Consiglio di Stato Sez. VI n. 3963 del 19 maggio 2022
Urbanistica.Interventi edilizi in zona sismica

Qualsiasi intervento edilizio in zona sismica, comportante o meno l'esecuzione di opere in conglomerato cementizio amato, indipendentemente dalla natura dei materiali usati, dalla tipologia delle strutture realizzate, dalla natura pertinenziale o precaria, deve essere previamente denunciato al competente ufficio al fine di consentire i preventivi controlli e necessita del rilascio del preventivo titolo abilitativo, sfuggendo a tale disciplina solo gli interventi di semplice manutenzione ordinaria (segnalazione Ing. M. Federici)

Pubblicato il 19/05/2022

N. 03963/2022REG.PROV.COLL.

N. 10124/2018 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 10124 del 2018, proposto da
Agricom S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Ippolito Matrone e Fortunato Massimiliano Lafranco, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Comune di Bellizzi, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Maria Annunziata, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

nei confronti

Società Interagro S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Stefania Vecchio e Paola Pesce, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
Fertenia S.r.l., non costituita in giudizio;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania, sezione staccata di Salerno (Sezione Seconda), n. 01214/2018, resa tra le parti;


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Bellizzi e della Società Interagro S.r.l.;

Visti tutti gli atti della causa;

Viste le conclusioni delle parti come da verbale;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 27 gennaio 2022 il Cons. Francesco De Luca;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. Ricorrendo dinnanzi a questo Consiglio, la società Agricom s.r.l. appella la sentenza n. 1214 del 2018, con cui il Tar Campania, Salerno, ha rigettato il ricorso di primo grado (proposto dall’odierna appellante) diretto ad ottenere l’annullamento del permesso di costruire in sanatoria n. 14 del 2018 rilasciato dal Comune di Bellizzi in favore della controinteressata Interagro Service s.r.l.

In particolare, alla stregua di quanto dedotto in appello:

- la società Agricom s.r.l. esercita attività economica (di produzione e vendita di fertilizzanti biopromotori ed integratori naturali per l’agricoltura biologica e convenzionale) presso lo stabilimento sito in Bellizzi alla via dell’Industria 83/A;

- nelle immediate adiacenze dello stabilimento di proprietà della ricorrente opera la società Fertenia s.r.l., esercente la medesima attività economica presso il complesso produttivo di proprietà della società Interagro Service s.r.l. sito in Bellizzi, via Giordano, autorizzato dall’Amministrazione comunale con destinazione di deposito per prodotti antiparassitari;

- il Comune di Bellizzi ha assunto, all’esito di due ricorsi dinnanzi al Tar Campania, Salerno (definiti con sentenze nn. 1099/17 e 235/18), due ordinanze di demolizione incidenti sui beni di proprietà della società Interagro Service;

- con la prima ordinanza (n. 42 del 2017) il Comune ha rilevato che “Nei locali al piano rialzato e piano primo sono state effettuate opere edili, in assenza di titolo edilizio, che hanno comportato una diversa distribuzione degli spazi interni con cambio di destinazione d’uso, da superfici accessorie dell’impianto produttivo ad abitazione, la quale attualmente è occupata da un nucleo familiare; nell’abitazione al secondo e terzo piano sono state realizzate delle modifiche interne, anch’esse in assenza di titolo edilizio, che hanno determinato una diversa distribuzione degli spazi. Inoltre sui balconi al secondo e terzo piano sono state realizzate, abusivamente, due verande rispettivamente di mq. 5,60 e mq. 10,60 circa con conseguente incremento volumetrico. Infatti al piano terzo è stata realizzata una piccola scala a chiocciola che consente l’accesso al vano sottotetto”;

- con la seconda ordinanza (n. 113 del 2017), il Comune ha rilevato, sempre in relazione all’impianto di proprietà della società Interagro Service, che “la parte soppalcata di detto impianto, risulta effettivamente destinata a uffici, laboratori, deposito e servizi, in difformità ai titoli edilizi rilasciati che prevedevano per detta zona esclusivamente locali destinati a deposito. Dai rilievi effettuati è emerso, altresì, una diversa altezza utile interna, della zona soppalcata, ottenuta, presumibilmente modificando la controsoffittatura esistente da mt. 2,30 a mt. 2,75 circa, senza incidere sulla volumetria complessiva dell’impianto. La verifica effettuata ha riscontrato la presenza di tre pensiline complessivamente abusive e, precisamente, una posta all’ingresso dell’impianto produttivo destinata al ricovero auto delle dimensioni in pianta pari a mt. 5,10 x mt. 6,05 circa, la seconda posta a protezione di un accesso laterale delle dimensioni in pianta pari a mt. 5,85 x mt. 2,65 circa e la terza posta sul confine posteriore delle dimensioni in pianta pari a mt. 3,70 x mt. 2,90 circa; la tettoia posta lungo il lato posteriore del complesso produttivo è difforme dai titoli edilizi rilasciati in quanto aggetta per mt. 8,60 circa rispetto a mt. 7,40 autorizzati, inoltre detta pensilina è stata prolungata verso sud – est per mt. 5,60 x mt. 2,45 circa”;

