RIFLESSIONI PROBLEMATICHE SULLA COMPRAVENDITA FRAZIONATA, DI IMMOBILI POSTI IN STRUTTURE RICETTIVE “C.A.V.”

di Marco Mecacci

1.)      Brevi cenni alla fattispecie.

Nella pratica delle compravendite immobiliari, soprattutto in zone di assidua frequentazione turistica, sono assai frequenti operazioni di compravendita che hanno ad oggetto immobili facenti parte di un più vasto complesso residenziale adibito a struttura ricettiva, e più precisamente a Casa e appartamenti per Vacanze (di seguito anche C.A.V.).

La fattispecie di cui si tratterà, originata da un caso concreto al quale è stata data soluzione, trova origine da uno degli innumerevoli opuscoli distribuiti ovunque secondo le modalità più varie, con i quali si informa una pluralità indifferenziata di persone, che è possibile acquistare la “casa dei “Sogni”” a prezzi incredibilmente convenienti, con la possibilità, in più, di percepire automaticamente un “reddito” derivante da locazione

A seconda della conformazione del territorio e della domanda di turismo, la “seconda casa” è offerta in numerose località di villeggiatura; al mare o in montagna, in campagna o nei pressi delle città d’arte.

Poiché come vedremo, la tipologia e la conformazione dei beni immobili oggetto di mercato dipende spesso dalle leggi regionali vigenti, in questa sede si darà conto, visto il caso concreto, dell’esperienza Toscana.

Va tenuto tuttavia presente che il fenomeno, come peraltro emergerà, ha assunto ormai da tempo dimensioni nazionali.

Il caso che ci occupa, nasce con la sottoscrizione da parte della Signora “Alice”, di un contratto preliminare di compravendita d’immobile in corso di costruzione con la Srl ““Sogni””, dalle successive modalità con le quali il bene medesimo è stato realizzato, e dai documenti relativi alla compravendita che il promettente venditore le ha fatto avere soltanto alla fine di ottobre del 2006.

I fatti come detto si verificano in Toscana, in una località che chiameremo fantasiosamente “Frittole” in memoria di un esilarante film a tutti noto[1]

Nel caso esaminato, la consegna del bene è prevista al momento della stipulazione del contratto definitivo, e Alice, in adempimento degli obblighi contrattuali, ha versato con acconti successivi alla Srl “Sogni”, la complessiva somma di € 133.000,00=, pari a circa la metà del prezzo pattuito.

Prima di entrare nei alcuni dettagli nella fattispecie concreta, chiediamoci però, per sommi capi, che cosa mai sia un immobile denominato “C.A.V.”, quali caratteristiche debba avere per essere tale, e perché assuma questa denominazione.

Un immobile C.A.V., almeno in apparenza … è esattamente identico alle altre comuni case d’abitazione e di queste ultime ha tutte le caratteristiche (soggiorno, camere, bagno cucina, mansarda, posto auto etc…).

L’unico neo, è di essere edificato in una zona dove non possono esistere case d’abitazione, cioè immobili con destinazione d’uso civile.

2.)      Oggetto dell’indagine

L’esame della fattispecie concreta, per essere esposto al lettore, richiede necessariamente alcuni cenni ai documenti che hanno formato oggetto della fattispecie. Documenti, il cui contenuto sarà sinteticamente riassunto nelle sole parti utili alla ricostruzione della fattispecie complessiva. Solo una colta compiuta questa operazione, infatti, sarà possibile individuare le norme che potrebbero trovare astrattamente applicazione nella fattispecie concreta, con particolare riferimento agli aspetti urbanistici della questione.

Conclusa questa indagine, dovranno essere analizzati i più autorevoli orientamenti giurisprudenziali in materia, con riferimento prima alle posizioni della Giustizia Amministrativa, e poi alle determinazioni delle Corti Penali, che spesso sono logica conseguenza delle posizioni e dell’inquadramento sistematico assunto dalla prima.

Delineato dunque il paradigma normativo e il c. d. “diritto vivente” applicabile in astratto alla fattispecie prospettata, la soluzione data al caso concreto da cui trarre spunti di riflessione, renderà necessario un confronto pratico tra quanto delineato e quanto emergente dall’esame dei documenti consegnati.

La “libera” vendita ai privati di immobili in strutture C.A.V., impone infatti l’analisi della fattispecie sotto il profilo del diritto amministrativo, di quello penale, ed in ultima analisi del diritto civile, visti gli effetti che possono seguire nei rapporti tra privati.

Più nello specifico, si cercherà pertanto di verificare:

ü       se l’eventuale emersione di fatti ed attività in contrasto con le disposizioni normative in materia di strutture turistico – ricettive (nazionali o regionali), sia tale da poter configurare la sussistenza di reati, e nella specie del reato previsto e punito dall’art. 44 lettera c) del D.P.R. 380/2001, in quella particolare forma denominata “lottizzazione cartolare” (o “negoziale”);

ü      se questo, di conseguenza, possa influire sulla libera commerciabilità del bene oggetto del contratto preliminare, o comunque  configurare un’ipotesi di contratto – reato, come tale nullo per violazione dell’art. 1418 c.c. comma 1.

