TAR Lazio (RM) Sez. I-quater n. 3658 del 23 marzo 2016
Urbanistica.Concetto di opere che determinano trasformazione urbanistica o edilizia dei terreni
In tema di lottizzazione abusiva la verifica circa la conformità della trasformazione realizzata e la sua rispondenza o meno alle previsioni delle norme urbanistiche vigenti deve essere effettuata con riferimento non già alle singole opere in cui si è compendiata la lottizzazione, bensì alla complessiva trasformazione edilizia che di quelle opere costituisce il frutto. In finale, può dirsi che le norme sulla lottizzazione abusiva mirano a prevenire e reprimere le condotte materiali e giuridiche intese a incrementare l'edificazione sul territorio, senza che sussista una previa pianificazione capace di tenere conto delle conseguenze dell'edificazione in termini di esigenze di nuovi servizi ed opere di urbanizzazione
N. 03658/2016 REG.PROV.COLL.
N. 07313/2007 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Prima Quater)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 7313 del 2007, integrato da motivi aggiunti, proposto da:
Loreto Dei e Bernardino, rappresentati e difesi dall'avv. Xavier Santiapichi, presso lo studio del quale elettivamente domiciliano in Roma, via Antonio Bertoloni, n.44/46;
contro
Comune di Campagnano di Roma, rappresentato e difeso dall'avv. Luciano Mennella, presso lo studio del quale elettivamente domicilia in Roma, via Flaminia, n.357;
per l'annullamento
- del provvedimento n. 39 del 17 maggio 2007 che ha ordinato la sospensione della lottizzazione abusiva, in strada vicinale dei Cavalieri, n. 21, di alcuni terreni (fg. 41, p.lle 215 e 308), nonché della comunicazione di apertura del procedimento amministrativo n. 21250 del 6 dicembre 2006 (ATTO INTRODUTTIVO DEL GIUDIZIO);
- della delibera consiliare n. 46 del 13 settembre 2007, avente a oggetto l’adozione dell’aggiornamento della perimetrazione dei nuclei abusivi ai sensi della l.r. Lazio n. 28/80, della delibera giuntale n. 38 del 17 luglio 2006, che ha affidato il relativo incarico professionale, della delibera consiliare n. 21 del 10 aprile 2001 recante l’approvazione della perimetrazione dei nuclei abusivi (PRIMI MOTIVI AGGIUNTI);
- della delibera consiliare n. 57 dell’11 novembre 2008, avente a oggetto le controdeduzioni alle osservazioni pervenute in relazione all’aggiornamento delle perimetrazioni dei nuclei abusivi, con connessa relazione tecnica n. 22775 del 23 ottobre 2008, nonché l’intervento richiamato in motivazione della delibera stessa (SECONDI MOTIVI AGGIUNTI);
- della deliberazione consiliare n. 9 dell’11 febbraio 2010, avente a oggetto l’adozione di piani particolareggiati per il recupero di nuclei abusivi, con i connessi atti tecnici, del parere favorevole della Regione Lazio n. 017569 del 25 gennaio 2010, della deliberazione consiliare n. 10 dell’11 febbraio 2010 di adozione della variante speciale per il recupero di un nucleo abusivo, con connessi atti tecnici, del parere della Regione Lazio n. 17560 del 25 gennaio 2010 (TERZI MOTIVI AGGIUNTI).
Visto il ricorso;
Visti gli atti di proposizione di motivi aggiunti;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Campagnano di Roma;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del 26 gennaio 2016 il cons. Anna Bottiglieri e uditi per le parti i difensori come da relativo verbale;
Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue.
FATTO
Con l’atto introduttivo del presente giudizio i ricorrenti hanno impugnato il provvedimento del Comune di Campagnano di Roma n. 39 del 17 maggio 2007, che ha ordinato la sospensione della lottizzazione abusiva in atto su terreni di loro proprietà, ricadenti in zona agricola, consistente nella realizzazione di costruzioni in muratura all’interno di due capannoni in ferro, già oggetto di indagini penali.
