A CANCUN NON SI PARLERA’ DI  DEPURAZIONE GLOBALE.
di Luigi Antonio PEZONE

 

 

 

Gli effetti catastrofici, dovuti ai cambiamenti climatici che stiamo riscontrando in questi ultimi tempi in varie parti del mondo, confermano che  la natura si ribella  al modo in cui gestiamo l’ambiente. Cito una  frase  da una intervista dibattito pubblicata sulla rivista elettronica “Cogito, ergo sum n.132” dal titolo  "Quale crescita nella crisi ecologica" di Carla Ravaioli con Luciano Gallino: “Se il Sud del mondo dovesse produrre come l'Occidente, in pochi anni di Terre ce ne vorrebbero due”.  Un esempio di questa crescita preoccupante è la  Cina dove   non c’e tempo da perdere con i problemi ambientali:  pensano solo a recuperare il tempo perduto sul piano industriale. Si calcola che siano inquinati il 90% dei fiumi e dei laghi cinesi, specialmente al nord, con oltre il 70% delle acque dei fiumi Giallo o Huang He (il più lungo, che va dall’altopiano del Tibet al golfo di Bo Hai, nel Mare Cinese orientale, dopo 5.460 Km), dello Huai e del Hai, nonché dei loro affluenti. Le loro acque sono troppo inquinate per l’uso umano. Oltre 320 milioni di contadini cinesi non hanno accesso all’acqua potabile. L’ eutrofizzazione è il pane quotidiano di milioni di persone. Dal libro del prof. Paolo Sequi, “Il racket ambientale”, cito: “Alcuni laghi sembrano giardini immensi. Le piante acquatiche sono utilizzate per alimentare i suini e per preparare il compost dei terreni insieme alle deiezioni degli stessi suini. Nelle zone costiere dell’oceano pacifico, quando c’è bassa marea, vi si trova l’intera popolazione locale, magari tre o quattrocento persone ogni  ettaro di superficie, immersi nell’acqua fino alle ginocchia a raccogliere molluschi, crostacei e alghe”. Personalmente, aggiungo: cosa succederà, se e quando quelle popolazioni, grazie alla rivoluzione industriale,  miglioreranno il loro tenore di vita e lasceranno in putrefazione le piante acquatiche, le alghe e i molluschi? La situazione non è  molto diversa negli altri paesi in via di sviluppo.  Dalla prefazione dello stesso  libro  cito:  “Oggi si parla tanto di ecologia ma manca ancora una discussione seria e scientifica sui rapporti di causa ed effetto all’origine del degrado ambientale. Molte iniziative “ambientaliste” paiono muoversi più con slogan ad effetto che non sulla base della comprensione della natura. E così sorge un sospetto: esiste un “racket” dell’ambiente che ha distorto l’ecologia a proprio vantaggio? Quali interessi si nascondono dietro iniziative che spaventano l’opinione pubblica, ma che hanno scarso fondamento scientifico?  Il libro aiuta a capire perché nonostante si parli sempre di più di tutela dell’ambiente, si siano ottenuti risultati molto modesti nella difesa della natura”.

Ho letto il libro e l’ho trovato  interessante per molti aspetti ma non ho trovato la risposta che cercavo: l’ostinato silenzio   che oppongono le  autorità ambientali e gli addetti ai lavori, comprese le associazioni  ambientali,  in difesa  dell’attuale sistema depurativo che, chiaramente, non funziona.  Non penso che possa esistere un racket ambientale  mondiale, non perché abbia una particolare fiducia  negli uomini ma, perché ritengo che questo sarebbe un racket molto maldestro. Un  racket  degno di rispetto, avrebbe già capito che una effettiva   protezione ambientale  potrebbe diventare in breve tempo   l’industria  mondiale più importante del mondo, sia per gli investimenti necessari, sia per il numero di occupati, sia per l’enorme  potere da gestire.   Oggi   esistono  soltanto  cricche e caste, variamente  collegate tra loro, che non sanno guardare lontano. Non comprendono  che in natura tutto è collegato. Per  varie strade, tutto finisce nei fiumi, laghi e  oceani, atmosfera, innescando processi degenerativi che, una volta superate le capacità di autodifesa, procederanno  autonomamente, con leggi esponenziali, verso l’irreversibilità dei fenomeni. Non basterà ridurre  soltanto le emissioni di CO2, né un tardivo cambiamento di rotta, di fronte a fenomeni molto più grandi di noi.