ü      se pertanto la promittente l’acquisto, in base a quanto sopra, possa o meno legittimamente rifiutare di concludere il contratto preliminare sottoscritto, ed eccepire alla società promettente la vendita Srl “Sogni”, l’exceptio inadimplenti non est adimplendum di cui all’art. 1460 c.c.

3.) Documenti.

3.a.)                Contratto preliminare di compravendita.

Con contratto preliminare non registrato, recante la data del 13 maggio 2005, la Signora Alice ha promesso testualmente di acquistare dalla Srl “Sogni” una: “porzione di fabbricato, per civile abitazione, del fabbricato, per civile abitazione, attualmente in stato di avanzata edificazione e più precisamente….”

L’individuazione del bene oggetto della compravendita sopra descritta, per il complessivo prezzo di € 260.576,00= oltre i.v.a., fa seguito ad una premessa contrattuale nella quale, l’acquirente viene informata che:

“la parte acquirente è edotta circa il fatto che l’appartamento oggetto del presente preliminare ha, per un periodo di dieci anni dalla data di ultimazione della costruzione, la destinazione produttiva di “R.T.I. e C.A.V.” che risulta regolata dall’articolo 27 della L.R. 23 marzo 2000 n. 42 e dall’articolo 12 del Regolamento Regionale 23 aprile 2001 n. 12, allegati al presente atto sotto la lettera “D” e che ne costituisce parte integrante”

E che:

“su tale aera è prevista la costruzione di n. 6 unità abitative destinate a C.A.V. e n. 8 unità abitative destinate a R.T.A.; da cedersi a libero mercato secondo le norme stabilite nell’atto unilaterale d’obbligo (art. 5 ter della L.R.T. 25/1997) sottoscritto in data 22 aprile 2004 repertorio n. 161065 a favore del comune di Frittole, il quale regolamenta e disciplina le opere d’urbanizzazione che la società andrà a effettuare nel suddetto intervento di ristrutturazione”.

Sintetizzando dunque il contenuto complessivo del contratto di compravendita, si può concludere che si tratta di una scrittura privata che, pur facendo sopra riferimento ad una disciplina speciale concernente l’uso dei beni immobili con caratteristiche C.A.V., non contiene un’elencazione analitica, né un’indicazione comprensibile sulle modalità effettive di utilizzo del bene da parte del futuro acquirente. L’unico riferimento alle modalità di utilizzazione del bene in concreto, è quello ad un non meglio precisato “regolamento condominiale”  interessante l’intera struttura, che la promettente la vendita si impegna a predisporre unilateralmente prima della vendita del bene.

Pur elencato con parole su parole ed espressioni solo apparentemente tecniche, l’oggetto del contratto rimane oscuro, perché Alice “sa” che comprerà una villetta in un C.A.V., ma ignora che cosa un C.A.V. effettivamente sia.

3.b.)    Atto unilaterale d’obbligo redatto dal notaio GAvino registrato in data 22 aprile 2004 in Frittole (richiamato anche nel contratto preliminare sopra indicato).

L’atto in questione è costituito da una dichiarazione d’impegno solenne, che il signor Morfeo, in qualità di legale rappresentante della Srl “Sogni” rende al comune di Frittole.

Con detta dichiarazione, più precisamente, la società proprietaria degli immobili di futura costruzione, s’impegna a costituire un vincolo di destinazione produttiva a favore del comune di Frittole per la durata di 10 anni, consentendo che l’Ente Pubblico esegua tutte le verifiche occorrenti all’accertamento, e prendendo atto che il mancato rispetto di detto impegno può comportare sanzioni a suo carico.

Nello stesso tempo poi, la Srl “Sogni” si impegna a comunicare ai terzi futuri acquirenti e renderli edotti “della sussistenza di vincoli di destinazione e a richiamare il presente atto nei relativi contratti di compravendita, di locazione, di affitto o comunque determinanti la trasformazione del diritto reale di proprietà”.

3.c)     Verbale dell’assemblea straordinaria del “condominio CAV” in data 13 novembre 2005.

Qualche mese dopo la stipula del contratto preliminare, in data 13 novembre 2005, i proprietari del complesso hanno tenuto una riunione, dai verbali della quale emerge chiaramente che la Srl “Sogni”, tuttora proprietaria della maggior parte dei beni, ha avuto difficoltà nell’accatastamento degli immobili, che ha voluto qualificare come civile abitazione inserendoli nel “Gruppo A” D.M. Finanze in data 26/11/1983. Oltre a ciò, risulta dalla riunione dei proprietari, che la srl “Sogni” non ha in alcun modo iniziato l’attività di gestione degli immobili, nonostante che gli appartamenti siano già stato ultimati e che dunque dovessero essere utilizzati – in forza dell’atto d’obbligo – come strutture ricettive.

3.d.)    Copia di un volantino pubblicitario che reclamizza, come futura residenza da acquistare per le vacanze familiari, gli appartamenti posti all’interno del residence “C.a.v.”

Pur trattandosi di un documento apparentemente privo di rilevanza giuridica, che si limita a pubblicizzare una località, il contenuto del volantino pubblicitario è in alcuni punti interessante, perché dà prova del contegno di disinteresse mantenuto dalla Srl “Sogni” verso l’obbligo d’informativa ai possibili acquirenti sulla destinazione d’uso degli immobili. Vi si legge infatti, che “nei mesi estivi all’interno del residence si prevede operativa una reception, inoltre la società costruttrice mette a disposizione un servizio di gestione affitti per produrre reddito ai proprietari degli appartamenti…”.

