Consiglio di Stato, Sez. II n.8270 del 3 dicembre 2019
Urbanistica.Titolo edilizio e stato di sufficiente urbanizzazione della zona

Ai fini del rilascio di una concessione edilizia, uno stato di sufficiente urbanizzazione della zona, che rende superflua la pianificazione di dettaglio, deve ritenersi equivalente all'operatività di un piano attuativo ancorché previsto dal piano regolatore generale. Spetta ovviamente al Comune verificare la concreta urbanizzazione dell'area in cui si dovrebbe inserire l'intervento costruttivo del privato e accertare la compatibilità effettiva del nuovo insediamento edilizio rispetto allo stato di urbanizzazione della zona


Pubblicato il 03/12/2019

N. 08270/2019REG.PROV.COLL.

N. 07626/2009 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 7626 del 2009, proposto dalla società
Edil Cos 89 a.R.L., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato Antonio Salomone, domiciliato presso la Segreteria Sezionale del Consiglio di Stato in Roma, piazza Capo di Ferro, 13;

contro

Comune di Mariglianella, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Giuseppe Romano, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, piazza del Popolo, 18;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania (Sezione Seconda) n. 02630/2009, resa tra le parti, concernente un diniego di permesso di costruire – Risarcimento dei danni.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Mariglianella;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 12 novembre 2019 il Cons. Paolo Giovanni Nicolò Lotti e uditi per le parti gli avvocati Lorenza Iaus, su delega di Antonio Salomone, e Luigi Imperlino, su delega di Giuseppe Romano.


FATTO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania, Napoli, sez. II, con la sentenza 14 maggio 2009, n. 7630, ha respinto il ricorso, proposto dall’attuale parte appellante, per l’annullamento del diniego di permesso di costruire prot. n.9054 del 19.9.2005.

Secondo il TAR, sinteticamente:

- assume la ricorrente che il comparto di riferimento sarebbe ormai ampiamente urbanizzato, alla stregua di quanto rilevato nella richiamata perizia giurata, per cui, da un lato, non risulterebbe più necessaria la previa approvazione di un piano esecutivo, dall'altro, mancherebbe una adeguata valutazione circa le concrete ed ulteriori esigenze di urbanizzazione indotte dalla nuova costruzione, tenuto anche conto della previsione progettuale di cessione gratuita al comune del 30% della superficie del lotto;

- il presupposto fattuale su cui si fonda la prospettazione attorea non risulta dimostrato, sicché essa è inidonea a smentire le risultanze poste a fondamento del provvedimento;

- il provvedimento, dopo aver premesso che, nella zona omogenea C3 di espansione residenziale, l'art.18 delle norme di attuazione allegate allo strumento urbanistico consente l'edificazione solo previa approvazione di un piano di lottizzazione convenzionata, ha osservato, in primo luogo, che il lotto in esame (particelle catastali n.1157, 1158 e 689 del foglio 3) "non è intercluso" e che la posizione e l'estensione dei terreni limitrofi alle predette particelle consentono di procedere alla stesura di un adeguato piano esecutivo;

- il provvedimento ha, inoltre, rilevato che "la zona è carente di opere di urbanizzazione primaria e secondaria" ed in particolare di aree "destinate a parcheggio pubblico" (richiamando le risultanze di uno studio sulla questione dell'edificabilità nelle zone di espansione, in assenza di p.l.c., recepite con determina n. 58 dell'8 febbraio 2005);

- la situazione appena descritta, caratterizzata da un'edificazione soltanto parziale e da un'incompleta dotazione infrastrutturale, ha trovato puntuale conferma e specificazione nella documentazione versata in giudizio dall'Amministrazione resistente;

- in vista del rilascio del permesso di costruire è necessario che esistano - ovvero se ne preveda l'imminente realizzazione - almeno le opere di urbanizzazione primaria stimate in concreto necessarie, ivi comprese quelle relative ai parcheggi pubblici, di cui si è già detto, in modo che la zona possa dirsi sistemata per l'insediamento e per il soddisfacimento delle esigenze delle famiglie che debbano fissarvi la dimora;

- non può ritenersi che la previsione progettuale di cessione gratuita al Comune del 30°/o della superficie del lotto valga ad integrare, con tutta evidenza, il disposto di cui all'art.12, comma 2, d.P.R. n.380-2001, occorrendo allo scopo l'impegno del privato di procedere all'attuazione delle opere di urbanizzazione mancanti contemporaneamente alla realizzazione dell'intervento oggetto del permesso;

