Abbacinamento
per il quarto genetliaco del “decreto acque” :
il
D.Lgs. 11 maggio 1999, n° 152, finalmente compie 4 anni!!
di Silvano Di Rosa (*)
Consulente Legale Ambientale – esperto A.N.E.A.
Sommario:
– 1.
Premessa; – 2. L’ex Regime transitorio; – 3. Un salto
indietro di otto anni; – 4. Una ipotesi paradigmatica; – 5. La previsione di cui all’art. 62, comma 11, terzo periodo;
– 6. L’abbacinamento
di questi ultimi mesi; – 7.
Conclusioni.
1 – Premessa
Proprio oggi si festeggia il quarto compleanno
del “giovane”[1]
decreto legislativo 11 maggio 1999, n. 152; pubblicato sulla Gazzetta
Ufficiale del 29 maggio 1999, n. 124, (S.O.)
ed entrato in vigore il 13
giugno 1999. Gli addetti ai lavori, e
non soltanto loro, sanno bene come – ancora
infante – tale decreto sia
stato modificato ed integrato con il successivo D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 258;
ma tutto ciò, oramai, ha una ben scarsa rilevanza, in quanto: il
secondo decreto – sostanzialmente –
fa parte del primo, così che non ha alcun pregio continuare a mantenere un
distinguo che si rivelerebbe del tutto superfluo. Ne consegue che possiamo
tranquillamente riferirci, all’unisono,
al nostro “decreto acque 152/99”, inteso nel proprio testo coordinato
attualmente vigente.
2 – L’ex Regime transitorio
Da questo momento, pertanto, il famoso regime transitorio di cui all’art. 62 del decreto – con particolare ma non esclusivo riguardo ai commi 11 e 12 – finirà di essere al centro delle tante attenzioni e delle note dispute, sulle quali non abbiamo la minima intenzione di intrattenerci, perché già molto e bene è stato scritto al riguardo[2]; oltretutto, in tutta onestà, sarebbe oggi del tutto inutile farlo. A dire il vero la data che più ha generato contenziosi e polemiche è quella del 13 giugno dello scorso anno; perché il tema più dibattuto è stato certamente quello relativo alle previsioni di cui al primo[3] ed al secondo[4] periodo del comma 11 del precitato art. 62. La ricorrenza più attesa, quindi, era innegabilmente quella del terzo anniversario della entrata in vigore del decreto !
Non ce la sentiamo però di trascurare del tutto i successivi periodi: terzo[5]
e quarto[6]
dello stesso comma[7],
perché anch’essi portatori di novità; anzi – a
seconda dell’interprete di turno – vere fonti di fantasiose
elaborazioni. …Ma di questo vedremo poco appresso.
3 – Un salto indietro di otto anni
Facendo questa capriola acrobatica nel tempo (ogni tanto un salto indietro nel tempo serve a rinfrescare la memoria e mantenerla in forma) potremmo riuscire a trovarci – mesetto più, mesetto meno – al 17 maggio 1995 e leggere, sull’allora odierna gazzetta ufficiale, il testo del D.L. 17 marzo 1995, n. 79, coordinato con quello della specifica legge di conversione 17 maggio 1995, n. 172.
Già…! Ci riferiamo alla famosa legge 172/95! Si tratta di un pezzo, bello o brutto, di storia della normativa italiana, che non può essere trascurato; anche se “qualcuno” mostra di averlo fatto.
Per farla breve – senza bisogno di tornare nel passato ! – ci sembra il caso di rileggere tutti insieme il testo dell’art. 7 di tale legge[8]. Così facendo ci ricorderemo subito che:
1) Entro sei mesi, a far data dal 17 maggio 1995 (data di pubblicazione e contestuale entrata in vigore della legge di conversione del citato D.L.; per previsione espressa del proprio art. 9), le autorità competenti avrebbero dovuto provvedere al riesame delle autorizzazioni (tutte!!) allo scarico idrico (ex-legge 10.05.1976, n° 319); terminandolo, quindi, entro il 17 novembre 1995;
2) Tale riesame avrebbe dovuto riguardare prioritariamente le autorizzazioni provvisorie rilasciate, «in forma tacita», ai sensi dell'art. 15 della legge 10 maggio 1976, n. 319;
3) A partire dal 17 maggio 1995 le autorizzazioni allo scarico idrico dovevano essere rinnovate ogni quattro anni (e quindi, con tale cadenza, ne doveva essere richiesto il rinnovo da parte del soggetto interessato).
