Consiglio di Stato, Sez. IV, n. 2427, del 6 maggio 2013
Urbanistica.Il potere del Comune di pianificazione urbanistica del territorio deve prevedere anche finalità economico-sociali per la comunità locale
Si è affermato che il potere di pianificazione urbanistica del territorio, la cui attribuzione e conformazione normativa è costituzionalmente conferita alla potestà legislativa concorrente dello Stato e delle Regioni, ex art. 117, comma terzo, Cost. ed il cui esercizio è normalmente attribuito, pur nel contesto di ulteriori livelli ed ambiti di pianificazione, al Comune, non è limitato alla individuazione delle destinazioni delle zone del territorio comunale, ed in particolare alla possibilità e limiti edificatori delle stesse. Al contrario, tale potere di pianificazione deve essere rettamente inteso in relazione ad un concetto di urbanistica che non è limitato solo alla disciplina coordinata della edificazione dei suoli (e, al massimo, ai tipi di edilizia, distinti per finalità, in tal modo definiti), ma che, per mezzo della disciplina dell’utilizzo delle aree, realizzi anche finalità economico-sociali della comunità locale (non in contrasto ma anzi in armonico rapporto con analoghi interessi di altre comunità territoriali, regionali e dello Stato), nel quadro di rispetto e positiva attuazione di valori costituzionalmente tutelati. (Segnalazione e massima a cura di F. Albanese)
N. 02427/2013REG.PROV.COLL.
N. 00722/2005 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 722 del 2005, proposto da:
Cuneaz Monica, Cuneaz Louis, rappresentati e difesi dagli avv. Piercarlo Carnelli, Adriano Casellato, con domicilio eletto presso G Studio Grez E Associati S.R.L. in Roma, Lungotevere Flaminio, 46 Iv/B;
contro
Comune di Gressan, rappresentato e difeso dagli avv. Gabriele Pafundi, Giorgio Santilli, con domicilio eletto presso Gabriele Pafundi in Roma, viale Giulio Cesare N.14;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. VALLE D'AOSTA - AOSTA n. 00017/2004, resa tra le parti, concernente ADOZIONE DI VARIANTE AL PRGC
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 24 aprile 2012 il Cons. Oberdan Forlenza e uditi per le parti gli avvocati Piercarlo Carnelli e Gabriele Pafundi;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Con l’appello in esame, i signori Monica e Louis Cuneaz impugnano la sentenza 17 febbraio 2004 n. 17, con la quale il TAR per la Valle d’Aosta ha rigettato il loro ricorso proposto avverso la delibera del Consiglio Comunale di Gressan 8 agosto 2001 n. 17, avente ad oggetto l’adozione di una variante al Piano Regolatore concernente la zona C5.
Con tale delibera, parte di un terreno di loro proprietà – originariamente a destinazione agricola, poi avente destinazione residenziale e sul quale intendevano edificare due immobili, in ordine ai quali era stato sospeso il procedimento di rilascio della richiesta concessione edilizia - è stata compresa in zona “Ea” agricola.
La sentenza impugnata afferma:
- “le scelte urbanistiche discrezionalmente operate dall’amministrazione in sede di pianificazione non necessitano di espressa e specifica motivazione, salvo che non incidano, in senso peggiorativo, su situazioni meritevoli di particolare considerazione o per la singolarità del sacrificio imposto al privato o per la preesistenza di aspettative in quest’ultimo ingenerate”;
- né la pendenza di domanda di concessione edilizia “comporta la necessità di una puntuale motivazione della variante di piano regolatore”;
- al contrario, ha bisogno di motivazione “puntuale e concreta” una variante avente finalità specifica ed oggetto circoscritto, dovendosi tuttavia precisare che, ai fini della motivazione, è sufficiente che “le soluzioni predisposte siano funzionali e coerenti con i criteri d’ordine tecnico – urbanistico stabiliti per la formazione del piano regolatore generale e con i suoi obiettivi generali”;
- quanto alla finalità espressa dall’amministrazione – che è quella di consentire, nella zona in esame, “esclusivamente la costruzione di edifici destinati a prima casa per i proprietari dei terreni interessati” - per un verso la stessa “che si propone di ridurre la capacità insediativa della zona” non è incongrua in relazione al PRG; per altro verso, non costituisce un dato non considerabile in sede di pianificazione urbanistica, posto che la legge reg. n. 11/1998 prevede tra le destinazioni d’uso del territorio anche “la destinazione ad abitazione permanente o principale”.