- nel caso in esame, il fatto che l'Amministrazione abbia provveduto oltre i termini previsti dalla legge non rileva ai fini della legittimità del provvedimento assunto;

- la violazione dell'art. 10-bis, L. n. 241-1990 non comporta annullabilità, ex art. 21-ocities della stessa Legge;

- tutto ciò è sufficiente ai fini della reiezione del ricorso, restando assorbita la censura non scrutinata, con cui si contesta la motivazione del diniego riferita al mancato rispetto dell'altezza minima, che richiederebbe peraltro ulteriori approfondimenti istruttori, in aderenza ad un diffuso orientamento giurisprudenziale, che afferma che è sufficiente per la conservazione del provvedimento amministrativo, sorretto da più ragioni giustificatrici tra loro autonome e non contraddittorie, che sia fondata anche una sola di esse.

La parte appellante contestava la sentenza del TAR deducendone l’erroneità e riproponendo, in sostanza, i motivi del ricorso di primo grado.

Con l’appello in esame chiedeva l’accoglimento del ricorso di primo grado.

Si costituiva il Comune appellato chiedendo la reiezione dell’appello.

All’udienza pubblica del 12 novembre 2019 la causa veniva trattenuta in decisione.

DIRITTO

1. Rileva il Collegio che la società attuale appellante, è proprietaria di un lotto di terreno sito in Mariglianella, alla via Palermo (traversa privata), riportato in catasto al Foglio 3, part.11e 1157, 1158 e 689, ricadente in zona "C3 residenziale di espansione", per il quale, in data, 20.4.2004, ha inoltrato istanza ai fini del rilascio di permesso a costruire (pratica edilizia n. 31-2004), per la realizzazione di n. 3 villette per civile abitazione, da eseguirsi in via Palermo.

Con nota prot. n. 9054 del 19.9.2005, il Comune ha opposto il diniego, qui impugnato, alla richiesta avanzata dalla società appellante, sul presupposto dell'insufficienza di opere di urbanizzazione nella zona "C3" (Espansione Residenziale) in cui ricade il lotto e sulla circostanza che dai progetti risulterebbe un'altezza interna inferiore a quella minima consentita (mt. 2,70).

2. Parte appellante deduce che l'art.18 delle Norme di attuazione del P.R.G. dello stesso Comune prevede che, per gli interventi che ricadono in zona C3, così come nella specie, "la destinazione d'uso è quella prevista all'art. 14 - zone residenziali - e che in tali zone il piano si attua per intervento urbanistico preventivo applicando i seguenti indici; a) S mt. 8.000 per le lottizzazioni ...".

Invece, come si evince dalla integrazione al progetto presentata dal ricorrente, la superficie del lotto ricadente in zona C3 è pari a mq. 865,12.

Tale norma, tuttavia, riguarda l’eventuale lottizzazione dell’area non, in generale, la necessaria presenza degli standard urbanistici che può conseguire anche da altri strumenti esecutivi e che deriva da un’analisi articolata della situazione urbanistica come si dirà appresso.

3. Rileva il Collegio che la verifica della condizione di perdurante insufficienza dell'urbanizzazione primaria e secondaria, al quale è funzionalmente collegata l'esigenza di approvare degli strumenti attuativi, sia già stata affrontata dalla giurisprudenza amministrativa in epoca risalente (cfr. Consiglio di Stato, sez. V, 13 ottobre 1988, n. 561; Sez. V 5 maggio 1990, n. 425) , affermando, in via generale, che ai fini del rilascio di una concessione edilizia, uno stato di sufficiente urbanizzazione della zona, che rende superflua la pianificazione di dettaglio, deve ritenersi equivalente all’operatività di un piano attuativo ancorché previsto dal piano regolatore generale.

Spetta ovviamente al Comune verificare la concreta urbanizzazione dell'area in cui si dovrebbe inserire l'intervento costruttivo del privato e accertare la compatibilità effettiva del nuovo insediamento edilizio rispetto allo stato di urbanizzazione della zona (cfr. Consiglio di Stato, sez. V, 4 maggio 1995, n. 699).

La valutazione della situazione di fatto e, quindi, la ritenuta sussistenza o meno dello stato di sufficiente urbanizzazione, rientra nella potestà discrezionale tecnico amministrativa del Comune e, come tale, non è sindacabile davanti al giudice amministrativo, salvi i casi di abuso macroscopico (cfr. Consiglio di Stato, sez. IV, 11 giugno 2002, n. 3253).

