del 27 agosto 2015 la delibazione dell’incidente cautelare è stata differita – su richiesta concorde delle parti - alla camera di consiglio del 22 settembre 2015.

8. Alla camera di consiglio del 22 settembre 2015, sempre fissata per la delibazione dell’incidente cautelare, su richiesta concorde delle parti la controversia è stata rinviata al merito.

9. Alla odierna pubblica udienza del 4 febbraio 2016 la causa è stata trattenuta in decisione dal Collegio.

DIRITTO

1. L’appello è infondato e va disatteso nei termini di cui alla motivazione che segue.

2. La prima questione da risolvere riposa ovviamente nella contestata esattezza della statuizione in rito del Tar, che ha ritenuto, per plurime ragioni, tardivo il ricorso di primo grado notificato il 15.11.2014: soltanto in ipotesi di accoglimento del mezzo sul punto, potrebbe essere vagliato il merito delle censure avversanti l’iniziativa edificatoria

2.1. Ritiene il Collegio che la tesi del T.a.r. (esposta in precedenza al § 3 della parte in fatto), sia condivisibile alla stregua delle seguenti considerazioni.

E’ anzitutto incontestato che l’odierno appellante riveste la qualità di nudo proprietario di un immobile confinante a quello oggetto dell’intervento edilizio assentito e ricadente all’interno della stessa maglia n° 8 in Marina di Leuca interessata dalle delibere suindicate gravate.

Il quadro normativo (art. 16, l. n. 1150 del 1942 art. 21 c. 11 e 12 ed art. 27 della legge reg. Puglia n. 56/1980) è stato esattamente riassunto dal T.a.r.

Qui è sufficiente evidenziare, in estrema sintesi ed in una agli approdi consolidati della giurisprudenza (cfr., ex plurimis, Cosn. Stato, Ad. gen., 6 dicembre 2012, n. 3240/2010), che il decreto di approvazione di un piano particolareggiato deve essere depositato nella segreteria comunale e notificato nelle forme delle citazioni a ciascun proprietario degli immobili vincolati dal piano stesso entro un mese dall'annuncio dell'avvenuto deposito; sicché sussiste in capo alla p.a. un obbligo di notifica individuale, ma solo in favore dei proprietari di immobili direttamente incisi dalla disciplina del piano di recupero; va quindi escluso dall'obbligo di notifica individuale il proprietario delle aree esterne al perimetro del piano impugnato in quanto titolare di immobili non direttamente vincolati dal piano.

Ciò implica che: la (mera) vicinitas (requisito legittimante certamente sussistente nel caso di specie) giova unicamente a perimetrare i soggetti in possesso della legittimazione attiva a dolersi del permesso di costruire rilasciato al controinteressato, ma non giova ad individuare i soggetti che necessariamente devono essere destinatari della notifica individuale del piano, al fine di individuare il dies a quo di proposizione del ricorso.

Il principio è quindi quello per cui deve essere destinatario della notifica individuale del piano unicamente il soggetto direttamente inciso.

2.2. Ritiene parte appellante di rivestire tale “qualità” (quella, cioè di soggetto direttamente inciso) in funzione di alcune concrete prescrizioni contenute nelle gravate delibere.

Sottolinea in proposito (pag. 10 dell’appello) che Villa Sangiovanni ha un confine in comune con la proprietà Melcarne ed un fronte sulla via Enea e che v’era una prescrizione specifica della delibera, impositiva dell’arretramento della nuova costruzione dal fronte stradale, rispetto ad una preesistenza edilizia insisteva a filo strada.

Nella variante presentata da parte controinteressata, si prevedeva –di nuovo- il posizionamento della costruzione sul filo-strada.

Il Consiglio comunale però approvò il plano volumetrico a condizione che si realizzasse il già contemplato arretramento, al fine di non pregiudicare, in un prossimo futuro, l’allargamento della sede stradale.

Ciò preconizzava una futura espropriazione di parte del giardino della Villa Sangiovanni, e da ciò discenderebbe la qualità di “soggetto inciso” in capo all’odierno appellante.

2.3. Il Collegio non concorda con la suddetta ricostruzione: l’obbligo di arretramento è ivi messo in relazione con un possibile futuro allargamento della sede stradale.

