T.A.R. Umbria Sez. I n. 126 del 5 maggio 2011
Acque. Servizio idrico integrato

La normativa statale in materia di servizio idrico integrato è volta a garantire un unico metodo tariffario applicabile su tutto il territorio nazionale, a tutela della concorrenza e della parità di trattamento tra gli utenti del servizio idrico integrato.

 

 

N. 00126/2011 REG.PROV.COLL.
N. 00161/2010 REG.RIC.



REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO


Il Tribunale Amministrativo Regionale per l' Umbria

(Sezione Prima)


ha pronunciato la presente


SENTENZA


sul ricorso numero di registro generale 161 del 2010, integrato da motivi aggiunti, proposto da:
Ambito Territoriale Integrato 4 Umbria, rappresentato e difeso dagli avv.ti Valerio Menaldi ed Alarico Mariani Marini, con domicilio eletto presso Alarico Mariani Marini in Perugia, via Mario Angeloni, 80/B;


contro


Commissione Nazionale per la Vigilanza sulle Risorse Idriche e Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato, anche domiciliataria per legge in Perugia, via degli Offici, 14;

per l'annullamento

* ricorso introduttivo:

- della delibera n. 22 in data 2 febbraio 2010, con la quale Conviri ha approvato la “Relazione di valutazione sul Piano d’ambito dell’AATO Umbria 2 (ora ATI 4 Umbria)” n. 4405/2010 del 1° febbraio 2010;

- della “Relazione di valutazione sul Piano d’Ambito dell’AATO Umbria 2 (ora ATI 4 Umbria)", prot. n. 4405/2010 del 1° febbraio 2010;

- in parte qua, del D.M. 1 agosto 1996 recante “Metodo Normalizzato per definire le componenti di costo e la determinazione della tariffa di riferimento del servizio idrico integrato”, laddove considerato atto presupposto;

- di ogni altro atto presupposto, connesso e/o consequenziale;

** ricorso per motivi aggiunti:

- della delibera n. 32 in data 23 giugno 2010, con la quale Conviri ha convalidato la delibera n. 22/2010;


Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 23 febbraio 2011 il dott. Pierfrancesco Ungari e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO


1. La controversia in esame concerne i contenuti del Piano d’Ambito predisposto per la gestione del servizio idrico integrato, nel triennio 2009-2011, dall’Ambito Territoriale Integrato – ATI, n. 4 (già Ambito Territoriale Ottimale – ATO, n. 2) dell’Umbria (d’ora in poi: ATI), che comprende il territorio dei Comuni della Provincia di Terni.

2. Può non essere superfluo ricordare, in estrema sintesi, che, a partire dalla legge 36/1994 (c.d. legge Galli), oggi sostituita dal d.lgs. 152/2006 (c.d. codice dell’ambiente), nell’ordinamento italiano è stato introdotto il servizio idrico integrato, quale sistema di gestione - secondo principi di efficienza, efficacia ed economicità - dei segmenti di servizio riferiti all’adduzione, captazione, distribuzione di acqua ad usi civili, fognatura e depurazione delle acque reflue (articolo 141 del d.lgs. 152/2006).

2.1. L’organizzazione di detto servizio pubblico è rimessa alla competenza degli enti locali, che provvedono, nelle forme di Autorità di Ambito (come oggi previsto dall’articolo 148), a svolgere le funzioni di scelta della forma di gestione, di determinazione e modulazione delle tariffe all’utenza, di affidamento del servizio e relativo controllo (articolo 142); lo strumento per la programmazione del servizio è il Piano d’Ambito, costituito dalla ricognizione delle infrastrutture, dalla ricognizione degli interventi, dal modello gestionale organizzativo e dal piano economico-finanziario (articolo 149).

2.2. La gestione del servizio si basa sulla tariffa, stabilita in applicazione del “Metodo Normalizzato per la definizione delle componenti di costo e la determinazione della tariffa di riferimento del servizio idrico integrato”, di cui al d.m. 1 agosto 1996, emanato in attuazione dell’articolo 13 della legge 36/1994 (d’ora in poi: Metodo), che continua ad applicarsi in base all’articolo 170, comma 3, lettera l), del d.lgs. 152/2006 (nelle more dell’emanazione, ai sensi dell’articolo 154, comma 2, di un nuovo regolamento in materia).

La normativa statale è volta a garantire un unico metodo tariffario applicabile su tutto il territorio nazionale, a tutela della concorrenza e della parità di trattamento tra gli utenti del servizio idrico integrato.

2.3. Al fine di garantire l'osservanza dei principi che regolano il servizio idrico integrato, con particolare riferimento alla determinazione ed all’adeguamento delle tariffe, nonché alla tutela dell'interesse degli utenti, è istituita la Commissione nazionale per la vigilanza sulle risorse idriche (articolo 161). La Commissione (d’ora in poi: Conviri), in particolare - per quanto interessa la controversia in esame : verifica la corretta redazione del piano d'ambito, esprimendo osservazioni, rilievi e prescrizioni sugli elementi tecnici ed economici e sulla necessità di modificare le clausole contrattuali e gli atti che regolano il rapporto tra le Autorità d'ambito e i gestori, in particolare quando ciò sia richiesto dalle ragionevoli esigenze degli utenti (comma 2, lettera b), ed emana direttive per la trasparenza della contabilità delle gestioni e valuta i costi delle singole prestazioni (lettera d).

3. Nell’ATI, odierno ricorrente, il servizio è affidato per trent’anni alla concessionaria S.I.I. Servizio Idrico Integrato S.c.p.a. (d’ora in poi: SII), in base alla Convenzione in data 28 dicembre 2001, modificata dalla deliberazione dell’Assemblea dei Rappresentanti n. 8 in data 2 luglio 2007.

SII è partecipata per il 51% dai Comuni dell’ATI, per il 18% dall’ASM di Terni S.p.a., per il 6% dall’AMAN S.p.a. (ex Consorzio Idrico dell’Amerino) e per il restante 25% dal partner privato Umbriadue Servizi Idrici S.r.l.

3.1. Il Piano d’Ambito dell’ATI è stato approvato con deliberazione n. 2 in data 14 marzo 2003 ed è stato sottoposto al controllo della Conviri.

La prima revisione ordinaria del Piano relativo al triennio 2006-2008 e riferito ai risultati gestionali del triennio 2003-2005, è stata approvata dall’ATI con delibera n. 14 in data 17 aprile 2007. La Conviri non ha espresso in tale occasione (almeno, per quanto interessa gli aspetti che hanno originato la controversia in esame) particolari rilievi o prescrizioni.

3.2. La seconda revisione ordinaria del Piano relativo al triennio 2009-2011 e riferito al periodo gestionale 2006-2008, è stata approvata dall’ATI con deliberazione n. 6 in data 2 aprile 2009. Su di essa, la Conviri ha chiesto, con nota prot. 3417/RP in data 29 luglio 2009, integrazioni documentali e chiarimenti, trasmessi dall’ATI con nota prot. 1997/09 in data 18 dicembre 2009.