Infatti, il giudizio sulla sufficienza delle infrastrutture esistenti costituisce una sintesi delle ragioni di opportunità urbanistica a favore o contro il rilascio della concessione edilizia in mancanza di disciplina pianificatoria di dettaglio.

All’esito della predetta valutazione potranno presentarsi diverse ipotesi.

In caso di zone assolutamente inedificate, in cui si tratti di asservire per la prima volta all'edificazione, mediante costruzione di uno o più fabbricati, aree non ancora urbanizzate che richiedano, per il loro armonico raccordo col preesistente aggregato abitativo, la realizzazione di opere di urbanizzazione primaria e secondaria, l’esistenza del piano esecutivo (piano di lottizzazione o piano particolareggiato) è senza dubbio presupposto indispensabile per il rilascio del titolo edilizio (cfr., ex multis, Consiglio di Stato, Sez. IV, 27 aprile 2012, n. 2740 e Sez. V, 24 settembre 2001, n. 4993).

In tali situazioni, l'integrità d'origine del territorio non è sostanzialmente vulnerata, perciò deve essere rigorosamente rispettata la cadenza, in ordine successivo, dell'approvazione del piano regolatore generale e della realizzazione dello strumento urbanistico d'attuazione, che garantisce una pianificazione razionale e ordinata del futuro sviluppo del territorio dal punto di vista urbanistico.

Pertanto, in tali casi, è da ritenersi legittimo il rigetto della istanza edificatoria fondato sulla mancanza di strumento urbanistico di attuazione.

La situazione di lotto totalmente inedificato, tuttavia, non è quella oggetto della presente controversia.

4. All’estremo opposto, rispetto all’ipotesi delle aree totalmente inedificate, si pone il caso in cui l’istanza edilizia riguardi un “lotto intercluso” o “lotto residuo”, ossia un’area compresa in zona totalmente dotata di opere di urbanizzazione primaria e secondaria pari agli standard urbanistici minimi prescritti, cioè da opere e servizi realizzati per soddisfare i necessari bisogni della collettività quali strade, spazi di sosta, fognature, reti di distribuzione del gas, dell'acqua e dell'energia elettrica, scuole, etc.

Per la precisione, la giurisprudenza amministrativa ritiene realizzata la fattispecie del lotto intercluso solo se l'area edificabile di proprietà del richiedente:

a) sia l'unica a non essere stata ancora edificata;

b) si trovi in una zona integralmente interessata da costruzioni;

c) sia dotata di tutte le opere di urbanizzazione (primarie e secondarie), previste dagli strumenti urbanistici;

d) sia valorizzata da un progetto edilizio del tutto conforme al Piano Regolatore Generale.

In termini urbanistico-edilizi, per poter qualificare l’area in termini di lotto intercluso non è necessaria l'interclusione del terreno da tutti i lati, bensì l’esistenza di un’area c.d. "relitto", autonomamente edificabile perché già urbanisticamente definita, ossia compiutamente e definitivamente collegata e integrata con già esistenti opere di urbanizzazione (strade, servizi, piazze, giardini) e/o con altri immobili adiacenti.

In presenza del lotto intercluso, poiché la completa e razionale edificazione e urbanizzazione del comprensorio interessato ha già creato una situazione di fatto corrispondente a quella che deriverebbe dall'attuazione del piano esecutivo (piano particolareggiato, piano di lottizzazione, etc.), lo strumento urbanistico esecutivo si ritiene superfluo (cfr., ex multis, Consiglio di Stato sez. IV, 10 gennaio 2012, n. 26).

In casi del genere è illegittima la pretesa del Comune di subordinare il rilascio del titolo edilizio alla predisposizione di un piano di lottizzazione, pur astrattamente previsto dallo strumento generale.

La fattispecie del lotto intercluso rappresenta, evidentemente, una deroga eccezionale al principio generale di cui all’art. 9 comma 2 D.P.R. n. 380/2001 per cui il rilascio del titolo edilizio può essere legittimamente disposto solo dopo che si sia concluso il procedimento per la adozione dello strumento urbanistico attuativo e che lo stesso sia divenuto perfetto ed efficace.

Nel caso di specie, tuttavia, neanche la perizia giurata in atti, depositata da parte ricorrente già in primo grado è idonea a dimostrare inequivocabilmente la sussistenza di tutte le condizioni sopra indicate per concretizzare la situazione del lotto intercluso.

