A.I.A. – Articolo 29-octies: una delle non poche disposizioni sconclusionate contenute nel 152/2006

di Marcello FRANCO

È da un po’ di tempo che – essendomi stati sottoposti dei casi in cui deve essere applicato – cerco (infruttuosamente) di decifrare il significato dell’art. 29-octies del d.lgs. n. 152/2006 relativo al “ Riesame e rinnovo” delle autorizzazioni integrate ambientali.

Per questo motivo, appena ho visto che era stato pubblicato su Lexambiente il 2 marzo scorso un articolo di Cinzia Silvestri sull’argomento, mi sono letteralmente precipitato a leggerlo.

L’autrice, anche rifacendosi a quanto previsto nell’originaria formulazione dell’articolo (quella introdotta con il d.lgs. n. 128/2010, che peraltro sostanzialmente riproduceva l’art. 9 del d.lgs. n. 59/2005), propone un’interessante “scomposizione” e “ricomposizione” del ben diverso testo vigente (introdotto con il d.lgs. n. 46/2014), eseguendo un’analisi diretta ad individuare e distinguere i commi o le parti che disciplinano (ovvero, secondo l’autrice, disciplinerebbero) il riesame, rispetto a quelle che invece riguardano (riguarderebbero) il rinnovo o il “ riesame/rinnovo”.

La lettura proposta, come ho detto, è molto interessante, ma a mio avviso poco convincente.

Innanzitutto Cinzia Silvestri distingue concettualmente il rinnovo dal riesame, attribuendo al primo l’effetto generativo (scrive testualmente) di “una nuova AIA sorta sulla fine della precedente autorizzazione”, ovvero “ la nascita di una nuova autorizzazione sulle ceneri della preesistente ”, mente il riesame condurrebbe solo all’aggiornamento o modifica in sostanziale “continuità” dell’originaria autorizzazione. Così ragionando il procedimento di rinnovo parrebbe più penetrante e pregnante di quello di “semplice” riesame.

Per contro, a mio sommesso avviso, il provvedimento di rinnovo, tipicamente riguardante gli atti sottoposti a scadenza, è un atto che riproduce un documento con il suo contenuto originale, eventualmente aggiornato in base agli eventi – anche normativi – sopravvenuti: il procedimento amministrativo di rinnovo è quindi essenzialmente diretto alla verifica della permanenza dei presupposti e delle condizioni a suo tempo esaminati e ritenuti idonei e sufficienti per il rilascio dell’autorizzazione in scadenza.

Il procedimento di riesame, invece, può comportare anche la rivalutazione della sussistenza dei presupposti e condizioni attuali del provvedimento autorizzatorio, con la possibilità di pervenire a conclusioni anche diverse da quelle cui si era prevenuti in sede di rilascio dell’autorizzazione che viene riesaminata e con la conseguente possibile adozione, in questo caso sì, di un’autorizzazione diversa e non meramente riproduttiva di quella originaria, salvo eventuali necessari aggiornamenti.

Lasciando comunque da parte queste preliminari osservazioni sulla distinzione tra rinnovo e riesame, anche la distinzione tra “ riesame facoltativo” e “riesame obbligatorio/rinnovo” e la relativa individuazione dei commi (1 e 2) che disciplinerebbero il primo e di quelli (3 e 4) che disciplinerebbero il secondo mi destano perplessità.

In particolare non mi è chiaro per quale motivo, o in base a quali elementi o indizi contenuti nella norma, quanto enunciato nel comma 1, ossia che “ L’autorità competente riesamina periodicamente l’autorizzazione integrata ambientale, confermando o aggiornando le relative condizioni. ”, debba o possa essere inteso nel senso che tale primo comma “ precisa, con chiarezza, che il riesame dell’AIA può essere disposto liberamente e periodicamente dalla P.A. ”: detto comma 1, sopra fedelmente ed integralmente riportati, non dice che l’autorità competente “può” riesaminare l’AIA, ma dice che la riesamina, dal che sembra doversi dedurre che “deve” farlo. Gli avverbi, poi, “liberamente” e “periodicamente” non mi sembrano coniugabili, essendo invece antitetici se “periodicamente ” significa ciclicamente e ad intervalli regolari.

