TAR Campania (NA), Sez. VIII, n. 3483, del 2 luglio 2015
Urbanistica.Legittimità annullamento in autotutela del permesso di costruire per mancanza del piano attuativo.

E’ stato ritenuto che il diniego di una concessione edilizia volta alla costruzione di un fabbricato possa essere legittimamente opposto, allorquando sia verificata, sulla base della reale situazione dell'area, l'effettiva esigenza della redazione di un piano particolareggiato; e che, pertanto, sia legittimo il diniego di concessione edilizia in presenza di un insediamento su un'area da destinare ad urbanizzazione, quando l'adozione di un nuovo piano attuativo sia giustificata in virtù dell'insufficiente urbanizzazione primaria e secondaria della zona. Ed invero, non è sufficiente un qualsiasi stadio di urbanizzazione di fatto per eludere il principio fondamentale della pianificazione e per eventualmente aumentare i guasti urbanistici già verificatisi, essendo la pianificazione dell'urbanizzazione doverosa fino a quando essa conservi una qualche utile funzione anche in aree già compromesse o edificate (Segnalazione e massima a cura di F. Albanese).

N. 03483/2015 REG.PROV.COLL.

N. 07380/2009 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania

(Sezione Ottava)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 7380 del 2009, proposto da: 
Edilizia F.C.G. S.p.a., rappresentata e difesa dall'avv. Michele Ferrante, con domicilio eletto presso l’avv. Alberto Gagliardi in Napoli, Via del Parco Margherita, n. 103;

contro

Comune di Orta di Atella in persona del Sindaco pro tempore; 

per l'annullamento

del provvedimento del Comune di Orta di Atella, n. 18504 del 21.9.2009, di annullamento in autotutela del permesso di costruire n. 130/2005;

 

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 8 aprile 2015 il dott. Fabrizio D'Alessandri e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

FATTO

Parte ricorrente, con ricorso notificato il 27.11.2009, ha impugnato il provvedimento n. 18504 del 21.9.2009, con cui il Comune di Orta di Atella ha annullato in autotutela il permesso di costruire n. 130/2005 per un fabbricato di civile abitazione, chiedendone l’annullamento.

L'impugnato annullamento d'ufficio ha per oggetto i titoli abilitativi alla realizzazione di un edificio per civile abitazione, ubicato nel Comune di Orta di Atella, in zona C2 del P.R.G., alla via Viggiano, ed è stato disposto sulla base della seguente motivazione:- l'area di intervento ricade zona C2 (residenziale di nuova espansione estensiva), entro la quale, ai sensi dell'art. 25 delle norme tecniche di attuazione del piano regolatore generale di Orta di Atella, il permesso di costruire avrebbe potuto essere rilasciato soltanto previa approvazione di piani (attuativi) di lottizzazione estesi all'intero ambito o, in subordine, estesi ad ambiti aventi superficie non inferiore a mq 6.000 e dotati di giardini ed aree attrezzate;

- nel comprensorio interessato dal fabbricato assentito con i titoli edilizi annullati " non sono presenti opere di urbanizzazione primaria e secondaria pari agli standars urbanistici minimi prescritti pertanto non è possibile prescindere dalla definizione del piano urbanistico attuativo; stante l’esigenza almeno di raccordo con il preesistente aggregato abitativo e di potenziamento delle opere di urbanizzazione;

- il comparto de quo è risultato, segnatamente, connotato: - "dalla impossibilità di conciliare le opere di urbanizzazione primaria e secondaria pensata per una popolazione di poco superiore a 10.000 unità ad un carico insediativo di oltre 23.000"; - "dalla mancanza di strade con marciapiedi, aree a verde attrezzato e spazi destinati a parcheggi pubblici"; - dalla mancata integrazione delle nuove opere con le infrastrutture esistenti (rete viaria, rete fognaria, infrastrutture scolastiche);

- di qui "la insussistenza della necessaria condizione di pieno ed effettivo inserimento... in un contesto che non è urbanizzato in maniera qualitativamente e quantitativamente conforme alle esigenze recepite nella previsione di piano... che non è idoneo a garantire la concreta fruibilità delle opere di urbanizzazione esistenti nel comparto";

- per di più, il fabbricato assentito con i titoli edilizi annullati "nella sua interezza non rispetta le distanze tra edifici e conduttori elettrici previste dal d.m. 21 marzo 1988 ", con conseguente rischio di elettrocuzione in caso di accesso a qualsiasi parte dell'edificio;