Anche se privo di cogenza giuridica, giova ripeterlo,  il messaggio che passa nella pubblicità, è senz’altro che la destinazione d’uso dell’immobile a struttura ricettiva è qualcosa di eventuale e non obbligatorio, rimesso alla volontà dell’acquirente per “produrre reddito”, e non che l’immobile è gravato da un vincolo conformativo di destinazione d’uso.

Sembra proprio che acquistando un immobile dalla Srl “Sogni” i sogni si realizzino: non solo si comprerà una villetta in riva al mare, ma la villetta produrrà addirittura “soldi” e si pagherà il mutuo da sola….

3.e)      Regolamento di gestione del Residence ““C.A.V.”

In un documento consegnato alla Signora Alice alla fine del mese di ottobre del 2006, cioè dopo oltre un anno e mezzo dalla data di stipulazione del contratto preliminare, si legge il regolamento di gestione degli appartamenti predisposto dalla Srl “Sogni”.. Il documento, è diretto a garantire apparentemente l’attività di gestione turistica ricettiva che la “Sogni” srl avrebbe dovuto compiere fin dall’ultimazione della prima unità abitativa C.A.V., e contiene dichiarazioni assai utili alla ricostruzione complessiva della fattispecie esaminata.

Vi si legge infatti che i servizi essenziali obbligatori per legge nella struttura C.A.V., non sono obbligatori in forza del vincolo di destinazione d’uso assunto dalla Srl “Sogni”, ma saranno “concordati fra la gestione e i proprietari delle unità abitative”, quasi che la destinazione d’uso a struttura ricettiva fosse una eventualità “derogabile” tra Srl “Sogni” e privati, non un vincolo che grava sull’immobile.

Un successivo punto del regolamento, è poi ancora più chiaro al riguardo.

Si prevede, infatti, che “nei periodi in cui non sono occupate dai rispettivi proprietari, le unità abitative restano a disposizione della società che gestisce la C.A.V., la quale ai fini della gestione unitaria del complesso, potrà concederle a terzi, sulla base di preventivi accordi con i proprietari e sempre nell’osservanza della normativa vigente e del presente regolamento …”

Dalla lettura dei due punti, emerge chiaramente che il regolamento “contrattuale” di gestione della struttura C.A.V., si pone in aperto contrasto con le modalità di utilizzazione dei beni immobili previste nell’atto unilaterale d’obbligo in data 22/4/2004 sopra indicato sub 3.b), perché la destinazione d’uso concreta degli immobili è quella di civile abitazione e non di struttura ricettiva.

4.)  Richiamo alle disposizioni normative di legge ed alle interpretazioni della giurisprudenza amministrativa e penale in materia

4.a) Disposizioni normative della L.R Toscana n 42/2000

Le disposizioni normative regionali che regolano la gestione delle strutture ricettive denominate “Casa Albergo Vacanze”, sono contenute nella legge della Regione Toscana n. 42/2000.

Gli articoli che interessano, sono tre, e ci fanno subito ben comprendere che, in realtà, Alice ha promesso di acquistare un bene “aperto al pubblico”.

L’articolo 27, detta la definizione generale di residenza turistico alberghiera, cioè del genus di cui la C.A.V. è species.

Per l’art. 27,

1. Sono residenze turistico-alberghiere le strutture ricettive, a gestione unitaria, aperte al pubblico,  ubicate in uno o più stabili o parti di stabili, che offrono alloggio in unità abitative arredate, costituite da uno o più locali e dotate di servizio autonomo di cucina. Le residenze turistico-alberghiere possono disporre di ristorante, bar e altri servizi accessori.

2. Nelle residenze turistico-alberghiere i clienti possono essere alloggiati anche in camere, con o senza il vano soggiorno e senza il servizio autonomo di cucina. La capacità ricettiva di tali locali non deve risultare superiore al 40 per cento di quella complessiva dell'esercizio.

Si può agevolmente verificare che la caratteristica peculiare di tutte queste strutture  è costituita dalla ricettività, cioè dal fatto di essere naturalmente destinate all’accoglienza di soggetti terzi rispetto ai proprietari ed ai gestori della struttura.

Si usano infatti in modo chiaro termini come “turistico – alberghiero” e “clienti”, che evocano il concetto di ospitalità di terzi.

Una particolare tipologia di residenze turistico – alberghiere, cioè di strutture ricettive idonee ad ospitare soggetti terzi, è costituita dalla c.d. “altre strutture ricettive” (articoli da 45 a 60), di cui gli immobili “C.A.V.” sono parte.

L’art. 45, precisa che tutte le tipologie d’immobile comprese nella sua elencazione (fra le quali anche le C.A.V.), costituiscono strutture ricettive che devono essere obbligatoriamente “gestite per la produzione e l’offerta al pubblico di servizi di ospitalità”.

In altre parole, che in tanto si può ritenere esistente un immobile con destinazione C.A.V., in quanto questo sia destinato ad accogliere una pluralità indifferenziata di persone per soddisfare esigenze abitative temporanee (ospiti).