Riguardo a detta seconda revisione la Conviri, con deliberazione n. 22 in data 2 febbraio 2010, ha approvato la Relazione di valutazione del Piano n. 4405/2010 in data 1 febbraio 2010, formulando tuttavia una serie di osservazioni critiche e prescrizioni.

4. L’ATI ritiene dette prescrizioni illegittime e, con il ricorso introduttivo, ha impugnato la deliberazione n. 22/2010, deducendo articolate censure.

Occorre precisare che l’ATI non mette in discussione (tranne che per ciò che concerne l’incompleto funzionamento del sistema informativo – cfr. infra, punto 9.2.11.) la sussistenza del potere della Conviri di incidere sugli aspetti/elementi del Piano oggetto delle prescrizioni, o la portata cogente di dette prescrizioni; di modo che, ai fini della presente decisione, non rileva (se non, appunto, limitatamente alla prescrizione riguardante il sistema informativo) il richiamo, operato dall’ATI nella memoria conclusiva, a quanto affermato al riguardo da una recente pronuncia (TAR Toscana, II, 23 dicembre 2010, n. 6863).

5. La Conviri, considerato che la predetta deliberazione era stata assunta dall’organo collegiale in una composizione (d.m. 24 settembre 2009) nella quale non figurava, in violazione della legge 77/2009, alcun rappresentante del genere femminile, e che in pendenza del giudizio erano stati nominati (d.m. n. 99 in data 18 giugno 2010) i componenti designati dalla Conferenza dei presidenti delle regioni e province autonome (tra i quali, una donna), con deliberazione n. 32 in data 23 giugno 2010 ha convalidato la deliberazione n. 22/2010.

6. Con ricorso per motivi aggiunti, che riproducono le censure già prospettate, l’ATI ha esteso l’impugnazione al provvedimento di convalida n. 32/2010.

7. Si è costituito in giudizio per il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare (presso il quale opera la Conviri) l’Avvocatura dello Stato, ed ha controdedotto puntualmente.

8. Vanno anzitutto disattese le eccezioni preliminari sollevate dall’Amministrazione.

L’impugnazione, nella parte rivolta direttamente nei confronti del d.m. 1 agosto 1996 (pubblicato nella G.U. del 16 ottobre 1996), non è tardiva, in quanto le censure dedotte (come appresso esposto) concernono le interpretazioni date al Metodo dalla Conviri mediante il provvedimento applicativo impugnato, e quindi il Metodo ha manifestato la sua concreta lesività soltanto in occasione dell’atto applicativo.

Né l’impugnazione del Metodo deve ritenersi inammissibile a causa dell’omessa notificazione del ricorso al Ministero dei lavori pubblici. Infatti, le funzioni in materia di “tutela delle risorse idriche e relativa gestione” sono state attribuite al Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio dall’articolo 35 del d.lgs. 300/1999 (oggi, l’articolo 161, comma 4, lettera a), del d.lgs. 152/2006, considera specificamente quella di adottare il metodo tariffario per il s.i.i.), e con esse la legittimazione passiva nei riguardi degli atti e regolamenti precedentemente adottati in materia dal Ministero dei lavori pubblici.

9. Ciò premesso, il Collegio esamina le singole censure prospettate dall’ATI.

9.1. L’ATI lamenta, in generale, che la Conviri, nella sua attività di vigilanza e controllo sulla corretta redazione del Piano, non abbia proceduto a richiedere ulteriormente chiarimenti ed integrazioni documentali in ordine agli aspetti che riteneva non sufficientemente approfonditi in esito alla prima richiesta istruttoria, ed abbia quindi concluso intempestivamente il procedimento sulla base di un’istruttoria ancora carente.

Il Collegio osserva tuttavia che la richiesta di chiarimenti (nel caso in esame, come esposto, utilmente effettuata) è rimessa alla discrezionalità dell’Amministrazione, ma non si traduce in un obbligo procedimentale la cui violazione sia di per sé censurabile; ciò che rileva è l’obbligo di esternare una motivazione adeguata, la cui mancanza può viziare il provvedimento (anche) sotto i profili del difetto di motivazione e del difetto di istruttoria.

9.2. Soprattutto, contesta le singole prescrizioni, con argomentazioni che vengono di seguito esaminate (seguendo l’ordine di elencazione seguito nel provvedimento e nel ricorso).

9.2.1. Conviri prescrive di eliminare dai costi operativi inseriti in tariffa i canoni corrisposti per l’uso dei beni di proprietà dei Comuni compresi nell’ATI.

A detta della Conviri, la previsione di canoni di concessione non sarebbe ammissibile in quanto l’articolo 153 del d.lgs. 152/2006 prevede la gratuità dell’uso dei beni in questione; e comunque la considerazione di detti canoni era illegittima anche prima dell’entrata in vigore della disposizione, non rientrando tra le voci di costo (tassativamente) elencate nel Metodo (punto 3.1.).

L’ATI ricorrente, al contrario, sostiene che:

- l’articolo 12, comma 1, della legge 36/1994, nello stabilire, “salvo diverse disposizioni della convenzione”, l’affidamento in concessione al gestore del servizio idrico integrato degli impianti di proprietà degli enti locali, non disponeva nulla riguardo alla corrispettività di detta concessione; e comunque, anche a voler ritenere che la disposizione sottintendesse una presunzione di gratuità della concessione, essa faceva salva una diversa pattuizione convenzionale;

- l’articolo 7 della l.r. 43/1997, stabilisce che “Il bilancio dell’Autorità di ambito, in coerenza con gli strumenti di programmazione del servizio idrico integrato (…) determina la quota delle entrate derivante dal canone di concessione del servizio idrico integrato. Il canone costituisce una componente ai fini della determinazione della tariffa applicata e riscossa dal gestore (…)” – comma 6. “La convenzione (…) regola le modalità di versamento da parte del soggetto gestore del canone di concessione d’uso per le dotazioni affidategli” – comma 7;

- in dichiarata applicazione di dette disposizioni regionali, la Convenzione in essere tra ATI e SII prevede (articolo 10) che “Per l’uso delle dotazioni affidategli, il Gestore è tenuto a versare annualmente all’Autorità il canone che la stessa stabilirà. Del suddetto canone si tiene conto nella determinazione della tariffa”; ed il relativo Disciplinare stabilisce (articolo 3) che “A compenso della concessione in uso delle dotazioni e attività (…) il Gestore verserà all’Autorità per ogni anno di esercizio la somma stabilita da apposita deliberazione della stessa Autorità da corrispondere in due rate di pari importo entro il mese di gennaio e di luglio di ciascun anno. Il canone sarà aggiornato all’inizio di ogni triennio”;

- le predette previsioni sull’onerosità della concessione sopravvivono all’articolo 153 del d.lgs. 152/2006, come interpretato (nel senso della non retroattività del principio di gratuità della concessione) dalla sentenza della Corte Costituzionale 24 luglio 2009, n. 246.

Tale ricostruzione della disciplina sembra al Collegio condivisibile.