I ricorrenti, evidenziato che l’atto in parola ha fatto seguito alla comunicazione di apertura del procedimento amministrativo n. 21250 del 6 dicembre 2006, finalizzata all’applicazione delle sanzioni di cui agli artt. 30 e ss. del D.P.R. 380/2001, pure gravata, e che una precedente comunicazione di avvio del procedimento (5 giugno 2006) aveva invece preannunziato per lo stesso intervento le minori sanzioni di cui agli artt. 27 e ss. dello stesso D.P.R. 380/2001, peraltro contestualmente sospendendo il procedimento sino alla definizione delle relative istanze di condono pendenti, formulano avverso gli atti gravati le seguenti censure.
1) Violazione e falsa applicazione dell’art. 30 del D.P.R. 38072001 – Travisamento dei presupposti di fatto e di diritto – Violazione dell’art. 10, lett. b), della l. 241/90.
L’Amministrazione non avrebbe né valutato le osservazioni endoprocedimentali dei ricorrenti in ordine alla insussistenza di una lottizzazione fisica o negoziale, né individuato la fattispecie legale tipica ricorrente nel caso in esame.
2) Violazione dell’art. 3 della l. 241/90 – Difetto di motivazione.
Il provvedimento si attaglierebbe alla descrizione di un qualsiasi abuso edilizio, non dando conto della sussistenza del programma lottizzatorio necessario per configurare una lottizzazione.
Nulla muterebbe tenuto conto del richiamo operato nel procedimento a quanto accertato dalla Procura di Tivoli, essendo il procedimento penale ancora in corso.
3) Eccesso di potere per difetto di istruttoria – Violazione dell’art. 30 del D.P.R. 380/2001 sotto altro profilo – Eccesso di potere per travisamento dei presupposti di fatto e di diritto.
L’Amministrazione si sarebbe limitata a rinviare alle conclusioni della perizia tecnica effettuata dalla Procura di Tivoli, estranea al segmento procedimentale amministrativo di competenza dell’Ente, omettendo il dovuto accertamento istruttorio autonomo.
Neanche le conclusioni della predetta perizia permetterebbero peraltro di acclarare la presenza di una lottizzazione abusiva, potendosi, al più, sanzionare l’intervento ex art. 31, D.P.R. 38072001.
4) Sviamento di potere per violazione dell’art. 9 della l.r. 8 novembre 2004, n. 12, e dell’art. 30 del D.P.R. 380/2001.
Poiché l’area interessata dall’intervento per cui è causa avrebbe definitivamente perso la propria vocazione agricola, per effetto del moltiplicarsi di interventi di edilizia spontanea, favoriti dalla sua localizzazione dell’area stessa nell’unica zona comunale non investita da vincoli ambientali e paesaggistici, l’Amministrazione avrebbe dovuto predisporre una variante speciale per il recupero urbanistico degli insediamenti ivi sorti.
L’omessa predisposizione di tale piano, tenendo ulteriormente conto della risalenza delle previsioni di PRG (1974), farebbe ritenere che la finalità perseguita dall’Amministrazione sia esclusivamente quella di acquisire alla mano pubblica le aree su cui insiste l’intervento.
Tant’è che il provvedimento di sospensione gravato riferirebbe, erroneamente, l’acquisizione di diritto al patrimonio disponibile comunale anche delle aree annesse a quelle in tesi abusivamente lottizzate.
5) Eccesso di potere per contraddittorietà tra atti – Illogicità manifesta – Violazione dell’art. 10, lett. b), della l. 241/90 sotto altro profilo.
L’amministrazione, con le ridette comunicazioni del 5 giugno e del 6 dicembre 2006, avrebbe illogicamente avviato due distinti procedimenti amministrativi, aventi il medesimo oggetto.
La seconda comunicazione (gravata) e il conseguente provvedimento violerebbero poi la precedente determinazione, mai annullata, di sospendere ogni attività repressiva in attesa della definizione delle istanze di condono pendenti per l’intervento.
Ne conseguirebbe, per un verso, che l’Amministrazione avrebbe tutt’ora l’obbligo di concludere il primo procedimento, per altro verso, che l’Amministrazione non avrebbe potuto sanzionare la lottizzazione, in attesa di una pronunzia sulle istanze di condono.