Avverso tale decisione, vengono proposti i seguenti motivi di impugnazione, come ricavabili dall’atto di appello (v. pagg. 5 – 16):
a) error in iudicando, poiché la soluzione adottata dal Comune di Gressan, per un verso costituisce “violazione del dovere di porsi in coerenza con i criteri generali seguiti nell’impostazione del piano” e si basa su un limite all’edificabilità del fondo (quello della destinazione a “prima casa”), “privo di fondamento giuridico”. Ciò in quanto “il tema della cd. prima casa . . . è sconosciuto alla pianificazione urbanistica . . . e quindi inconferente nell’ambito motivazionale” (v. pagg. 8 – 9 app.);
b) error in iudicando, poiché “una destinazione d’uso a prima casa introdotta da una P.A. nella propria disciplina regolamentare è illegittima . . . per incompetenza, per il fatto di integrare una previsione sperequativa e particolare, certamente riservata al legislatore”, né è dato cogliere “con quali limiti in Gressan potrebbe consentirsi a taluno di edificare a condizione che si tratti della sua prima casa”; peraltro (pag. 11 app.) “nessun deliberato contiene la esplicitazione del fatto che la zona C5 possa essere edificabile solo da parte di chi deve realizzare la propria prima casa”;
c) error in iudicando, poiché “il Comune non ha dato conto delle ragioni della propria scelta di includere il terreno dei ricorrenti in zona Ea”.
Gli appellanti ripropongono, inoltre, la domanda di risarcimento del danno, rigettata in I grado.
Si è costituito in giudizio il Comune di Cuneaz, che ha concluso per il rigetto dell’appello, stante la sua infondatezza.
All’udienza di trattazione, la causa è stata riservata in decisione.
DIRITTO
L’appello è infondato e deve essere, pertanto, respinto, con conseguente conferma della sentenza impugnata.
Il problema del contenuto e dei limiti della pianificazione urbanistica; del significato stesso del concetto di “urbanistica” in senso giuridico e, di conseguenza, del contenuto della potestà pianificatoria, è stato affrontato da questo Consiglio di Stato, sez. IV, con la sentenza 10 maggio 2012 n. 2710, medio tempore pubblicata, con considerazioni che devono essere riconfermate ai fini della presente decisione.
Si è affermato che il potere di pianificazione urbanistica del territorio – la cui attribuzione e conformazione normativa è costituzionalmente conferita alla potestà legislativa concorrente dello Stato e delle Regioni, ex art. 117, comma terzo, Cost. ed il cui esercizio è normalmente attribuito, pur nel contesto di ulteriori livelli ed ambiti di pianificazione, al Comune – non è limitato alla individuazione delle destinazioni delle zone del territorio comunale, ed in particolare alla possibilità e limiti edificatori delle stesse.
Al contrario, tale potere di pianificazione deve essere rettamente inteso in relazione ad un concetto di urbanistica che non è limitato solo alla disciplina coordinata della edificazione dei suoli (e, al massimo, ai tipi di edilizia, distinti per finalità, in tal modo definiti), ma che, per mezzo della disciplina dell’utilizzo delle aree, realizzi anche finalità economico – sociali della comunità locale (non in contrasto ma anzi in armonico rapporto con analoghi interessi di altre comunità territoriali, regionali e dello Stato), nel quadro di rispetto e positiva attuazione di valori costituzionalmente tutelati.
Proprio per tali ragioni, lo stesso legislatore costituzionale, nel novellare l’art. 117 della Costituzione per il tramite della legge cost. n. 3/2001, ha sostituito – al fine di individuare le materie rientranti nella potestà legislativa concorrente Stato - Regioni - il termine “urbanistica”, con la più onnicomprensiva espressione di “governo del territorio”, certamente più aderente, contenutisticamente, alle finalità di pianificazione che oggi devono ricomprendersi nel citato termine di “urbanistica”.
D’altra parte, già il legislatore ordinario (sia pure ai fini della attribuzione di giurisdizione sulle relative controversie), con l’art. 34, comma 2, d. lgs. 31 marzo 1998 n. 80, aveva affermato che “la materia urbanistica concerne tutti gli aspetti dell’uso del territorio”.
Tali finalità, per così dire “più complessive” dell’urbanistica, e degli strumenti che ne comportano attuazione, sono peraltro desumibili fin dalla legge 17 agosto 1942 n. 1150, laddove essa individua il contenuto della “disciplina urbanistica e dei suoi scopi” (art. 1), non solo nell’”assetto ed incremento edilizio” dell’abitato, ma anche nello “sviluppo urbanistico in genere nel territorio della Repubblica”.
In definitiva, l’urbanistica, ed il correlativo esercizio del potere di pianificazione, non possono essere intesi, sul piano giuridico, solo come un coordinamento delle potenzialità edificatorie connesse al diritto di proprietà, così offrendone una visione affatto minimale, ma devono essere ricostruiti come intervento degli enti esponenziali sul proprio territorio, in funzione dello sviluppo complessivo ed armonico del medesimo.
