Manca una rete concettuale adeguata nel mare dei servizi pubblici locali (servizi, tariffe, rifiuti, concorrenza, libera iniziativa economica, ecc.)?

di Alberto PIEROBON

pubblicato su osservatorioagromafie.it. Si ringraziano Autore ed Editore

1. - Se la rete sfugge, anche i pesci sfuggono... Come diceva Keynes «l’economia è un argomento tecnico e difficile»1, forse possiamo dirlo anche per altre materie, fra le quali sicuramente si annovera (fuori dalle descrittività o dai banali sillogismi o dalle formulette ripetute pappagalescamente, ecc.) il diritto. Ma le cose si complicano nelle metodologie e negli approcci utilizzabili, oltre che nell’oggetto investigato allorquando si presenta come un campo attraversato da fasci di argomenti, rinvianti a multimaterie, basti soffermarsi sulla materia ambientale (di per sé già sincretica tra aspetti giuridici, tecnici, scientifici, economici, di governance, ecc.) come «incrociata» dalla materia dei servizi pubblici locali (d’ora in poi SPL) e da quella tariffaria, richiamandosi alfine ad altri popperiani «mondi» 2 nonché ad altre fondamentali questioni, financo di rango costituzionale.

Ma, nei «sentimentalismi dell’individuazione dell’unità e totalità» 3 rischiamo l’eclettismo e la genericità.

Partiamo allora da una breve considerazione, pur se estremizzando e semplificando, un SPL va gestito:

a) sia specificatamente, ad esempio l’azienda che svolge, managerialmente parlando, determinati servizi secondo certuni parametri, indici, misurazioni e comparazioni che vengono utilizzati anche dai soggetti che operano del mercato c.d. «privato»;

b) sia sulla base di princìpi generali e delle pianificazioni, queste ultime quantomeno di ambito territoriale ottimale (d’ora in poi ATO) se non, auspicabilmente, di sovralivello, come vedremo anche nazionale.

Anche per questo necessita una buona analisi e dimestichezza con i concetti fondamentali; una seppur relativa concezione-impostazione di metodo, e, infine, una viva e concreta esperienza di quel che si sta parlando-studiando.

Non è solo guardando ad una parte od a un singolo caso (ad es. l’applicazione della tariffa rifiuti al servizio di gestione dei rifiuti urbani-RU apprestato da un SPL, offerto-rivolto alla categoria delle utenze non domestiche-UND dei falegnami, rientranti in una classe dimensionale minima, ecc.) che si ottiene un quadro di riferimento corretto e migliore. Entrambi (il singolo caso e il quadro di insieme) possono infatti mutuamente fecondarsi nella ricostruzione e analisi di insieme, anzi è proprio relazionandosi che possono pervenire ad una «nuova» prospettiva di concordanza.

Ora, la sentenza del T.A.R. Lombardia, Milano, Sez. I, n. 1459 del 19 aprile 2023 (pubblicata il 12 giugno 2023) assieme ad altre «analoghe» del medesimo T.A.R. che riguardano le funzioni regolatorie di ARERA – ma non solo – quali sono le sentenze 4 n. 501 del 27 febbraio 20235; n. 557 del 6 marzo 2023 6 e n. 486 del 24 febbraio 2023 7 presuppongono che si affronti la questione ivi esaminata (a mio avviso paradigmatica di una problematica più ampia) dotati di una «rete» concettuale e interdisciplinare che consenta di pescare da questo «mare». Ma anche qui, come in molti altri casi, il mare risulta eccedente rispetto alla rete, sfugge8.

2. -Burocrazia condizionante, legislazione non parlamentare, derive tecnocratiche?Inizio lanciando una forte provocazione: siamo davvero vieppiù condizionati, a partire dall’Europa, da «organi burocratici largamente autoreferenziali (...) tecnicamente “irresponsabili”»9? In una tendenza e straripamento di competenze che, tra altro, ha consentito di facilitare (soprattutto culturalmente) l’avvento delle Autorità amministrative indipendenti e il ricorso alle leggi di regolazione. Tanto forse «comporta l’insorgere di altri abusi da parte delle burocrazie pubbliche e degli operatori privati»10?

