Consiglio di Stato, Sez. IV, n. 2489, del 8 maggio 2013
Urbanistica.L'amministratore del consorzio è legittimato ad impugnare le previsioni urbanistiche lesive della proprietà comune

Fatta salva una specifica e diversa disposizione del regolamento condominiale o di una delibera dell’assemblea, al pari di ciascun condominio anche il consorzio, in quanto amministrazione di beni condominiali, è naturalmente legittimato, nella persona dell'amministratore che esercita i poteri conferitigli dall'assemblea, ad impugnare le previsioni urbanistiche lesive della proprietà comune. L’amministratore del Consorzio quindi non solo può agire attivamente in giudizio, a prescindere da una previa delibera dell'assemblea, ma, a seguito del rigetto della domanda da parte del primo giudice, può proporre impugnazione innanzi al giudice di appello. (Segnalazione e massima a cura di F. Albanese)

N. 02489/2013REG.PROV.COLL.

N. 00727/2005 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 727 del 2005, proposto da: 
Italbiogreen Srl, rappresentata e difesa dagli avv. Angelo Clarizia, Nicolangelo Zurlo, Vittorio Biagetti, con domicilio eletto presso Angelo Clarizia in Roma, via Principessa Clotilde, 2;

contro

Consorzio di Rosa Marina, Tartaro Salvatore, Savoia Rosa, Catani Maria, Rinaldi Francesco, rappresentati e difesi dall'avv. Lorenzo Durano, con domicilio eletto presso Marco Gardin in Roma, via L. Mantegazza, 24; Martucci Eugenio, Melpignano Angela, Imeco Srl;

nei confronti di

Comune di Ostuni, rappresentato e difeso dall'avv. Cecilia R. Zaccaria, con domicilio eletto presso Alberto Angeletti in Roma, via Giuseppe Pisanelli, 2;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. PUGLIA - SEZ. STACCATA DI LECCE: SEZIONE I n. 07833/2004, resa tra le parti, concernente concessione edilizia.

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 26 febbraio 2013 il Cons. Umberto Realfonzo e uditi per le parti gli avvocati Angelo Clarizia, Lorenzo Durano e Alberto Angeletti (su delega di Cecilia Zaccaria);

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.



FATTO

Con il presente gravame la società appellante Italbiogreen srl. (nuova denominazione di Rosa Invest s.r.l.) impugna la sentenza con cui il TAR ha annullato la concessione edilizia n. 131/2001 del Comune di Ostuni per la costruzione di due “bi-ville” in area C2 in località Rosa Marina su ricorso sia di alcuni proprietari di ville all’interno del Villaggio Rosa Marina di Ostuni, che del Consorzio costituito per l’amministrazione dei beni e degli impianti di interesse comune.

L’appello è affidato alla denuncia di due motivi di gravame relativi alla mancata declaratoria dell’inammissibilità e dell’irricevibilità del ricorso di primo grado e, nel merito, alla violazione delle norme di salvaguardia e dei principi generali in materia di pianificazione.

Il Comune di Ostuni, a sua volta, si è costituito in giudizio sottolineando la legittimità del provvedimento impugnato e concludendo per l’accoglimento dell’appello.

Con la produzione documentale per la discussione la società appellante ha depositato delle foto aeree dell’area delle planimetrie e lo stralcio del decreto di trasferimento delle aree alla società appellante, contenente l’indicazione delle servitù di passaggio a suo favore.

Gli appellati, già costituitisi in giudizio:

- con memoria per la discussione, hanno replicato alle argomentazioni dell’appellante;

- con deposito del 14 gennaio 2013, hanno versato in atti ricorsi un’opposizione di terzo ex 404 c.p.c.;

- con la replica conclusiva, hanno contestato le produzione documentali avverse, ai sensi dell’art. 104 comma 2 C.P.A., e rilevato il sopravvenuto difetto di interesse in relazione all’annullamento della variante n. 36/2001 con la sentenza della Sezione n.145/2010.

A sua volta la società appellante ha contestato l’eccezione ed ha insistito per l’accoglimento dell’appello.

Chiamata all'udienza pubblica, uditi i patrocinatori delle parti, la causa è stata ritenuta in decisione.

DIRITTO

L’appello è infondato.