L’art. 56, definisce poi le C.A.V., e afferma che sono tali le strutture costituite da uno o più locali “gestite unitariamente in forma imprenditoriale per l’affitto ai turisti, senza offerta di servizi centralizzati”.

Il comma 4 del medesimo art. 56, è ancora più esplicito, perché precisa che “si considera gestione di case e appartamenti per vacanze la gestione non occasionale e organizzata di uno o più case o appartamenti ad uso turistico”. Lo scopo della disposizione, pare evidente ed emblematico: affinché possa sussistere una struttura C.A.V., non è sufficiente che l’offerta dei servizi sia sporadica ed eventuale.

Occorre invece che i beni immobili siano messi a disposizione dei turisti in forma imprenditoriale, cioè fra loro coordinati.

L’esatto contrario, cioè, di quanto la Srl “Sogni” ha previsto nel “regolamento” di gestione delle strutture.

4.b) la definizione di struttura turistico – alberghiera  data dalla   giurisprudenza  amminstrativa

La questione dei vincoli di destinazione d’uso imposti sugli immobili,e  l’individuazione delle caratteristiche che differenziano le strutture ricettive dalle civili abitazioni, non è nuova nel panorama della giurisprudenza amministrativa, che si  è pronunciata ripetutamente sul punto, in mancanza di criteri generali di distinzione dettati da esplicite disposizioni di legge.

Fra le pronunce disponibili, merita rilievo una risalente pronuncia del Consiglio di Stato (n. 824 del 1989), che ritiene legittima la revoca di un contributo economico da parte della Regione Liguria ad una struttura alberghiera, successivamente frazionata e ceduta a privati con la mera “facoltà” di consentirne il godimento a clienti terzi nel periodo di mancata utilizzazione da parte dei proprietari.

Questo perché, ad avviso del Consiglio di Stato, il frazionamento con cessione a terzi della proprietà, e la mera facoltatività dell’utilizzo come albergo, sarebbero elementi incompatibili con la destinazione d’uso dell’immobile sulla base della quale era stato concesso il contributo.

Scrive il Consiglio di Stato, che il frazionamento e l’attribuzione a terzi della proprietà esclusiva, ha preordinato “una totale sottrazione dell’attività del complesso ad atti di offerta al pubblico” caratteristici di un albergo, poiché “il godimento degli alloggi e dei servizi connessi promanerà esclusivamente dalla titolarità della quota, configurandosi come diretta espressione del relativo diritto di proprietà”.

Specifica poi ulteriormente il Consiglio di Stato, che “in contrario non può valere la possibilità dell’attribuzione a terzi del godimento degli alloggi mediante contratti di albergo, trattandosi di eventualità legata alle personali determinazioni dei singoli comunisti, eppertanto pur essa espressione del diritto di proprietà sulla quota e, in sostanza, suo diretto modo di utilizzazione”.

La chiara sentenza del Consiglio di Stato, va poi oltre, e smonta tutti gli argomenti sostenuti dai ricorrenti per dimostrare che il vincolo di destinazione alberghiera sarebbe invece rimasto: “Neppure parimenti in contrario può valere la tesi dell’istante volta ad equiparare il diritto di godimento, riconosciuto ai comunisti, ad una normale «prenotazione» di alloggio. Simile argomentare trascura, invero, di considerare che la «prenotazione» propriamente detta pienamente risponde alla descritta peculiarità dell’attività alberghiera, in quanto a sua volta consegue all’offerta al pubblico dei relativi servizi, atteggiandosi quale fase prodromica alla stipulazione del contratto di albergo. Là dove, viceversa, il diritto di godimento in questione evidenzia una radice completamente difforme, discendendo, come si è più volte detto, dalla titolarità della quota”.

E…“... ancora in contrario non possono valere i richiami dell’istante ai molteplici elementi (classificazione del «Lido Palace» da parte della regione tra gli alberghi a cinque stelle; versamento delle imposte dovute per gli esercizi alberghieri; costante rinnovo della licenza di pubblico esercizio; consistenza del movimento ospiti non quotisti, ecc.), dai quali dovrebbe desumersi la perdurante ascrizione del «Lido Palace» alle aziende alberghiere. Trattasi, invero, di elementi aventi tutti mero valore sintomatico indiretto, necessariamente destinati, come tali, a cedere a fronte degli opposti elementi di carattere sostanziale emergenti dalla reale natura della «riorganizzazione» in questione”.

Con la pronuncia n. 824 del 1989 dunque, la posizione dei giudici amministrativi è chiara: il criterio distintivo della natura residenziale o alberghiera di un immobile, nel caso di proprietà frazionate tra diversi soggetti, non va ravvisato nella spettanza pro indiviso a tutti i condomini delle parti adibite a servizi comuni, ma nella presenza o nella mancanza di un obbligo per i singoli acquirenti di attuare una gestione di tipo alberghiero per le rispettive parti di proprietà esclusiva;

Sul punto si veda in proposito anche Tar Toscana 16 gennaio 1985, n. 16, Trib. amm. reg., 1985, I, 968; Cons. Stato, sez. V, 26 gennaio 1979, n. 38, Foro it., 1979, III, 590, con nota di richiami.