La questione non è nuova e il rischio non era stato sottovalutato, se già R. Cantone segnalava che «si stanno imponendo nuove forme di legislazione al di fuori del Parlamento: da un lato quella delle autorità indipendenti, soprattutto con quelle finalità di regolazione che il Parlamento non è in grado di assicurare; dall’altro lato, col diritto giurisprudenziale, ovvero quello basato sulle sentenze della magistratura, che si sta sempre più affermando anche nelle democrazie prive di una tradizione giuridica ispirata al common law anglosassone» concludendo che «solo il legislatore può assicurare un freno e un argine alle derive tecnocratiche insite in quel decentramento della normazione verso organi tecnici»11.

Ricordo che la regolazione delle Autorità di regolazione (quali è l’ARERA) è atipica in quanto paralegislativa, certamente non rientra nella legislazione amministrativa, anche se bisogna vedere – di volta in volta – il contenuto della norma che disciplina l’esercizio del potere amministrativo attribuito all’Autorità.

Più esattamente, tutto nasce dalla volontà, soprattutto europea, di realizzare e omogeneizzare (se non simulare, laddove inesistente: nel caso del «fallimento del mercato») un mercato concorrenziale, tramite provvedimenti amministrativi disciplinanti i negozi giuridici di diritto privato e, in qualche caso, anche sostitutivi dei negozi giuridici di diritto privato12.

È stato da altri osservato che «Per tutelare la concorrenza libera, vi sono da un lato le politiche antitrust per vietare i comportamenti scorretti e dall’altro le politiche di regolazione, lì dove servono, per i fallimenti di mercato (...epperò N.d.R.) mancano valutazioni politico-amministrativo-economiche per le quali potrebbe servire la discrezionalità (...) il nodo sta altrove: nella legittimazione politico-rappresentativa dei centri di potere amministrativo, nella riconduzione a unità del pluralismo istituzionale amministrativo (...) e in una equilibrata distribuzione di potere e responsabilità»13.

3. -La natura delle cose... serve più consulenza tecnica ai giudici?Il punto è che per l’intervento pubblico nell’economia la Costituzione prevede la riserva di legge, non però per la «regolazione» 14 che va intesa come «potere amministrativo di correzione alle irregolarità nel funzionamento del mercato economico, in cui gli atti amministrativi sono divenuti fonte di diritto obiettivo»15.

Questo potere amministrativo viene, nella regolazione, posto di fronte alla necessaria «correzione» di «irregolarità» nel funzionamento del mercato economico. Sono correzioni per loro natura spesso non predeterminabili, ricavabili dalla «natura delle cose» 16 che sono da regolare perché il mercato sia concorrenziale.

È «il nuovo diritto pubblico dell’economia» negli scenari dell’economia programmata dai pubblici poteri (anni ’60-’80) eppoi regolata (dopo gli anni ’80-’90) sulla spinta dell’ordinamento comunitario (in una regolazione pro-concorrenziale) e dalla globalizzazione.

In questo contesto, le autorità indipendenti avrebbero «la funzione ultima di realizzare la democrazia economica tramite il contraddittorio paritario, che vale più della rappresentanza come fondamento della democrazia»17.

Ma le decisioni delle autorità di regolazione, pur qualora adottate in seguito al predetto «contraddittorio paritario» possono essere sindacate?

Qui trovo condivisibile la posizione di chi afferma la necessità di «un più largo ricorso alla consulenza tecnica, strumento al quale il giudice deve ricorrere se abbia maturato dubbi sulla ragionevolezza dell’operato dell’amministrazione. La consulenza tecnica conserva un suo spazio essenziale, come strumento di chiusura che consente di colmare le insufficienze del contraddittorio nel procedimento amministrativo (...è una N.d.R.) soluzione mediana per vari ordini di considerazioni che spaziano dal richiamo alla categoria dei concetti giuridici indeterminati, alla distinzione fra verità nella mera ricostruzione dei fatti e verità scientifica nella loro interpretazione»18.