___ 1. Con il primo motivo la società ricorrente lamenta la frettolosità con cui il Tar, contraddicendo la motivazione della sua stessa precedente ordinanza cautelare, ha rigettato le eccezioni di rito sul rilievo per cui “… la documentazione versata in giudizio da costoro a sostegno della spiegata eccezione (fattura dell’8.7.03 rilasciata dall’impresa appaltatrice a titolo di primo acconto per i lavori a rustico a ville) appare inidonea a fornire la prova di una situazione in fatto (ultimazione dei lavori ovvero completamento a rustico delle due bi-ville) ed in diritto (conformità rispetto alle previsioni urbanistiche) tale da ingenerare nei ricorrenti la piena consapevolezza degli effetti lesivi del provvedimento concessorio e, quindi, l’esistenza e l’entità delle violazioni urbanistiche eventualmente derivanti dallo stesso. Per altro verso, gli stessi ricorrenti hanno congruamente dimostrato (cfr. verbale del Nucleo operativo della polizia edilizia del Comune di Ostini in atti, a mente del quale in data 2.7.03 dal sopraluogo sul posto è emerso che all’epoca erano in corso lavori consistenti nel getto di calcestruzzo all’interno degli scavi) che, a fronte del ricorso notificato in andata 13.10.2003 e tenuto conto del periodo di sospensione feriale, non sussiste alcuno profilo di tardività nella presente impugnazione in considerazione dei richiamati elementi fattuali e giuridici”.

Per la società appellante il Tar avrebbe glissato sulla tardività del ricorso con riferimento a tutti gli altri atti presupposti rispetto ai quali la tardività del ricorso sarebbe apparsa del tutto evidente. Inoltre il rigetto dell’eccezione sarebbe incongruamente motivato in quanto la fattura dell’8 luglio 2003, debitamente registrata nei libri fiscali in epoca non sospetta, farebbe piena prova dello stato di consistenza dei lavori eseguiti.

Nulla proverebbe poi il verbale dei vigili urbani del 2 luglio 2003, che avevano riscontrato l’esistenza di un cantiere edile debitamente autorizzato in esecuzione della quale erano stati realizzati dei rustici ; essi erano, dunque, ampiamente visibile dalle confinanti ville dei ricorrenti in un periodo in cui, peraltro, il villaggio sarebbe molto frequentato dei proprietari.

Palesemente inammissibile per evidente tardività sarebbe, poi, la censura contro la delibera n. 36/2001, avente oggetto la variante al PRG, nella parte in cui consente l’edificabilità nelle cinture di espansione estensiva, confinanti con il P.d.L. di Rosa Marina senza necessità di un piano particolareggiato, nonché con un aumento dell’indice fondiario di fabbricabilità territoriale e con la possibilità di monetizzare la cessione dell’area a standard.

I provvedimenti in materia di pianificazione urbanistica dovrebbero essere impugnati entro 60 giorni dalla loro pubblicazione. Il che nel caso non era stato fatto, prosegue la Italbiogreen.

Inoltre il Tar nulla aveva rilevato sul fatto che il ricorrente consorzio avrebbe riproposto alcune censure già rigettate con la sentenza n. 3564/2002, relativamente alla mancanza di una delibera del consorzio, anche “di intenti” avrebbe dovuto precedere l’impugnazione della variante.

Inammissibilmente la delibera n. 36/2001 risulterebbe impugnata totalmente e non solo nella parte in cui si suppone contraria e lesiva degli interessi dei ricorrenti; il Tar salentino avrebbe ignorato la propria precedente pronuncia n. 3564/2002 e la successiva n.6431/2003.

La delibera n. 36/2001 sarebbe quindi divenuta inoppugnabile e comunque i ricorrenti non avrebbero avuto l’interesse all’annullamento.

L’assunto come sopra descritto è infondato.

Quanto alla tardività dell’impugnata concessione, si deve ricordare che la decorrenza del termine per ricorrere in sede giurisdizionale avverso atti abilitativi dell'edificazione, per i soggetti diversi da quelli cui l'atto è rilasciato, deve essere collegata alla data in cui sia percepibile dal controinteressato la concreta entità del manufatto e la sua incidenza effettiva sulla propria posizione giuridica.