Negli ultimi 250 anni, mentre la concentrazione di CO2 aumentava di 100 ppm, gli oceani hanno incrementato il grado di acidità del 30% e la produzione di plancton del 40%. Questo è un fenomeno molto più preoccupante dello stesso CO2, perché la quantità di CO2 nell’aria è ancora largamente compatibile con la vita degli uomini e degli animali, mentre la vita negli oceani mostra già segni di incompatibilità importanti. Pur esistendo impianti di protezione ambientali nelle varie attività dell’uomo, il grosso sfugge altrimenti non ci troveremmo nella situazione in cui siamo e non ci sarebbe bisogno dei tanti vertici ambientali per stabilire delle strategie di difesa comuni.  Sarebbe auspicabile una gestione mondiale (illuminata)  dell’ambiente, ma l’ONU che potrebbe candidarsi a farlo, ha dimostrato di non avere le idee chiare in materia ambientale. I governi dovrebbero  incentivare gli investimenti ambientali, anche sforando ulteriormente i debiti pubblici. Tra disastro economico ed  ecologico mondiale è meglio scegliere il primo, dal quale si potrà risollevarsi, mentre il secondo non lascerebbe nessuno scampo ai nostri discendenti. Non essendo possibile ampliare la dimensione della terra per fare posto alla crescita dei paesi emergenti, non c’è altra scelta che la razionalizzazione dei sistemi di difesa ambientali. Sarebbe meglio dire la nascita perché quelli esistenti svolgono un ruolo del tutto marginale  rispetto al fabbisogno. I ricchi dovranno comprendere che il denaro non servirà nemmeno a loro se non servirà a salvare il Pianeta, tanto vale iniziare da subito a investire  nell’ambiente per  tutelare i  loro stessi  capitali.  Le opere necessarie per arginare il riscaldamento globale  sono   imponenti, e sono impossibili da realizzare senza i capitali privati. Secondo l’Ocse l’1% della popolazione mondiale detiene il 50% della ricchezza. Se parte di questa ricchezza  non verrà utilizzata  subito per realizzare opere strutturali a difesa dell’ambiente, quando si comprenderà la gravità dei problemi, sarà tardi. Probabilmente, si arriverà alla rivoluzione globale non per motivi ideologici ma di sopravvivenza. Ma sarà ugualmente tardi.  Ma che cosa fare?

I politici e i vertici mondiali come quello che si terrà a Cancun  dal 29/11/2010,  devono imparare a riconoscere i progetti funzionali che riducono effettivamente i problemi, senza crearne altri. Se partiamo dal concetto  che l’ambiente è un grande impianto termo climatico non dobbiamo meravigliarci dell’importanza che assume il trattamento delle acque. Sotto questo aspetto, oggi,   sono inadeguati sia il sistema fognario sia i depuratori. Il primo degenera i liquami, i secondi a causa di questa degenerazione depurano le acque “post mortem”. Costano e consumano moltissimo, trattano pochissima acqua,  non si preoccupano nemmeno delle proprie  emissioni, scaricano acqua con PH 5,5 indipendentemente dal PH del corpo idrico ricevente favorendo altre emissioni di CO2, (con il consenso delle leggi); in caso di piogge eccessive  scaricano  acque degenerate dallo stesso sistema fognario, quindi in condizioni assai peggiori di quando siano state immesse nelle fogne.  Per far comprendere quanto sia sbagliato l’attuale sistema depurativo che ritarda la depurazione dei liquami per intere settimane (il tempo che impiegano a   raggiungere gli impianti), mentre i processi degenerativi anaerobici procedono con leggi esponenziali nella stessa fogna, cito un esempio preso in prestito da un articolo in rete (http://www.cosediscienza.it/metodo/02_log.htm):  “Un modo per illustrare l’estrema rapidità con la quale una crescita esponenziale porta ad approssimarsi ad un valore prefissato è quella di fare ricorso ad un indovinello per bambini. L’indovinello è il seguente. Immaginiamo di avere un laghetto al centro del quale cresce una ninfea che ogni giorno raddoppia le proprie dimensioni: se la pianta potesse svilupparsi liberamente, dopo 30 giorni coprirebbe completamente il lago soffocando tutte le altre forme di vita. Ora, se si decidesse di tagliare la ninfea quando le sue foglie hanno coperto metà del lago in modo da salvarlo da morte sicura in quale giorno si dovrebbe intervenire? La risposta è al 29° giorno, cioè vi sarebbe un solo giorno di tempo per rimediare ad una situazione che il giorno dopo diventerebbe irreparabile. Il risultato è sorprendente soprattutto se si riflette sul fatto che il 25° giorno era coperto appena poco più del 3% del lago: nelle crescite di tipo esponenziale all’inizio le cose vanno piano poi accelerano in modo impressionante”. Questo è quello che avviene da qualche secolo con l’attuale sistema depurativo che, anche quando non sarebbe necessario, depura il quasi indepurabile.  Ma quello che è peggio è il fatto che la stessa politica  si sta attuando  su larga scala a livello oceanico. Chi mai potrà arrestare un fenomeno che riguarda 1.450.000.000 Km3 di acqua (compresi i fiumi e laghi) se si supererà il punto di non ritorno?