4. -Manca ancora una visione di insieme?Siamo oggi allo «Stato garante» della concorrenza, per mezzo di regole che ne consentono il rispetto. Ma «nella dottrina italiana manca una visione di insieme del fenomeno (...) il punto è che il compito della regolazione è “simulare”, determinare giuridicamente la concorrenza, non imporre una disciplina amministrativa dell’economia. Che il rischio della regolazione fosse di dimenticare il fine, la concorrenza, per conservare una disciplina amministrativa dell’economia era già stato avvertito dagli inventori dello schema»19.

Ricordo – sempre leggendo nell’ottica della «natura delle cose» – che le aziende pubbliche, si badi sostanzialmente, sfuggono al rischio di intrapresa, e i loro managers rimangono dei boiardi di Stato o di altri enti pubblici20, ciò nonostante le cosiddette «privatizzazioni» dei SPL operanti in regimi monopolistici, ove la rivalità fra gestione e regolazione hanno trovato delle p.c.d. «forme di accomodamento», pur nella forma-esigenza della (fallace a mio modesto avviso) concorrenzialità fra i gestori. Ma ciò è avvenuto – per l’appunto – artificialmente, con provvedimenti amministrativi dell’autorità regolatoria21.

Si dovevano contenere non solo i conflitti finanziari o sociali, ma anche la irresponsabile – per come condotta – spesa pubblica che ormai aveva divorato ogni futuro – nell’appetito di molti –, per cui si erano posti limiti e meccanismi fuori da una regolazione dei SPL, gestendo keynesiamente i «margini (...) condizionati dal movimento dell’economia (...senza però N.d.R.) il freno politico», basti vedere nella preminenza delle società sullo Stato (senza riferimenti etici) 22 qual è stata finora la politica economica italiana23.

Le disuguaglianze, stranamente tollerate dalla opinione pubblica (che anzi insegue mitologie di successo o i blogger), sono aumentate nei Paesi ricchi e il limite massimo di spesa pubblica mette un freno ai meccanismi di regolazione dello stato sociale, sottraendo il welfare .

È vera la critica per la quale «manca una società civile forte, con organismi intermedi attivi e quando esistono funzionano più come massoneria di potere che come vettori dell’interesse generale (...ed è assente N.d.R .) uno Stato efficace, servito da una tecnocrazia competente e virtuosa, capace di portare avanti programmi ad ampio respiro»24.

Oggi tutto è mutato: l’intervento pubblico appare un ideale di regolazione in un sistema di opportunità in cui scompaiono le manichee distinzioni tra il pubblico e il privato, iniziando la concezione del sostegno dinamico all’autonomia della società civile25.

5. -Si controverte, non solo sulle competenze, nella surrettizia colonizzazione culturale e di metodo.Come ho cercato di fare sin qui comprendere citando in parte qua anche autorevole dottrina, non bisogna limitarsi ad assumere come punto fondamentale della presente ricostruzione quanto viene evidenziato dalle prefate sentenze sulle competenze attribuite all’ARERA di cui alle leggi 14 novembre 1995, n. 481 e 27 dicembre 2017, n. 205, oltre che rinvenibili in altre disposizioni finanziarie, come pure dalla direttiva quadro in materia di rifiuti 98/2008/CE, modificata dalla direttiva 851/2018/UE.

Occorre infatti calarsi nell’arcipelago della disciplina ARERA che si è formato in materia di SPL rifiuti (orecchiante, nel metodo, il SPL del servizio idrico integrato26) per meglio comprendere l’effettività di queste novità del nuovo «potere» delle autorità regolatorie, nonostante l’esperirsi del c.d. contraddittorio paritario che spesso viene formalmente rispettato, ma non per la «natura delle cose».