- lo strumento urbanistico attuativo non può essere trasformato "in un atto sostanzialmente facoltativo, non più necessario ogni qual volta, a causa di precedenti abusi edilizi sanati, di preesistenti edificazioni ovvero del rilascio di singole concessioni edilizie illegittime, il comprensorio abbia già subito una qualche urbanizzazione";

- attraverso il rilascio di singoli titoli abilitativi edilizi in area non urbanizzata gli interessati finiscono per essere "legittimati ad utilizzare l'intera proprietà a fini privati, scaricando... sulla collettività i costi conseguenti alla realizzazione di infrastrutture per i nuovi insediamenti";

- il limite di esposizione ai campi elettrici e magnetici ex art. 4 del d.p.c.m. 8 luglio 2003, n. 200 risulta superato rispetto all'edificio de quo, con conseguente rischio per il diritto della collettività alla salute ed alla fruizione del servizio pubblico essenziale costituito dalla erogazione dell'energia elettrica.

Parte ricorrente ha dedotto avverso siffatta determinazione dedotte le seguenti censure:

1. Violazione delle garanzie di partecipazione procedimentale.

2. Insussistenza delle ragioni di illegittimità dei titoli edilizi.

3. Insussistenza dei presupposti per l’annullamento in autotutela del titolo edilizio..

Il Comune intimato non si costituiva in giudizio.

All’udienza pubblica dell’8.4.2015 il ricorso è stato trattenuto in decisione

DIRITTO

1) Il ricorso si rivela infondato anche alla luce di indirizzi già invalsi nella Sezione con riguardo a fattispecie aventi ad oggetto analoghi provvedimenti di annullamento in via di autotutela di permessi di costruire, per lo stesso ambito territoriale e i medesimi motivi, dai quali il Collegio non ritiene di doversi discostare (T.A.R. Campania, Napoli, sez. VIII, 26 aprile 2013, n.2165, n. 2166, n. 2167, n. 2168 e n. 2171; 5 maggio 2011, n. 2484, n. 2485, n. 2486, n. 2487 ).

Il Collegio indica che per ragioni di comodità espositiva prescinderà nello scrutinio dei motivi di ricorso dall’ordine indicato da parte ricorrente nell’atto introduttivo.

2) Con il secondo motivo di impugnazione la parte ricorrente ha affermato la superfluità del piano attuativo e l'ammissibilità dell’intervento edilizio assentito in quanto la zona era già interamente urbanizzata, essendo, inoltre, presenti adeguate opere di urbanizzazione e risultando rispettati gli standard minimi prescritti dalla normativa.

La censura è infondata.

Il Collegio ritiene di richiamare in proposito quell’orientamento giurisprudenziale secondo cui, a mente dell' art. 9 del D.P.R. n. 380 del 2001, costituisce regola generale ed imperativa, in materia di governo del territorio, il rispetto delle previsioni del p.r.g. che impongono, per una determinata zona, la pianificazione di dettaglio e che sono vincolanti e idonee ad inibire l'intervento diretto costruttivo ( Cons. Stato, sez. IV, 30 dicembre 2008, n. 6625).

Corollari immediati di tale principio fondamentale sono: a) che quando lo strumento urbanistico generale prevede che la sua attuazione debba aver luogo mediante un piano di livello inferiore, il rilascio del titolo edilizio può essere legittimamente disposto solo dopo che lo strumento esecutivo sia divenuto perfetto ed efficace, ovvero quando è concluso il relativo procedimento (Cons. Stato sez. V, 1 aprile 1997, n. 300); b) che, in presenza di una normativa urbanistica generale, che preveda per il rilascio del titolo edilizio in una determinata zona l'esistenza di un piano attuativo, non è consentito superare tale prescrizione facendo leva sulla situazione di sufficiente urbanizzazione della zona stessa (Cons. Stato, sez. IV, 3 novembre 2008, n. 5471); c) l'insurrogabilità dell'assenza del piano attuativo con l'imposizione di opere di urbanizzazione all'atto del rilascio del titolo edilizio" (Cons. Stato, sez. IV, 10 giugno 2010, n. 3699).