Si potrà anche discutere sul fatto che le autorità competenti abbiano realmente provveduto al citato riesame, e potremmo anche divertirci a cercare di acquisire dati concreti per verificare se l’abbiano fatto proprio entro la prevista data di scadenza del 17.11.1995. Potrebbe, altresì, essere interessante capire se tale riesame abbia effettivamente riguardato “prioritariamente” le autorizzazioni provvisorie rilasciate, «in forma tacita» (cioè non negate), ai sensi della legge Merli. Sappiamo bene, però, che rischieremmo di fare qualcosa di sterile. Una cosa, invece, è certamente utile e da sottolineare: a partire da quella data – indipendentemente da cosa abbiano fatto le autorità competenti – le autorizzazioni allo scarico idrico dovevano essere rinnovate ogni quattro anni.
Appare evidente che a questa nuova “scadenza”, fissata ex-lege, doveva attribuirsi un termine di decorrenza ………… e qui ci fermiamo, perché “alcuni” hanno interpretato la norma individuandolo nella stessa data del riesame; “altri” l’hanno interpretata – a vantaggio di una maggiore uniformità – nel senso di far decorrere il conteggio dei 4 anni a partire dal 17 maggio 1995[9] . In ogni caso, indipendentemente da quale ne fosse la decorrenza (quella ex-lege o quella fissata in sede di riesame), risultava chiaro che, nell’arco di circa 4 anni, ogni titolare di autorizzazione allo scarico (tacita od espressa) avrebbe dovuto richiederne il “rinnovo”. Che poi tale decorrenza fosse:
- prima ed entro il 17 maggio 1999 (per i casi di mancato riesame da parte delle autorità competenti),
- oppure prima ed entro il 17 novembre 1999 (per i casi di riesame condotto da parte delle autorità competenti entro il termine previsto),
- od anche prima ed entro una data successiva al 17 novembre 1999 (per i casi di riesame condotto da parte delle autorità competenti oltre il termine previsto),
la cosa non avrebbe apportato grandi cambiamenti, perché l’ultimo periodo dell’art. 7 (della sopramenzionata legge 172/95) non lasciava e non lascia spazio a troppe interpretazioni difformi: prima della scadenza di 4 anni occorreva richiedere il “rinnovo” dell’autorizzazione; pena il ritrovarsene sprovvisti.
Concludiamo, per questo argomento, precisando come, all’epoca, si parlasse correttamente di “rinnovo”, in quanto l’azienda – o comunque il soggetto – era già titolare di una autorizzazione (esplicita o tacita) richiesta e rilasciata (o non negata) ai sensi della sorpassata legge 10-05-1976, n° 319. Quindi: stessa legge, stessi criteri, stessi parametri, stessi obiettivi, ecc. ecc….tutto regolare!
4 – Una ipotesi paradigmatica
Per gli insediamenti titolari di autorizzazione tacita o, comunque, non divenuta oggetto di riesame – per inerzia delle competenti autorità o quant’altro – la decorrenza del termine quadriennale di validità rimaneva fissata, per legge, al 17 maggio 1995 con scadenza per il primo rinnovo al 17 maggio 1999.
Per le altre evenienze è forse preferibile fare alcuni esempi. Poniamo il caso, per mera ed astratta ipotesi, che un’azienda (all’epoca si chiamavano insediamenti produttivi!!), al termine del procedimento di riesame dell’autorizzazione avviato dalla p.a., fosse stata interessata da un provvedimento espresso emanato in data 10 ottobre 1995. Dal testo di tale provvedimento, ovviamente, avrebbe dovuto risultare una validità dell’autorizzazione pari a 4 anni, con decorrenza dalla data di rilascio, oppure a partire dal 17-05-95 (a seconda delle interpretazioni date). In ogni caso, il titolare dell’insediamento produttivo sapeva, e/o avrebbe dovuto sapere, che nel corso dell’anno 1999 – mese più mese meno – sarebbe stato, per lui, necessario richiedere il “rinnovo” dell’autorizzazione ai sensi della legge 10 maggio 1976, n. 319, così come perfezionata (riguardo alla durata delle autorizzazioni) dalla citata legge 172/95.