- l’Amministrazione comunale, con permesso di costruire n. 14 del 20.3.2018, rilasciato in favore della Interagro Service, ha sanato “l’incremento di S.L.E. senza incremento di volumetria, per avere reso agibile un soppalco esistente destinandolo a funzioni accessorie e realizzazione di nuove superfici porticate, di un fabbricato produttivo sito in Bellizzi…”;

- l’odierna appellante, ricevuta la comunicazione del rilascio del permesso di costruire in sanatoria, ha provveduto alla sua impugnazione dinnanzi al Tar Campania, Salerno, deducendo l’avvenuta formazione del silenzio diniego sull’istanza ex art. 36 DPR 380/01; la violazione della destinazione d’uso, non potendo un locale deposito essere destinato ad attività produttivo – industriale; nonché il mancato rilascio dell’autorizzazione sismica riferita alle opere in parola. La ricorrente ha pure chiesto l’acquisizione degli atti di cui al permesso di costruire in sanatoria, non essendo stata la relativa istanza accolta dall’Amministrazione comunale;

- il Tar ha rigettato il ricorso, emettendo sentenza in forma semplificata ex art. 60 c.p.a.

2. La società Agricom ha dedotto l’erroneità della sentenza di prime cure con l’articolazione di tre motivi di impugnazione.

3. Il Comune di Bellizzi e la società Interagro si sono costituiti in giudizio, resistendo all’appello e svolgendo argomentate controdeduzioni rispetto agli avversi motivi di impugnazione, anche sulla base di documentazione all’uopo prodotta.

4. La ricorrente ha replicato alle avverse deduzioni con memoria del 28.1.2019. La società Interagro ha prodotto in data 30.1.2019 copie del provvedimento n.r.g. 414/2017 del 3.10.2017 del Tribunale di Salerno e del decreto ingiuntivo n. 669/2017.

5. La Sezione, con ordinanza n. 468 del 2019, ha rigettato l’istanza cautelare articolata dall’appellante.

6. In vista dell’udienza pubblica di discussione dell’appello, le parti intimate hanno insistito nelle rispettive conclusioni con memorie conclusionali; l’appellante ha replicato alle avverse deduzioni. Tutte le parti hanno depositato note di udienza.

7. La Sezione, con ordinanza n. 3808 del 2021, ha accolto l’istanza istruttoria articolata dall’appellante, ritenuta rilevante ai fini della decisione per valutare l’effettiva natura delle opere autorizzate e la stessa legittimazione dell’appellante, ordinando al Comune di depositare i grafici, la relazione e tutto quanto costituente parte integrante del permesso di costruire in sanatoria del 20 marzo 2018, n. 14 rilasciato alla Interagro Service s.r.l.

8. Il Comune intimato ha adempiuto all’ordine istruttorio impartito dalla Sezione, depositando in data 23 giugno 2021 documentazione riferita al titolo in sanatoria per cui è causa.

9. Le parti intimate hanno insistito nelle proprie conclusioni con memoria conclusionale, cui ha replicato l’appellante. Le parti hanno depositato note di udienza.

10. La causa è stata trattenuta in decisione nell’udienza del 27 gennaio 2022.

11. Pregiudizialmente, devono essere esaminate le eccezioni di inammissibilità dell’impugnazione opposte dalle parti intimate, argomentate sulla base della carenza di legittimazione e di interesse al ricorso, svolgendo la società appellante attività a distanza di oltre 80 metri dall’immobile della controinteressata, con la presenza, altresì, di una strada e di un lotto edificato tra i due immobili.

11.1 Le eccezioni in esame, diversamente da quanto dedotto dall’appellante, sono ammissibili, in quanto afferenti ad una questione di rito rilevabile d’ufficio, come tale sottratta a preclusioni processuali salva la formazione del giudicato interno.

La mancanza dei presupposti processuali o delle condizioni dell'azione è infatti rilevabile d'ufficio dal giudice in ogni stato e grado del processo (art. 35, comma primo, Cod. proc. amm.), facendosi questione dei fattori cui la legge, per inderogabili ragioni di ordine pubblico, subordina l'esercizio dei poteri giurisdizionali (ex plurimis, Consiglio di Stato, sez. IV, 28 settembre 2016, n. 4024).