Ma non è nemmeno chiaro perché, secondo l’autrice, il riesame di cui si parla nei primi due commi debba essere diverso da quello di cui si parla nel terzo comma. Vero è che solo in quest’ultimo al riesame viene attribuita la “valenza, anche in termini tariffari, di rinnovo”, mentre nei primi due si parla di riesame tout-court, ma al comma 1 si dice, come si è visto, che il riesame deve avere carattere periodico (ossia ciclico e ad intervalli regolari) e al comma 2 si precisa che il riesame deve tener conto di tutte le conclusioni sulle BAT, comprese quelle nuove o aggiornate. In questo contesto, il comma 3, stabilendo che il riesame deve essere disposto entro quattro anni dalla pubblicazione di nuove BAT e, comunque, quando sono trascorsi dieci anni dal rilascio dell’AIA o dall’ultimo rinnovo o riesame, appare strettamente connesso e funzionale a quanto previsto nel comma 1: periodicità almeno decennale, e al comma 2: adeguamento alle BAT sopravvenute.

In ogni caso non mi è chiaro non solo da dove l’autrice deduca che il riesame di cui ai commi 1 e 2 riguardi la “singola installazione”, mentre quello, a suo avviso diverso, del comma 3 riguarderebbe “ l’installazione nel suo complesso”, ma nemmeno dove stia la differenza tra riesame della singola installazione e riesame dell’installazione nel suo complesso: oggetto dell’AIA è la “installazione” come definita dall’art. 5, comma 1, lett.i-quater), del d.lgs. n. 152/2006, ossia la “ singola installazione nel suo complesso”. Diverso è il caso di cui al comma 4 dell’art. 29-octies, ove è espressamente prevista la possibilità di riesami parziali, ossia riferiti non alla “ intera installazione” (singola e nel suo complesso), bensì solo a “parti di essa”, ma ciò è per l’appunto previsto solo per le ipotesi particolari (ed eventuali) di riesame di cui al citato comma 4: ordinariamente (commi 1,2 e 3, che secondo Cinzia Silvestri riguarderebbero due distinte ipotesi) il riesame riguarda sempre e comunque l’intera “singola installazione”, ovvero “ l’installazione nel suo complesso”.

In ogni modo, al di là delle mie personalissime perplessità, mi pare indubitabile che a Cinzia Silvestri debba essere attribuito il merito di aver quanto meno tentato di proporre una chiave di lettura di un articolo formulato in modo a dir poco confuso.

L’autrice, però, non si è addentrata (verrebbe da dire: avventurata) nell’esplorazione dei controversi aspetti connessi alla singolarità di un procedimento amministrativo, quello di riesame, attivabile – anche in presenza di identiche situazioni e presupposti – sia d’ufficio che per iniziativa di parte, aspetti che, a mio avviso, sono i più oscuri e critici della norma ed in relazione ai quali, non trovando il cosiddetto bandolo della matassa, speravo che l’articolo di Cinzia Silvestri mi accendesse qualche lume. Ma a questo punto suppongo che anche per lei, pur con tutta la buona volontà dimostrata, questi aspetti siano risultati talmente impenetrabili da apparirle azzardata qualunque ipotesi di lettura.

Restano quindi aperti tutti i dubbi – credo non solo miei – relativi a come in concreto applicare un procedimento amministrativo in cui alla già accennata singolarità di poter essere avviato sia d’ufficio che per istanza di parte si aggiunge l’ulteriore singolarità che la seconda modalità di avvio, ossia l’istanza di parte – a quanto è dato di capire – è obbligatoria per il riesame a dieci anni data dal rilascio o precedente riesame/rinnovo dell’autorizzazione mentre è facoltativa per il riesame connesso alla sopravvenuta pubblicazione in GUUE delle conclusioni su nuove BAT.

Quanto sopra si ricava dal fatto che,

– mentre “ Nei casi di cui al comma 3, lettera b), la domanda di riesame è comunque presentata entro il termine ivi indicato. ” e “ Nel caso di inosservanza del predetto termine l'autorizzazione si intende scaduta. ” (secondo e terzo periodo del comma 5), quindi l’interessato, se non vuol perdere il titolo abilitativo “deve” presentare istanza di riesame,

– “per il caso disciplinato al comma 3, lettera a)”, il comma 7 si limita a precisare che “ Il ritardo nella presentazione della istanza di riesame (…) non può in alcun modo essere tenuto in conto per dilazionare i tempi fissati per l'adeguamento dell’esercizio delle installazioni alle condizioni dell'autorizzazione ”.