Il Collegio osserva che le disposizioni della l.r. 43/1997, ove discordanti da quelle del d.lgs. 152/2006, devono considerarsi abrogate per incompatibilità con la normativa statale sopravvenuta in materia riservata alla potestà legislativa statale (cfr. articolo 1, comma 2, legge 131/2003). E che, secondo l’articolo 153, comma 1, del d.lgs. 152/2006, “Le infrastrutture idriche di proprietà degli enti locali ai sensi dell’articolo 143 sono affidate in concessione d’uso gratuita, per tutta la durata della gestione, al gestore del servizio idrico integrato, il quale ne assume i relativi oneri nei termini previsti dalla convenzione e dal relativo disciplinare”.

Tuttavia, la Corte Costituzionale, con la sentenza n. 246/2009, proprio per respingere una censura di incostituzionalità della retroattività della gratuità della concessione rispetto agli affidamenti già in essere, ha precisato che la norma “si applica alle concessioni nuove o rinnovate e non a quelle già in essere; si applica cioè ai soli “nuovi affidamenti” regolati dal comma 2 dell’articolo 172”. Detta disposizione richiede alle Autorità d’ambito di disporre i nuovi affidamenti a partire dalla scadenza del termine di cui all’articolo 113, comma 15-bis, del d.lgs. 267/2000. A sua volta, quest’ultima disposizione, nel sottoporre a termine fisso di scadenza “le concessioni rilasciate con procedure diverse dall’evidenza pubblica”, esclude dalla cessazione (anticipata) “le concessioni affidate a società a capitale misto pubblico privato nelle quali il socio privato sia stato scelto mediante procedure ad evidenza pubblica che abbiano dato garanzia di rispetto delle norme interne e comunitarie in materia di concorrenza (…)”. Ora, sembra non controverso che la concessione a SII rientri in detta ultima ipotesi; e che, pertanto, al servizio in corso non si applichi il principio della gratuità sancito dall’articolo 153, ma possano continuare ad applicarsi le pattuizioni convenzionali stabilite sulla base della normativa previgente. D’altra parte, riguardo all’incidenza sostanziale del principio, l’ATI sottolinea che gli enti locali, sulla base delle previsioni della legge regionale, hanno assunto impegni vincolanti per l’intera durata della Convenzione, e con il canone di concessione coprono il rateo annuo del mutuo acceso per capitalizzare la società (concessionaria) cui partecipano.

Quanto all’altro profilo di non ammissibilità della voce di costo invocato dalla Conviri, non sembra escluso che i canoni in questione vengano ricondotti alla voce “Costi per godimento di beni di terzi”, essendo i Comuni proprietari dei beni soggetti “terzi” rispetto all’ATI che contribuiscono a comporre.

Non è condivisibile che l’insieme dei rapporti si risolverebbe così in danno degli utenti, costretti a subire una sorta di doppia imposizione: i Comuni danno in concessione i propri impianti alla SII di cui (insieme al socio tecnico di minoranza, individuato in esito a procedura ad evidenza pubblica) fanno parte, percependo i relativi canoni ed includendoli nei costi della SII ai fini della determinazione della tariffa, così (sostiene la difesa della Conviri) da far pagare agli utenti del servizio idrico l’utilizzo di beni che sono già loro in quanto cittadini dei Comuni stessi. Sembra infatti distinta la posizione dei Comuni, da un lato quali concessionari degli impianti e percettori dei relativi canoni dal SII, e quali partecipanti al SII (e quindi, a seconda dell’andamento della gestione del servizio, pro-quota beneficiari di profitti oppure tenuti al ripianamento delle perdite), dall’altro, componenti dell’ATI competente a determinare, nel rispetto dei limiti normativi, la tariffa del servizio applicabile da parte del SII; nel primo caso, l’attività e le scelte dei Comuni incidono sulla situazione dei cittadini (nonché contribuenti ed elettori), nel secondo su quella degli utenti del servizio (che, anche se di regola coincide con la prima, è però eventuale e comunque assume rilevanza in relazione ai comportamenti – consumi - individuali). Per evitare che i Comuni (e quindi tutti i cittadini che necessariamente ne fanno parte) beneficino degli effetti di costi impropri o eccessivi posti a carico degli utenti, la normativa prevede un sistema di calcolo della tariffa, ma non arriva (non arrivava, prima dell’introduzione del principio di gratuità di cui all’articolo 153, comma 1) a stabilire che i Comuni (tutti i cittadini) dovessero concedere gratuitamente i beni per un servizio da svolgere a beneficio degli utenti.

La difesa della Conviri sottolinea anche che la Corte Costituzionale ha affermato la tassatività delle componenti di costo considerate dal Metodo (sentenza 4 febbraio 2010, n. 29, con cui è stata dichiarata l’illegittimità costituzionale, per contrasto con l’articolo 117, secondo comma, Cost., di disposizioni regionali dell’Emilia Romagna che, ai fini del calcolo della tariffa, prevedevano una specifica componente di costo che prescindeva da quanto stabilito dal regolamento statale). Nel caso in esame, tuttavia, non si tratta di dare rilevanza ad una previsione regionale preesistente alla modifica del Titolo V e contrastante con il Metodo, bensì di interpretare la portata precettiva della stessa disposizione statale.

La censura si dimostra perciò fondata.

9.2.2. Conviri prescrive di eliminare le spese di funzionamento dell’ATI ricomprese nel canone di concessione per l’uso dei beni dei Comuni, in quanto non ammissibili ai sensi dell’articolo 148 del d.lgs. 152/2006. Infatti, il Piano (pag. 57) comprende le spese di funzionamento dell’ATI nel canone di concessione per l’uso dei beni degli enti locali.

L’ATI ricorrente invoca l’articolo 7, comma 6, della l.r. 43/1997, che, a suo dire, consentirebbe che una quota del canone di concessione vada a coprire le spese di funzionamento dell’ATI.

Il Collegio osserva però che la disposizione (a proposito della quale, peraltro, valgono le considerazioni suesposte circa la prevalenza della normativa statale sopravvenuta in materia) prevede la determinazione della quota di entrate derivante dal canone di concessione, non anche che le spese di funzionamento vengano coperte da detta componente attiva del bilancio. Inoltre:

- secondo l’articolo 148, comma 4, del d.lgs. 152/2006, “I costi di funzionamento della struttura operativa dell’Autorità d’ambito, determinati annualmente, fanno carico agli enti locali ricadenti nell’ambito territoriale ottimale, in base alle quote di partecipazione di ciascuno di essi all’Autorità d’ambito”;

- secondo l’articolo 154, comma 1, “La tariffa costituisce il corrispettivo del servizio idrico integrato ed è determinata tenendo conto della qualità della risorsa idrica e del servizio fornito, delle opere e degli adeguamenti necessari, dell'entità dei costi di gestione delle opere, dell'adeguatezza della remunerazione del capitale investito e dei costi di gestione delle aree di salvaguardia, nonché di una quota parte dei costi di funzionamento dell'Autorità d'ambito, in modo che sia assicurata la copertura integrale dei costi di investimento e di esercizio secondo il principio del recupero dei costi e secondo il principio "chi inquina paga". Tutte le quote della tariffa del servizio idrico integrato hanno natura di corrispettivo”.