Comprendo bene che i giudici debbano – trascinati anche dai ricorsi e dalle difese cosiccome predisposti dagli abili legali delle parti, di volta in volta, coinvolte – perlopiù riferirsi alle norme violate, che qui in prima battuta sono gli artt. 195, 196, 198, 198 bis e 199 del TUA (ma non solo), disposizioni che vengono travolte nella brulicante iniziativa areriana, ad es. di cui alle nuove disposizioni sulla qualità del servizio (denominato «testo unico sulla qualità contrattuale» o TQRIF) assunte con deliberazione ARERA n. 15/2022/R/rif del 2023. Ma, davvero, bisogna forse condurre analisi più archeologiche e di indizi.

Come ho già avuto, altrove, modo di osservare27, sono i particolari, i frammenti, gli scarti marginali che assieme al metodo c.d. «archeologico» portano ad altro.Quindi, anche nella fattualità del diritto, sono i particolari ad essere dei rilevatori, nel fertile approccio abduttivo-indiziario, proprio perché è nei frammenti28, negli scarti e nei dati marginali che si scoprono altri aspetti. È un metodo chiamato «archeologico», grazie alla dimensione storica, che non si ferma alle sole conoscenze propinate dai tecnici che «sono per definizione temporanee»29, scandagliando altresì gli «inossidabili» istituti o disposizioni, onde rintracciarne gli «scarti» ovvero il c.d. «punto di insorgenza»30, snidando errori e archetipi. Questi «punti di insorgenza» sono la rete di relazioni tra segni, tecniche e forme di oggettivazione, che consentono di coglierne la concreta esistenza, proprio dai «punti» ove sorgono certi oggetti (ad esempio il RU trattato e considerato avviabile al recupero o allo smaltimento) che vanno identificati, senza accanirsi sul contenuto formale o logico per il quale, ad esempio, sono i RU recuperabili o smaltibili solo perché trattati entro le operazioni di cui all’allegato «C» o «B» della parte IV del TUA. Sono le modificazioni o interruzioni del senso (non tanto una questione di logica) che fanno apparire altro: in un livello delle regole formali che definiscono possibili gli oggetti, le posizioni del soggetto in rapporto agli oggetti, persino la maniera di formare i concetti.

Si tratta perlopiù di un metodo per l’appunto indiziario 31 proprio perché guarda ai particolari, ai segni deboli, ai dati marginali, agli scarti32, utilizzando i criteri della similarità e dell’analogia.

Così, ad esempio si dovrebbe entrare nel «vivo» di quella tassonomia degli impianti funzionali al SPL, voluta ed eretta da ARERA sulla base di condizioni che però non possono venire apoditticamente deliberate dalle Regioni o da altri enti. Una tassonomia che si snoda nell’apparente (si veda oltre) trittico degli impianti integrati, minimi, aggiuntivi.

Ecco perché serve una consulenza tecnica.

6. - Di cosa stiamo parlando? L’interesse dei ricorrenti risiede soprattutto nell’evitare che gli impianti individuati quali «minimi» dalle Regioni tolgano loro la libertà (imprenditorial-commerciale) di ricevere e gestire i flussi dei RU provenienti anche da altre Regioni. In disparte rimane ogni altra questione relativa alle procedure di affidamento...

Per cui se, ad esempio, la regione Friuli-Venezia Giulia, nei suoi atti e provvedimenti individua, chiamiamola per intenderci una «offerta» resa da un elenco di impianti e delle loro capacità di trattamento (si badi) per il recupero dei RU, in modo tale da soddisfare l’autosufficienza della «domanda» dei RU prodotti (direttamente e, si badi: indirettamente) nell’ambito regionale, è chiaro che i potenziali offerenti di trattamento dei RU (quali sono i ricorrenti che non rientrano negli impianti «minimi» e quindi sono impianti eventualmente «aggiuntivi») così vengono ad essere «tagliati fuori» da questa fetta di... «mercato» ( sic!).