In questo secondo caso quindi (ossia nel caso a) previsto dal comma 3 dell’art. 29-oclties) la presentazione tardiva dell’istanza dell’interessato non solo non viene in alcun modo sanzionata, ma è espressamente dichiarata irrilevante ed ininfluente; col che (irrilevanza, ininfluenza e non sanzionabilità del mancato rispetto del termine) viene meno qualunque rilevanza ed influenza della stessa presentazione di tale domanda, al punto che non si vede come possa essere rilevante ed influente – e sanzionabile – la totale omissione della stessa da parte dell’interessato. Ed è per questo che, in questo caso, l’istanza di parte risulta del tutto facoltativa, come anche il Ministero dell’Ambiente ha riconosciuto nell’unico (a quanto mi risulta) chiarimento fornito sull’art. 29-octies e specificamente riguardante proprio (e solo) l’“ Avvio dei procedimenti di riesame per adeguamento alla conclusioni sulle BAT ”; a tale proposito infatti nella circolare n. 27569 del 14.11.2016 della Direzione Generale per le Valutazioni e le Autorizzazioni Ambientali si afferma che “ La norma prevede che, generalmente, il riesame in esito alla pubblicazione delle Conclusioni sulle BAT sia avviato dall’autorità competente, eventualmente sulla base di uno specifico calendario. Ciò, peraltro, non preclude al gestore la possibilità di presentare autonomamente istanza in tal senso ”. Per quale ragione il gestore dovrebbe avvalersi di tale possibilità resta però tutto da scoprire.

Ma non sono solo questi i motivi di perplessità e di incertezza sul procedimento di riesame disciplinato dall’art 29-quater. Altri se ne aggiungono osservando come i termini temporali previsti nel comma 3 dell’articolo in esame siano stabiliti utilizzando espressioni non omogenee: “quando sono trascorsi 10 anni” per il riesame periodico, il che induce a ritenere “dopo” il decorso del termine (lett. b) del comma 3); “entro quattro anni” per il rinnovo in adeguamento alle nuove BAT, che inequivocabilmente significa prima o al più tardi allo scadere del termine (lett. a) sempre del comma 3).

In tutta evidenza, per rendere praticabile quanto disposto al secondo e terzo periodo del comma 5 – ossia sostanzialmente l’obbligo di presentazione della domanda di riesame (periodico) entro il termine di cui alla lettera b) del comma 3, pena la perdita del titolo autorizzativo – l’espressione “quando sono trascorsi 10 anni” va necessariamente letta come se vi fosse scritto “entro 10 anni”, fermo però restando che il riesame periodico “è disposto” non “ entro”, ma “quando sono trascorsi 10 anni”, non essendovi alcuna ragione, per tale aspetto, di non rispettare il tenore letterale della norma. Col che si arriva all’assurdo che lo stesso dato normativo – il termine dei dieci anni – andrebbe letto ed applicato con in due modi differenti e per certi versi contrastanti, ma per salvare la norma non si vedono alternative.

Con questo però le zone d’ombra contenute nell’articolo in esame non sono finite: cosa significa (comma 3) che “il riesame (…) dell’autorizzazione è disposto (…) a) entro quattro anni (…); b) quando sono trascorsi 10 anni (…)”? In altri termini, dato per assodato che l’utilizzo del verbo “disporre” chiaramente comporta che si sta parlando di un atto dell’autorità, quello che deve essere disposto è l’atto introduttivo del procedimento o quello conclusivo?

La questione può avere scarsa rilevanza per il riesame periodico “ decennale”, nel qual caso l’autorizzazione riesaminata deve comunque essere disposta dopo il decorso dei dieci anni e quindi il dubbio è se, invece, l’avvio del riesame possa essere disposto prima. Ha per contro notevole rilevanza per il riesame che deve essere disposto entro quattro anni dalla pubblicazione di nuove conclusioni sulle BAT, essendo ben diverso che quel termine riguardi l’avvio o la conclusione del procedimento, soprattutto qualora sussiste una connessione – e questa è l’ennesima zona d’ombra della norma – tra il provvedimento di riesame ed i tempi di adeguamento di cui si parla nel comma 7.