Dunque - a meno di non ritenere che le due previsioni siano in conflitto – deve concludersi che una quota dei costi di funzionamento può gravare sulla tariffa del servizio, mentre quelli relativi alla “struttura operativa” rimangono a carico degli enti locali.

L’ATI ricorrente richiama la deliberazione della Conviri n. 13/2009, in cui viene precisato che restano a carico degli enti locali (articolo 2) “le spese di funzionamento della struttura operativa dell’ATO” da individuarsi in “quelle complessive per il personale, le spese legali, la sede, il mobilio, la cancelleria, l’attrezzatura informatica e tecnica di vario genere, il materiale informativo ed altre spese generali riconducibili alla struttura operativa medesima” (mentre la tariffa potrebbe coprire “ogni altra spesa, non di struttura, relativa al funzionamento del consiglio di amministrazione, dell’assemblea dei soci e di altri eventuali organi”).

Appare quindi convincente il rilievo dell’ATI, secondo il quale la Conviri avrebbe dovuto chiedere una indicazione analitica e considerare distintamente le voci di costo comprese nelle spese di funzionamento, e non limitarsi a prescriverne semplicemente l’integrale esclusione.

Ne discende la illegittimità (per insufficiente motivazione) della prescrizione in esame.

Può aggiungersi che l’ATI sostiene pure che, comunque, essendo legittima la previsione del canone di concessione d’uso delle dotazioni tra i costi operativi rilevanti ai fini della determinazione della tariffa (al riguardo, si veda il punto precedente), non assumerebbe rilievo alcuno la destinazione contabile che l’ATI attribuisce a tale somma, poiché l’entità del canone resterebbe il medesimo. Il Collegio sottolinea, in contrario, che tale approccio implica la disapplicazione dell’articolo 148, comma 4.

9.2.3. Conviri prescrive di eliminare la voce “perdite su crediti”, in quanto non ammissibile in base al punto 3.1. del Metodo.

L’ATI si limita al riguardo a sottolineare che tale voce non concorre, in concreto, a determinare i costi operativi rilevanti ai fini della tariffa, posto che il piano economico finanziario, in corrispondenza della voce “perdite su crediti” è sempre pari a zero; traendone la conseguenza che la prescrizione sarebbe viziata da difetto di istruttoria e travisamento dei fatti.

Sembra al Collegio che la prescrizione assuma rilievo come affermazione di principio, a prescindere dalle attuali implicazioni concrete. La stessa difesa dell’Amministrazione precisa che il principio è stato affermato “onde evitare che si creasse nel gestore l’erronea aspettativa del riconoscimento della perdita all’eventuale manifestarsi della stessa”.

Ciò stante, la censura risulta inammissibile per mancanza di un interesse attuale all’annullamento della prescrizione (in quanto avente significato di monito, il cui contenuto potrà essere censurato in futuro, qualora venisse riproposto sotto forma di rilievo concretamente cogente).

9.2.4. Conviri prescrive di applicare il tasso di inflazione programmata alla TRM (Tariffa Reale Media, derivante dal rapporto tra “Totale costi a tariffa” e “Mc erogati”) e non anche alle voci di costo che concorrono a determinare il primo elemento (costi operativi, ammortamenti, remunerazione o rendimento del capitale investito, miglioramento dell’efficienza, etc.), in quanto è così previsto dal Metodo al fine di evitare una doppia rivalutazione.

Conviri sostiene infatti che il Piano contenga una doppia applicazione del tasso di inflazione programmata.

L’ATI eccepisce che il rilievo è frutto di difetto di istruttoria e travisamento, posto che, applicato il tasso di inflazione alle prime tre voci di costo (costi operativi, ammortamenti, remunerazione o rendimento del capitale investito), la TRM non è stata poi sottoposta ad ulteriore rivalutazione; ed evidenzia, a supporto di ciò, i dati risultanti dalle tabelle relative al Piano Tariffario allegato al Piano d’Ambito.

Il Collegio, anche in assenza di specifiche controdeduzioni sul punto (in sostanza, sembra che anche la difesa dell’Amministrazione ribadisca esservi stata una doppia rivalutazione, unicamente dalla definizione della “Tariffa applicata” contenuta nella tabella riassuntiva), ritiene fondate le censure dedotte.

9.2.5. Conviri prescrive di scomputare dai costi operativi, i costi o i ricavi relativi ad attività non regolate svolte dal gestore con l’utilizzo di beni e mezzi strumentali al S.I.I., al fine di evitare che il servizio idrico integrato vada a sussidiare altre attività del gestore.

L’ATI ricorrente sostiene che ciò non è avvenuto, e che del resto il provvedimento impugnato non indica in quali parti del Piano e da quali voci si possa evincere quanto affermato dalla Conviri.

In particolare, sottolinea che il Piano (part. pag. 59, che si riferisce alle Tabelle economico finanziarie dell’Allegato 1)) ha considerato i ricavi extratariffari a meri fini di “simulazione”, ossia per verificarne la maggiore sostenibilità e valutarne la bancabilità, essendo peraltro evidente come detti ricavi (il cui reperimento è un compito esclusivo del Gestore) non siano stati considerati ai fini del calcolo della tariffa applicabile.

Del resto, anche la difesa dell’Amministrazione si limita a ribadire il (condivisibile) principio secondo il quale, per evitare che il gestore operante in regime di monopolio naturale utilizzi beni del S.I.I. per svolgere attività extratariffarie che generano ricavi, occorre istituire una contabilità separata o decurtare detti ricavi dai costi operativi imputati a tariffa.

Ciò stante, devono ritenersi fondate le censure di travisamento dei fatti e difetto di motivazione.

9.2.6. Conviri prescrive di procedere alla revisione triennale verificando il miglioramento di efficienza, la corrispondenza della tariffa media rispetto alla tariffa articolata, il raggiungimento dei traguardi di servizio ovvero l’effettuazione degli investimenti.

L’ATI ricorrente lamenta che si tratti di prescrizioni che indicano adempimenti, sì doverosi, ma già realizzati, e che pertanto, atteggiandosi a monito, non è in grado di comprenderne il contenuto e le ragioni.

Sottolinea, in particolare, di aver adeguatamente verificato il miglioramento di efficienza (pagg. 48-50 della Relazione), la corrispondenza tra la tariffa media e quella articolata, nonché il livello di servizio e gli investimenti effettuati.

Precisa che il Piano prevede, a partire dal 2009, l’adozione della tariffa di riferimento che è inferiore alla tariffa reale media (quella derivante dal piano economico finanziario), in considerazione del piano degli investimenti e dei livelli di servizio previsti, e che tiene conto dello scostamento complessivo verificatosi nel periodo precedente; nella determinazione del disequilibrio complessivo, il Piano valuta lo scostamento dalle previsioni del piano economico finanziario in termini di investimenti, di costi operativi e di ricavi tariffati.