Sul fronte dell’atmosfera le cose non vanno diversamente. Abbattere le grandi  emissioni per via aerea è difficile e costoso.  C’è stato qualcuno, molto influente, che ha avuto la brillante idea di catturare il CO2 (senza sapere come) e di interrarlo nelle cavità terrestri. Subito le caste del mondo (tranne la Cina e i paesi emergenti, ma Italia compresa), incuranti delle critiche, si sono adoperate per sviluppare questa assurda idea sprecando, fino ad ora, oltre 26 miliardi di dollari, senza approdare a risultati apprezzabili. Intravisto il probabile  fallimento di questa strada, si ritorna a parlare con maggiore insistenza di nucleare, come se il problema dei cambiamenti climatici fosse solo il CO2 e  potesse essere risolto solo con il nucleare.  La riduzione di CO, ottenibile con il nucleare, riguarderebbe  soltanto una percentuale di quello di origine fossile, che a sua volta è una percentuale di quello antropico che è a sua volta il 3,5 per cento del CO2 totale. L’Italia segue la corrente, come al solito.  C’è anche un signore (il sottoscritto), che ha messo a disposizione delle autorità ambientali italiane dei progetti concreti, basati su concetti scientifici e tecnici, che non solo dimostrano come si possa azzerare, in modo ecocompatibile, l’incremento delle  emissioni di CO2 a livello mondiale ma addirittura, frenare contemporaneamente  l’acidificazione oceanica e razionalizzare i sistemi depurativi che, come anzi detto, non funzionano come dovrebbero. Nel nostro Paese nessuno ha voluto spendere una parola a favore o contro questi progetti, nessuno ha voluto spendere un euro dei fondi  stanziati per l’ambiente dalla comunità europea. Nel frattempo, molti fondi stanziati non sono stati utilizzati e sono stati  restituiti al mittente proprio per mancanza di progetti ambientali. Contemporaneamente, assistiamo a scempi come quelli che avvengono in Campania a livello di rifiuti e di depurazione delle acque, mentre razionalizzando i sistemi depurativi si potrebbero risolvere entrambi i problemi. Non parliamo dei rifiuti che ci hanno reso famosi in tutto il mondo. Parliamo dei depuratori. Il depuratore di Cuma è  quasi sempre fuori  servizio e quando funziona scarica acque nere documentate con foto su Internet senza bisogno di analizzarle. I cinque depuratori che  scaricano nel canale dei “regi lagni” diretto al mare   sono tutti  sequestrati  dalle autorità giudiziarie  dall’ aprile 2010 (salvo novità  di dissequestro che non mi risultano).  In alcuni di questi  depuratori avveniva  un ciclo al contrario:   l’acqua in uscita era più inquinata di quella che vi entrava; in altri casi, i collettori fognari provenienti da intere cittadine, invece di  entrare nei depuratori  li aggiravano; nel  canale,  a valle dei depuratori,  vengono, tuttora, sversate  tonnellate di  escrementi di bufale, insieme a carcasse di animali,  auto,  lavatrici, frigoriferi e via di seguito.  Il tutto mentre un “organo di controllo pubblico” di ben 25 persone, altamente qualificate e altamente retribuite,  redigeva  per circa 8 anni un regolare rapporto mensile sulla funzionalità degli impianti. Naturalmente a queste persone se ne aggiungevano tantissime altre che a vario titolo partecipavano al banchetto.  (http://www.facebook.com/notes/informazione-libera/regi-lagni-il-veleno-di-gomorra/385130194153). Quale collaborazione e quali  risposte potrebbero dare alle proposte del  sottoscritto gli autori di questi misfatti? A chi dovrebbe rivolgersi chi propone una depurazione sostenibile senza macchine di depurazione? Non certo a chi  costruisce le macchine. Potrebbe forse rivolgersi ai progettisti di impianti fotocopia che cambiano solo qualche macchina  fingendo di non sapere che bisogna  cambiare il sistema che trascura le emissioni atmosferiche, che non si preoccupa dell’acidità oceanica, e come detto, prima degenera e poi, se ci riesce, depura post mortem, complicando i processi e aumentando i costi? Per circostanze varie e ovvie,  questo sistema, troppo spesso, fa solo la prima parte.