Non potrebbe diversamente argomentarsi sulla base dell’art. 101, comma 2, c.p.a., tenuto conto che tale disposizione non può impedire al giudice di appello di statuire su questioni rilevabili d’ufficio - per propria natura sottratte all’esclusiva disponibilità delle parti processuali - quale risulta essere l’inammissibilità del ricorso per difetto di legittimazione o interesse all’azione giudiziaria.

Come precisato da questo Consiglio, la ratio sottesa dall’art. 101, comma 2, c.p.a. “è quella di esplicitamente delimitare il thema decidendum del secondo grado, contenendo l'effetto devolutivo dell'appello; ciò, richiede che le eccezioni riservate alla parte, come è l'eccezione di prescrizione, vengano esplicitate, appunto, nella memoria di costituzione” (Consiglio di Stato, Sez. V, 20 giugno 2019, n. 4200).

Si conferma che la presunzione di rinuncia posta dalla disposizione processuale in esame opera esclusivamente in relazione alle eccezioni riservate alle parti, di regola non opponibili per la prima volta in appello ex art. 104 c.p.a., per le quali occorre una specifica iniziativa individuale in assenza della quale l’eccezione, da intendere rinunciata, non potrebbe comporre il thema decidendum da definire in sede di appello; tale previsione non può, invece, trovare applicazione con riguardo alle eccezioni rilevabili d’ufficio, suscettibili pure di essere opposte per la prima volta dinnanzi a questo Consiglio, il cui esame potrebbe ritenersi precluso in sede di gravame soltanto dalla formazione del giudicato interno, per effetto della mancata impugnazione della statuizione di prime cure sul punto intervenuta.

Alla stregua di tali coordinate, difettando nella specie una pronuncia del Tar sulle eccezioni di rito in esame, le stesse devono ritenersi ammissibili e, come tali, devono essere scrutinate dal Collegio.

11.2 Le eccezioni de quibus, sebbene ammissibili nel rito, sono infondate nel merito.

In subiecta materia, devono applicarsi i principii di diritto enunciati dall’Adunanza Plenaria di questo Consiglio (n. 22 del 2021), in forza dei quali “a) Nei casi di impugnazione di un titolo autorizzatorio edilizio, riaffermata la distinzione e l’autonomia tra la legittimazione e l’interesse al ricorso quali condizioni dell’azione, è necessario che il giudice accerti, anche d’ufficio, la sussistenza di entrambi e non può affermarsi che il criterio della vicinitas, quale elemento di individuazione della legittimazione, valga da solo ed in automatico a dimostrare la sussistenza dell’interesse al ricorso, che va inteso come specifico pregiudizio derivante dall’atto impugnato; b) L’interesse al ricorso correlato allo specifico pregiudizio derivante dall’intervento previsto dal titolo autorizzatorio edilizio che si assume illegittimo può comunque ricavarsi dall’insieme delle allegazioni racchiuse nel ricorso”.

Con specifico riferimento ai titoli edilizi correlati a manufatti adibiti allo svolgimento di un’attività economica, a fronte di impugnazioni proposte da altri operatori economici, questo Consiglio (sez. IV, 20 febbraio 2020, n. 1269) ha precisato che l’ammissibilità dell'impugnazione, da parte di un operatore economico, del titolo edilizio correlato ad un'autorizzazione commerciale, deve essere vagliata integrando il tradizionale criterio della “vicinitas”, avuto riguardo all’interferenza con il “medesimo bacino di utenza”.

La nozione di “collegamento territoriale” si qualifica identificando il significato di "vicinitas" nella constatazione di una coincidenza totale o, quanto meno, parziale, del bacino di clientela, tale da poter oggettivamente determinare un apprezzabile calo del volume d’affari, con la precisazione che il pregiudizio derivante dallo sviamento di clientela va apprezzato anche in termini meramente potenziali (così Coniglio di Stato, sez. VI, 29 marzo 2021, n. 2636).

Avuto riguardo al caso di specie, emerge che:

- la società Agricom risulta titolare di un immobile ubicato ad una distanza inferiore a 100 metri dal fabbricato interessato dal titolo in sanatoria impugnato in prime cure, ragion per cui l’odierno appellante si trova in una situazione di “stabile collegamento” con l’ambito territoriale di efficacia del provvedimento per cui è causa, idoneo a radicare la legittimazione al ricorso;

- l’odierno appellante opera in regime di concorrenza rispetto all’attività economica esercitata nel fabbricato interessato dalle opere per cui è causa, servendo il medesimo bacino di utenza, come dimostrato dalla instaurazione di un giudizio di cognizione tra la società Agricom, la società Interagro Service e la società Fertenia in ordine alla presunta violazione di un patto di non concorrenza inter partes concluso (il che emerge dal provvedimento n.r.g. 414/2017 del 3.10.2017 del Tribunale ordinario di Salerno prodotto in data 30.1.2019 dalla società Interagro).