In corso di causa, l’Amministrazione ha chiarito di aver inteso richiedere all’ATI quanto previsto dall’articolo 8, lettera h), del Metodo; e che, pur a seguito della richiesta di chiarimenti in tal senso, di cui alla nota prot. 3417/RP in data 29 luglio 2009, l’ATI avrebbe risposto, con nota prot. 1997/09 in data 18 dicembre 2009, in maniera parziale. Infatti, la verifica esposta dall’ATI sarebbe quella a preventivo prevista dagli articoli 4, comma 2, punto 1, e 6, del Metodo, e non già quella a consuntivo, prevista dall’articolo 8, (verifica dell’effettivo livello di efficienza raggiunto dal gestore, della corrispondenza dei ricavi garantiti come da piano e quelli effettivamente conseguiti, per effetto sia dei volumi erogati che della tariffa applicata), su cui si incentra la prescrizione.

Sembra al Collegio che l’ATI, con la nota citata, abbia trasmesso una relazione che considera gli interventi programmati e gli interventi realizzati dal gestore nel periodo 2006-2008, evidenziandone gli scostamenti, nonché la documentazione relativa al procedimento arbitrale in corso, sottolineando che da essa “sono facilmente individuabili i contenuti delle diseconomie registrate nella gestione 2006-2008 e la relativa posizione assunta da questa Autorità”. Poiché le pretese, anche sanzionatorie, dell’ATI (insieme a quelle del gestore), sono confluite nel procedimento arbitrale ed è convenzionalmente previsto che vengano definite in quella sede, non sembra al Collegio – in assenza di ulteriori specifiche deduzioni dell’Amministrazione - che gli atti confermino il rilievo secondo cui l’ATI non avrebbe effettuato le verifiche necessarie e posto in essere le conseguenti azioni correttive.

Ciò stante, anche in questo caso devono ritenersi fondate le censure di travisamento dei fatti e difetto di motivazione.

9.2.7. Conviri prescrive di riallineare le voci di costo relative all’ammortamento e alla remunerazione del capitale in ragione degli investimenti effettivamente realizzati e calcolarli sul valore degli investimenti non rivalutati.

Conviri, in sostanza, ha stigmatizzato che, nonostante il Gestore abbia realizzato (soltanto) il 95% degli investimenti programmati nel triennio 2006-2008, non siano state comminate sanzioni, né si sia proceduto al riallineamento predetto.

L’ATI sostiene di aver fatto esattamente quanto indicato nella prescrizione, così che essa risulta viziata da difetto di istruttoria e travisamento dei fatti.

Infatti, sottolinea che (in tutte le revisioni ordinarie effettuate) la remunerazione del capitale è stata effettuata esclusivamente con riferimento all’effettivo capitale investito ed ha tenuto conto del reale costo sostenuto. E che, in particolare, nella determinazione della tariffa reale media futura ha proceduto a ridurre la componente ammortamento e remunerazione per un valore corrispondente a quello degli investimenti non realizzati nel triennio precedente; nella definizione della situazione di partenza ha proceduto ad un riallineamento del pregresso sulla base degli investimenti realizzati.

L’Amministrazione, nelle memorie difensive, circoscrive il rilievo, sottolineando che l’ATI non ha provveduto a recuperare le quote di ammortamento e remunerazione incassate dal gestore anticipatamente perché inserite nella tariffa del periodo pregresso (2006-2008) e commisurate ad un monte investimenti che non si è tradotto nella realtà.

Ma, rispetto a ciò, sembra condivisibile quanto ribadisce l’ATI, nel senso che i “correttivi” relativi al periodo 2006-2008 sono oggetto della domanda di arbitrato; per cui, la produzione degli atti arbitrali, come esposto in relazione alla prescrizione precedente, soddisfa l’obbligo di chiarimenti e documentazione gravante sull’ATI.

Il Collegio ritiene quindi che la censura sia fondata.

9.2.8. Conviri prescrive di inserire tra i costi operativi le voci di costo : “oneri relativi ai consorzi di bonifica”, “oneri Tosap”, “canoni per utilizzo dei beni del demanio idrico, con attraversamenti”, “canoni per la derivazione di acqua pubblica per uso potabile”, “canoni di concessione ex ANAS” e “canoni di concessione ferrovie ed ANAS”; per sottoporre anch’esse al miglioramento di efficienza, ai sensi e per gli effetti dell’articolo 6 del Metodo.

L’ATI precisa che dette voci di costo sono state inserite tra i costi operativi, anche se non sono state sottoposte al miglioramento previsto dall’articolo 6 del Metodo.

A ben vedere, la disposizione impone al gestore di ridurre progressivamente ed annualmente i costi operativi nel rispetto del coefficiente deliberato dall’ATI (il quale, a sua volta, lo determina in relazione all’ammontare dei costi operativi individuati con la tariffa); ma, sostiene l’ATI, detta disposizione non può trovare applicazione con riferimento a quei costi che, seppur gravanti sul gestore e inerenti l’esercizio d’impresa, rappresentano sostanzialmente tributi imposti da Amministrazioni, e sui quali il gestore non può intervenire per ridurne l’ammontare.

Per l’ipotesi in cui non venga condivisa detta interpretazione dell’articolo 6, l’ATI ne censura l’illegittimità per irragionevolezza ed illogicità, in quanto l’interpretazione data dalla Conviri falserebbe la capacità del gestore di ridurre i costi operativi.

Il Collegio ritiene condivisibile la suddetta impostazione.

La ratio del Metodo, sul punto in questione, è quella di richiedere una riduzione tariffaria attraverso una riduzione dei costi operativi connessi alla gestione, che dipendono dalla capacità imprenditoriale del concessionario; altri costi (quelli in questione), sebbene legati a servizi indispensabili per lo svolgimento del servizio, e pertanto da recuperare nell’ambito della tariffa, rappresentano componenti che esulano dalle possibilità di intervento del concessionario.

Ne deriva che sarebbe irragionevole sottoporre al miglioramento (efficientamento) tali costi.

La difesa dell’Amministrazione obietta che il gestore del SII opera in regime di monopolio naturale, usufruisce di un tasso di remunerazione del capitale pari al 7%, di un aggiornamento delle tariffe che tiene conto della svalutazione; per cui, non avendo necessità di ridurre i costi per mancanza di concorrenti, se non vi fosse una disciplina sul miglioramento dell’efficienza, tenderebbe a mantenere o ad espandere i profitti a scapito dell’utenza.

Il Collegio rileva che tale argomentazione non può però condurre a ritenere necessariamente esteso il miglioramento di efficienza alla somma dei costi, anche esogeni. La remunerazione forfettaria è infatti stabilita con riferimento al capitale investito e prescinde dalla consistenza dei costi, ed in particolare di quelli in esame, che può variare significativamente a seconda delle caratteristiche dell’ambito del servizio; per cui l’estensione dell’obbligo di miglioramento a tutte, indistintamente, le voci di costo comporterebbe una differenziazione casuale della reale remuneratività dello svolgimento del servizio.

Sembra dunque al Collegio fondata anche la censura in esame.

9.2.9. Conviri prescrive di eliminare dai costi imputabili a tariffa la quota relativa al “conguaglio 2006-2008”, in quanto il Metodo esclude il recupero dei maggiori costi di gestione relativi a periodi pregressi. L’ATI ha infatti inserito in tariffa, in via preventiva, i maggiori costi operativi sostenuti da SII nel periodo 2006-2008 ed oggetto di procedimento arbitrale ai sensi dell’articolo 50 della Convenzione.