Peraltro, anche l’accertamento della sussistenza del lotto intercluso o di altri casi analoghi di zona già edificata e urbanizzata non esclude in assoluto l'esigenza di pianificazione dell'urbanizzazione ai fini del rilascio della concessione edilizia quando permane l’esigenza di realizzare un armonico raccordo con il preesistente aggregato abitativo e di potenziare le opere di urbanizzazione già esistenti (cfr., ex multis, Consiglio di Stato, Sez. V, 29 febbraio 2012, n. 1177 e Sez. IV, 1° ottobre 2007, n. 5043).

5. Nelle situazioni intermedie, nelle quali il territorio risulti già, più o meno intensamente, urbanizzato, come risulta agli atti nella specie, atteso che, come detto, la perizia giurata in atti non è inequivoca a dimostrare l’interclusione del lotto, la giurisprudenza amministrativa ha adottato soluzioni più rigorose, ritenendo che il piano attuativo sia strumento indispensabile per l'ordinato assetto del territorio, stante il chiaro tenore dell’art. 9, comma 2, d.P.R. n. 380-2001, che costituisce regola generale ed imperativa in materia di governo del territorio, quando lo strumento urbanistico generale prevede che la sua attuazione debba aver luogo mediante un piano di livello inferiore, il rilascio del titolo edilizio può essere legittimamente disposto solo dopo che lo strumento esecutivo sia divenuto perfetto ed efficace, ovvero quando è concluso il relativo procedimento.

Poiché il piano attuativo non ha equivalenti non è consentito superarne l’assenza facendo leva sulla situazione di sufficiente urbanizzazione della zona. Ciò impedisce che in sede amministrativa o giurisdizionale possano essere effettuate indagini volte a verificare se sia tecnicamente possibile edificare vanificando la funzione del piano attuativo.

In caso di ritardo, l’adozione e l’approvazione del piano attuativo potrà essere sollecitata dal cittadino con gli strumenti consentiti.

Tuttavia, nei casi di cui trattasi, la giurisprudenza ritiene che quando sia ravvisabile una sostanziale, anche se non completa, urbanizzazione dell’intero comprensorio a cui appartiene l'area oggetto della richiesta edilizia, la mancanza dello strumento attuativo, in se e per sé, non può essere invocata ad esclusivo fondamento del diniego di concessione edilizia.

In tal caso, l'Amministrazione dovrà condurre adeguata istruttoria al fine di valutare lo stato di urbanizzazione già presente nella zona ed evidenziare le concrete ed ulteriori esigenze di urbanizzazione indotte dalla nuova costruzione.

Infatti solo il Comune, essendo in possesso delle informazioni concernenti l'effettiva consistenza del suo territorio, delle opere di urbanizzazione primaria e secondaria, dei servizi pubblici, e delle edificazioni pubbliche e private già esistenti, sarà sicuramente in grado di stabilire se e in quale misura un ulteriore eventuale carico edilizio possa armonicamente inserirsi nell'assetto del territorio già presente.

Il Comune, quindi, dovrà preventivamente esaminare, in relazione alla dimensione dell'intervento richiesto, allo stato dei luoghi, alla documentazione prodotta dall'interessato ed alle prescrizioni di zona del piano di fabbricazione, se il Piano regolatore fornisca indicazioni esaustive sulle modalità edificatorie nonché lo stato di urbanizzazione e di edificazione dell'area interessata in relazione all'adeguatezza e fruibilità delle opere di urbanizzazione primaria e secondaria e di conseguenza valutare se persiste o meno la necessità di adottare il piano attuativo prima del rilascio del permesso di costruire, dando atto delle dette verifiche nelle motivazioni della propria decisione.

Nel caso in esame, legittimamente il Comune ha rilevato che "la zona è carente di opere di urbanizzazione primaria e secondaria" ed in particolare di aree "destinate a parcheggio pubblico" (richiamando le risultanze di uno studio sulla questione dell'edificabilità nelle zone di espansione, in assenza di p.l.c., recepite con determina n. 58 dell'8 febbraio 2005), sottolineandosi qui, come ben ha messo in evidenza il TAR, che la situazione appena descritta, caratterizzata da un'edificazione soltanto parziale e da un'incompleta dotazione infrastrutturale, ha trovato puntuale conferma e specificazione nella documentazione versata in giudizio dall'Amministrazione resistente;

L'espressione "esistenza" delle opere di urbanizzazione, rilevante ai fini della necessità o meno della previa redazione di un piano di lottizzazione o di altro strumento urbanistico attuativo prima del rilascio della concessione edilizia, deve essere intesa nel significato di adeguatezza delle opere alle esigenze collettive e la verifica dello stato di urbanizzazione che la P.A. deve fare prima del rilascio di concessioni edilizie in assenza di uno strumento attuativo non può essere limitata alle sole aree prossime e di contorno dell'edificio progettato, ma deve riguardare l’adeguatezza delle opere ai bisogni collettivi dell’intera zona che dovrebbe essere interessata dal piano.