Il problema della destinazione d’uso degli immobili, dunque, va considerato non sotto l’aspetto della unitarietà della proprietà, ma più propriamente sotto il profilo della unitarietà della gestione dei vari servizi e del conferimento della disponibilità degli appartamenti medesimi (così anche Tar Veneto 19 febbraio 1982, n. 283, cit., e Cons. Stato, sez. V, 26 gennaio 1979, n. 38).

E sul punto, vista la localizzazione dell’immobile in Frittole, è importante anche la seguente massima del T.A.R. Toscana: “La destinazione ad uso residenziale tipo condominio (abitazioni private) di un edificio già assentito ad uso alberghiero, anche se le difformità dei progetti approvati sono di lieve entità, legittima il provvedimento sindacale di diffida a demolire per totale difformità rispetto al progetto autorizzato qualora, come nella specie, la destinazione d'uso sia stata impressa con i provvedimenti autorizzativi che hanno costituito il fondamento di legittimazione del proposto intervento edificatorio ed assunto il rilievo di elemento qualificante i provvedimenti autorizzatori stessi. (T.A.R. Toscana, 16 gennaio 1985, n. 16 ITUR c. Comune Camaiore  Foro amm. 1985, 1411s.m.).

4.c.)    le posizioni della giurisprudenza penale

In materia urbanistica, la giurisprudenza penale ha spesso deciso la rilevanza o meno di ipotesi di reato, prendendo spunto dalle posizioni della giurisprudenza amministrativa in materia.

Ciò vuol dire, che la qualificazione giuridica come reato o fatto penalmente irrilevante, di una determinata fattispecie concreta, trova assai di frequente soluzione nella verifica che il comportamento tenuto dalla persona sottoposta ad indagine, sia o meno conforme alle prescrizioni dell’Autorità alla quale è attribuito il Pubblico Potere che si assume violato.

Tra i reati urbanistici, assume particolare rilievo la contravvenzione che l’art. 44 lettera c) del D.P.R. 380/2001, punisce con l’arresto fino a due anni e l’ammenda da 30.986,00= a 103.290,00= Euro.

La norma, reprime la condotta di chiunque esegua “la lottizzazione abusiva di terreni a scopo edilizio, così come previsto dal primo comma dell’articolo 30”.

E’ dunque l’art. 30 comma 1 del D.P.R. 380/2001 a definire la condotta di cui all’art. 44 lettera c), disponendo che ”…si ha lottizzazione abusiva di terreni a scopo edificatorio quando vengono iniziate opere che comportino trasformazione urbanistica od edilizia dei terreni stessi in violazione delle prescrizioni degli strumenti urbanistici, vigenti o adottati, o comunque stabilite dalle leggi statali o regionali o senza la prescritta autorizzazione; nonché quando tale trasformazione venga predisposta attraverso il frazionamento e la vendita, o atti equivalenti, del terreno in lotti che, per le loro caratteristiche quali la dimensione in relazione alla natura del terreno e alla sua destinazione secondo gli strumenti urbanistici, il numero, l'ubicazione o la eventuale previsione di opere di urbanizzazione ed in rapporto ad elementi riferiti agli acquirenti, denuncino in modo non equivoco la destinazione a scopo edificatorio.”

Una particolare forma di lottizzazione abusiva di terreni, comunemente individuata dalla giurisprudenza, è la c.d. lottizzazione “negoziale” (o “cartolare”). La particolarità di questa fattispecie penalmente rilevante, è costituita dal fatto che in apparenza l’autore del reato, non esegue attività concrete di utilizzazione del territorio difformi da quanto prevedono gli strumenti urbanistici, né erige edificazioni non consentite o in difformità dagli strumenti di pianificazione. La particolarità della lottizzazione abusiva negoziale, sta nel fatto che l’autore del reato esegue un’attività di frazionamento in lotti dell’immobile su cui interviene, attribuendogli una destinazione d’uso non conforme allo strumento urbanistico vigente (cfr. sul punto T.A.R. Liguria, Sez. I, 26 maggio 2004 n. 817 e T.A.R. Toscana 8/3/2005, n. 1004).

In materia di lottizzazione cartolare abusiva di complessi immobiliari destinati a struttura ricettiva, si segnala per chiarezza espositiva e rilevanza, una recente pronuncia della cassazione penale (Cass. Pen, Sez. II, n. 6990/2006).

La Suprema Corte, nel caso affrontato, è chiamata a pronunciarsi su un’ordinanza del Tribunale dei Riesame di Sassari, avente ad oggetto un sequestro preventivo di immobili disposto dal G.I.P. di quella città, sul presupposto che la società edificatrice di un complesso immobiliare, stesse compiendo il reato di lottizzazione abusiva previsto e punito dall’art. 44 lett. C) D.P.R. 380/2001.

I fatti che avevano giustificato il provvedimento cautelare del G.I.P. erano i seguenti: una società aveva ottenuto una concessione edilizia per la realizzazione di una struttura ricettiva costituita da villette, previa approvazione di un piano di lottizzazione con destinazione d’uso alberghiera. La società, invece, ancor prima dell'inizio della costruzione delle villette, aveva stipulato con dei privati preliminari di compravendita di singole unità immobiliari, che così avrebbero perduto la destinazione alberghiera per assumere quella residenziale.