Va sottolineato che già con riferimento ai minori ricavi e maggiori costi registrati rispetto alle previsioni del Piano d’ambito nel periodo 2003-2005, in sede arbitrale SII aveva ottenuto la condanna dell’ATI al pagamento di circa 11.761.000 euro; e che, per far fronte a tale onere, l’ATI aveva contratto un finanziamento ventennale, il cui costo era stato inserito in tariffa nel Piano 2006-2008, senza che Conviri, in occasione del relativo controllo, eccepisse nulla al riguardo.

Anche nel periodo 2006-2008 sono stati sostenuti maggiori costi rispetto a quelli coperti dalla tariffa, e SII ha presentato domanda di arbitrato in data 3 marzo 2009.

L’ATI ha perciò ritenuto di seguire la stessa strada, caricando sulla tariffa del triennio successivo il costo di un ulteriore mutuo ventennale per la copertura delle diseconomie registrate nella gestione pregressa (stimate in circa 6 milioni di euro, con una rata annuale pari a circa 523 mila euro).

Ora, per comprendere le motivazioni della prescrizione in esame, è opportuno riportare parte delle argomentazioni esternate dalla Conviri.

L’organo di controllo, dopo aver eccepito che si tratta di un costo eventuale non ancora accertato, ed aver ricordato quali voci, secondo il Metodo, sono rilevanti ai fini della determinazione della tariffa, ha affermato che “ (…) il contratto insito nel metodo normalizzato è quello del price cap dove il prezzo è prefissato con un vincolo di crescita stabilito e l’impresa può raggiungere il massimo profitto soltanto minimizzando i costi attraverso l’efficienza della gestione. In altre parole, i costi operativi di gestione sono predeterminati sulla base di previsioni, salvo apportare, solo per il futuro, possibili correttivi, ai sensi e per gli effetti delle disposizioni di cui all’articolo 8 del metodo stesso, in aumento o in diminuzione dei costi operativi futuri da inserire in tariffa. L’eventuale riconoscimento dei maggiori costi operativi sostenuti dal gestore nel periodo pregresso stravolgerebbe il tipo di contratto trasformandolo in un contratto “costo di servizio”, che prevede la copertura dei costi a consuntivo, azzerando il rischio di impresa di un soggetto che opera, peraltro, in un mercato di monopolio naturale qual’è quello del servizio idrico integrato”. Precisando inoltre che “Per quanto attiene il rispetto dell’equilibrio economico finanziario, previsto dal co. 4 art. 140, D.Lgs. 152/2006 (…), si tratta di una caratteristica che deve essere intrinseca alla progettazione del piano, il quale deve risultare sostenibile ed attuabile sia dal punto di vista economico che da quello finanziario poiché sarà lo strumento sul quale il gestore industriale effettuerà la propria offerta (con gara o comunque con la sottoscrizione volontaria della convenzione per il servizio), con assunzione dei rischi connessi alla gestione “reale”. Cosa ben diversa è l’equilibrio economico finanziario che riguarda l’impresa del gestore che, valutata e accettata la validità del piano con la sottoscrizione della convenzione, dovrà “attuare” una gestione industriale con proprie strategie che consenta la sua conservazione e capacità di creare utile da una corretta gestione del servizio, adottando autonomamente le scelte industriali e finanziarie appropriate nel rispetto delle condizioni sancite dalla convenzione di servizio”. E concludendo nel senso che “Pertanto, nel rilevare che già i maggiori costi operativi sostenuti dal gestore nel periodo regolatorio 2003-2005 e ad esso riconosciuti a seguito del lodo arbitrale non dovevano gravare in tariffa, si evidenzia che in nessun caso i maggiori costi sostenuti dal gestore nel periodo 2006-2008 potranno essere imputati a tariffa”.

Il Collegio ritiene pienamente condivisibile detta impostazione.

L’ATI lamenta il difetto di istruttoria, alla luce del fatto che i maggiori costi richiesti da SII in sede arbitrale (energia elettrica, acquisto acqua potabile, trasporto acqua, maggiori mutui pagati ai Comuni, personale, etc.) sono riconducibili a voci di costi operativi tariffabili.

Ma l’aspetto critico, come chiaramente esposto da Conviri, non è la natura dei costi, bensì la loro riferibilità al periodo gestionale pregresso rispetto a quello oggetto del Piano e della relativa revisione tariffaria.

Né, possono legittimare la scelta operata, le disposizioni che attribuiscono alla tariffa (anche) la finalità di assicurare l’equilibrio economico finanziario della gestione ed un’adeguata remunerazione del capitale investito. L’ATI, in questa prospettiva, invoca:

- l’articolo 117 (sulle tariffe dei servizi pubblici), comma 1, del d.lgs. 267/2000, secondo il quale “Gli enti interessati approvano le tariffe dei servizi pubblici in misura tale da assicurare l'equilibrio economico-finanziario dell'investimento e della connessa gestione. I criteri per il calcolo della tariffa relativa ai servizi stessi sono i seguenti: a) la corrispondenza tra costi e ricavi in modo da assicurare la integrale copertura dei costi, ivi compresi gli oneri di ammortamento tecnico-finanziario; b) l'equilibrato rapporto tra i finanziamenti raccolti ed il capitale investito; c) l'entità dei costi di gestione delle opere, tenendo conto anche degli investimenti e della qualità del servizio; d) l'adeguatezza della remunerazione del capitale investito, coerente con le prevalenti condizioni di mercato”;

- l’articolo 149 (sul piano d’ambito del servizio idrico integrato), comma 4, del d.lgs. 152/2006, secondo il quale “Il piano economico finanziario, articolato nello stato patrimoniale, nel conto economico e nel rendiconto finanziario, prevede, con cadenza annuale, l'andamento dei costi di gestione e di investimento al netto di eventuali finanziamenti pubblici a fondo perduto. Esso è integrato dalla previsione annuale dei proventi da tariffa, estesa a tutto il periodo di affidamento. Il piano, cosi come redatto, dovrà garantire il raggiungimento dell'equilibrio economico finanziario e, in ogni caso, il rispetto dei principi di efficacia, efficienza ed economicità della gestione, anche in relazione agli investimenti programmati”;

- il successivo articolo 154 (sulla tariffa del servizio idrico integrato), comma 1, già sopra riportato, secondo il quale “La tariffa costituisce il corrispettivo del servizio idrico integrato ed è determinata (…) in modo che sia assicurata la copertura integrale dei costi di investimento e di esercizio secondo il principio del recupero dei costi e secondo il principio "chi inquina paga". Tutte le quote della tariffa del servizio idrico integrato hanno natura di corrispettivo”;

- l’articolo 1, comma terzo, del d.m. 1 agosto 1996, secondo il quale “La tariffa reale media è stabilita dall'Ambito in relazione al modello organizzativo della gestione, alla quantità e alla qualità della risorsa idrica e dal livello di qualità del servizio. La stessa è altresì fissata in funzione del piano finanziario di cui all'articolo 11, comma 3, della legge 36/94, tenuto conto dei costi reali, delle economie conseguenti al miglioramento di efficienza e al superamento della frammentazione delle attuali gestioni”.