Esaurita l’illustrazione delle illegittimità rilevate a carico degli atti gravati, parte ricorrente ne ha domandato l’annullamento.
Costituitosi in resistenza, il Comune di Campagnano di Roma, esposto che nella specie soccorrono tutti i requisiti della lottizzazione materiale, ha confutato articolatamente la fondatezza di tutte le censure ricorsuali.
Con il primo atto di motivi aggiunti parte ricorrente ha domandato l’annullamento delle delibere comunali, meglio indicate in epigrafe, afferenti l’adozione della perimetrazione dei nuclei abusivi ai fini della loro sanatoria, ai sensi della l.r. Lazio n. 28/80, che, non ricomprendendo l’intervento per cui è causa, hanno loro impedito di beneficiare del venir meno dell’effetto ablativo conseguente all’ordine di sospensione della lottizzazione abusiva.
Queste le formulate censure: 1) violazione e falsa applicazione dell’art. 1, comma 2, della l.r. 28/1980 – eccesso di potere per difetto di istruttoria; 2) violazione e falsa applicazione dell’art. 9, l.r. 12/2004, in combinato disposto con gli artt. 1, comma 2, sotto altro profilo, e 4, l.r. 28/1980 – eccesso di potere per contraddittorietà tra atti; 3) sviamento di potere per violazione dell’art. 9 della l.r. 12/2004 e dell’art. 30, comma 8, del D.P.R. 38072001.
Con le dedotte doglianze i ricorrenti denunziano che l’Amministrazione abbia inteso sanare solo gli interventi ricadenti intorno o all’interno dei nuclei abitativi preesistenti.
In particolare, si lamenta:
- che l’Amministrazione abbia contravvenuto all’obbligo di individuare le nuove perimetrazioni di nuclei abusivi in ambito urbano ed extraurbano alla luce di tutte le istanze di sanatoria pendenti, tra cui quelle presentate dai ricorrenti, obbligo discendente dalle stesse premesse assunte negli atti e comunque dall’art. 1, comma 2, della l.r. 28/1980;
- che l’Amministrazione, in tal modo, abbia disatteso i criteri legali cui attenersi per la individuazione e perimetrazione dei nuovi nuclei abusivi, che, infatti, non sarebbero stati richiamati tra i criteri indicati al professionista incaricato della predisposizione degli atti tecnici;
- che quanto sopra confermerebbe il già denunziato intento dell’Amministrazione di utilizzare i propri poteri repressivi al solo scopo di acquisire al patrimonio comunale le aree dei ricorrenti.
Il Comune di Campagnano di Roma ha sostenuto a mezzo di memoria difensiva l’infondatezza delle predette censure.
Con ordinanza 8 gennaio 2008, n. 57, la Sezione ha respinto la domanda di sospensione dell’esecuzione degli atti gravati incidentalmente formulata dalla parte ricorrente.
Con il secondo atto di motivi aggiunti i ricorrenti hanno impugnato gli ulteriori atti di cui in epigrafe, nella parte in cui sono state respinte le loro controdeduzioni alla proposta di perimetrazione di cui sopra, avverso cui hanno formulato le censure di: 4) violazione e falsa applicazione dell’art. 2, comma 5, dell’art. 1, comma 2, della l.r. 28/1980, dell’art. 9 della l.r. 12/2004 e dell’art. 29, l. 47/1985, come modificato dall’art. 32, comma 42, del d.l. 269/2003 – incompetenza; 5) violazione dell’art. 3 della l. 241/1990 – eccesso di potere per sviamento ed errore sui presupposti di fatto; 6) violazione e falsa applicazione dell’art. 4 della l.r. 28/1980, in relazione agli artt. 1 e 2 della stessa legge, dell’art. 9 della l.r. 12/2004 e dell’art. 29 della l. 47/1985, come modificato dall’art. 32, comma 42, del d.l. 269/2003.
In particolare, i ricorrenti lamentano che il potere deliberativo di governo del territorio esercitato nella fattispecie sarebbe stato sostanzialmente delegato al tecnico incaricato, che avrebbe utilizzato al riguardo parametri errati, nonché la carenza e l’inconferenza delle motivazioni addotte per respingere le controdeduzioni proposte.