In tal modo, secondo l'accusa, si sarebbe ottenuto il frazionamento e la vendita del terreno senza la prescritta autorizzazione ed in violazione degli strumenti urbanistici, in quanto la lottizzazione, che aveva consentito una maggiore volumetria rispetto a quella prevista dagli strumenti urbanistici in vigore, era stata consentita dal comune di Sassari solo per destinazione d'uso alberghiera.

Analizzando in modo analitico ed esaustivo al fattispecie, la cassazione respinge il ricorso proposto dal destinatario del sequestro degli immobili diretto a riaverne la disponibilità, poiché ritiene che nello specifico caso concreto, sussistano tutti gli elementi richiesti dal Codice di Procedura penale per l’emanazione di detta misura cautelare

Per la cassazione, infatti, costituiscono chiari indici della volontà di lottizzare abusivamente il terreno le seguenti circostanze:

ü      le clausole contrattuali pattuite lasciavano alla decisione del singolo privato acquirente stabilire se e quando, in quali limiti ed in quali periodi stipulare eventualmente contratti di locazione della porzione di immobile di sua proprietà”;

ü      - Pertanto, “non garantivano la realizzazione dell'offerta di ospitalità al pubblico, che è l'elemento caratteristico di una destinazione a struttura alberghiera, facendola dipendere unicamente dalla volontà dei singoli proprietari”;

ü      - la gestione unitaria “era in realtà assicurata e garantita esclusivamente per le parti comuni dell'edificio, non diversamente da quanto avviene in qualsiasi edificio condominiale”;

ü      Il fatto che la destinazione d’uso alberghiera fosse richiamata nei contratti di vendita e nei contratti preliminari non consentiva di ritenere “che permanesse una destinazione d'uso alberghiera dell'immobile, solo perché questa era formalmente richiamata nei contratti di vendita e nei regolamenti allegati;

ü      Oltre a ciò, uno dei promissari acquirenti aveva ingenuamente confermato che, “al momento dell'acquisto, la società venditrice gli aveva chiaramente prospettato che ciò che stava acquistando era una casa di abitazione e non una porzione di albergo;

ü      i contratti preliminari stipulati “non rispettavano i parametri indicati dalla giurisprudenza amministrativa per il mantenimento di una destinazione d'uso alberghiera nel caso di vendita frazionata, in quanto si limitavano a stabilire, in maniera del tutto generica, che la società di gestione avrebbe stipulato gli eventuali contratti di locazione, senza tuttavia fare espresso richiamo alle regole del contratto di albergo e nemmeno ai periodi nei quali le singole villette avrebbero dovuto essere necessariamente locate ad uso alberghiero, periodi che avrebbero dovuto invece essere espressamente previsti ed indicati, se davvero il fine fosse stato quello di mantenere la destinazione d'uso alberghiera….”.

Tutte queste considerazioni, portano la cassazione a ritenere che la condotta posta in essere abbia comportato “una completa espropriazione del potere di controllo della gestione del territorio da parte dell’Ente Pubblico…”.

E tutto ciò, perché “la condotta posta in essere, modificando la destinazione d'uso dell'immobile fin dal momento della sua realizzazione, si è posta in contrasto con lo strumento urbanistico costituito dal piano di lottizzazione”.

Conformemente a quanto già precisato anche in altre decisioni[2] dunque, la Sentenza n. 6990, conferma il principio di diritto, peraltro già pacifico, che il reato di cui all’art. 44 lettera c) D.P.R: 380/2001, è configurabile anche in ipotesi in cui vi sia stata la mera modificazione della destinazione d’uso delle unità immobiliari facenti parte di un complesso ricettivo residenziale, e la vendita parcellizzata di tutte o di alcune di esse.

5.)      Confronto tra il paradigma normativo delineato e la fattispecie concreta.

Individuati dunque gli elementi essenziali della fattispecie ed il paradigma normativo applicabile, anche alla luce del “diritto vivente”, si possono trarre le prime conclusioni.

Pare indubbio che il contratto preliminare ed il successivo regolamento di gestione dell’immobile sottoscritto dalla Srl “Sogni”, siano ben distanti dall’evidenziare e dare forma concreta al vincolo di destinazione d’uso impresso alla zona oggetto di edificazione dal comune di Frittole.

Il preliminare infatti, richiama solo genericamente l’esistenza dell’atto d’obbligo e non contiene alcuna di quelle indicazioni che invece la giurisprudenza amministrativa richiede per il mantenimento di una destinazione d’uso ricettiva (espresso richiamo al contratto d’albergo, indicazione dei periodi in cui l’immobile deve essere necessariamente locato etc..).

L’unico punto del contratto che potrebbe fare riferimento alla destinazione d’uso impressa con l’atto unilaterale d’obbligo, accenna in realtà a tutt’altro.

Si legge lì infatti, che l’atto unilaterale d’obbligo (art. 5 ter della L.R.T. 25/1997) sottoscritto in data 22 aprile 2004 repertorio n. 161065 a favore del comune di Frittole”, regolamenterebbe non la destinazione produttiva dell’immobile, ma qualcosa che non c’entra nulla: “le opere d’urbanizzazione che la società andrà a effettuare nel suddetto intervento di ristrutturazione”.