Al Collegio sembra tuttavia evidente che dette disposizioni considerano il rapporto tra tariffa e risultato gestionale nella (esclusiva) prospettiva della previsione e programmazione delle attività da svolgere, e che l’equilibrio economico da conseguire e la remunerazione del capitale da assicurare, anche mediante la tariffa, siano quelli del periodo di gestione futuro cui si riferisce il Piano.

Altrimenti, come puntualmente sottolineato da Conviri, verrebbe stravolta la struttura del contratto con il concessionario prevista dal Metodo, che da price cap diverrebbe contratto con copertura dei costi a consuntivo, così azzerando il rischio di impresa ed eliminando con esso anche l’incentivazione del gestore a conseguire progressive riduzioni dei costi per massimizzare il profitto.

In altri termini, l’equilibrio economico finanziario (e con esso la remunerazione della gestione) sono obiettivi da conseguire, anche mediante una corretta determinazione delle tariffe, all’interno dei periodi gestionali oggetto del Piano; non invece dei postulati generali, che devono essere comunque garantiti a posteriori. Se il Piano è basato su ipotesi corrette e lungimiranti, esse troveranno conferma nella gestione e gli obiettivi verranno conseguiti, nella misura prevista (o addirittura in misura maggiore); altrimenti, qualora nel corso della gestione i parametri iniziali non trovino riscontro nella realtà e non garantiscano l’equilibrio, ovvero sopravvengano fattori esterni tali da mettere in discussione le previsioni, l’ATI ha a disposizione lo strumento della modifica della tariffa, previsto dall’articolo 8 del Metodo. Ma tale modifica ha effetto per il futuro.

Infatti, il Metodo prevede due modalità di revisione del sistema tariffario da parte dell’ATI. Quella c.d. ordinaria, che interviene ad ogni periodo regolatorio triennale:

- ai sensi dell’articolo 8, comma 1, punto 8, nella convenzione per la concessione della gestione del servizio, deve essere stabilita “la revisione triennale per la verifica dei miglioramenti di efficienza, per la verifica della corrispondenza della tariffa media rispetto alla tariffa articolata, per la verifica del raggiungimento dei traguardi di livello di servizio ovvero dell'effettuazione degli investimenti”;

- ai sensi dell’articolo 4, comma 7, “La tariffa reale media può subire variazioni per effetto di: - disposizioni legislative o regolamentari che modifichino le prescrizioni relative ai livelli di qualità del prodotto e del servizio, previa deliberazione dell'Ambito; - verifiche periodiche sul funzionamento delle gestioni; - variazioni al metodo normalizzato disposte dal Comitato per la vigilanza sull'uso delle risorse idriche.

E quella c.d. straordinaria, ai sensi dell’articolo 8, comma 2, secondo cui “L'Ambito, ferma restando la verifica triennale nell'applicazione della tariffa, può in qualsiasi momento intervenire nel caso di significativi scostamenti dalle previsioni del piano finanziario e gestionale in ordine a: a) raggiungimento dei livelli di servizio previsti dal piano anche a seguito dei relativi investimenti, valutando le variazioni al limite di prezzo "K" o le penalizzazioni e i rimborsi , secondo quanto previsto nella convenzione di gestione, specialmente in merito alle componenti "ammortamento" e "ritorno del capitale" sulla tariffa; b) corrispondenza tra l'incasso derivante dall'applicazione della struttura tariffaria e l'incasso previsto per effetto della tariffa media stabilita nella convenzione di gestione, al fine di apportare le conseguenti variazioni; c) rispondenza dei costi operativi alle variazioni strutturali della produzione e della distribuzione e delle conseguenti variazioni delle riduzioni di cui all'art. 6. “.

Dunque, nella prospettiva di evitare squilibri di natura economico-finanziaria nella gestione programmata, la norma prevede che qualora si registrino degli scostamenti, si possa (debba) intervenire prontamente attraverso la revisione straordinaria del piano, comunque applicabile esclusivamente per il futuro. In particolare, l’articolo 8 prevede che, in vista di ogni periodo regolatorio, l’ATI proceda alla revisione tariffaria, verificando che il gestore abbia conseguito solo il livello di ricavo permesso (tetto sui ricavi ottenibili dalla gestione del servizio, stabilito all’inizio del periodo ed aggiornato di anno in anno, indipendentemente dai costi effettivamente sostenuti dall’impresa, che in tal modo è incentivata ad accrescere l’efficienza produttiva perché ogni riduzione di costo superiore ai miglioramenti minimi prefissati si tradurrebbe in una rendita); se questo viene superato, il gestore restituirà i maggiori ricavi a vantaggio delle tariffe del periodo successivo; viceversa, se ne resta al di sotto, otterrà il mancato ricavo nelle tariffe degli anni successivi.

Il sistema delineato dal Metodo non pregiudica il principio di remuneratività della gestione (come più volte sopra ricordato, il Metodo, in base all’articolo 3.3., garantisce una remunerazione “secca” del 7% sul capitale investito), e consente, a fronte di eventuali errori nella pianificazione e/o di fattori sopravvenuti e imprevisti, l’attivazione di adeguati meccanismi di riequilibrio (che, peraltro, risulterebbero inutili, qualora – come sostiene l’ATI – la tariffa potesse essere determinata a consuntivo).

Il ritardo nell’attivazione di detti meccanismi di riequilibrio è imputabile esclusivamente all’ATI e al gestore, dovendo rimanere estraneo l’utente, al quale non può essere richiesta una tariffa maggiorata retroattiva.

Non sussiste quindi (come sostiene in via subordinata l’ATI ricorrente) nemmeno l’illegittimità del Metodo per contrasto con le riportate disposizioni normative, rispetto alle quali appare invece coerente.

Le possibili conseguenze pratiche di detta ricostruzione, sottolineate dall’ATI come prova della sua illogicità - quali l’abbandono del servizio da parte del gestore e la necessità di indire una nuova gara, sulla base di un piano economico finanziario che dovrà tener conto di una tariffa calcolata in considerazione dei costi effettivamente sostenuti dal gestore uscente – appaiono compatibili con un sistema di mercato nel quale l’operatore economico paga le conseguenze di previsioni e calcoli rivelatisi erronei (senza contare che, se si sono verificati maggiori costi operativi che il gestore ha diritto di recuperare dall’ATI, sarà quest’ultimo a pagarne le conseguenze). In ultima analisi, i costi non tariffati, per errore del Piano o per fatti sopravvenuti, graveranno sul bilancio delle Amministrazioni che partecipano all’ATI, anziché gravare (tramite le tariffe) sugli utenti del servizio idrico. Ed entreranno tra gli elementi in base ai quali l’espletamento delle funzioni istituzionali da parte degli enti locali verrà valutato dai cittadini, ai fini dell’attivazione di quella che si definisce comunemente responsabilità politica.