Ogni altra soluzione avrebbe evidentemente il torto di trasformare lo strumento attuativo in un atto sostanzialmente facoltativo, non più necessario ogniqualvolta, a causa di precedenti abusi edilizi sanati, di preesistenti edificazioni ovvero del rilascio di singole concessioni edilizie illegittime, il comprensorio abbia già subito una qualche urbanizzazione, anche se la stessa non soddisfa pienamente le indicazioni del piano regolatore.

Inoltre, la valutazione circa la congruità del grado di urbanizzazione spetta unicamente al Comune ed è caratterizzata da un amplissimo margine di discrezionalità: pertanto non può essere sottoposta al sindacato giurisdizionale del giudice amministrativo, salvo che sotto il profilo della palese illogicità ed irragionevolezza delle determinazioni assunte o per essere le determinazioni stesse inficiate da errori di fatto (cfr. Consiglio di Stato, sez. IV, 4 maggio 2010, n. 2545).

Pertanto, l’obiezione contenuta nell’atto di appello circa l’esistenza di altri parcheggi nella zona non è idonea a scalfire la legittimità del provvedimento, poiché non mette in luce in modo inequivocabile la manifesta irragionevolezza dell’operato del Comune cui compete una valutazione più ampia e complessiva dell’area ai fini della dotazione degli standard minimi ritenuti sufficienti e che, all’uopo, ha compiuto un’istruttoria sufficiente a rilevare tale difetto di dotazioni urbanistiche.

Né d’altra parte, l’appellante prova in modo idoneo ed inequivocabile che i parcheggi esistenti soddisfano appieno le esigenze degli abitanti e delle attività sociali ed economici della zona di riferimento.

Inoltre, come bene ha osservato il TAR, non può ritenersi che la previsione progettuale di cessione gratuita al Comune del 30°/o della superficie del lotto valga ad integrare il disposto di cui all'art.12, comma 2, d.P.R. n.380-2001, occorrendo allo scopo l'impegno del privato di procedere all'attuazione delle opere di urbanizzazione mancanti contemporaneamente alla realizzazione dell'intervento oggetto del permesso.

6. Riguardo alle ulteriori censure non si può che condividere appieno le valutazioni del TAR.

Infatti:

- il fatto che l'Amministrazione abbia provveduto oltre i termini previsti dall’art. 20 d.P.R. n. 380-2001, e quindi tardivamente, non rileva, come è noto, ai fini della legittimità del provvedimento assunto, poiché la tardività, come è noto, non è elemento costitutivo della legittimità del provvedimento amministrativo;

- la violazione dell'art. 10-bis, L. n. 241-1990 non comporta l’annullabilità, ex art. 21-octies della stessa Legge, trattandosi di vizio formale relativo ad un contenuto sostanzialmente legittimo del provvedimento;

- la motivazione del diniego riferita al mancato rispetto dell'altezza minima può essere assorbita, essendo sufficiente, per la conservazione del provvedimento amministrativo sorretto da più ragioni giustificatrici tra loro autonome e non contraddittorie, che sia fondata anche una sola di esse (cfr., ex multis, Consiglio di Stato, Sez. IV, 12 maggio 2016, n. 1921 in tema di impugnazione del provvedimento plurimotivato).

7. Conclusivamente, alla luce delle predette argomentazioni, l’appello deve essere respinto in quanto infondato.

Le spese di lite del presente grado di giudizio, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Seconda),definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe indicato, lo respinge.

Condanna parte appellante al pagamento delle spese di lite del presente grado di giudizio in favore del Comune appellato, spese che liquida in euro 2.000,00, oltre accessori di legge, se dovuti.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 12 novembre 2019 con l'intervento dei magistrati:

Fabio Taormina, Presidente

Paolo Giovanni Nicolo' Lotti, Consigliere, Estensore

Giovanni Sabbato, Consigliere

Francesco Frigida, Consigliere

Cecilia Altavista, Consigliere