Diversamente (come si evince in altre sentenze cit.) può accadere che siano gli impianti privati annoverati dalla Regione quali «minimi» che invece vogliono rimanere come dire... «fuori» dal sistema e dalla pianificazione in parola, cui vengono invece autoritativamente (è proprio vero?) attratti. E ciò perché essi impianti intendono formulare le proprie tariffe con autonomi metodi (non quindi quelli areriani) e non vogliono vedersi incidere la loro «offerta» (compresa la «riserva» nel tempo) di trattamento dei RU nei confronti di altri soggetti: così è successo, ad es., nella Regione Puglia, ma con specifico riferimento a una discarica, ossia a un impianto di smaltimento e non di recupero.

Prima ancora – lo dico sulla base di personali esperienze maturate in più realtà – bisognerebbe analizzare i flussi quali-quantitativi dei RU come pianificati dalle Regioni ed autorità varie, ma ciò ancora non è bastevole, perché occorre disaminare anche le autorizzazioni dei singoli impianti individuati come «integrati» e «minimi». Tutto ciò richiede lo incrocio – ad un tempo: diacronico e sincronico – anche dei dati «storici» degli impianti e di quelli «macro» da sfondo, se del caso mettendo in discussione anche le relative «fonti». Soprattutto si devono mettere in relazione tra loro tutti questi dati, informazioni, indizi, documenti, ecc., fuori da una lettura descrittiva33.

Sovente talune Regioni richiamano nella pianificazione e nella strategia adottata per lagovernancee la gestione dei RU (e quindi di quanto rientra nel SPL) gli impianti che stanno (più o meno: è un altro tema) «fuori privativa» che nella nomenclatura areariana sarebbero quelli «minimi» e «aggiuntivi», onde evitare che il sistema complessivo dei RU, coi soli impianti «integrati», si inceppi e/o vada in crisi.

Anche qui però non basta blindarsi con un provvedimento, ancorché di pianificazione, dietro numeri e tabelle, trascurando i labirinti (carsici e pure aerei) dei flussi che «rimbalzano» dai RU ai rifiuti speciali (RS), come pure nelle operazioni tra smaltimento e recupero (passando per stoccaggi e/o messe in riserva, come dire... molto «dinamiche»), e anche tra gli impianti intermedi e finali34.

7. -Pertugi da aprire.Rinvio, per serietà, ad altra sede gli approfondimenti che la tematica richiede e che implicitamente pone anche nei casi esaminati dalle sentenze innanzi citate.

Rimane ancora da chiarire, con una lettura che non può essere certo sbrigativa e neppure meramente giuridica, la combinazione (e l’invocazione) dei princìpi di prossimità, autosufficienza e specializzazione, correlati al regime della privativa e del fuori privativa, come pure questi aspetti riferiti alle operazioni di trattamento, in particolare a quelle di recupero dei RU; il che ci riporta, per fare un esempio sintomatico, alla situazione, a mio avviso istituzionalmente tollerata (proprio perché si ha consapevolezza di quel che è accaduto, accade e accadrà) dei famosi flussi (o sub-flussi) dei rifiuti CER-EER 19121235.

Ancora, si è ragionato sugli effetti derivanti (a livello micro e macro) applicando pedissequamente la disciplina ARERA? E, ancora quali sono i «veri» impatti (fuori dalle etichette giuridiche) sulla utenza domestica e non domestica (nella correlazione ai SPL anche non misurabili e alle cosiddette «esternalità») sui prezzi, sui corrispettivi e sulle tariffe? Vanno poi meglio chiariti e applicati con diversi criteri, lo unbundling , il trade off tra costi-benefici, la tematica dei costi efficienti (che diventa il paradigma della buona gestione), il criterio del price-cap, l’espediente del profit sharing, i costi standard (SOSE, IFEL, ISPRA, ecc.), i fabbisogni minimi essenziali36, i livelli minimi di qualità, il full cost recovery, i costi fissi e variabili, la questione dell’impresa incumbent exmonopolista, i fenomeni cosiddetti free-rider, il revenue-cap, il tasso risk free, il debt service cover ratio , e tanto altro.

Peraltro non sono tanto le (ovvie) insidie «dalle incursioni politiche sulle nomine dei vertici delle autorità ai tagli dei finanziamenti pubblici che finiscono per limitare l’autonomia e l’indipendenza di giudizio»37, piuttosto è la politica che deve riappropriarsi e responsabilizzarsi circa le decisioni in materia di SPL e delle loro tariffe, che incidono nel rapporto società-economia-istituzioni.