La sussistenza di contestazioni tra le parti in ordine allo svolgimento di attività in concorrenza, a prescindere dalla fondatezza delle rispettive pretese, dimostra come si sia in presenza di operatori esercenti attività economica suscettibile di interessare il medesimo bacino di utenza; il che discende pure dalle deduzioni riportate a pag. 2 della memoria di costituzione della società Interagro, incentrate sullo svolgimento, da parte della ricorrente, di “una nuova attività di produzione di fertilizzanti bio-protori ed integratori naturali per l’agricoltura biologica in un immobile sito a pochi metri dalla società Interagro”, a dimostrazione ulteriore di come non soltanto ricorra il requisito della vicinitas, ma anche quello della coincidenza dell’oggetto sociale, essendo stata costituita la società Agricom “a seguito dello scioglimento delle società Interagro S.r.l. e Fertenia S.r.l..” (pag. 2 memoria di costituzione Interagro), per lo svolgimento di un’attività nel medesimo mercato, stante la sostituibilità dei prodotti all’uopo realizzati, in grado di intercettare i medesimi bisogni della clientela interessata; il che rileva ai fini dell’integrazione della legittimazione al ricorso.

Non potrebbe neppure ritenersi che la ricorrente sia carente di interesse a censurare la specifica tipologia di opere eseguite dalla controinteressata, tenuto conto che si fa questione pur sempre di interventi edilizi (di mutamento della destinazione di un soppalco e di realizzazione di nuove superfici porticate) funzionali all’impianto produttivo, che la controinteressata non avrebbe ragionevolmente eseguito se non di utilità per l’impresa ivi esercitata.

Pertanto, non potendo svolgersi attività economica nell’ambito di manufatti abusivi (cfr. Consiglio di Stato, sez. V, 29 maggio 2018, n. 3212, secondo cui “Il legittimo esercizio dell’attività commerciale è pertanto ancorato, non solo in sede di rilascio dei titoli abilitativi, ma anche per la intera sua durata di svolgimento, alla iniziale e perdurante regolarità sotto il profilo urbanistico-edilizio dei locali in cui essa viene posta in essere, con conseguente potere-dovere dell’autorità amministrativa di inibire l'attività commerciale esercitata in locali rispetto ai quali siano stati adottati provvedimenti repressivi che accertano l’abusività delle opere realizzate ed applicano sanzioni che precludono in modo assoluto la prosecuzione di un’attività commerciale”), la ricorrente è interessata ad ottenere l’annullamento del provvedimento impugnato in prime cure, al fine di evitare che le opere in contestazione, trasformando il soppalco (reso agibile e assegnato ad un nuovo utilizzo) e realizzando nuove superfici porticate, nell’ambito di un manufatto sede di un impianto produttivo (come verrà infra chiarito), potessero migliorare la produttività aziendale e, dunque, agevolare indebitamente l’attività di impresa ivi svolta in concorrenza; il che, avuto riguardo alle particolarità del caso concreto sopra richiamate, date dalle modalità di costituzione della società appellante e dalla coincidenza del bacino di utenza, avrebbe potuto produrre, a carico della ricorrente, un pregiudizio concorrenziale suscettibile di sostenere l’ammissibilità dell’azione giudiziaria.

12. Ciò premesso nel rito (in ordine all’ammissibilità dell’impugnazione di primo grado, dovendosi riscontrare, in capo alla ricorrente, la legittimazione e l’interesse al ricorso), è possibile soffermarsi sul merito delle censure attoree.

L’appello consta di tre motivi di impugnazione, attraverso cui vengono censurati i capi decisori con cui il Tar: a) ha ravvisato la compatibilità del deposito di prodotti parassitari con la destinazione industriale delle opere oggetto della domanda di sanatoria; b) ha escluso la necessità della previa autorizzazione sismica ai fini dell’accertamento di conformità e, comunque, ha accertato l’avvenuto rilascio del titolo autorizzatorio per le opere de quibus; nonché c) ha rigettato l’istanza istruttoria articolata in prime cure.

13. In particolare, con il primo motivo di appello si censura la decisione del Tar di ritenere compatibile il deposito di prodotti parassitari con la destinazione industriale caratterizzante le opere oggetto della domanda di sanatoria.

13.1 Secondo la prospettazione attorea, nonostante si facesse questione di zona urbanisticamente compatibile con la destinazione industriale (D1), i titoli edilizi legittimanti il fabbricato di proprietà della controinteressata (permessi di costruire n. 62 del 2014 e n. 33 del 2015) avrebbero autorizzato soltanto la destinazione a deposito.

Per l’effetto, in quanto l’intero complesso di proprietà della controinteressata risultava destinato a deposito, l’Amministrazione non avrebbe potuto sanare opere, quale quelle di specie, aventi una diversa destinazione (industriale); né avrebbe potuto sostenersi che la sanatoria del soppalco per cui è causa e delle superfici porticate, nell’ambito di un complesso edilizio destinato a deposito, potesse determinare un mutamento di destinazione del manufatto ad industriale.