I ricorrenti contestano altresì l’affermazione inerente la non condonabilità delle lottizzazioni abusive.
Con il terzo e ultimo atto di motivi aggiunti i ricorrenti hanno domandato l’annullamento degli atti meglio specificati in epigrafe, sempre afferenti il procedimento di recupero di nuclei abusivi sorti nel territorio comunale de quo.
Avverso tali atti i ricorrenti hanno denunziato innanzitutto l’illegittimità derivata dai vizi già denunziati a carico degli atti presupposti (sub 8).
I ricorrenti hanno poi ulteriormente formulato le censure di: 9) violazione e falsa applicazione dell’art. 9 della l.r. 12/2004 in combinato disposto con gli artt. 1, comma 2, e 4, l.r. 28/1980 – eccesso di potere per difetto di istruttoria; 10) violazione dell’art. 13 della l.r. 28/1980.
Con tali finali censure i ricorrenti, richiamate censure già precedentemente introdotte, lamentano che l’Amministrazione, anche qui senza indicare i sottostanti criteri e senza attenersi alle previsioni di legge, avrebbe rilevato solo per altri insediamenti abusivi le condizioni di rilevanza socio-economica che giustificano la sanatoria, che ritengono, di contro, presenti anche per l’intervento da essi realizzato.
I ricorrenti, inoltre, contestano l’approvazione a mezzo di piano particolareggiato (anzichè con variante) di nuclei abusivi che gli stessi provvedimenti indicano essere in contrasto con le destinazioni di zona.
Entrambe le parti hanno affidato a memoria lo sviluppo delle proprie argomentazioni difensive.
La controversia è stata indi trattenuta in decisione alla pubblica udienza del 26 gennaio 2016.
DIRITTO
1. Il ricorso è infondato.
2. L’atto introduttivo del giudizio si rivolge avverso il provvedimento del Comune di Campagnano di Roma, che ha ordinato ai ricorrenti, ai sensi dell’art. 30 del D.P.R. 380/2001, la sospensione della lottizzazione abusiva in atto su terreni di loro proprietà, ricadenti in zona agricola, e alla relativa comunicazione di avvio del procedimento amministrativo.
Tutte le argomentazioni esposte nel predetto ambito, a partire da quella con la quale si contesta la sussistenza nella fattispecie di una lottizzazione abusiva, non meritano favorevole considerazione.
3. Ai sensi dell’art. 30, comma 1, del D.P.R. 380/01, si ha lottizzazione abusiva di terreni a scopo edificatorio quando vengono iniziate opere che comportino trasformazione urbanistica o edilizia dei terreni stessi in violazione delle prescrizioni degli strumenti urbanistici, vigenti o adottati, o comunque stabilite dalle leggi statali o regionali o senza la prescritta autorizzazione; nonché quando tale trasformazione venga predisposta attraverso il frazionamento e la vendita, o atti equivalenti, del terreno in lotti, che, per le loro caratteristiche, quali la dimensione in relazione alla natura del terreno e alla sua destinazione secondo gli strumenti urbanistici, il numero, l'ubicazione o la eventuale previsione di opere di urbanizzazione e in rapporto ad elementi riferiti agli acquirenti, denuncino in modo non equivoco la destinazione a scopo edificatorio.
V'è concordia in dottrina nel ritenere che la descritta condizione, incidendo al contempo sulla programmazione urbanistica e sull'assetto del territorio, integri il più grave attentato alle potestà di governo del territorio di cui all'art. 117 Cost..
In linea generale, quanto alla ricostruzione degli elementi della fattispecie, la giurisprudenza penale ne ha costantemente evidenziato gli ampi termini, alla stregua del reato di pericolo: si è in particolare evidenziato che "il reato di lottizzazione abusiva è integrato non solo dalla trasformazione effettiva del territorio, ma da qualsiasi attività che oggettivamente comporti anche solo il pericolo di una urbanizzazione non prevista o diversa da quella programmata (Cass. pen., III, 16 luglio 2013, n. 37383).