1 Cfr. P. Krugman, Economisti per caso, Milano, 2009, 5; Id., Un paese non è un’azienda, Milano, 2020, 72.

2 Che individua tre mondi: 1. degli oggetti fisici o degli stati fisici; 2. degli stati di coscienza o degli stati mentali, o forse delle disposizioni del comportamento ad agire; 3. dei «contenuti oggettivi di pensiero», specialmente dei pensieri scientifici e poetici e delle opere d’arte. Cfr. K.R. Popper, Epistemologia. Razionalità. Libertà , Roma, 2022, 7 ss.

3 J. Hillman, L’anima del mondo, Milano, 2023, 86.

4 Le surrichiamate sentenze sono state appellate dall’ARERA, con istanza di sospensione cautelare, avanti il Consiglio di Stato, poiché «si prestano ad essere censurate in quanto si basano su un’erronea interpretazione degli elementi di fatto e di diritto rilevanti», così deliberazione ARERA n. 91/2023/RIF del 7 marzo 2023.

5 Riguardante la Regione Puglia: delibera g.r. n. 221 del 29 dicembre 2021 sulla «individuazione degli impianti di chiusura minimi del ciclo rifiuti» di cui alla delibera ARERA n. 363/2021 e Piano regionale rifiuti urbani (PRGU) approvato dal Consiglio regionale con delibera n. 68 del 14 dicembre 2021; nonché dall’Agenzia regionale (AGER).

6 Riguardante la Regione Emilia-Romagna (ed altri soggetti: ATESRI, IREN, AIMAG, ecc.) di cui alla delibera g.r. n. 801 del 23 maggio 2022 sulla «individuazione degli impianti minimi» e alla connessa delibera n. 2023 del 29 novembre 2022.

7 Sulle quali ho pubblicato più commenti «a caldo» nei Quotidiani on line Ipsoa, Milano, 2022.

8 Vedi il tentativo di conciliazione di teorie e metodi diversi di L. Vero Tarca, La rete e il mare: due differenti testimoni della verità , in R. Panikkar - E. Severino, Parliamo della stessa realtà. Per un dialogo tra Oriente e Occidente , Milano, 2015, in particolare 24 ss. e 65.

9 Riferito a ben altro contesto e alla situazione Ucraina: F. Mini, L’Europa in guerra , 2023, 10.

10 Così P. Savona, Come un incubo e come un sogno. Memoralia e Moralia di mezzo secolo di storia , Soveria Mannelli, 2018, 102.

11 R. Cantone - V. Paglia, La coscienza e la legge , Bari-Roma, 2019, 16 e 28.

12 Sintomatico quanto è stato «inserito» sic!(anche per effetto delle posizioni manifestate dall’AGCM e dall’ARERA) nel comma 10 dell’art. 238 del d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152 ss.mm.ii (d’ora in poi TUA).

13 F. Cintoli, Per qualche gara in più. Il labirinto degli appalti pubblici e la ripresa economica , Soveria Mannelli, 2020, 49; 52 ss.; 89.

14 Che non coincide con la «teoria dei poteri regolamentari impliciti nell’esecutivo», svolgendo funzioni di supplenza nei confronti della libertà economica cfr. F. Merusi, Sentieri interrotti della legalità , Bologna, 2007, 71-72.