La mera esistenza di infrastrutture (strade, spazi di sosta, fognature, reti di distribuzione del gas, dell'acqua e dell'energia elettrica, scuole, ecc.) all'interno, e, vieppiù, all'esterno, del comparto attinto dall'attività edificatoria assentita senza previa approvazione dello strumento attuativo non implica anche quell'adeguatezza e quella proporzionalità delle opere in parola rispetto all'aggregato urbano formatosi, la quale soltanto sarebbe idonea a soddisfare le esigenze della collettività, pari agli standards urbanistici minimi prescritti, ed esimerebbe, quindi, da ulteriori interventi per far fronte all'ulteriore aggravio derivante da nuove costruzioni.

Ed invero, i piani particolareggiati e i piani di lottizzazione hanno lo scopo di garantire che all'edificazione del territorio a fini residenziali corrisponda l'approvvigionamento delle dotazioni minime di infrastrutture pubbliche, le quali, a loro volta, garantiscono la normale qualità del vivere in un aggregato urbano. Cosicché può prescindersi dalle cennate convenzioni urbanistiche solo quando detti standards siano altrimenti rispettati. Diversamente opinando, col rilascio di singoli permessi di costruire in area non urbanizzata, gli interessati verrebbero legittimati a utilizzare l'intera proprietà a fini privati, scaricando interamente sulla collettività i costi conseguenti alla realizzazione di infrastrutture per i nuovi insediamenti (Cons. Stato, sez. V, 3 marzo 2004, n. 1013).

Ciò posto, è evidente che, ove si tratti di asservire per la prima volta a insediamenti edilizi aree non ancora urbanizzate - che obiettivamente richiedano, per il loro armonico raccordo col preesistente aggregato abitativo, la realizzazione o il potenziamento delle opere di urbanizzazione primaria e secondaria volte a soddisfare le esigenze della collettività - si rende necessario un piano esecutivo (particolareggiato o di lottizzazione), quale presupposto per il rilascio del permesso di costruire (Cons. Stato, Ad. Plen., 20 maggio 1980 n. 18; 6 dicembre 1992 n. 12; sez. V, 13 novembre 1990, n. 776; 6 aprile 1991, n. 446; 7 gennaio 1999, n. 1; sez. IV, 22 maggio 2006, n. 3001; 4 dicembre 2007, n. 6171 TAR Campania, sez. IV, 2 marzo 2000, n. 596; 8 maggio 2003, n. 5330; TAR Lazio, Latina, 27 ottobre 2006, n. 1375; TAR Puglia, Lecce, sez. III, 2 febbraio 2005, n. 4403 aprile 2007, n. 1501; 15 marzo 2007, n. 1037).

In tale fattispecie, nella quale l'originaria integrità del territorio non è sostanzialmente vulnerata, deve essere rigorosamente rispettata la cadenza, in ordine successivo, dell'approvazione del piano regolatore generale e dello strumento urbanistico attuativo, in modo da garantire una pianificazione razionale e ordinata del futuro sviluppo del territorio dal punto di vista urbanistico.

Il piano esecutivo, previsto dallo strumento urbanistico generale come presupposto dell'edificazione, non ammette, cioè, equipollenti, nel senso che, in sede amministrativa o giurisdizionale, non possono essere effettuate indagini volte a verificare se sia tecnicamente possibile realizzare costruzioni, che, ad avviso del legislatore, incidono negativamente sul razionale assetto del territorio, vanificando la funzione del piano attuativo, la cui approvazione può essere stimolata dall'interessato, con gli strumenti consentiti dal sistema (Cons. Stato, sez. V, 3 marzo 2004, n. 1013; 10 dicembre 2003, n. 7799; sez. IV, 19 febbraio 2008, n. 531).

L'indefettibilità dello strumento urbanistico attuativo neppure viene meno nelle ipotesi di zone edificate, esposte al rischio di compromissione di valori urbanistici, nelle quali la pianificazione può ancora conseguire l'effetto di correggere e compensare il disordine edificativo in atto (Cons. Stato, sez. V, 1 dicembre 2003, n. 7799); zone nelle quali si prospetti, quindi, l'esigenza di raccordare armonicamente le nuove costruzioni col preesistente aggregato urbano e di potenziare le opere di urbanizzazione esistenti, tanto più quando il nuovo intervento edilizio, per le sue dimensioni, abbia un consistente impatto sull'assetto territoriale; e nelle quali la preventiva redazione di un piano attuativo per il rilascio del titolo abilitativo edilizio si ponga, in definitiva, come imprescindibile (T.A.R. Veneto, sez. II, 31 marzo 2003, n. 2171; 8 settembre 2006, n. 2893; T.A.R. Lazio, Roma, sez. II, 13 settembre 2006, n. 8463).