Da detta semplice valutazione generica ed ipotetica non può desumersi la sussistenza di alcun vincolo, e nella specie non può ipotizzarsi la sussistenza di un vincolo preordinato all’esproprio di parte della proprietà dell’odierno appellante (neppure quantitativamente determinata in termini almeno embrionali) per far si che l’area sia destinata a sede stradale.

Se così è, occorre convenire con la circostanza che:

a) il plano volumetrico era relativo alla maglia dove insiste –anche- l’area di pertinenza dell’appellante, ma non incideva sulla proprietà di quest’ultimo, né imponeva su di essa vincoli;

b) quanto alle prescrizioni ad effetto conformativo dello jus edificandi il termine per l’impugnazione del medesimo decorreva dalla pubblicazione, ed esso è stato abbondantemente superato.

2.4. Vi sarebbe per il vero un’altra deduzione che comprova la fondatezza dell’approdo del Tar: la necessità del plano volumetrico sull’area discende dall’art. 16 delle NTA ed è (o dovrebbe essere) ben nota all’appellante; allorchè (2013) venne posizionato il cartello dell’inizio dei lavori sull’area (sulla rilevanza di tale circostanza in punto di tempestività della impugnazione veicolata avverso il permesso di costruire ci si soffermerà di seguito) egli quindi non poteva non dedurne che, di necessità, tale attività doveva essere stata preceduta dalla avvenuta approvazione di un piano plano-volumetrico che - in tesi illegittimamente- non gli era stato direttamente notificato, e che comunque era stato pubblicato.

A tutto concedere – ovvero accedendo alla tesi prospettata dall’appellante per cui egli avrebbe dovuto di necessità essere destinatario di notifica individuale - in tale momento egli avrebbe dovuto attivarsi per conoscere il contenuto dello stesso, ed eventualmente gravarlo.

Invero ciò discende dalla stessa tesi dell’appellante secondo cui ogni piano plano- volumetrico disciplinante la maglia doveva essere notificato individualmente ai proprietari di aree insistenti nella suddetta maglia.

Egli rimase inerte.

Ed allora, senza recesso alcuno rispetto a quanto prima sostenuto, ed anche a volere accedere (il che, si ripete, non è) alla tesi dell’appellante, ci si trova al cospetto di una sequenza di accadimenti così riassumibile:

a) il piano plano volumetrico venne pubblicato ma (indebitamente, in tesi) non venne comunicato all’odierno appellante;

b) per costruire nell’area è noto che occorra la previa redazione di un piano plano volumetrico;

c) nel 2013 egli era in grado di conoscere che sull’area si stava costruendo (apposizione del cartello di cantiere);

d) ciò, di necessità presupponeva la preventiva approvazione di un piano plano volumetrico;

e) a detta data, egli avrebbe dovuto attivarsi per conoscerne il contenuto, avendo acquisito la conoscenza della avvenuta approvazione dello stesso (in quanto, lo si ripete, essa è condizione per il rilascio del p.d.c.).

2.5. Tale profilo dell’appello va pertanto disatteso, il che implicherebbe la inammissibilità delle corrispondenti censure proposte avverso il permesso di costruire.

3. Si rileva comunque che analoga sorte reiettiva va riservata – anche a volerla considerare isolatamente, senza tenere conto della non traslabilità sul titolo abilitativo dei vizi in realtà ascrivibili all’atto “a monte” che per le già chiarite ragioni non è validamente contestabile (ex aliis. Cons. Stato, Sez. V, n. 2782 del 2013) - alla censura relativa alla affermata tempestività del gravame proposto avverso il permesso di costruire (ed a tutte le doglianze ivi contenute).

3.1. Nel caso in esame, parte appellante sostiene che:

a) soltanto all’inizio dell’estate (e non già, come inesattamente ritenuto dal T.a.r. al momento dello scavo) si sarebbe potuto comprendere la reale consistenza dell’avversato complesso immobiliare, in quanto a quell’epoca iniziarono ad essere realizzate, “nell’ipogeo determinato dallo scavo, ed in sopraelevazione rispetto a quest’ultimo, le prime strutture portanti del nuovo edificio” (pag. 15 dell’atto di appello);

b) il cartello di cantiere si era scolorito, e pertanto da esso non era possibile ritrarne dati utili a conoscere la tipologia dei lavori.