In caso d’impugnazione del titolo edilizio ordinario -- salvo che non venga fornita la prova certa di una conoscenza anticipata del provvedimento abilitativo -- il termine di decadenza decorre dunque dal completamento dei lavori, cioè dal momento in cui sia materialmente apprezzabile la reale portata dell'intervento in precedenza assentito (cfr. Cons. St., Ad. Plen., 29 luglio 2011 n. 15; Cons. St., sez. IV, 29 maggio 2009 n. 3358).

Per giunta, sempre nel caso di costruzione da parte del vicino, la conoscenza di una situazione potenzialmente lesiva non obbliga affatto il titolare dell'interesse legittimo oppositivo ad attivarsi immediatamente in sede giurisdizionale, dato che, ad esempio, potrebbe trattarsi di un’edificazione abusiva; pertanto il termine decadenziale per l'impugnazione decorre solo dalla piena conoscenza dell'esistenza e dell'entità delle violazioni urbanistiche o dal contenuto specifico della concessione o del progetto edilizio (cfr, fra le molte, Consiglio Stato, sez. VI, 10 dicembre 2010, n. 8705; Consiglio Stato, sez. V, 24 agosto 2007, n. 4485).

In conseguenza, contrariamente a quanto vorrebbe l’appellante, la fattura che proverebbe la realizzazione ad una certa data dei rustici da parte dell’appellata è inconferente, in quanto non vi è comunque sicurezza che fossero materialmente apprezzabili le caratteristiche essenziali, la legittimità, la destinazione specifica delle opere e la reale portata dell'intervento qui in contestazione.

Nel dubbio deve infatti farsi applicazione dei principi generali di cui all’art. 24 ed all’art. 113 Cost., per cui la tutela dei diritti e interessi legittimi in giudizio è un diritto inviolabile in ogni stato e grado del procedimento e non può essere pregiudicato da formalismi non strettamente ed assolutamente necessari all’economia processuale.

In definitiva, del tutto erroneamente l’appellante assume l’obbligo del TAR di dichiarare l’irricevibilità.

Per quanto poi concerne i profili relativi alla pretesa tardività dell’impugnazione della delibera n. 36/2001, essa è del tutto inconferente atteso il successivo annullamento della stessa (ma sul punto vedi amplius infra).

Circa la pretesa carenza di una delibera “di intenti” del Consorzio, autorizzatoria della presente impugnativa, a parte il risolvente rilievo per cui, tra i ricorrenti vi sono anche i singoli proprietari i quali da soli hanno la legittimazione sufficiente all’ammissibilità del gravame, si deve in ogni caso ricordare che, anche per i Consorzi edilizi costituiti per l’amministrazione dei beni e degli impianti di interesse comune di una lottizzazione (come per gli ordinari condomini), mentre la proprietà delle cose comuni va riferita "pro quota" ai singoli partecipanti, la loro gestione è riferibile al condominio stesso in qualità di “centro d'imputazione di interessi”, ossia come figura organizzativa che si colloca nel vasto spazio che separa le persone fisiche dalle persone giuridiche.

Pertanto, fatta salva una specifica e diversa disposizione del regolamento condominale o di una delibera dell’assemblea, al pari di ciascun condominio anche il consorzio, in quanto amministrazione di beni condominiali, è naturalmente legittimato -- nella persona dell'amministratore che esercita i poteri conferitigli dall'assemblea -- ad impugnare le previsioni urbanistiche lesive della proprietà comune (cfr. Consiglio Stato, Sez. V 14 luglio 1995 n. 1076). L’amministratore del Consorzio quindi non solo può agire attivamente in giudizio, a prescindere da una previa delibera dell'assemblea, ma, a seguito del rigetto della domanda da parte del primo giudice, può proporre impugnazione innanzi al giudice di appello (cfr. Consiglio Stato, Sez. IV 22.1.2013 n.361; Cassazione civile sez. III 22 aprile 2008 n. 10369).

Tutti i profili del primo motivo devono, dunque, essere respinti.

____ 2. Con il secondo motivo si lamenta che erroneamente il Tar avrebbe accolto la censura della violazione, da parte della delibera CC n. 36/2001, delle prescrizioni del vigente PRG, laddove questo esclude, per le zone C2 di espansione estensiva del piano di lottizzazione con esso confinanti, la necessità di un piano particolareggiato.