Quanto, invece, alla sottesa condotta materiale, essa è stata individuata nell’erezione di opere (c.d. lottizzazione materiale) ovvero nell’intrapresa di iniziative giuridiche (c.d. lottizzazione negoziale) comportanti la trasformazione urbanistica o edilizia dei terreni, in violazione delle prescrizioni urbanistiche.
Nell'ipotesi di lottizzazione c.d. "materiale" – qui ricorrente, come meglio in seguito – è stato in particolare evidenziato il quid pluris (anche, ovviamente, in termini di maggiore gravità dell’illecito) che distingue la fattispecie dalla realizzazione di singole opere abusive.
La relativa costruzione riposa anche sull’art. 18 della l. 47/85, che regolamenta la carenza dell'autorizzazione specifica alla lottizzazione, di cui all'art. 28 della legge urbanistica 17 agosto 1942, n. 1150.
Ciò che ha condotto da tempo la giurisprudenza ad affermare che, al fine di valutare positivamente la sussistenza di un'ipotesi di lottizzazione abusiva c.d. materiale, e, indi, di un'abusiva interferenza con la programmazione del territorio, e del conferimento di un diverso assetto al territorio comunale oggetto di trasformazione, ovvero, in altri termini, al fine di rintracciare il predetto quid pluris, occorre una visione d'insieme dei lavori, che, tenendo conto dei predetti contorni della fattispecie, e in primis del risultato oggettivo dell’attività, può prescindere anche dalla circostanza che parte dell’attività edilizia sia stata assentita (C. Stato, IV, 3381/2012) ovvero che l’attività stessa si sia concretizzata nel mero mutamento della destinazione d’uso di manufatti preesistenti (Tar Lazio, I-quater, 3 settembre 2014, n. 9385).
E, invero, ciò che conta, ai sensi, ora, dell'art. 30 del D.P.R. 380/01, è che le opere poste in essere, al di là della loro tipologia, siano in concreto idonee a stravolgere il preesistente assetto del territorio, a realizzare un nuovo insediamento abitativo, e, quindi, in ultima analisi, a determinare sia un concreto ostacolo alla futura attività di programmazione (che viene posta di fronte al fatto compiuto), sia un carico urbanistico che necessita adeguamento dei relativi standards.
Il concetto di opere che determinano trasformazione urbanistica o edilizia dei terreni deve essere, dunque, interpretato in maniera funzionale alla ratio della norma, che tutela il bene giuridico costituito dalla necessità di preservare la potestà programmatoria attribuita all'Amministrazione nonché l'effettivo controllo del territorio da parte del soggetto titolare della stessa funzione di pianificazione (cioè il Comune), al fine di garantirne un ordinato sviluppo e un corretto uso del territorio, nella coerenza tra implementazione degli insediamenti abitativi e standards urbanistici, con l’avvertenza che, quanto a questi ultimi, incide anche il più generale contesto di verifica di compatibilità con le esigenze di finanza pubblica (C. Stato, IV, 13 maggio 2011, n. 2937; Tar Lazio, Roma, II, 5 aprile 2011, n. 2993; Tar Campania, Napoli, III, 1° marzo 2011, n. 1259; C. Stato, IV, 11 ottobre 2006, n. 6060).
Da quanto sopra discende, in sintesi, che la verifica circa la conformità della trasformazione realizzata e la sua rispondenza o meno alle previsioni delle norme urbanistiche vigenti deve essere effettuata con riferimento non già alle singole opere in cui si è compendiata la lottizzazione, bensì alla complessiva trasformazione edilizia che di quelle opere costituisce il frutto.
In finale, può dirsi che le norme sulla lottizzazione abusiva mirano a prevenire e reprimere le condotte materiali e giuridiche intese a incrementare l'edificazione sul territorio, senza che sussista una previa pianificazione capace di tenere conto delle conseguenze dell'edificazione in termini di esigenze di nuovi servizi ed opere di urbanizzazione (Tar Liguria, Genova, I, 24 marzo 2011, n. 446).
3.1. Alla luce delle predette coordinate normative ed ermeneutiche, non vi è dubbio che l’abuso realizzato dai ricorrenti integri, come detto, una fattispecie di lottizzazione abusiva.