Così, è stato ritenuto che il diniego di una concessione edilizia volta alla costruzione di un fabbricato possa essere legittimamente opposto, allorquando sia verificata, sulla base della reale situazione dell'area, l'effettiva esigenza della redazione di un piano particolareggiato; e che, pertanto, sia legittimo il diniego di concessione edilizia in presenza di un insediamento su un'area da destinare ad urbanizzazione, quando l'adozione di un nuovo piano attuativo sia giustificata in virtù dell'insufficiente urbanizzazione primaria e secondaria della zona (T.A.R. Calabria, Catanzaro, sez. II, 5 febbraio 2004, n. 230).

Ed invero, non è sufficiente un qualsiasi stadio di urbanizzazione di fatto per eludere il principio fondamentale della pianificazione e per eventualmente aumentare i guasti urbanistici già verificatisi, essendo la pianificazione dell'urbanizzazione doverosa fino a quando essa conservi una qualche utile funzione anche in aree già compromesse o edificate (T.A.R. Puglia, Lecce, sez. III, 18 gennaio 2005, n. 164).

Nella specie, parte ricorrente ha allegato una perizia di parte che attesta l'esistenza di una rete viaria, fognaria, idrica, telefonica, di distribuzione dell'energia elettrica e del gas, di impianti di illuminazione stradale. Così come indica la presenza, in aree non distanti, di infrastrutture come un asilo nido, un campo sportivo, un centro commerciale, parcheggi comunali, una scuola materna e una elementare.

La medesima parte ricorrente non ha, tuttavia, compiutamente dimostrato, ai sensi dell'art. 64, comma 1, cod. proc. amm., se tali opere di urbanizzazione primaria siano qualitativamente e quantitativamente sufficienti a soddisfare le esigenze della comunità locale.

Ad esempio, non hanno compiutamente dimostrato che: - tutte le strade e tutti i marciapiedi esistenti hanno ampiezza adeguata rispetto alle caratteristiche del traffico automobilistico e pedonale in un contesto abitativo divenuto ad elevata densità; - tutte le strade sono costeggiate da marciapiedi e dotate di impianti di illuminazione; - la rete stradale assicura l'ordinato andamento del traffico di zona ed è organicamente raccordata a quella dei comparti adiacenti; - la portata del sistema fognario è proporzionata all'incremento demografico ed edilizio del comparto; - la rete di distribuzione dell'acqua, dell'energia elettrica e del gas è completamente ramificata entro l'intero agglomerato formatosi in assenza di pianificazione esecutiva; - tale agglomerato è dotato di verde pubblico e di parcheggi in maniera sufficiente; - esistono in zona attrezzature pubbliche, scuole ed edifici di culto idoneamente dimensionati.

Non è stato poi dimostrato che le infrastrutture indicate come esistenti sul territorio e le aree destinate a standars si riferiscano alla zona in questione o a un’area contigua, dovendosi queste ultime, per rendere superfluo il piano attuativo, risultare asservite e proporzionate a un comparto edificatorio a sé stante, in modo che non possa predicarsene l'aggravio in favore di altri comparti edificatori appartenenti al medesimo aggregato urbano, se non in conformità alle disposizioni dello strumento pianificatorio generale e attraverso il raccordo da parte dello strumento pianificatorio attuativo: così, ad es., l'esistenza o la previsione di aree riservate a verde, ad attrezzature pubbliche o a parcheggi in prossimità della zona di riferimento non esime, ma, anzi, impone l'adozione di una disciplina esecutiva che ne consenta l'ordinata e sostenibile fruizione da parte della comunità locale.

Tutto quanto sopra induce, in definitiva, a escludere che il titolo abilitativo edilizio annullato col provvedimento impugnato potesse essere legittimamente emesso senza la preventiva approvazione di uno strumento urbanistico attuativo, richiesta dall'art. 24 delle n.t.a. del p.r.g. di Orta di Atella.