Il Tar avrebbe inesattamente ritenuto che un intervento di pianificazione attuativo nei termini delineati dal piano generale potesse conseguire esclusivamente ad una formale, e rituale, modifica della previsione di P.R.G. ovvero comunque ad una ponderata valutazione, congruamente motivata, in ordine alla superfluità del predetto Piano particolareggiato. Per l’appellante proprio la delibera n.36 sarebbe stata “quel passaggio pianificatorio intermedio”, di carattere ricognitivo con cui sarebbe stata operata una rigorosa valutazione del nuovo intervento.

La censura è infondata.

In primo luogo, del tutto vanamente la società appellante pretenderebbe che si possa dare rilievo pianificatorio alle prescrizioni urbanistiche di una variante al piano regolatore -- quale quella di cui alla C.C. n.36/2001 -- che era stata solo adottata, ma mai definitivamente approvata.

Pertanto è risolvente al riguardo, come ricordato dalla difesa degli appellati (e come già rilevato dalla Sezione con la decisione del 18 gennaio 2010 n. 145), il fatto che questa stessa IV Sezione, con sentenza n. 2432 del 21 aprile 2009, ha già annullato la delibera del consiglio comunale n. 36/2001 di "variante al PRG per la definizione urbanistica della Lottizzazione di Rosa Marina".

In conseguenza, l'annullamento della variante conferma l’esattezza dell’assunto del primo giudice, il quale ha annullato una concessione edilizia proprio perché illegittimamente rilasciata senza la previa adozione del Piano Particolareggiato

Il Collegio non può che condividere, e far proprie, le affermazioni del TAR circa l’illegittimità del presupposto della concessione indebitamente fondata su una variante del vigente strumento urbanistico “inefficace perché meramente adottata ed il cui iter perfezionativo non risulta concluso nei termini di legge” ed altresì sulla “erronea ed incompleta applicazione dei principi giurisprudenziali in tema di non obbligatorietà della preventiva pianificazione attuativa e di lottizzazione….a fronte viceversa dell’impossibilità fisica e giuridica di procedere all’inclusione delle aree in questione nella lottizzazione Rosa Marina”.

A quest’ultimo proposito assolutamente inconferenti appaiono poi le estrapolazioni, al di fuori del loro specifico contesto, di alcuni passi della sentenza della Sezione n.4276/2007 circa l’affermata sufficienza delle urbanizzazioni in quel caso.

Al contrario, proprio a proposito della lottizzazione “Rosa Marina”, la Sezione ha di recente avuto modo di ricordare (cfr. Consiglio di Stato, Sez. IV 2 febbraio 2011 n.750) che, con la delibera G.R. n.2250/1995 di approvazione del PRG di Ostuni, la Regione Puglia:

-- aveva cassato d’ufficio la identica norma originaria (poi riproposta nella C.C. n.36/2001) che, prevedeva l’applicazione della disciplina di cui alla zona C” nelle aree già lottizzate;

-- aveva citato espressamente proprio la lottizzazione “Rosa Marina”, disponendo che l’edificazione dovesse rimanere nei limiti di cui agli originari atti di lottizzazione, approvati dal Comune con la delibera n.42 del 33/3/1971; e ciò a “.. permanente garanzia, per tutti i proprietari, che il contesto architettonico, ambientale e panoramico nel quale è collocata la loro proprietà non venga aggirato…”.

Anche il secondo motivo è dunque infondato.

____ 3 In conclusione l’appello deve essere respinto e, per l’effetto, la sentenza impugnata deve essere integralmente confermata.

Le spese, in relazione alla peculiarità della vicenda, possono tuttavia essere integralmente compensate tra le parti.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta) definitivamente pronunciando:

___ 1. respinge l'appello come in epigrafe proposto e per l‘effetto conferma integralmente la sentenza impugnata;

___2. spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 26 febbraio 2013 con l'intervento dei magistrati:

Paolo Numerico, Presidente

Andrea Migliozzi, Consigliere

Fulvio Rocco, Consigliere

Umberto Realfonzo, Consigliere, Estensore

Oberdan Forlenza, Consigliere

 

 

 

 

 

 

L'ESTENSORE

 

IL PRESIDENTE

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 08/05/2013

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)