Il Tar avrebbe pure errato nella ricostruzione della valenza del riferimento operato in prime cure al mancato pagamento degli oneri concessori, trattandosi di censura “descrittiva, ma non sostanziale”, necessaria per evidenziare l’illegittimità del permesso di costruire in sanatoria per insussistenza della destinazione d’uso.

13.2 Il motivo di appello è infondato.

13.3 La circostanza per cui la destinazione a deposito non assuma considerazione autonoma nell’ambito della classificazione delle categorie funzionali ai sensi di quanto (allo stato) previsto dall’art. 23 ter DPR n. 380/01, non significa che una tale destinazione sia irrilevante sotto il profilo edilizio e urbanistico, imponendo soltanto la verifica concreta in ordine all’utilizzo dell’immobile esaminato, potendo il deposito essere funzionale a diversi utilizzi, compatibili pure con la destinazione produttiva e direzionale.

Al fine di verificare l’effettiva destinazione assentita in via amministrativa, occorre avere riguardo a quanto emergente dai titoli abilitativi legittimanti l’edificazione (come attualmente chiarito dall’art. 23 ter, comma 2, DPR n. 380/01), facendosi questione di aspetto conformato in sede amministrativa mediante il rilascio del provvedimento autorizzatorio dello ius aedificandi.

Avuto riguardo al caso di specie, diversamente da quanto dedotto dall’appellante, il manufatto interessato dal titolo in sanatoria impugnato in primo grado risultava caratterizzato da una destinazione produttiva.

Difatti:

- la concessione edilizia del 10.10.1991, n. 145 era stata rilasciata dal Comune di Bellizzi per l’esecuzione di un deposito per prodotti antiparassitari con destinazione artigianale – industriale; tale destinazione, riportata nel titolo edilizio, riguardava, anziché la zona territoriale, l’immobile da edificare, come emergente dal contenuto letterale del provvedimento, in cui la destinazione è riportata immediatamente dopo la descrizione dei lavori da eseguire e l’indicazione della consistenza (in piani) del fabbricato da edificare e, dunque, a caratterizzazione del relativo immobile;

- parimenti, anche le concessioni edilizie del 23.12.1992, n. 75 e del 9.1.1995, n. 1 riportano la destinazione (riferibile per le prefate ragioni all’immobile e non alla zona territoriale) industriale – artigianale;

- il permesso di costruire n. 33 del 6.8.2015 è stato rilasciato dal Comune di Bellizzi, sempre in relazione all’immobile per cui è causa, per l’installazione di n. 6 serbatoi e n. 1 silos, nonché per la realizzazione di una centrale termica, a conferma di come si fosse in presenza di un fabbricato recante elementi edilizi ulteriori rispetto ai meri locali di deposito, dati da una centrale termica, silos e serbatoi, compatibili con lo svolgimento di un’attività produttiva.

13.4 Alla stregua di quanto emergente dai titoli edilizi in atti, deve ritenersi che l’immobile per cui è causa risultasse caratterizzato da una destinazione industriale/artigianale; il che manifesta l’infondatezza del primo motivo di appello, incentrato su un’incompatibilità tra la destinazione a deposito dell’immobile (non mutata nel tempo) e la destinazione industriale delle opere oggetto di sanatoria.

Difatti, il Comune ben poteva sanare (sotto tale profilo) le opere abusive realizzate dalla controinteressata, facendosi questione di un intervento edilizio riguardante un manufatto avente ab origine destinazione artigianale/industriale, in coerenza pure con quanto previsto dalla normativa urbanistica prevista dal PRG del Comune in relazione alle zone omogenee D1 - in cui ricade il fabbricato per cui è causa -, destinate agli insediamenti produttivi, di tipo industriale, artigianale, commerciale, logistico e per la fornitura di servizi.

14. Con il secondo motivo di appello si censura il capo decisorio riguardante la mancanza dell’autorizzazione sismica.

14.1 Secondo quanto dedotto dalla ricorrente, il Tar sarebbe incorso in due errori, da un lato, negando la necessaria acquisizione dell’autorizzazione sismica ai fini della sanatoria delle opere in parola, dall’altro, ritenendo che nella specie una siffatta autorizzazione fosse presente.

Sotto il primo profilo, ai sensi del combinato disposto degli artt. 93, 94 e 95 DPR n. 380/01, l’autorizzazione sismica, alla stregua di quanto censurato dalla ricorrente, sarebbe necessaria a prescindere dal titolo abilitativo richiesto per l’esecuzione dell’intervento edilizio, da denunciare previamente al competente ufficio al fine di consentire i preventivi controlli.