3) Nel terzo motivo di ricorso parte ricorrente ha denunciano la violazione dell'art. 21 nonies della L. n. 241 del 1990, sotto il profilo dell'omessa valutazione di prevalenza dell'interesse pubblico al ritiro del titolo abilitativo edilizio annullato rispetto all'interesse privato alla sua conservazione, consolidatosi nell'arco temporale trascorso tra l'emissione del predetto titolo e la sua rimozione in autotutela.

Anche tale censura è destituita di fondamento.

A smentire la tesi di una inadeguata ponderazione dell'interesse pubblico sotteso al contestato annullamento d'ufficio, è dirimente:

- l'assenza della previa pianificazione attuativa che, nel caso in esame, si connette al governo di una zona a vocazione "residenziale di nuova espansione estensiva" (C2);

- l'esplicitata esigenza di salvaguardare l'equilibrato sviluppo del territorio, attraverso una urbanizzazione attuata "in maniera qualitativamente e quantitativamente conforme alle esigenze recepite nella previsione di piano", in modo da garantire alla collettività la concreta fruibilità delle infrastrutture esistenti nel comparto;

- l'accuratezza evidenziata dall'amministrazione intimata nell'enucleare le gravi illegittimità di un'attività edificatoria assentita nel corso del tempo;

- il conseguente sconvolgimento degli indici edificatori;

- la sussistenza di un allarmante quadro amministrativo, in cui - come si evince dal provvedimento impugnato - si è giunti allo scioglimento per infiltrazioni camorristiche del consiglio comunale anche per la commistione dell'attività di indirizzo politico con quella di gestione.

Il Collegio, al di là del carattere oggettivamente preoccupante dei dati sopra enucleati, ritiene che gli stessi integrino, in via immediata, proprio una esemplificazione tipica circa la sussistenza dell'interesse pubblico attuale e concreto che legittima un autoannullamento.

In altri termini, a fronte di un'attività edilizia palesemente illegittima, favorita da varianti che la stessa amministrazione non esita a definire "di pura urbanistica creativa", la concomitanza di una sana e specifica esigenza di ripristino della legalità non lascia adito a dubbi sul rispetto delle condizioni basiche per l'adozione dell'atto di autoannullamento.

Né, sotto altro verso, si può dire che non sia stato sufficientemente ponderato il contrastante interesse privato.

In proposito, il Collegio ritiene che - richiamati i descritti presupposti fattuali - nessun affidamento tutelabile sussista, nella specie, in capo ai privati.

In particolare, è sul piano delle regole operative dell'affidamento che la tutela dei ricorrenti non appare condivisibile. E' pur vero che l'adozione di provvedimenti autorizzativi garantisce il destinatario degli stessi circa la presumibile legalità del suo agire, ma non può obliterarsi che residua pur sempre un vasto margine accertativo, presidiato dallo statuto dell'autoresponsabilità: canone di diretta proiezione sia dei principi della solidarietà sociale sia dell'art. 27 Cost. , posto che tale ultima norma (trascendendo la materia penalistica) affianca al rilievo della colpevolezza quale presidio dagli addebiti non imputabili anche quello di stimolo a condotte comunque non intrinsecamente connotate da colpevoli illegalità.

Nel caso in esame, l'ordinaria diligenza avrebbe dovuto comportare una attenta vigilanza circa la supina adesione all'accoglimento di una richiesta palesemente esorbitante dai limiti legali. Circostanza che - si ribadisce - rende l'intera fattispecie inidonea a ingenerare legittimi affidamenti.

Nel delineato contesto non può, quindi, di certo, assurgere ad una sorta di scriminante la presenza di una intensa edificazione, che, peraltro, si ignora se legittima o meno e che, come si dovrebbe ritenere sulla base degli atti di causa, forse è oggetto di molteplici, necessitati provvedimenti di autoannullamento.

Ed invero, come già innanzi evidenziato, la pretesa sufficienza dell'esistente livello di urbanizzazione primaria e secondaria dell'area di intervento non elide, di per sé, la necessità dell'approvazione di un apposito strumento attuativo propedeuticamente al rilascio di titoli abilitativi all'edificazione sulla predetta area.