Al fine di delineare compiutamente i contorni dell’abuso, va innanzitutto precisato che ci si trova al cospetto di opere concretanti nuove costruzioni, realizzate, in assenza di qualsiasi titolo abilitativo, in zona agricola, per la quale il vigente piano regolatore generale prevede solo costruzioni a servizio diretto dell’agricoltura, previa approvazione del PUA.
Trattasi, vieppiù, di costruzioni la cui apprezzabile rilevanza in termini urbanistico-edilizi è percepibile ictu oculi.
In estrema sintesi, si tratta di due capannoni di mq 37,00 x 30,00 e 20,00 x 12,00, all’interno, e in piccola parte all’esterno, dei quali sono state eseguite, rispettivamente, 6 costruzioni per un totale di 26 unità (per complessivi mq 629,46 e cubatura mc 3776,76), e 2 costruzioni per un totale di n. 5 unità (per complessivi mq 205,97 e cubatura mc 957,76), disposte in entrambi i casi su due piani.
Una vecchia costruzione adiacente, a confine con la strada vicinale, è stata poi suddivisa in tre unità di dimensioni pari a m 6,00 x 5,50, 16,50 x 6,10, 6,00 x 6,10.
Un intervento con le predette caratteristiche strutturali e funzionali non può non determinare un radicale stravolgimento dei luoghi, comportando una trasformazione non solo di carattere edilizio ma anche dell’assetto urbanistico complessivo della zona, tale da implicare necessariamente le relative opere di urbanizzazione.
Di talchè è del tutto irrilevante che queste ultime non siano state realizzate unitamente alle costruzioni.
Vieppiù, ai fini della qualificazione come lottizzazione abusiva di interventi insistenti su zone agricole, è sufficiente che la modificazione posta in essere dagli interessati sia diretta – come nella fattispecie – nella sua globalità e per le caratteristiche obiettive impresse, a sottrarre il terreno alla naturale destinazione agricola (C. Stato, V, 7 luglio 2005, n. 3753)
Ne consegue che, valutati gli interventi nel loro complesso, correttamente il Comune ha ritenuto sussistere una fattispecie di lottizzazione abusiva materiale.
3.2. Devono essere conseguentemente respinte tutte le argomentazioni, affidate al primo motivo di ricorso, con le quali i ricorrenti contestano la qualificazione dell’abuso assunta dai provvedimenti gravati.
E anche l’ulteriore censura, di carattere satellitare, affidata allo stesso motivo, non persuade.
Infatti, contrariamente a quanto riferito dai ricorrenti, il provvedimento di sospensione impugnato menziona e valuta, ancorchè sinteticamente - e tale sintesi risulta più che giustificata dalla evidente natura dell’abuso - le osservazioni endoprocedimentali formulate dai ricorrenti.
4. Stessa sorte seguono le altre censure formulate nell’atto introduttivo del giudizio, in relazione alle quali non occorre spendere molte parole.
Invero:
- come già sopra rilevato, il provvedimento contiene ogni elemento idoneo a dare contezza della sussistenza del programma lottizzatorio, e riferisce espressamente della inequivocità degli elementi esposti ad acclarare la volontà di destinare le aree a scopo edificatorio e quindi a configurare una lottizzazione abusiva ;
- il richiamo operato nel procedimento a quanto accertato nella perizia tecnica effettuata dalla Procura di Tivoli e pervenuta all’Amministrazione comunale il 30 ottobre 2006 (prot. n. 18721) non ha esaurito né la motivazione del provvedimento né le attività istruttorie effettuate dall’Amministrazione comunale, che risulta aver provveduto all’autonomo accertamento di cui alla relazione 23 novembre 2005, n. 19668, dell’Ufficio tecnico comunale, richiamata all’inizio del preambolo dell’atto. L’Amministrazione non poteva inoltre non essere a conoscenza delle caratteristiche dell’intervento, stante le numerose istanze di condono che gli stessi ricorrenti riferiscono aver presentato;
- gli stessi ricorrenti riconoscono che la predisposizione della variante speciale di cui all’art. 9 della l.r. Lazio 12/94 per il recupero di insediamenti abusivi costituisce una facoltà discrezionale dell’Amministrazione.
