La speculazione edilizia ha violato la direttiva Habitat sulle dune di Is Arenas (Sardegna).

di Stefano DELIPERI

NOTA: la sentenza citata è stata già pubblicata qui

Importante sentenza emessa dalla Corte di Giustizia delle Comunità europee sugli obblighi derivanti dall’inclusione di un’area nella lista dei siti di importanza comunitaria tutelati ai sensi della direttiva n. 92/43/CEE del Consiglio del 21 maggio 1992 sulla salvaguardia degli habitat naturali e semi-naturali, la fauna e la flora.

 

La Corte di Giustizia, con la sentenza emanata dalla Sezione IV il 10 giugno 2010 (causa C-491/08), ha condannato l’Italia per non aver individuato adeguate misure di salvaguardia ambientale del sito di Is Arenas sia prima dell’approvazione definitiva della lista dei siti di importanza comunitaria della regione bio-geografica mediterranea, sia successivamente, con la sua formalizzazione effettuata con decisione della Commissione del 19 luglio 2006, n. 2006/613/CE.

 

E’ opportuna una sintetica descrizione dei fatti. Nell’area dunale costiera di Is Arenas (Sardegna, Provincia di Oristano), a partire dagli anni ’90 del secolo scorso, è stato presentato un progetto turistico-edilizio di ingenti dimensioni (222 mila metri cubi di volumetrie complessive, residences, hotel, residenze stagionali, servizi, ecc.) con annesso un campo da golf da 18 buche e campo-prova, oggetto di un accordo di programma immobiliare (1997) fra la Regione autonoma della Sardegna, il Comune di Narbolìa e il gruppo immobiliare Is Arenas s.r.l.

 

Tuttavia, fin dal maggio 1995, l’area delle dune boscate costiere di Is Arenas (1.283 ettari, nei Comuni di Narbolìa, Cuglieri, San Vero Milis) è stata individuata quale proposto sito di importanza comunitaria (S.I.C.) in quanto è presente l’habitat naturale prioritario “2270 - Dune con foreste di Pinus pinea e/o Pinus pinaster”. Dal momento dell’individuazione quale proposto S.I.C. sorge l’obbligo, per lo Stato membro, di adottare tutte le misure di salvaguardia ambientale e cautela atte a evitare degrado degli habitat tutelati (artt. 4 e 6 della direttiva n. 92/43/CEE), come autorevolmente interpretato dalla giurisprudenza comunitaria costante (vds. sentenza 4 marzo 2010, causa C 241/08, Commissione/Francia; sentenza 13 gennaio 2005, causa C 117/03, Dragaggi e altri; sentenza 7 settembre 2004, causa C 127/02, Waddenvereniging e Vogelbeschermingsvereniging).

 

La Commissione europea, su ricorso delle associazioni ecologiste Amici della Terra e Gruppo d’Intervento Giuridico n. 2346/1998 e successive integrazioni, ha successivamente aperto la procedura di infrazione n. 4381/2000 con lettera del 10 aprile 2000 e repliche dell’Italia (30 maggio, 8 e 26 giugno, 14 luglio 2000) che affermavano l’errato blocco dei lavori. In seguito ha inviato il del parere motivato ex art. 226 trattato CE con lettera SG (2001) D/286069 del 9 febbraio 2001. Sulla vicenda sono state presentate numerose interrogazioni al Parlamento europeo da parte dell’on. Monica Frassoni (Verdi/A.L.E.), attualmente presidente del Partito Verde Europeo, che hanno ampliato ed approfondito le argomentazioni inerenti la suddetta procedura di infrazione.