Quante volte ho scritto che i trattamenti preliminari, alleggerendo  il carico organico man mano che il liquame procede nel percorso fognario,   potrebbero consentire di  accogliere anche la frazione umida dei rifiuti solidi urbani riducendo tantissimi problemi ambientali anche sul fronte delle discariche e degli  inceneritori. Quante volte ho scritto che solo montando nei singoli appartamenti un semplice impianto costruito con componenti modulari di serie per recuperare e riutilizzare per la pulizia del wc una parte delle acque domestiche, si potrebbe risparmiare il 25% delle acque  potabili e delle acque da depurare. Il sistema non sarebbe nemmeno lontanamente paragonabile all’uso delle acque piovane, che non consente la riduzione delle depurazioni, anzi le aggrava per l’impiego di acque acide (con questo non escludo il recupero delle acque piovane per impieghi non domestici). Ma queste cose   non interessano ai nostri responsabili ambientali. L’art. 1, comma 228, legge 244/2007 che obbliga al risparmio idrico è rimasto sulla carta.     Questi articoli  sono disponibili in rete, pubblicati, in larga parte, su www.Lexambiente.It, i cui link si trovano anche nella mia pagina di Facebook: Le carenze dei sistemi depurativi; La flocculazione in casa; I sindaci e l’acqua; L’Afganistan dei gestori; La prevenzione dell’idrogeno solforato; La depurazione integrativa nelle case e nelle fogne. Da qualche mese parlo anche di nuovi depuratori ai quali  non avrei mai pensato, se non fossi partito dalle inesistenti soluzioni depurative, domestiche e fognarie.  Questi nuovi depuratori possono  coinvolgere  nel trattamento depurativo sia l’aria inquinata, emessa dallo stesso processo di depurazione, sia l’aria proveniente dall’esterno, inquinata da processi di combustione:  “Depuratori coperti fluviali e urbani con  consumo di CO2 e produzione di energia solare nell’ambito della depurazione globale”; “Depuratori portuali”; “Come depurare i fumi e il CO2 delle centrali termiche e i gas di scarico degli autoveicoli nei depuratori di acqua coperti”; “Ridurre il CO2 non è dannoso”;  “Progetti e idee per il prossimo vertice di Cancun”. Se partiamo dalle prime alle ultime pubblicazioni, si può constatare come sia avvenuta  la nascita  e la crescita virtuale  della  “depurazione globale”. I vari articoli illustravano  il sistema in tempo reale,  man mano venivano studiate le soluzioni applicabili ai singoli settori (case, fogne, campagne, fiumi, laghi, mari) nella speranza che qualcuno, pubblico o privato, comprendesse l’importanza di questi progetti alternativi e mi desse una mano anche con qualche finanziamento per procedere a  delle sperimentazioni. Non mi sarei mai aspettato di compiere l’intero percorso da solo in un Paese in cui le discussioni sull’ambiente sono seconde soltanto a quelle sul calcio. Non mi aspettavo nemmeno di trovare le idee giuste per  esprimere il concetto della “DEPURAZIONE GLOBALE” e come attraverso il trattamento dell’acqua si possa coinvolgere anche la depurazione dell’aria, la riduzione delle emissioni di CO2, e la frazione umida dei  rifiuti solidi urbani. Se insisto, vuol dire che  credo a questi sistemi, nonostante i silenzi e la mancata sperimentazione, perché propongo delle semplificazioni, non delle complicazioni.    La suddivisione del processo depurativo  in varie fasi distribuite   lungo il percorso  delle acque di scarico ha fondati  motivi tecnici. Basti pensare che i pretrattamenti domestici e fognari potrebbero arrivare ad abbattere il 50% del carico organico, chiarificando le acque all’origine con sistemi statici farebbero risparmiare moltissima energia elettrica, anticiperebbero, almeno parzialmente,  la denitrificazione del liquame nello stesso percorso fognario privato dai sedimenti. Scempi come quelli che avvengono nei depuratori campani non potrebbero mai avvenire.  Si potrebbe persino sfatare la credenza che  vuole i depuratori lontano dai centri abitati. I nuovi depuratori, o una parte importante del processo, sarebbe  utile che stessero  in pieno centro, nelle zone di maggiore traffico  per utilizzare l’aria inquinata dal traffico automobilistico, come aria di ossidazione, che sottratta all’ambiente si depurerebbe depurando anche l’acqua.  