Tale autorizzazione sarebbe necessaria anche ai fini del rilascio del titolo in sanatoria, facendosi questione di opere edilizie già eseguite; diversamente opinando, dovrebbe irragionevolmente ritenersi che le opere oggetto del permesso di costruire siano assoggettate ad autorizzazione sismica, mentre quelle realizzate abusivamente possano prescindere dal rischio sismico.

Sotto il secondo profilo, la ricorrente evidenzia che l’autorizzazione sismica richiamata dal Tar si riferiva a opere diverse, oggetto del permesso di costruire n. 62 del 2014, riguardanti un soppalco ad uso deposito, mentre con il titolo impugnato in primo grado l’Amministrazione aveva autorizzato una diversa destinazione, implicante un transito di persone e/o dipendenti di gran lunga superiore rispetto a quello originariamente assentito.

In ogni caso, nella specie l’Amministrazione aveva sanato pure ulteriori superfici porticate in relazione alle quali risultava inconferente il riferimento all’autorizzazione sismica del 2015.

14.2 Il motivo di appello è fondato sotto entrambi i profili.

14.3 In primo luogo, deve evidenziarsi come non possa prescindersi dall’avvenuto rilascio dell’autorizzazione sismica (ove richiesta) ai fini della sanatoria delle opere abusivamente realizzate.

Difatti, l’esigenza di tutela sottesa all’art. 36 DPR n. 380 del 2001 è quella di evitare interventi repressivi, di demolizione delle opere sine titulo realizzate, qualora l’illecito in concreto commesso sia lesivo del solo interesse pubblico (strumentale) della sottoposizione al previo controllo amministrativo dell’attività edilizia, senza compromissione dell’interesse pubblico (finale) dell’ordinato sviluppo del territorio, nel rispetto della disciplina urbanistica ed edilizia all’uopo applicabile.

In tali ipotesi, si consente la permanenza delle opere mediante la formazione postuma, una volta commesso l’illecito e a sua sanatoria, del titolo edilizio idoneo a legittimare l’intrapresa attività edificatoria.

Attraverso la sanatoria, dunque, si ripristina la legalità formale violata, rilasciando all’istante il medesimo titolo edilizio (l’art. 36 DPR n. 380 del 2001 discorre, infatti, di “permesso in sanatoria”) che lo stesso avrebbe dovuto acquisire agendo lecitamente (sottoponendo l’attività edilizia al previo controllo amministrativo in funzione del rilascio del prescritto titolo abilitativo).

Per l’effetto, è possibile pervenire alla sanatoria delle opere abusive soltanto qualora l’illegittimità in concreto riscontrata afferisca ai soli profili formali, riguardanti la mancata acquisizione dei titoli occorrenti per giustificare lo svolgimento dell’attività edilizia, ma non anche quando si discorra di illegittimità sostanziali, emergendo immobili che non avrebbero comunque potuto essere ex ante assentiti, in quanto incompatibili con la normativa urbanistica ed edilizia all’uopo applicabile.

Nell’ambito delle disposizioni edilizie rilevanti per verificare la conformità sostanziale delle opere sine titulo eseguite, devono ritenersi comprese quelle antisismiche - poste peraltro a tutela di esigenze primarie, correlate alla pubblica incolumità - facendosi questione, comunque, di disposizioni regolanti le modalità dell’edificazione.

Non potrebbe, dunque, sanarsi un intervento edilizio non rispettoso della normativa antisismica, alla stregua dell’accertamento all’uopo condotto dall’autorità competente.

Il che è coerente con l’indirizzo già espresso dalla Sezione, secondo cui “L’art. 93 comma 1 del DPR 380/2001 prescrive che “nelle zone sismiche di cui all’art. 83, chiunque intenda procedere a costruzioni, riparazioni e sopraelevazioni, è tenuto a darne preavviso scritto allo sportello unico, che provvede a trasmetterne copia al competente ufficio tecnico della Regione”. L’art. 94 comma 1 D.P.R. 380/2001 prescrive che “… non si possono iniziare lavori senza preventiva autorizzazione scritta del competente ufficio tecnico delle Regione” (obblighi ribaditi dalla normativa regionale di settore – cfr. l.r. n. 9/1983). L’autorizzazione sismica è, dunque, un presupposto indispensabile per ottenere il rilascio del titolo edilizio (anche quello in sanatoria) la cui acquisizione costituisce un preciso onere della parte che intenda (o abbia già realizzato) dei lavori suscettibili di avere un impatto sulla statica del fabbricato” (Consiglio di Stato, sez. III, 31 maggio 2021, n. 4142; cfr. anche Consiglio di Stato, sez. VI, 15 aprile 2021, n. 3096, che ha giustificato l’intervento in autotutela del Comune in relazione ad un permesso in sanatoria avente ad oggetto opere prive della prescritta autorizzazione sismica).