Se, invece, la decorrenza del termine quadriennale fosse stata indicata proprio nel 17 maggio 1995 (ma forse è un caso “limite”!!), il titolare dell’impresa (in ipotesi) avrebbe dovuto chiedere il “rinnovo” dell’autorizzazione (ex-legge 319/76), grosso modo, intorno ai primi giorni di aprile del 1999; questo al fine di avere la certezza di ottenere il rinnovo della stessa entro il fissato termine di scadenza. Nel caso la richiesta fosse stata inoltrata ad un’autorità competente piuttosto solerte, quell’insediamento, chiamiamolo “Alfa”, avrebbe avuto il rinnovo dell’autorizzazione ex-legge Merli – per altri 4 anni – a partire dalla metà di maggio 1999.
Nel caso in cui la stessa ditta “Alfa”, in sede di “riesame” della propria autorizzazione – verificatosi nell’ottobre del 1995 –, si fosse vista indicare (come nell’esempio sopra riportato) proprio il 10 ottobre 1995, quale termine di decorrenza del periodo quadriennale di validità, il titolare dell’insediamento, al momento dell’entrata in vigore del D.Lgs. 152/99, in tutta probabilità non avrebbe ancora provveduto a presentare la domanda di “rinnovo”, perché, in teoria, ci sarebbero stati ancora diversi mesi di tempo per poterlo fare. A quel punto però, con la pubblicazione del D.Lgs. 152/99, il titolare del citato insediamento non avrebbe più dovuto richiedere “quel rinnovo” della propria autorizzazione (ex-legge Merli) – in forza della previsione di cui all’art. 7 della legge 172/95 –, bensì avrebbe dovuto cominciare ad attenersi scrupolosamente a quanto previsto dal famoso regime transitorio del nuovo decreto: art. 62, comma 11, terzo periodo.
5 – La previsione di cui all’art. 62, comma 11, terzo periodo
La norma prevede che: «I
titolari degli scarichi esistenti e autorizzati procedono alla richiesta
di autorizzazione in conformità alla presente normativa allo
scadere dell'autorizzazione e comunque non
oltre quattro anni dall'entrata in vigore del presente decreto».
Da ciò emerge come tale norma:
a) sia rivolta, in maniera esplicita ed inequivocabile, ai titolari di scarichi idrici “esistenti” e già “autorizzati” ai sensi della legge 319/1976;
b) implichi l’obbligo, per tali titolari, di procedere alla “richiesta di autorizzazione” e non di rinnovo; in quanto, oltre all’indiscussa evidenza lessicale che caratterizza la proposizione in esame, sarebbe comunque stato – ed è ancora oggi – impensabile concepire l’effettuazione del rinnovo di una “vecchia” autorizzazione – rilasciata secondo i criteri, i principi e le finalità di cui alla legge 319/76 – in base ai criteri del nuovo decreto legislativo del 1999 – notoriamente caratterizzato da scopi, principi e le finalità molto diversi rispetto a quelli della legge Merli – (qualcuno potrebbe dire: vino nuovo in otri nuovi!)
c) precisi che trattasi di una richiesta di autorizzazione “in conformità alla presente normativa”, e cioè in conformità al decreto 152/99;
d) confermi, e dia per scontato, come l’autorizzazione (tacita o espressa) di cui si era titolari – in forza della normativa precedente – “avesse per forza una scadenza” (appunto: « allo scadere dell'autorizzazione » fissato dalla legge 172/95); scadenza oltre la quale avrebbe perso di validità.