Anche il regolamento di gestione peraltro, come già evidenziato, la scia la locazione degli immobili alla libera discrezione dei singoli proprietari, senza imporre loro alcun obbligo di destinazione, come invece avrebbe dovuto essere se si fossero volute rispettare le prescrizioni del vincolo conformativo di destinazione.

Dall’insieme dei documenti e dal comportamento tenuto dalla Srl “Sogni”, dunque, emerge chiaramente che l’ipotesi di dovere obbligatoriamente destinare gli immobili a terzi per essere locati come imposto dal vincolo di destinazione è esposta soltanto come possibilità eventuale e non obbligatoria.

E che del resto ciò sia, si ricava non solo dai due documenti sopra indicati, ma anche da altri precisi elementi indiziari, come la pubblicità di vendita, ed il fatto che nel contratto preliminare si promette di vendere, con un evidente lapsus (che denota l’intento di creare confusione nell’acquirente), un immobile che sarebbe adibito a “civile abitazione”, quando in realtà un immobile C.A.V. è tutt’altro.

E’ ben possibile pertanto che in caso d’indagine da parte della Procura della Repubblica competente, il reato di cui all’art. 44 lettera c) D.P.R. 380/2001 possa essere contestato, e gli immobili di conseguenza essere oggetto di sequestro preventivo, allo stesso modo della fattispecie sopra esaminata e decisa dalla cassazione con la sentenza n. 6990/2006.

6.)      Le possibili conseguenze di natura penale a carico della signora Alice.

Come detto, il reato di lottizzazione abusiva di terreni è ipotizzabile a carico del legale rappresentante della Srl “Sogni”, a seguito della realizzazione del piano di lottizzazione e della cessione ai privati degli immobili senza rispettare le prescrizioni del vincolo di destinazione d’uso.

L’indagine va dunque ora estesa alla verifica delle possibili conseguenze cui potrebbe trovarsi di fronte la Signora Alice, nel caso decidesse di dar seguito al contratto preliminare e stipulare quello definitivo.

Da un lato, infatti, si potrebbe sostenere che, essendo costei ignara delle conseguenze giuridiche derivanti dalla lottizzazione abusiva, e non avendo compiuto alcuna attività materiale, non possa concorrere nel reato sopra ipotizzato.

Dall’altro lato però, si potrebbe anche sostenere che la sua partecipazione alla stipula di un contratto che ha per scopo una lottizzazione abusiva di terreni, costituisca un atto idoneo a configurare il suo concorso nella fattispecie criminosa.

La giurisprudenza, con riferimento proprio al reato di lottizzazione abusiva cartolare di terreni, propende per questa seconda ipotesi.

Afferma infatti la cassazione penale, sezione II: “Il concorso di persone nel reato di lottizzazione abusiva è identificabile anche "in itinere", non essendo necessaria la sua pre-senza fin dal momento della programmazione e preparazione della condotta vietata. Quindi l'acquirente, consapevole dell'abusività dell'intervento, offre con la sua condotta un determinato contributo causale alla concreta attuazione del disegno iniziale. Invero la ragione giustificativa del concorso dell'acquirente risie-de nel fatto che l'acquisto avviene ad un prezzo superiore a quello per la compravendita di un fondo agricolo; quindi senza il concorso dell'acquirente non sarebbe possibile attuare una lottizzazione abusiva (cartolare). (Cassazione penale, sez. III, 14 dicembre 2000 Petrache e altro  Foro amm. CDS 2002, 641 s.m.)

Traendo le dovute conclusioni da questo orientamento giurisprudenziale, risulta dunque facile ipotizzare che, per quanto alcuni immobili siano già stati oggetto di compravendita, è ben possibile che la Signora Alice possa tuttora fornire un rilevante contributo causale nella consumazione del reato.

Proprio come nella fattispecie di cui si è occupata la cassazione, infatti, essa è consapevole che l’immobile, pur avendo una precisa destinazione urbanistica, viene ceduto per finalità speculative diverse.

Un’eventuale stipulazione del contratto di compravendita, dunque, potrebbe esporre l’acquirente a seri rischi di responsabilità penale.

7.)      Conseguenze giuridiche di diritto civile.

Considerata la possibile rilevanza penale della fattispecie, la riflessione si sposta ora sulla validità dell’eventuale contratto definitivo che sarà stipulato, sulla validità del contratto preliminare di compravendita già sottoscritto.

Per l’art. 1418 comma I° c.c., “il contratto è nullo quando è contrario a norme imperative, salvo che la legge disponga altrimenti”, ma detta norma, in ipotesi similari, è stata interpretata ripetutamente dalla giurisprudenza in senso restrittivo.

Ritengono infatti gli orientamenti prevalenti, che la nullità di cui all’art. 1418 comma I° c.c., possa essere pronunciata nel solo caso che il reato sia costituito dal contratto stesso, e non anche nel caso che il divieto penale colpisca soltanto il comportamento tenuto da una delle parti.

In altre parole, ad avviso della giurisprudenza non costituisce causa di nullità del contratto avere violato materialmente disposizioni penali (ad es falsificando documenti) al fine di redigere un contratto[3].