Ne deriva che, come correttamente dedotto dall’appellante, l’istanza di sanatoria non potrebbe essere rilasciata in assenza dell’autorizzazione sismica, ove prescritta.

14.4 Avuto riguardo al caso di specie, l’autorizzazione sismica valorizzata dal Tar non può ritenersi idonea a comprendere le opere oggetto del titolo in sanatoria per cui è causa.

14.5 In particolare, alla stregua di quanto emerge dai documenti acquisiti all’odierno giudizio, risultano rilasciate, per quanto di interesse ai fini della disamina del secondo motivo di appello:

- l’autorizzazione sismica n. GC.SA.2015.000198.AUT.PRD del 29/01/2015 per lavori di realizzazione di un soppalco, di cui al permesso di costruire n. 62 del 18.11.2014;

- l’autorizzazione sismica n. GC.SA.2018.001700.AUT.PRD.SAN del 02/05/2018 per lavori di “verifica di tettoie e pensiline in acciaio”, di cui al permesso di costruire in sanatoria n. 14 del 20.3.2018.

Il permesso di costruire in sanatoria per cui è causa risulta, invece, rilasciato per “l’incremento di S.L.E. senza incremento di volumetria, per avere reso agibile un soppalco esistente destinandolo a funzioni accessorie e realizzazione di nuove superfici porticate, di un fabbricato produttivo sito in Bellizzi…”.

Ne deriva che:

- la prima autorizzazione sismica, in quanto avente ad oggetto la mera realizzazione di un soppalco sanato nel novembre 2014, non potrebbe rilevare nell’odierno giudizio, in cui si discorre di opere eseguite in data successiva, consistenti, da un lato, nella trasformazione del soppalco già sanato, reso agibile e adibito ad un diverso uso accessorio, dall’altro, nella realizzazione di nuove superfici porticate;

- la seconda autorizzazione sismica, sebbene avente ad oggetto alcune delle opere per cui è causa (nuove superfici porticate), è stata rilasciata in data 2.5.2018 e, pertanto, successivamente al rilascio del provvedimento di sanatoria, avvenuto in data 20.3.2018.

Di conseguenza, al momento dell’adozione del provvedimento impugnato in primo grado, le opere oggetto di sanatoria risultavano prive dell’autorizzazione sismica.

14.6 Ciò precisato sul piano fattuale, deve ribadirsi la necessità che l’autorizzazione sismica venga acquisita preventivamente rispetto al rilascio del titolo in sanatoria ogniqualvolta si discorra di lavori suscettibili di avere un impatto sulla statica del fabbricato.

Difatti, ai sensi dell’art. 36 DPR n. 380/01, il rilascio del titolo in sanatoria è subordinato alla conformità sostanziale delle opere già eseguite alla normativa edilizia e urbanistica di riferimento, occorrendo, dunque, verificare, ancora prima dell’adozione del permesso di costruire in sanatoria, se le opere possano o meno ritenersi sostanzialmente conformi alla disciplina di riferimento: a tali fini, risulta necessario accertare, tra l’altro, il previo rilascio dell’autorizzazione sismica (ove prevista), idonea ad escludere quei pericoli per la staticità delle opere abusive che, ove esistenti, impedirebbero la sanatoria, imponendo l’irrogazione della sanzione demolitoria.

Di conseguenza, nella specie, l’Amministrazione - richiesta ai sensi dell’art. 36 DPR n. 380/01 - avrebbe dovuto previamente verificare l’avvenuto rilascio dell’autorizzazione sismica in relazione alle opere oggetto dell’istanza di sanatoria.

Una tale verifica non risulta espletata nella specie.

14.7 Né potrebbe ritenersi che, in ragione delle peculiarità delle opere in contestazione, non fosse necessario il previo rilascio dell’autorizzazione sismica.

Al riguardo, deve darsi continuità all’indirizzo giurisprudenziale (Cassazione penale, sez. III, 31 agosto 2018, n. 39335), per cui qualsiasi intervento edilizio in zona sismica, comportante o meno l'esecuzione di opere in conglomerato cementizio amato, indipendentemente dalla natura dei materiali usati, dalla tipologia delle strutture realizzate, dalla natura pertinenziale o precaria, deve essere previamente denunciato al competente ufficio al fine di consentire i preventivi controlli e necessita del rilascio del preventivo titolo abilitativo, sfuggendo a tale disciplina solo gli interventi di semplice manutenzione ordinaria.

Nell’odierno giudizio, non sembra che le opere oggetto dell’istanza di sanatoria potessero essere sottratte al controllo amministrativo, da svolgere in sede di rilascio dell’autorizzazione sismica a tutela di beni di primario rilievo costituzionale (pubblica incolumità).