Questo sarebbe possibile  perché  la depurazione, anziché contare sui processi a fanghi attivi che vanno facilmente in crisi con picchi di carichi idraulici e organici, si baserebbe principalmente sulla combinazione di più processi aerobici contemporanei, resi  possibili  grazie alla chiarificazione fatta a monte nelle fosse Imhoff e nei sedimentatori in linea nelle fogne. La chiarificazione delle acque e la copertura delle vasche  consentirebbe di introdurre la fotosintesi clorofilliana intensiva  nei bacini di ossidazione che, insieme al processo di nitrificazione, potrebbe neutralizzare una notevole quantità di  CO2, gli ossidi di combustione CO, NOx, SOx, HC, polveri sottili e nutrienti come il fosforo, azoto, potassio  presenti nei detergenti o nei concimi agricoli. Il trattamento potrebbe essere completamente interrato e completamente inodore, grazie all’utilizzo della calce per l’immediata stabilizzazione dei fanghi estratti verticalmente dal sottosuolo con un sistema brevettato in Italia che, ormai, all’estero tutti possono copiare e spero che lo facciano. In assenza di carichi organici sarà lo stesso ciclo di vita del plancton coltivato e la relativa materia organica prodotta  a tenere in vita i batteri che consumeranno i nutrienti tossici contenuti nei gas di scarico, in un regime di respirazione endogena. Rispetto ad oggi, sarebbe possibile riutilizzare in agricoltura una maggiore quantità di fanghi, grazie alla possibilità di selezionarli alla fonte. Grazie alla   stabilizzazione con calce insita nel processo stesso di disidratazione, i fanghi potranno essere conservati per diversi mesi senza sviluppare germi patogeni e cattivi odori in attesa delle lavorazioni o della termodistruzione.  Il sistema di depurazione globale (dell’aria e dell’acqua insieme), trova la sua naturale applicazione  nel trattamento delle acque fluviali e marine che, per quanto possano essere inquinate, sono  sempre sufficientemente chiare per utilizzare la fotosintesi, la nitrificazione, l’alcalinizzazione e addirittura la carbonatazione, come descritto negli appositi articoli sopra citati. Se si pensa che il semplice impatto  tra acque fluviali dolci e acide,  e le acque marine salate e alcaline, lungo le coste,  diluendo i sali e riducendo l’alcalinità, libera  milioni di tonnellate di CO2 e acidifica i mari, anche in assenza di un vero e proprio inquinamento, sembra evidente che la soluzione migliore per ridurre le emissioni di CO2 e, contemporaneamente,  l’acidificazione oceanica è quella di aumentare l’alcalinità delle acque costiere realizzando una quantità di impianti alcalinizzatori, fluviali e marini sufficienti a raggiungere gli obiettivi che ci prefiggiamo. Se, invece, il nostro scopo è  quello di prevenire anche le future emissioni, dobbiamo combattere l’inquinamento, depurando le acque e l’aria nei depuratori coperti diffusi sul territorio, urbani, portuali, fluviali, marini. Questi impianti potrebbero neutralizzare grandissime quantità di  CO2, carichi organici, nutrienti indesiderati, ossidi di combustione attraverso l’ ossidazione endogena, nitrificazione, fotosintesi, e affiancati da sezioni modulari di sedimentatori statici combinati con la disidratazione e la stabilizzazione dei fanghi posta superiormente e bacini di carbonatazione posti inferiormente, potrebbero diventare delle autentiche centrali di purificazione dell’aria e delle acque fluviali, lacustri, costiere, oceaniche.  Un domani potrebbero  svolgere un ruolo importante anche nella produzione energetica, a prescindere da quella solare, già prevista con le coperture degli impianti. In un futuro, probabilmente non troppo lontano, il plancton previsto potrebbe essere sostituito da alghe  che  potranno essere utilizzate per produrre idrocarburi di nuova generazione.  Se è vero che la Exxon Mobil Corporation, il gigante del petrolio, ha firmato un accordo con la Synthetic Genomics Inc.(SGI), una delle società leader nel campo delle biotecnologie, per contribuire a produrre biocarburanti  a partire dalle alghe foto sintetiche (http://www.chimici.info/Dalle-alghe-il-carburante-del-futuro) quali impianti saranno più adatti dei depuratori coperti  per realizzare tale produzione? Questi già  prevedono sia le serre di coltivazione, sia il sistema di estrazione dei fanghi, la disidratazione e la stabilizzazione degli stessi;   sia il sistema di ricircolo del CO2; sia il sistema di sedimentazione e  alcalinizzazione delle acque in uscita dall’impianto.