15 F. Merusi, Ragionevolezza e discrezionalità amministrativa , Napoli, 2011, 13.

16 Forte concetto merusiano per il quale esse «e la sostanza dei rapporti e degli interessi fanno valere le proprie ragioni al di là delle qualificazioni normative formali». Per Merusi è la «fonte originaria del principio di legalità, già all’epoca del diritto romano, le cose e i fatti, cioè i rapporti nella loro naturalità hanno al loro interno un proprio ordine condizionante che va esplicitato e che funge da criterio-guida sia per legislatore che per interprete. Alla lunga sono i fatti che prevalgono sulle norme dove esse non si adattino e non siano aderenti alla natura della cosa. L’interprete non può esimersi, per bene interpretare le norme, da un esame accurato e da una valutazione del modo di essere dei rapporti sostanziali» così M. Clarich, I princìpi dell’azione amministrativa nell’integrazione tra ordinamento nazionale e comunitario: principio di buona fede e legittimo affidamento in capo ai cittadini da comportamento dell’amministrazione , in L. Benvenuti - M. Clarich (a cura di), Il diritto amministrativo alle soglie del nuovo secolo , Pisa, 2010, 49.

17 Come ben sintetizza M. D’Alberti, Il nuovo diritto pubblico dell’economia nell’opera di Fabio Merusi , in L. Benvenuti - M. Clarich (a cura di), op. cit., 38 ss. Le autorità indipendenti sono chiamate a realizzare il contraddittorio paritario tra gli operatori di mercato: non solo fra le imprese, ma anche fra le imprese e i consumatori, gli investitori, i risparmiatori, gli utenti. Per M. Clarich, op. cit., 43 ss. il contraddittorio diventa anche una misura della legalità: la garanzia del contraddittorio paritario diventa un fattore di legittimazione del potere delle autorità indipendenti riducendo il loro grado di arbitrarietà nelle decisioni, oltre che succedaneo del principio della tipizzazione dei poteri da parte della legge.

18 In proposito viene richiama la difficoltà di un consenso nella comunità scientifica sui metodi per la valutazione di certi fatti (es. la protezione dell’ambiente) giustamente considerando la presenza di certi canoni residuali come il «principio di precauzione». Solo il consulente tecnico può assicurare, nel rispetto del contraddittorio, la valutazione del fatto complesso da parte del giudice per stabilire la ragionevolezza della valutazione effettuata dall’autorità indipendente, altrimenti questa sarebbe una verifica della sola correttezza sintattica cosiccome esposta dall’amministrazione; vedasi A. Travi, L’effettività della giustizia amministrativa: dialettica fra giustizia amministrativa e diritto processuale amministrativo e G. Corso, La costituzione economica: principio di buona fede, equità della PA o del GA , entrambi in L. Benvenuti - M. Clarich (a cura di), op. cit., 51 ss.

19 F. Merusi, La legalità amministrativa. Altri sentieri interrotti , Bologna, 2012, 109-110.

20 S. Zamagni, Economia ed etica. La crisi e la sfida dell’economia civile , Bologna, 2009, 109.

21 F. Merusi, La legalità amministrativa tra passato e futuro. Vicende italiane , Napoli, 2016, 205.

22 A. Minc, L’avvenire dinanzi, Milano, 1990, 121 e 284.

23 Interessante il volume di S. Rossi, La politica economica italiana dal 1968 ad oggi , Bari-Laterza, 2020.

24 «I presupposti del dopoguerra - la riconciliazione, la solidarietà di fronte al pericolo comunista, la ricostruzione - sono diventati puri ornamenti homo europeanus: pacifista, terzomondista, edonista nelle aspirazioni economiche e sociali, individualista, attento a preservare il proprio benessere. Non si domanda per quanto tempo tale modello potrà funzionare e da ciò la sua riluttanza nei confronti delle riforme e il suo amore viscerale per lo status quo», A. Minc, Il mondo che verrà. Europa, America, Cina. Vademecum sull’imprevedibile evoluzione di un pianeta sempre più piccolo , Milano, 2006, 72 e 81-62.