3.2. I mezzi sono infondati sia in fatto che in diritto.

3.3. In diritto il Collegio ribadisce la validità dell’impostazione secondo cui l’inizio dei lavori segna il dies a quo della tempestiva proposizione del ricorso soltanto laddove si contesti l’an della edificazione (id est: laddove si sostenga che nessun manufatto poteva essere edificato sull’area), mentre laddove si contesti il quomodo (distanze, consistenza ecc.) il dies a quo va fatto coincidere con il completamento dei lavori ovvero con il grado di sviluppo degli stessi, ove renda palese l’esatta dimensione, consistenza, finalità, dell’erigendo manufatto, ferma restando la possibilità, da parte di chi solleva l’eccezione di tardività, di provare, anche in via presuntiva, la concreta anteriore conoscenza del provvedimento lesivo in capo al ricorrente (cfr., ex plurimis e da ultimo, Consiglio di Stato, Sez. IV 28 ottobre 2015, n. 4910 e n. 4909; Sez. IV, 22 dicembre 2014 n. 6337; Sez. V, 16 aprile 2013, n. 2107; Sez. VI, 18 aprile 2012, n. 2209, che si conformano sostanzialmente all’insegnamento dell'Adunanza Plenaria n. 15 del 2011 sviluppandone i logici corollorari); in particolare è stato affermato che:

a) il termine per impugnare il permesso di costruzione edilizia decorre dalla piena conoscenza del provvedimento, che s'intende avvenuta al completamento dei lavori, a meno che sia data prova di una conoscenza anticipata; una simile prova va addossata a chi eccepisce la tardività del ricorso, e può essere desunta anche da elementi presuntivi che evidenzino la potenziale lesione portata all'interesse del ricorrente; in quest’ambito giuoca un ruolo importante l’eventuale presenza del cartello dei lavori ex art. 27, co. 4, t.u. edilizia);

b) l’obbligo di esposizione del cartello dei lavori, penalmente sanzionato, è posto a presidio, anche secondo la giurisprudenza della Corte di cassazione, della esigenza di acconsentire ad eventuali controinteressati di far valere le proprie pretese innanzi all'autorità amministrativa (ex aliis Cass. pen., Sez. III, 22 maggio 2012, n. 40118); la sua presenza, pertanto, costituisce un indizio grave preciso e concordante ai fini della integrazione della prova presuntiva della conoscenza del provvedimento da parte del ricorrente;

c) la richiesta di accesso non è idonea ex se a far differire i termini di proposizione del ricorso in quanto la data del permesso di costruire pubblicata sul cartello di cantiere fissa la decorrenza del termine entro il quale deve essere presentata l'impugnativa; termine che non può essere dilazionato dalla richiesta di accesso agli atti; se da un lato, infatti, deve essere assicurata al vicino la tutela in sede giurisdizionale dei propri interessi nei confronti di un intervento edilizio ritenuto illegittimo, dall'altro lato deve parimenti essere salvaguardato l'interesse del titolare del permesso di costruire a che l'esercizio di detta tutela venga attivato senza indugio e non irragionevolmente differito nel tempo, determinando una situazione di incertezza delle situazioni giuridiche contraria ai principi ordina mentali.

3.4. Facendo applicazione dei su esposti principi al caso di specie emerge l’infondatezza in fatto dell’appello atteso che:

a) se anche fosse risultata provata l’indimostrata scoloritura del cartello (atta, ove accolta, ad elidere del tutto la utilità della necessaria apposizione del cartello di cantiere nelle aree ove è previsto un intervento edilizio) e fosse stato dimostrato che il cartello, sin dal momento della sua apposizione fosse stato illeggibile (ovviamente non è dato conoscere quando esso si fosse scolorito), cionondimeno dovrebbe considerarsi negligente (e quindi immeritevole di considerazione) la posizione del vicino che, pur sostenendo che nell’area fossero possibili soltanto ben limitati interventi, e pur sospettando od ipotizzando che il progettato ed assentito intervento potesse essere non ammissibile, abbia lasciato trascorrere sì congruo lasso di tempo (ed abbia fatto progredire i lavori, quantomeno sino allo scavo), prima di rendersi parte diligente, limitandosi però a presentare una richiesta di accesso;