Uno sviluppo che tenga conto sia delle potenzialità edificatorie dei suoli - non in astratto, bensì in relazione alle effettive esigenze di abitazione della comunità ed alle concrete vocazioni dei luoghi –, sia di valori ambientali e paesaggistici, sia di esigenze di tutela della salute e quindi della vita salubre degli abitanti, sia delle esigenze economico – sociali della comunità radicata sul territorio (tra le quali certamente rientra l’aspirazione, anche in proprietà, alla casa di abitazione), sia, in definitiva, del modello di sviluppo che si intende imprimere ai luoghi stessi, in considerazione della loro storia, tradizione, ubicazione e di una riflessione “de futuro” sulla propria stessa essenza, svolta - per autorappresentazione ed autodeterminazione - dalla comunità medesima, attraverso le decisioni dei propri organi elettivi e, prima ancora, attraverso la partecipazione dei cittadini al procedimento pianificatorio.
In definitiva, il potere di pianificazione urbanistica non è funzionale solo all’interesse pubblico all’ordinato sviluppo edilizio del territorio in considerazione delle diverse tipologie di edificazione distinte per finalità (civile abitazione, uffici pubblici, opifici industriali e artigianali, etc.), ma esso è funzionalmente rivolto alla realizzazione contemperata di una pluralità di interessi pubblici, che trovano il proprio fondamento in valori costituzionalmente garantiti.
Ne consegue che, diversamente opinando, e cioè nel senso di ritenere il potere di pianificazione urbanistica limitato alla sola prima ipotesi, si priverebbe la pubblica amministrazione di un essenziale strumento di realizzazione di valori costituzionali, quali sono almeno quelli espressi dagli articoli 9, comma secondo, 32, 42, 44, 47, comma secondo, Cost..
Alla luce di quanto esposto, la finalità di sostenere l’esigenza di una “prima casa” dei cittadini residenti appare del tutto coerente, in generale, con il potere pianificatorio conferito all’Ente locale dalla legge, e costituisce – soprattutto in Comuni a vocazione turistica - una evidente misura di declinazione dello sviluppo edilizio del territorio con le esigenze abitative della comunità locale, evitando sfruttamenti intensivi a fini turistici, tali da snaturare la quotidianità e l’essenza stessa della comunità locale.
Dalle considerazioni espresse, appare evidente la legittimità degli atti adottati dal Comune di Cuneaz, con i quali si sono volute limitare le potenzialità edificatorie dei suoli, delimitandole a finalità di edificazione per prima casa; e ciò sia in coerenza con gli indirizzi e criteri generali del piano regolatore, sia nell’ambito di una più meditata (e limitata) valutazione delle facoltà edificatorie conferite in relazione a suoli già a destinazione agricola..
D’altra parte, occorre ricordare – in ciò condividendo quanto rappresentato dalla sentenza appellata – che l’onere di motivazione gravante sull’amministrazione in sede di adozione di uno strumento urbanistico, salvo i casi in cui le scelte effettuate incidano su zone territorialmente circoscritte ledendo legittime aspettative, è di carattere generale e risulta soddisfatto con l’indicazione dei profili generali e dei criteri che sorreggono le scelte effettuate, senza necessità di una motivazione puntuale e “mirata” (Cons. Stato, sez. IV, 3 novembre 2008 n. 5478), così come, nell’ambito del procedimento volto all’adozione dello strumento urbanistico, non occorre controdedurre singolarmente e puntualmente a ciascuna osservazione e opposizione.
Per tutte le ragioni esposte, l’appello deve essere rigettato, sia in relazione alla domanda di annullamento proposta, sia in relazione alla domanda di condanna dell’amministrazione al risarcimento del danno, con conseguente conferma della sentenza impugnata.
Sussistono giusti motivi per compensare tra le parti spese, diritti ed onorari di giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
definitivamente pronunciando sull’appello proposto da Cuneaz Monica e Cuneaz Louis (n. 722/2005 r.g.), lo rigetta e, per l’effetto, conferma la sentenza impugnata.
Compensa tra le parti spese, diritti ed onorari di giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 24 aprile 2012 con l'intervento dei magistrati:
Giorgio Giaccardi, Presidente
Raffaele Greco, Consigliere
Guido Romano, Consigliere
Andrea Migliozzi, Consigliere
Oberdan Forlenza, Consigliere, Estensore
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L'ESTENSORE |
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IL PRESIDENTE |
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DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 06/05/2013
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)