Il suo mancato esercizio a favore di una determinata fattispecie, così come l’adozione a carico della stessa delle misure sanzionatorie che conseguono automaticamente all’inosservanza di disposizioni urbanistiche, secondo un procedimento di natura vincolata puntualmente tipizzato dal legislatore e rigidamente disciplinato dalla legge, che costituiscono atti dovuti, a fronte del presupposto di fatto costituito dall’abuso, non ridondano in alcun modo in vizio dell’atto repressivo;
- risulta irrilevante che il provvedimento di sospensione gravato riferisca l’acquisizione di diritto al patrimonio disponibile comunale anche delle aree annesse a quelle abusivamente lottizzate, atteso che siffatto riferimento, per un verso, è irrilevante, risultando insuscettibile, allo stato, di ledere la sfera giuridica dei destinatari, per altro verso, attiene, come chiarito dalla parte resistente, alle eventuali aree ulteriori interessate da opere di urbanizzazione;
- non è infine ravvisabile alcuna contraddittorietà tra le due comunicazioni di avvio del procedimento aventi a oggetto lo stesso intervento, atteso che alla prima, formulata in forza degli artt. 27 e ss. del D.P.R. 380/2001, che comunicava anche la sospensione di ogni attività repressiva in attesa della definizione delle istanze di condono presentate in relazione all’intervento, è seguito un più puntuale accertamento dell’abuso e una sua più precisa qualificazione, culminata con una nuova comunicazione di avvio del procedimento e con il relativo provvedimento repressivo.
E tale ulteriore accertamento non era in alcun modo impedito dalla mera pendenza del primo procedimento, stante la mera funzione partecipativa e di garanzia della relativa comunicazione, nonché l’intrinseca insuscettibilità di un atto privo di contenuto determinativo, quale la comunicazione di avvio del procedimento, a porsi in contraddizione con atti che tale contenuto, invece, presentino.
Va, conseguentemente respinta anche la tesi secondo cui l’Amministrazione avrebbe tutt’ora l’obbligo di concludere il primo procedimento, e che l’Amministrazione non avrebbe potuto sanzionare la lottizzazione, in attesa di una pronunzia sulle istanze di condono.
5. Il ricorso introduttivo del giudizio va, in finale, respinto.
6. Deve pertanto passarsi alla disamina delle censure formulate nei vari motivi aggiunti formulati dai ricorrenti.
Esse hanno la comune finalità di attaccare in tutto il loro percorso deliberativo e approvativo le scelte discrezionali compiute dall’Amministrazione comunale in occasione della perimetrazione dei nuclei abusivi ai fini della l.r. Lazio n. 28/80, che non ha ricompreso l’intervento per cui è causa.
In particolare, con le dedotte doglianze i ricorrenti denunziano:
- che l’Amministrazione, anche per effetto delle scelte arbitrariamente compiute dal tecnico incaricato, abbia contravvenuto all’obbligo di individuare le nuove perimetrazioni di nuclei abusivi in ambito urbano ed extraurbano alla luce di tutte le istanze di sanatoria pendenti, tra cui quelle presentate dai ricorrenti, obbligo discendente dalle stesse premesse assunte negli atti e comunque dall’art. 1, comma 2, della l.r. 28/1980;
- che l’Amministrazione, in tal modo agendo, abbia disatteso i criteri legali cui attenersi per la individuazione e perimetrazione dei nuovi nuclei abusivi;
- che l’Amministrazione ha respinto le controdeduzioni proposte al riguardo dai ricorrenti con motivazioni carenti e inconferenti;
- che l’intervento da essi abusivamente realizzato era sicuramente condonabile;
- che vi sia stata, nel compimento di dette scelte discrezionali, una disparità di trattamento, rilevandosi solo a favore di alcuni insediamenti abusivi le condizioni di rilevanza socio-economica che giustificano la sanatoria, ciò che ritengono, di contro, presenti anche per l’intervento da essi realizzato;
- che sarebbero stati approvati a mezzo di piano particolareggiato (anzichè con variante) nuclei abusivi che gli stessi provvedimenti indicano essere in contrasto con le destinazioni di zona.
Nessuna di tali argomentazioni coglie nel segno.