4) Quanto alle censure, contenute nel secondo motivo di ricorso, dei capi provvedimentali che rilevano il mancato rispetto delle “distanze tra edifici e conduttori elettrici previste dal d.m. 21 marzo 1988 " e il superamento del “limite di esposizione ai campi elettrici e magnetici ex art. 4 del d.p.c.m. 8 luglio 2003, n. 200”, il rilievo sulla violazione dell'art. 25 delle norme tecniche di attuazione del piano regolatore generale (di cui è stata confermata dianzi la legittimità) costituisce un nucleo motivazionale organico, del tutto autosufficiente e si rivela, quindi, suscettibile di sorreggere, di per sé, il disposto annullamento d'ufficio dei titoli abilitativi edilizi emessi in favore dei ricorrenti.

Fondandosi il provvedimento impugnato su una motivazione plurima, solo l'accertata illegittimità di tutti i singoli profili su cui esso risulta incentrato avrebbe potuto comportare l'illegittimità e il conseguente effetto annullatorio del medesimo (in tal senso, ex multis, Cons. Stato, sez. IV, n. 2882/2007; n. 3020/2007; sez. V, n. 6732/2007; sez. IV, n. 6325/2007; TAR Lazio, Roma, sez. II, n. 268/2007; n. 2723/2007; n. 3995/2007; n. 5892/2007; n. 7401/2007; n. 9718/2007; sez. I, n. 73/2008; sez. II, n. 608/2008; n. 2165/2008; n. 3505/2008; n. 4127/2008; n. 6346/2008; TAR Campania, Napoli, sez. IV, n. 6252/2007; Salerno, sez. II, n. 1918/2007; Napoli, sez. III, n. 8744/2007; sez. VIII, n. 1102/2008; Salerno, sez. II, n. 313/2008; Napoli, sez. I, n. 5943/2008; sez. III, n. 10065/2008; sez. V, n. 9774/2008; sez. VII, n. 9861/2008; sez. I, n. 13437/2008; TAR Lombardia, Milano, sez. II, n. 6532/2007; TAR Liguria, Genova, sez. II, n. 1188/2007; sez. I, n. 1988/2007; sez. II, n. 543/2008; n. 2041/2008; TAR Sardegna, Cagliari, sez. I, n. 2032/2007; n. 1847/2008; TAR Emilia Romagna, Parma, sez. I, n. 314/2008).

Una simile implicazione demolitoria risulta preclusa dalla circostanza che il disposto annullamento d'ufficio si è rivelato immune da vizi invalidanti, nella parte motivazionale in cui rileva la violazione dell'art. 25 delle norme tecniche di attuazione del piano regolatore generale.

Le superiori considerazioni inducono, pertanto, a ravvisare la carenza di interesse di parte ricorrente all'accoglimento e, quindi, a predicare l'assorbimento della censura proposta avverso il nucleo argomentativo incentrato sull'inosservanza delle distanze tra edifici e conduttori elettrici previste dal d.m. 21 marzo 1988 e del superamento del limite di esposizione ai campi elettrici e magnetici; nucleo argomentativo rispetto al quale rimane distinto ed autonomo l'altro, incentrato sulla violazione dell'art. 25 delle n.t.a. del p.r.g. e risultato legittimo (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 8 giugno 2007, n. 3020).

5) In ultimo si prende in esame la censura relativa alla mancata comunicazione di avvio del procedimento in autotutela volto alla rimozione dei titoli abilitativi edilizi da loro posseduti.

Il provvedimento gravato riporta come effettuato l’adempimento della comunicazione di avvio anche se non vi è prova in giudizio che tale comunicazione si sia stata effettivamente perfezionata.

In ogni caso il Collegio, in considerazione di quanto indicato in sede di rigetto di tutte le altre censure, ritiene applicabile al caso in esame il disposto dell’art.21 octies della legge n.241/90, sulla non annullabilità del provvedimento adottato in violazione di norme sul procedimento o sulla forma degli atti, in quanto è risultato in sede do giudizio che il contenuto del provvedimento non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato.

6) In conclusione, stante la ravvisata infondatezza di tutte le censure proposte, il ricorso in epigrafe deve essere respinto.

La mancata costituzione del Comune intimato non consente una pronuncia sull’attribuzione delle spese di lite.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania (Sezione Ottava), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Nulla spese.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Napoli nella camera di consiglio del giorno 8 aprile 2015 con l'intervento dei magistrati:

Ferdinando Minichini, Presidente

Fabrizio D'Alessandri, Primo Referendario, Estensore

Rosalba Giansante, Primo Referendario

 

 

 

 

 

 

L'ESTENSORE

 

IL PRESIDENTE

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 02/07/2015

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)