Costituisce invece giusta causa di nullità, la circostanza che la stipulazione del contratto medesimo, con contenuti contrari alla legge, sia vietata dalla disposizione penale, perché deve essere “la stessa conclusione del contratto a subire il giudizio di riprovevolezza dal Giudice penale” (così Tribunale di Napoli, 8/6/2004, in Giur di Merito, 2364 solo massima).

Premesso dunque quanto sopra, occorre verificare se la stipulazione del contratto definitivo da parte della Signora Alice e della Srl “Sogni”, possa essere affetta da nullità.

Qualora tutti gli elementi sopra indicati fossero accertati, a mio giudizio la risposta sarebbe senz’altro a mio giudizio positiva.

Visto infatti che il reato di lottizzazione abusiva sarebbe ipotizzabile[4], soltanto al momento della conclusione del contratto definitivo, sarebbe proprio quest’ultimo negozio a perfezionare la condotta incriminata dall’art. 44  lettera c) D.P.R: 380/2001.

Ad essere reato, dunque, sarebbe il contratto stesso, e non il comportamento materiale delle parti mantenuto fino a quel momento, perché la condotta tipica punita dalla norma è costituita come noto dal frazionamento del terreno, e questo giuridicamente non avviene fino alla stipulazione del contratto definitivo.

Il reato però, non è ipotizzabile, neppure de facto, fino alla materiale consegna ed al trasferimento del bene, perché a detenere l’immobile è la Srl “Sogni”, e pertanto la Signora Alice non ha concorso ad alcuna suddivisione illegale in lotti.

L’eventuale contravvenzione dunque, potrebbe sussistere soltanto con il perfezionamento del contratto di trasferimento del bene.

Verificata dunque la possibile (anzi probabile) nullità del contratto di compravendita, un’ultima considerazione sulla sorte del contratto preliminare.

Tenendo presente l’obbligazione delle parti di stipulare un contratto giuridicamente nullo, si potrebbe sostenere che sia nullo anche il contratto preliminare.

Sul punto, le posizioni della giurisprudenza non hanno assunto posizioni univoche.

Difatti, mentre una parte minoritaria della giurisprudenza di merito, propende per la nullità del contratto preliminare (es. Trib. di Catania, 31 agosto 1989, in Foro Italiano, 1989, I, 3211), altra parte della giurisprudenza di merito, sempre minoritaria, afferma che il contratto sarebbe annullabile (Tribunale di Agrigento 29/6/1981 in Giust. Civ. 1982, I, 1385).

L’orientamento più autorevole è prevalente però, è quello della cassazione.

La Suprema Corte, che si è pronunciata ripetutamente sul punto, anche di recente[5], ritiene che il contratto preliminare con cui si dispone di un immobile oggetto di lottizzazione abusiva, non sia nullo, ma che ne sia giuridicamente impossibile l’esecuzione in forma specifica ex art. 2932.

Gli effetti di tale giuridica impossibilità, allo stesso modo che per la nullità, determinano l’inesistenza di qualsiasi penale a carico del promettente l’acquisto, e l’obbligo invece di restituzione dell’acconto versato da parte del promettente la vendita (cfr Cass civ. 11426 del 17 ottobre 1992  citata).

Pertanto, avendo la Signora Alice già versato alla Srl “Sogni” la complessiva somma di € 133.000,00=, sussiste il suo diritto di ottenere la restituzione di detto importo senza dover detrarre alcuna penale, stante l’impossibilità di esecuzione del contratto.

8.)      Considerazioni conclusive.

Partendo dall’analisi di una fattispecie alla luce del diritto vivente, lo scrivente ha voluto esprimere alcune considerazioni giuridiche su uno dei tanti “sistemi” escogitati nella pratica per eludere le disposizioni a tutela dell’urbanistica e dell’uso del territorio.

Nella convinzione che la migliore teoria giuridica trovi sempre origine nella pratica, gli argomenti e le conclusioni raggiunte sono stati esposti senza alcuna pretesa di completezza o sistematicità.

Firenze, 15 maggio 2007.

 

Marco Mecacci

 

 

 

 


[1] “non ci resta che piangere”, un film scritto, diretto ed interpretato da Roberto Benigni e Massimo Troisi, Italia, 1984.

[2] Cfr. Corte di Cassazione Penale  Sez. III, 7 aprile 2004, Casarin, m. 228.612 Pres. Lupo; Est Franco; Imp. Ambrosioni. e Corte di Cassazione Penale, Sez. III, 24/2/2006 C.c 29/11/2005),

[3] (cfr cass. Civ. sez I, 25/9/2003 n. 14234, in Contratti (I) 2004, 145 nota (FRANCHI), e Tribunale di Mantova 18/3/2004, in Juris Data, massima a cura di Redazione Giuffre’)

[4] Nei rapporti tra la Srl “Sogni” e la Signora Alice, i soli oggetto d’analisi (N.D.R.).

[5] Per esempio cass. Sez II, 12/5/2003 n. 7262, in Giust. Civ. Mass 2003, f.5, cass. Civ. Sez II, 27/3/1998 n. 3247 e cass. Civ. 17 ottobre 1992 n. 11426, in Bonanno c. Costanza, in Giust. civ. Mass. 1992, fasc. 10.