E’ infatti evidente che una cosa è la conoscenza dello stato del territorio comunale naturalmente implicato dalla predetta perimetrazione, quale necessaria premessa fattuale, altra cosa è l’obbligo, che i ricorrenti tentano di ascrivere alla legge regionale, di sanare tutti gli insediamenti abusivi esistenti sul territorio, e che è, invece da escludersi, pure in disparte ogni altra questione, ai sensi della stessa l.r. 28/80.
L’art. 4 indica infatti tre criteri discretivi, costituiti dalla rilevanza socio-economica dei singoli insediamenti, soprattutto con riferimento alla loro utilizzazione per usi di residenza stabile o per usi produttivi, dalla possibilità di un razionale inserimento dei singoli insediamenti nel territorio e nell'organismo urbano, così come configurato nello strumento urbanistico vigente, dalla compatibilità con eventuali vincoli di varia natura esistenti nel territorio.
Tali criteri consentono, già da soli, per un verso, di escludere che le disposizioni in parola possano essere riguardate dall’angolo visuale assunto dai ricorrenti, per altro verso, che le delibere gravate presentino apprezzabili profili di censura.
Di talchè, nella pacifica conoscenza ascrivibile all’Amministrazione comunale dell’esistenza, con le sue precipue caratteristiche di consistenza e localizzazione, della lottizzazione posta in essere dai ricorrenti, del resto fatta oggetto dei provvedimenti repressivi impugnati con il primo motivo di ricorso, ed evidenziata anche dalle istanze di sanatoria presentate dagli interessati, l’Amministrazione ha compiuto scelte che non soffrono di alcuna menda logica e argomentativa.
Per giungere a tale conclusione, basti osservare come le controdeduzioni alle osservazioni presentate dai ricorrenti si basino infatti sulle seguenti considerazioni:
“Anche volendo prescindere dai contenziosi in atto (il riferimento è alle indagini della Procura di Tivoli precedentemente citate, n.d.r.) certo è che l’entità dei volumi, ancorchè non ancora ultimati … non consente il riconoscimento di un insediamento avente rilevanza socio-economica per l’Amministrazione comunale …”;
“L’area è inoltre ubicata in territorio agricolo distante dal centro urbano di difficile raggiungibilità i cui oneri di urbanizzazione sarebbero rilevanti e ingiustificati. Appare quindi esclusa la possibilità di un razionale inserimento nel territorio comunale”;
“… le tipologie di abusi appaiono contrastare con i criteri fondanti del nuovo condono che non ritiene sanabili volumetrie superiori a 500 mc. per edificio”.
Si è trattato, quindi, come è agevole rilevare anche dalla sola mera lettura delle controdeduzioni, di una scelta discrezionale dell’Organo deliberativo comunale che non offre profili di antinomia con la citata legge regionale, né fa emergere in alcun modo i profili di sviamento di potere denunziati dai ricorrenti.
Quanto, infine, alla censura che fa constare che sono stati approvati a mezzo di piano particolareggiato (anzichè con variante) nuclei abusivi che gli stessi provvedimenti indicano essere in contrasto con le destinazioni di zona, deve osservarsi, da un lato, che è dubbio l’interesse dei ricorrenti alla sua proposizione, e comunque, nel merito, che il relativo atto fa constare, come riferito dagli stessi ricorrenti, che si è trattato di “modeste parti debordanti in zona agricola”, condizione che in nulla può essere sovrapposta a quella nella quale versa la lottizzazione per cui è causa.
7. Anche i motivi aggiunti devono, pertanto, essere respinti.
8. Alle rassegnate conclusioni consegue la reiezione del gravame.
Le spese, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima Quater)
definitivamente pronunciando sul ricorso di cui in epigrafe, lo respinge.
Condanna la parte ricorrente alla refusione delle spese di lite a favore della parte resistente, che liquida nell’importo complessivo pari a € 4.000,00 (euro quattromila700) oltre IVA e CPA.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 26 gennaio 2016 con l'intervento dei magistrati:
Giampiero Lo Presti, Presidente FF
Donatella Scala, Consigliere
Anna Bottiglieri, Consigliere, Estensore
L'ESTENSORE | IL PRESIDENTE | |
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 23/03/2016
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)