14.8 Difatti, quanto alle opere incidenti sul soppalco, ancorché si facesse questione di un elemento edilizio già realizzato e autorizzato sul piano sismico, l’intervento oggetto di accertamento di conformità influiva, comunque, sulle modalità di suo utilizzo; in particolare, essendo stata resa agibile la relativa superfice, con assegnazione alla stessa di nuove e diverse funzioni accessorie, non poteva escludersi che il relativo intervento fosse idoneo a produrre, come correttamente dedotto dall’appellante, una variazione dei carichi - anche per effetto di un diverso transito di persone, superiore rispetto a quello oggetto dell’iniziale autorizzazione - con conseguente sua idoneità ad influire sulla statica del fabbricato.

Parimenti, in relazione alle nuove superfici porticate, si era in presenza di interventi di nuova costruzione da assoggettare all’autorizzazione sismica, come, peraltro, reso palese dall’effettivo rilascio del relativo titolo successivamente all’adozione del provvedimento impugnato in prime cure.

14.9 L’operato amministrativo in contestazione non può, dunque, ritenersi immune dai vizi di legittimità censurati dall’appellante con il secondo motivo di appello.

Facendosi questione di interventi di nuova costruzione (nuove superfici porticate) e, comunque, di interventi idonei ad influire sui carichi incidenti sul fabbricato preesistente (in specie, sul soppalco precedentemente sanato), ai fini della sanatoria, occorreva la previa acquisizione dell’autorizzazione sismica.

14.10 Non potrebbe neppure sostenersi, in relazione alle superfici porticate, che, comunque, l’autorizzazione sismica è stata nei fatti rilasciata attraverso il provvedimento n. GC.SA.2018.001700.AUT.PRD.SAN del 02/05/2018.

Invero, come precisato da questo Consiglio, “in base al principio “tempus regit actum”, la legittimità del provvedimento amministrativo va valutata con riguardo allo stato di fatto e di diritto esistente al momento della sua emanazione, con conseguente irrilevanza delle circostanze successive, le quali non possono incidere ex post su precedenti atti amministrativi (cfr., ex plurimis, C.d.S., Sez. II, 8 marzo 2021, n. 1908; Sez. III, 18 aprile 2011, n. 2384)” (Consiglio di Stato, sez. II, 21 giugno 2021, n. 4756).

Dovendosi avere riguardo allo stato di fatto e di diritto esistente al momento della decisione amministrativa, nonché non potendosi rilasciare il permesso in sanatoria senza avere previamente verificato la conformità delle opere eseguite, altresì (per quanto di interesse nell’odierno giudizio), alla normativa regolante le costruzioni in zona sismica (come emergente dal rilascio del relativo titolo autorizzatorio), il provvedimento impugnato in primo grado risulta interamente illegittimo, in quanto assunto dall’Amministrazione in assenza, alla data della sua adozione, dell’autorizzazione sismica riferibile a tutte le opere sottoposte ad accertamento di conformità.

15. Con il terzo motivo di appello è impugnato il capo decisorio con cui il Tar ha rigettato l’istanza istruttoria articolata in prime cure, avente ad oggetto l’acquisizione di “tutti grafici, relazioni e quant’altro costituente parte integrante del permesso a costruire in sanatoria impugnato onde meglio contro dedurre rispetto alla suindicata vicenda, anche mediante la proposizione di motivi aggiunti”.

Al riguardo, deve essere dichiarato il non luogo a provvedere sulla censura attorea, tenuto conto che l’istanza istruttoria è stata accolta dalla Sezione con ordinanza n. 3808/2021, ragion per cui si è già provveduto all’integrazione documentale richiesta dall’appellante.

16. Alla luce delle considerazioni svolte, l’appello deve essere accolto soltanto in parte e, per l’effetto, in parziale riforma della sentenza gravata, deve essere accolto il ricorso di primo grado limitatamente alle doglianze riferite alla sanatoria di opere prive dell’occorrente autorizzazione sismica e annullato, per quanto di ragione, il provvedimento impugnato; rimangono salve le ulteriori determinazioni suscettibili di essere assunte dall’Amministrazione nella fase di riedizione del potere.

La particolarità della controversia e l’accoglimento soltanto parziale dell’appello giustificano l’integrale compensazione tra le parti delle spese del doppio grado di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie nei sensi e nei limiti di cui in motivazione e, per l’effetto, in parziale riforma della sentenza impugnata, accoglie nei predetti limiti il ricorso di primo grado, con annullamento per quanto di ragione del provvedimento impugnato dinnanzi al Tar.

Compensa interamente tra le parti le spese del doppio grado di giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 27 gennaio 2022 con l'intervento dei magistrati:

Carmine Volpe, Presidente

Alessandro Maggio, Consigliere

Giordano Lamberti, Consigliere

Francesco De Luca, Consigliere, Estensore

Thomas Mathà, Consigliere