25 G. Sapelli, Merci e persone. L’agire morale nell’economia , Soveria Mannelli, 2002, 30.

26 Anche qui l’ARERA pare eccedere nella sua disciplina, avallando la figura del c.d. «grossista idrico» non prevista nella legge n. 36 del 1994 (c.d. Galli) che è tutta costruita sul concetto di integrazione verticale del ciclo. La direttiva 2000/60/CE indica il full cost recovery sull’insieme degli usi imponendo (cosa mai avvenuta in Italia) un calcolo economico dell’economia idrica a scala di bacino sugli usi agricoli, industriali e civili. L’ARERA «pontifica» sull’uso civile delle acque, non addentrandosi però sulle tariffe dei moduli idrici per l’irrigazione o sulla questione delle concessioni per grandi derivazioni. Si è visto questo fallimentare modo di dirigere e di agire in Emilia-Romagna: nelle esondazioni che travolgono il sistema fognario civile, o quando l’inquinamento rende non più utilizzabile una falda (ad es. per PFAS) o «quando la siccità fa il suo mestiere» come mi fa argutamente presente B. Miccio, un grande esperto di questo settore.

27 In Una «lettura grossiana» alle operazioni di recupero dei rifiuti? Oltre i rifiuti CER 191212: tra pianificazione e gestione , in www.osservatorioagromafie.it , 2021.

28 Nella «crescente disaffezione al sistema» Carnelutti negli ultimi anni della sua vita era «avviato verso la frammentarietà e il puntuale, in quanto oggetto di analisi». Cfr. G. De Luca, Francesco Carnelutti, il diritto e il processo penale , in in Aa.Vv., Francesco Carnelutti a trent’anni dalla scomparsa. Atti del Convegno Udine 18 novembre 1995 , Udine, 1996, 44.

29 D. Lessing, Le prigioni che abbiamo dentro. Cinque lezioni sulla libertà , Roma, 2003, 84.

30 G. Agamben, Signatura rerum. Sul metodo, Torino, 2008, 21 e ss. nel suo metodo genealogico-archeologico; richiamando «la preistoria» di Overbeck come carattere fontale, non coincidente con i documenti e ancora: Foucault, Dumezil, Bergson, Ricoeur, Freud, etc.

31 Cfr. abduttivamente, come i cacciatori quando si pongono sulle tracce della preda «leggendo» una serie coerente di eventi o i medici che congetturano sulle malattie a partire dai sintomi; del resto la semeiotica medica usa empiricamente l’analogia: C. Ginzburg, Miti emblemi spie. Morfologia e storia , Torino, 1986, 158 ss.; G. Agamben, op. cit. , 69-72. Sul «ponte tra ciò che è noto e ciò che non lo è (o lo è meno) che si sustanzia di indizi, si muove nell’ipotesi della “somiglianza” e trova nella coerenza tra ipotesi e indizi la conferma della somiglianza»; peraltro ciò consente di cogliere l’oggetto con l’esperienza interna: L. Canfora, L’uso politico dei paradigmi storici, Roma-Bari, 2010, 7 ss.; G. Manetti, Indizi e prove nella cultura greca. Forza epistemica e criteri di validità dell’inferenza semiotica , in Quaderni storici, 1994, 4, 19 ss.

32 Nella frammentarietà del diritto si creano relazioni lasche «con forme giuridiche eterarchiche», così G. Teubner - A. Fischer-Lescano, Scontro tra regimi: la vana ricerca di unità nella frammentazione del diritto globale , in G. Teubner, La cultura del diritto nell’epoca della globalizzazione. L’emergere delle costituzioni civili , Roma, 2005, 159.

33 Mi permetto rinviare al mio Il servizio pubblico e la tariffa della gestione dei rifiuti: fuori da una lettura descrittiva , in Azienditalia, 2023, 6 e agli scritti ivi richiamati.

34 Anche qui sia concesso rinviare ai miei scritti inseriti nelle riviste di settore: Aziendalia, L’Ufficio Tecnico ed a quelli ivi citati, compresi gli ebook che ho pubblicato, dal 2017 ad oggi, con l’Ipsoa-Wolters Kluwer di Milano.

35 In proposito mi sono molto intrattenuto in più lavori in parte rintracciabili anche in www.pierobon.eu.

36 Si rimanda a Fabbisogni standard nelle «Linee guida interpretative» e in correlazione al Metodo Tariffario ARERA: prime considerazioni ricostruttive del nuovo sistema , in Azienditalia, 2023, 7.

37 M. D’Alberti, op. cit., 41