E la conseguenza appare logica, in quanto derivante da una imperfetta previsione (o tempestivo adeguamento) dei costi e delle conseguenti tariffe del servizio – previsione che spetta all’ATI, attraverso il confronto con il gestore.

Può aggiungersi che l’inserimento in tariffa nel Piano d’Ambito 2006-2008 delle somme dovute in base al precedente lodo arbitrale, senza rilievi da parte della Conviri, non poteva suscitare alcun legittimo affidamento; e che, quanto al relativo profilo di contraddittorietà della prescrizione impugnata, la Conviri si è data carico di spiegarne puntualmente le ragioni, che dimostrano come dovrebbe semmai ritenersi censurabile l’omissione di rilievi in occasione del Piano precedente.

In conclusione la censura deve ritenersi infondata.

9.2.10. Conviri prescrive di escludere dal computo dei costi operativi il “management fee” gli accantonamenti per svalutazioni crediti e le perdite su crediti, in quanto non compresi nelle categorie di costi operativi ammissibili in tariffa tassativamente indicate al punto 3.1. del Metodo;

Quanto al primo aspetto, il Collegio osserva che, secondo l’articolo 3.1. del Metodo, tra i costi operativi che compongono la tariffa, oltre alle categorie “B 6 - Costi per materie di consumo e merci (al netto di resi,abbuoni e sconti); B 7 - Costi per servizi; B 8 - Costi per godimento di beni di terzi; B 9 - Costo del personale; B 11 - Variazioni delle rimanenze di materie prime, sussidiarie, di consumo e merci; B 12 - Accantonamento per rischi, nella misura massima ammessa dalle leggi e prassi fiscali; B 13 - Altri accantonamenti” è compresa un ultima categoria (residuale) “B 14 - Oneri diversi di gestione”. Precisa la disposizione che “In questa ultima voce deve essere iscritto ogni costo della produzione non ricompreso in quelli specificatamente previsti dall'elencazione di cui sopra e ogni altro componente negativo del reddito che non abbia natura finanziaria, straordinaria o fiscale”.

L’ATI ha chiarito che:

- il “management fee” è una voce di costo derivante dall’offerta aggiudicataria della gara indetta per l’individuazione del socio privato della SII. E’ infatti accaduto che l’odierno socio privato, a fronte di obblighi assunti nell’offerta (tra i quali, il reperimento risorse extra tariffa per garantire la sostenibilità economica finanziaria del Piano d’Ambito), abbia chiesto di vedersi corrisposto un compenso, stabilito come percentuale del fatturato globale. Pertanto, detta previsione costituisce un obbligo contrattuale assunto dall’ATI che il Piano ha conseguentemente dovuto considerare ai fini della determinazione della tariffa.

Non sembra quindi corretto ritenere, come fa la difesa dell’Amministrazione, che rappresenti un’immobilizzazione immateriale, come tale destinata ad essere remunerata all’interno del 7% forfettario fissato dal Metodo, essendo inammissibile ogni altra modalità.

L’accantonamento al fondo svalutazione crediti (inserito con riferimento ai crediti verso gli utenti nella misura dello 0,5%, pari al limite massimo consentito dalla normativa fiscale) consente di valutare un costo reale, qual è quello fisiologico legato alla svalutazione di somme di cui, data la dinamicità delle utenze, non è certa l’esigibilità concreta, né è dato conoscere il tempo dell’introito.

Il Collegio osserva che entrambi dette voci di costo erano contenute nel Piano del periodo precedente e non erano stati oggetto di rilievi da parte della Conviri; ma tale circostanza, come sopra esposto riguardo ad altre prescrizioni, non appare di per sé dirimente.

Piuttosto, la previsione dei costi ammissibili contenuta nell’articolo 3.1., pur essendo tassativa per ciò che concerne l’articolazione nelle categorie considerate, non configura in realtà un elenco chiuso di costi tipizzati, posto che la voce B 14 è suscettibile di comprendere tutti quei costi che non abbiano natura finanziaria, straordinaria e fiscale.

Occorre quindi valutare se la considerazione, ai fini della composizione della tariffa, di costi astrattamente riconducibili a detta voce – come sembrano essere quelli in questione – contrasti con altre specifiche esigenze tutelate dalla normativa.

Pertanto, escluso che risulti di per sé preclusivo il principio di tassatività dei costi, nel senso suindicato, una valutazione in termini di ammissibilità avrebbe richiesto una puntuale motivazione di detti eventuali motivi di contrasto.

Risulta quindi fondata la censura di difetto di motivazione prospettata, in via subordinata, dall’ATI ricorrente.

9.2.11. Conviri prescrive di avviare il sistema informativo (SIG) di rilevazione dei dati del s.i.i. e provvedere al conseguente aggiornamento dei dati della ricognizione.

L’ATI sostiene che un simile rilievo, nella misura in cui non concerne la correttezza della revisione del Piano d’ambito, esuli dalle competenze della Conviri, stabilite dall’articolo 161, comma 4, del d.lgs. 152/2006.

Il Collegio ritiene invece che, essendo la disponibilità di un sistema informativo efficiente, elemento strategico ai fini del rilevamento e della disponibilità, in modo ordinato e tempestivo, dei dati della gestione, la prescrizione si connoti come strumentale alla gran parte delle altre prescrizioni, direttamente concernenti la correttezza della revisione.

L’ATI, pur ammettendo che il ritardo nell’avvio del SIG impedisce la registrazione dei dati su un supporto informativo (in questo senso, del resto, è esplicito il riconoscimento contenuto nella Relazione al Piano), sottolinea che ciò non significa indisponibilità dei dati, né incide sulla capacità dell’ATI di “effettuare una corretta e puntuale pianificazione e di avere una perfetta conoscenza delle dinamiche gestionali”.

Il Collegio, sottolineando la natura strumentale e sollecitatoria della prescrizione in esame, non la ritiene viziata, tenendo conto che, in base alla comune esperienza, l’attivazione di meccanismi di riequilibrio come quelli previsti dagli articoli 8 e 4 del Metodo, sopradescritti, presuppone non soltanto una conoscenza rapida e continuamente aggiornata dei dati, ma anche che ciò avvenga in forma elaborabile attraverso procedure gestionali computerizzate: risultati che è ragionevole attendersi soltanto a seguito di una piena attuazione del SIG.

10. In conclusione, il ricorso deve essere parzialmente accolto, con conseguente annullamento delle prescrizioni che risultano viziate, nei sensi e limiti sopra indicati.

11. Sussistono giustificati motivi per disporre l’integrale compensazione tra le parti delle spese di giudizio.


P.Q.M.


Il Tribunale Amministrativo Regionale per l'Umbria, definitivamente pronunciando sul ricorso come in epigrafe proposto, lo accoglie parzialmente, e, per l’effetto, annulla parzialmente i provvedimenti impugnati, nei sensi e limiti indicati in motivazione.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Perugia nella camera di consiglio del giorno 23 febbraio 2011 con l'intervento dei magistrati:

Cesare Lamberti, Presidente
Carlo Luigi Cardoni, Consigliere
Pierfrancesco Ungari, Consigliere, Estensore

L'ESTENSORE

IL PRESIDENTE


DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 05/05/2011