e) stabilisca che la richiesta di (nuova !!!) autorizzazione debba essere effettuata – ai sensi e per gli effetti di cui al decreto legislativo 152/99 – proprio in prossimità della scadenza (…allo scadere…) della vecchia autorizzazione ex-legge Merli; chiarendo – una volta per tutte ed in maniera inequivocabile – la differenza esistente fra la richiesta del “rinnovo” di cui all’art. 45, comma 7[10], del D.Lgs. 152/99 (stabilita, in maniera tanto precisa quanto assurda, in “un anno” prima della scadenza dell’autorizzazione ex DLgs 152/99) e la richiesta di “nuova autorizzazione” di cui all’art. 62, comma 11, terzo periodo, del D.Lgs. 152/99 (da effettuarsi allo scadere della validità della precedente autorizzazione ex-legge 10.05.1976 n. 319)
f) preveda che, in ogni caso, la richiesta di (nuova !!!) autorizzazione debba essere comunque effettuata non oltre quattro anni dal 13 giugno 1999 (cioè dall’entrata in vigore del decreto legislativo di cui trattasi); così che – scomodando nuovamente la nostra ditta “Alfa” (di cui alla precedente sezione 4) – nel caso in cui l’azienda si fosse vista indicare (come predetto) la data del 10 ottobre 1995, come termine di decorrenza del periodo quadriennale di validità della propria (vecchia) autorizzazione ex-legge Merli, il suo titolare non poteva e non doveva attendere l’ottobre del 2003 per richiedere la (nuova !!!) autorizzazione ai sensi del decreto vigente: doveva e/o avrebbe dovuto richiederla entro oggi: 13 giugno 2003!!!
Riguardo al quarto periodo[11] del comma 11 del citato art. 62, non c’è molto da dire, se non che – con il proprio rimando al terzo e quarto periodo del comma 7, dell’art. 45 del decreto de quo – vi si ritrova un’ulteriore conferma del necessario distinguo fra il rinnovo dell’autorizzazione (già rilasciata ai sensi e per gli effetti del D.Lgs. 152/99) di cui all’art. 45.7[12] – che implica la possibilità (salvo la presenza di sostanze pericolose) di mantenere in funzione lo scarico: nel rispetto delle prescrizioni contenute nella precedente autorizzazione, fino all'adozione di un nuovo provvedimento, e se la domanda di rinnovo è stata tempestivamente presentata con un anno di anticipo rispetto alla scadenza prevista – e la richiesta di (nuova) autorizzazione allo scarico di cui all’art. 62.11, terzo periodo – in cui, quantomeno in maniera esplicita, non è prevista la possibilità di mantenere lo scarico (per quanto parrebbe assurdo il contrario!!) –.
6 – L’abbacinamento di questi ultimi mesi
Preme sottolineare come, da alcuni mesi – in più e varie occasioni, da parte di alcuni invece che altri soggetti – risulta essere stata promossa una sorta di «propaganda composita», tesa ad mettere in risalto (forse eccessivo) l’importanza della data del 13 giugno 2003; “campagna pubblicitaria” – chiamiamola così! – che, ad avviso di chi scrive, ha rischiato – per alcuni aspetti – di confonderle le idee, piuttosto che chiarirle!
Le aziende, in alcuni “casi limite”:
- si sono sentite rammentare la prossimità del termine del “13 giugno 2003” per il rinnovo (sic!!) dell’autorizzazione allo scarico (ad esempio) di acque reflue industriali;
- hanno preso atto che tutti gli scarichi idrici, di qualunque tipo essi siano (in acque superficiali o in pubblica fognatura), devono essere autorizzati (e questo, invece, non sembra del tutto corrispondente al vero; dal momento in cui – a titolo di meri esempi – lo scarico di acque reflue domestiche in pubblica fognatura è sempre ammesso[13], che le acque meteoriche “non disciplinate ai sensi del comma 1 dell’art. 39 del decreto in esame” non sono soggette a vincoli o prescrizioni derivanti dal decreto stesso[14], e che anche lo scarico di acque reflue domestiche al di fuori della pubblica fognatura non è affatto dato per scontato sia necessariamente sottoposto ad autorizzazione, stante la dizione con cui termina il settimo comma dell’ art. 45 del decreto: «…, ove soggetti ad autorizzazione,...»[15]);
- hanno appreso che la disciplina del decreto 152/99 non regolamenta soltanto le richieste di nuova autorizzazione, ma anche le richieste di rinnovo (un altro sic!!) di quelle esistenti;
- sono state edotte sul fatto che gli impianti già in esercizio ed autorizzati alla data del 13 giugno 1999 avrebbero dovuto chiedere il rinnovo (ancora sic!!) dell’autorizzazione già posseduta, secondo le nuove procedure, allo scadere di quest’ultima e comunque dovranno farlo entro e non oltre il 13 giugno 2003 (trascurando – viceversa e purtroppo – che se è stata superata la data di scadenza della precedente autorizzazione, la previsione dell’ulteriore termine del 13 giugno 2003 non avrebbe apportato alcun beneficio al malcapitato, in quanto trattasi di termine non costitutivo di ulteriore “ancora di salvezza”, essendo stato posto al solo fine di ridurre i periodi di validità “troppo ampi” eventualmente derivanti dal riesame ex-legge 172/95 delle autorizzazioni; quindi nessuna legittima deroga alla scadenza naturale prevista per la vecchia autorizzazione);
- possono aver creduto che c’era tempo fino al 13 giugno 2003 per richiedere l’autorizzazione allo scarico (senza ulteriori e più adeguate precisazioni);
ed altre e più fantasiose ipotesi (veri abbacinamenti da “calura estiva”) su cui si ravvisa la necessità di stendere un velo pietoso.