b) parte appellata ha chiarito (ed il dato è rimasto incontestato) di avere avviato i lavori preliminari già in data 26.11.2013 e che il cartello di cantiere recava l’indicazione della natura dell’erigendo edificio (“realizzazione di locali commerciali”), mentre lo scavo venne realizzato nel marzo 2014; parte appellante, quindi, già del momento della apposizione del cartello di cantiere avrebbe dovuto attivarsi, eventualmente promuovendo una richiesta di accesso, per verificare se il progetto era conforme –o meno- alle norme urbanistiche (art. 16 delle n.t.a. al p.d.f.);

c) l’asserita scoloritura del cartello non è una esimente tale da consentire di dilatare sine die la richiesta di accesso (e poi, conseguentemente) la proposizione dell’azione giurisdizionale;

d) è evidente la fragilità ed inaccoglibilità della tesi che parte appellante porta a supporto della non decorrenza del termine dalla avvenuta apposizione del cartello di cantiere: nel caso di specie, la certa apposizione del cartello di cantiere, e la consapevolezza della necessità del plano volumetrico perché si potesse costruire sull’area , dimostrano l’ingiustificata inerzia del Signor Giugni nel proporre il mezzo di primo grado;

e) non è neppure contestato (le fotografie furono prodotte da parte appellante) che la dizione del cartello di cantiere fosse relativa alla realizzazione di locali commerciali (e non invece di “ville isolate”), per cui anche le argomentazioni incentrate su tale impostazione difensiva non hanno possibilità di accoglimento;

f) ma anche laddove non si volesse condividere siffatta impostazione, è evidente che al più tardi al momento dello constatazione della presenza dello scavo, l’appellante potesse enucleare le censure che ha prospettato in primo grado (ivi comprese quelle in ordine all’asserito divieto di nuova edificazione riposante in locali commerciali) senza che potesse differire il termine di proposizione del mezzo di primo grado all’avvenuto positivo disbrigo della pratica di accesso agli atti avviata né, a monte, che potesse differire quest’ultima.

4. Sulla scorta delle rassegnate conclusioni è giocoforza respingere l’appello e confermare la irricevibilità per tardività della originaria impugnazione proposta, il che preclude ogni ulteriore approfondimento degli asseriti vizii che connoterebbero gli atti gravati.

4.1. Le questioni appena vagliate esauriscono la vicenda sottoposta alla Sezione, essendo stati toccati tutti gli aspetti rilevanti a norma dell’art. 112 c.p.c., in aderenza al principio sostanziale di corrispondenza tra il chiesto e pronunciato (come chiarito dalla giurisprudenza costante, ex plurimis, per le affermazioni più risalenti, Cassazione civile, sez. II, 22 marzo 1995 n. 3260 e, per quelle più recenti, Cassazione civile, sez. V, 16 maggio 2012 n. 7663).

4.2.Gli argomenti di doglianza non espressamente esaminati sono stati dal Collegio ritenuti non rilevanti ai fini della decisione e comunque inidonei a supportare una conclusione di tipo diverso.

5. Le spese di giudizio, regolamentate secondo l’ordinario criterio della soccombenza, sono liquidate in dispositivo tenuto conto dei parametri stabiliti dal regolamento 10 marzo 2014, n.55.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge nei termini di cui alla motivazione che precede.

Condanna parte appellante al pagamento delle spese processuali del presente grado di giudizio, nella misura complessiva di Euro quattromila (€ 4000//00) oltre accessori come per legge (I.V.A., C.P.A. e rimborso delle spese generali al 15%), in favore di ciascuna parte appellata..

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 4 febbraio 2016 con l'intervento dei magistrati:

 

Vito Poli, Presidente

Fabio Taormina, Consigliere, Estensore

Oberdan Forlenza, Consigliere

Carlo Schilardi, Consigliere

Leonardo Spagnoletti, Consigliere

     
     
L'ESTENSORE   IL PRESIDENTE
     
     
     
     
     

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 21/03/2016

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)