Il come e perché si sia arrivati a tanto risulta evidente alla sola lettura, anche non particolarmente attenta, del comma 5:

– il primo periodo prevede che “ A seguito della comunicazione di avvio del riesame da parte dell’autorità competente, il gestore presenta, entro il termine determinato dall’autorità competente (…) tutte le informazioni necessarie ai fini del riesame delle condizioni di autorizzazione (…)”;

– il secondo e terzo periodo, come si è già avuto modo di vedere, per i “ casi di cui al comma 3, lettera b)”, ossia per il riesame periodico da disporsi quando “quando sono trascorsi 10 anni” dal rilascio o ultima revisione dell’AIA, prevedono che “comunque” (parrebbe quindi anche se il procedimento può – o dovrebbe ? – essere aperto d’ufficio) il gestore dell’installazione deve presentare la domanda di riesame “entro il termine ivi [nel comma 3, lett. b)] indicato” – quindi entro i dieci anni dal rilascio o ultima revisione dell’AIA – non entro quello fissato dall’autorità competente di cui si è appena parlato nel precedente periodo, pena la perdita del titolo abilitativo (“Nel caso di inosservanza del predetto termine [ossia quello dei dieci anni] l’autorizzazione si intende scaduta.”;)

– dopo di che il quarto periodo – inopinatamente riprendendo quanto disposto al primo periodo e come se il secondo ed il terzo non vi fossero – parla di “mancata presentazione (…) di tale documentazione”, ossia di quella oggetto di specifica richiesta dell’autorità competente a seguito o con la comunicazione di avvio del procedimento, “nei tempi indicati” dalla medesima autorità.

Ricordato che il testo dell’art. 29-octies nella formulazione vigente è stato introdotto, in integrale sostituzione del previgente, con l’art. 7, comma 7, del d.lgs. n. 46/2014 e che non vi sono state successive modifiche o integrazioni, in tutta evidenza detto articolo è stato redatto “a più mani” che, in tempi diversi, sono intervenute senza adeguato coordinamento, avendo per giunta idee difformi e difficilmente conciliabili su come disciplinare il riesame dell’AIA.

Dalla lettura del comma 5, infatti, risulta incontrovertibilmente non solo come il secondo ed il terzo periodo siano stati inseriti solo successivamente – e maldestramente – in un testo già predisposto e verosimilmente compiuto che non li conteneva, ma anche la diversa “ scuola di pensiero” di chi aveva scritto la versione originaria rispetto a chi ha poi inserito i due ulteriori periodi con l’obiettivo, evidentemente non perseguito in prima stesura, di mantenere in qualche modo – e surrettiziamente – il sistema di “scadenza e rinnovo” dell’autorizzazione. Il risultato è quindi l’affiancamento di procedimenti amministrativi concettualmente distinti ed alternativi – il riesame per iniziativa d’ufficio e il rinnovo su istanza dell’interessato – che dovrebbero convergere in un improbabile unico provvedimento di “ riesame con valenza (…) di rinnovo”.

Il comma 5 è quindi solo la “cartina di tornasole” della contraddizione di fondo che rende l’intero art. 29-octies complessivamente sconclusionato e per vari aspetti, anche di non poca rilevanza, indecifrabile e incomprensibile.

Il fatto che, progressivamente, si sita creando una prassi amministrativa, peraltro non uniforme a livello nazionale, che al di là del dato normativo – e di fatto surrogandolo – ne colma le lacune e ne supera le incertezze non toglie che il vigente art. 29-octies sia un caso emblematico di come non dovrebbero essere scritte le leggi e di come invece troppo spesso lo sono.

Nel caso specifico il solo riesame d’ufficio (sia quello periodico, che quello per adeguamento a BAT sopravvenute) e non anche il rinnovo su istanza di parte, tanto meno il contraddittorio “ riesame con valenza (…) di rinnovo”, a mio modesto parere, oltre ad essere conforme alla normativa UE di riferimento, che fin dalla prima versione (direttiva 96/61/CE) ha sempre e solo parlato di riesame e mai di rinnovo, è anche più coerente ed adeguato in un contesto in cui, da un lato, con il piano di monitoraggio e controllo ed il report annuale dei risultati (art. 29-sexies, comma 6) e, dall’altro, con le ispezioni programmate che sono una sorta di veri e propri audit (art. 29-sexies, comma 6-ter), l’autorizzazione è sempre “ sotto esame”. Ma non è questo il punto che mi preme sottolineare. Le scelte normative possono essere più o meno adeguate o inadeguate, più o meno condivisibili o criticabili; ma il legislatore ha comunque e in primo luogo il dovere di farsi capire!

Marcello Franco – Venezia