Il mondo è bello perché è vario; in democrazia c’è libertà di espressione ed ognuno può, nel rispetto dei diritti altri, esternare le proprie affermazioni; nessuno può dire di avere la verità in tasca. Queste sono tutte affermazioni sacrosante! Ma a volte bisognerebbe stare un po’ attenti ai suggerimenti che si danno, soprattutto quando corrono il rischio di illudere gli ascoltatori; i quali, nel caso in cui rimangano soltanto degli illusi: poco male; il problema, viceversa, si presenta nel caso in cui, oltre ad essersi illusi si ritrovano anche sanzionati, senza neppure aspettarselo.
7 – Conclusioni
Per quanto predetto, si può ribadire: þ - che la richiesta di cui all’art. 62, comma 11 terzo periodo, del D.Lgs. 152/99 è una richiesta di (nuova) autorizzazione e non una richiesta di rinnovo (della vecchia autorizzazione ex-legge Merli); þ - che la data del 13 giugno 2003 – a differenza della corrispondente data dell’anno prima – costituisce solo e soltanto un termine fissato (ex-lege) per “ridurre” la durata di quelle autorizzazioni (“rinnovate” o “rilasciate” espressamente ai sensi della precedente legge 319/76) aventi scadenza quadriennale “esplicita” che – se rinnovate per tempo nell’anno 1999 – sarebbe andata a cadere in data successiva al 13.06.2003; þ - che le autorizzazioni (ex-legge Merli) riesaminate e dotate di termine quadriennale di scadenza decorrente dal 13 giugno 1995 o da data “precedente” (quindi nel periodo intercorrente fra il 17-05-1995 ed il 12-06-1995), scadevano prima del 13 giugno 1999 e, conseguentemente – ma a condizione che siano state ulteriormente rinnovate per tempo nel corso del 1999 –, prima del 13 giugno 2003, implicando ciò la necessaria richiesta di una nuova autorizzazione (ex-decreto acque) “allo scadere” di quella vecchia (e non al 13 giugno 2003); þ - che tutte le altre autorizzazioni (parliamo sempre di quelle “vecchie”: rilasciate, espressamente oppure anche tacitamente, ai sensi della legge 319/76) non riesaminate ai sensi della legge 172/95 – vuoi per inerzia delle autorità competenti, vuoi per trascuratezza delle aziende – andavano a scadere, ex-lege, il 17 maggio 1999 e, conseguentemente – ma, lo ribadiamo, solo e soltanto se ulteriormente rinnovate per tempo nel corso del 1999 – il 17 maggio 2003; tanto che la richiesta di una nuova autorizzazione (ex-decreto acque), in tal caso, doveva essere presentata entro quest’ultima data (e non entro il 13.06.2003).
Niente di più, niente di meno!!
S.E.O.O.
(*) Dottore in giurisprudenza
Consulente legale ambientale
membro A.N.E.A. n°
335
Le autorizzazioni devono essere rinnovate ogni quattro anni. »
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