 

Dopo alcuni tentativi infruttuosi di “chiudere” la procedura di infrazione da parte delle autorità italiane, la Commissione europea inviava il 22 dicembre 2004 e il 13 dicembre 2005 altre lettere di messa in mora complementari, senza alcun esito. Da segnalare in questi frangenti la proposta – respinta dalla Commissione con lettera del 10 giugno 2005 – di ridurre l’area naturale ricadente nel S.I.C. avanzata dalle autorità nazionali con l’intento di stralciare le zone interessate dall’attività edificatoria. Conseguentemente il 23 ottobre 2007 la Commissione europea inviava alla Repubblica italiana una nuova lettera di diffida complementare. Non avendo ricevuto risposta, la Commissione inviava successivamente, il 29 febbraio 2008, un parere motivato complementare. Ancora senza esito. Pertanto, in data 25 novembre 2008, esperiva ricorso davanti alla Corte di Giustizia.

 

Nell’aprile 2009 la Regione autonoma della Sardegna aveva cercato in extremis di correre ai ripari: con la deliberazione Giunta regionale n. 20/01 del 28 aprile 2009 ha approvato uno stralcio del piano di gestione del sito di importanza comunitaria – S.I.C. “Is Arenas” (ITB032228), con una serie di misure di tutela: “* riduzione del 10% del volume edificatorio previsto dall’accordo di programma immobiliare del 1997 (222.900 metri cubi di volumetrie complessive, n.d.r.) con l’apertura di corridoi allo scopo di contenere l’eccessivo impatto del tessuto edificato; * consentire l’attraversamento della fauna e favorire il dinamismo della vegetazione; * riduzione controllata dei consumi della risorsa idrica per le attività legate al golf, mediante progressiva e graduale sostituzione delle attuali essenze erbacee con altre meno idroesigenti; * ampliamento del perimetro del S.I.C. per una superficie pari a circa 163 ettari a terra, per la tutela dell’habitat dunale, e a circa 3.850 ettari a mare, per la tutela dell’habitat marino praterie di Posidonia Oceanica, secondo la perimetrazione individuata e prodotta in allegato al Piano di Gestione stralcio”.

 

La Corte di Giustizia, dopo aver ricordato gli obblighi di conservazione dei siti di importanza comunitaria fin dal momento della loro individuazione, ha accertato la realizzazione di opere connesse (campi da golf) e l’avvio dei lavori per l’edificazione del complesso turistico-edilizio ancor prima della formalizzazione dell’elenco dei siti di importanza comunitaria della regione bio-geografica mediterranea (19 luglio 2006) e la loro prosecuzione in seguito, nonostante l’invio di lettere di mora e di specifici pareri motivati da parte della Commissione.

 

Non è poi sufficiente l’approvazione di un “piano di gestione provvisorio del SIC «Is Arenas»”, avvenuta nel 2009. Infatti, “quand’anche si supponga che esso costituisca una misura appropriata con riferimento ai requisiti posti dall’art. 6, n. 2, della direttiva «habitat», è giocoforza constatare che esso è stato approvato dopo la scadenza del termine fissato nel parere motivato complementare. Orbene, la sussistenza di un inadempimento dev’essere valutata alla luce della situazione esistente nello Stato membro interessato alla scadenza del termine fissato nel parere motivato e la Corte non può tenere conto dei mutamenti successivi intervenuti (v., in particolare, sentenza 11 gennaio 2007, causa C 183/05, Commissione/Irlanda, Racc. pag. I 137, punto 17)”.

 

La Corte di Giustizia conclude per una violazione, da parte dell’Italia, degli obblighi e degli obiettivi di conservazione del S.I.C. di Is Arenas stabiliti dalla direttiva n. 92/43/CEE, “non avendo vietato un intervento idoneo a compromettere seriamente le caratteristiche ecologiche del sito” prima della formalizzazione dell’elenco dei medesimi S.I.C., e successivamente per non aver “adottato, dopo il 19 luglio 2006, misure appropriate per evitare il degrado degli habitat naturali per i quali detto SIC è stato designato”. E’ seguita la condanna alle spese.

 

E potrebbe anche non finire qui. Infatti i lavori edilizi sono tuttora in corso e le associazioni ecologiste Amici della Terra e Gruppo d’Intervento Giuridico insieme al Gruppo Verdi/A.L.E. al Parlamento europeo hanno nuovamente attivato la Commissione europea per tutte le opportune iniziative.

 

Dott. Stefano Deliperi