Utilizzare la calce per neutralizzare il CO2 e contrastare l’acidificazione oceanica a livello mondiale, come  propone il sottoscritto, potrebbe sembrare un pessimo affare, se si pensa che  la calce viene prodotta riscaldando le rocce calcaree (CACO3). Considerando i pesi atomici, CA= 40, C= 12, O=16,     da un kg di CACO3 purissimo, si possono  estrarre 540 grammi di CAO, ma l’estrazione produce  anche 440 grammi di CO2 ( CAO + CO2 = CACO3) che vanno in atmosfera, più quello prodotto per il riscaldamento, quindi, alla fine, possiamo dire che con un kg di CAO neutralizzeremmo soltanto  il CO2 prodotto per ottenere  lo stesso  CAO dal CACO3.

Ma negli impianti che si propongono le cose andranno molto diversamente perché le  reazioni avverranno in acqua pulita e in un bacino di carbonatazione, posto al di sotto della sedimentazione secondaria o terziaria,   dove le  precipitazioni in CaCO3 non verranno perse ma riutilizzate   per neutralizzare altro  CO2, secondo la reazione  CACO3 + H2O + CO2 = CA(HCO3)2. Le altre semplici reazioni sono: H2O + CO2 = H2CO3; CAO + H2O = Ca(OH)2;  2 H2CO3 + Ca(OH)2®CA(HCO3)2 +2H2O; CA(HCO3)2 + Ca(OH)2 ® 2CACO3 +H2O.

Collegando  le zone aeree dei bacini di ossidazione e sedimentazione è possibile trattate nell’acqua tutte le immissioni di aria inquinata immesse nell’ambiente coperto, oltre ai carichi organici  già presenti nell’acqua. Pertanto, in questi impianti, oltre alla precipitazione chimica del CO2 con calce, sopra vista, si avrà anche  la possibilità di neutralizzare CO2 e i nutrienti eutrofizzanti presenti nell’acqua e nell’aria con processi biologici che si svolgeranno nei bacini di Ossi – nitrificazione e fotosintesi, dove:

-nella zona inferiore, prevarrà la respirazione aerobica che consumerà ossigeno e  produrrà CO2. I carboidrati vengono decomposti mediante l’ ossigeno per ottenere energia. L'equazione chimica che riassume il processo è:

C6H12O6 + 6O2 ® 6CO2 + 6 H2O + circa 38 molecole di ATP.

Gli ossidi di zolfo potranno essere trasformati in solfito  e solfato di calcio che si depositerebbe nei fanghi  sia nei bacini di ossi-nitrificazione (alcalinizzati), sia in quello di carbonatazione mediante le seguenti reazioni.

SO2 + H2O → H2SO3 (acido solforoso)

CaCO3 + H2SO3 → CaSO3 + CO2·H2O

H2SO3 + Ca(OH)2 ---> CaSO3 (solfito di calcio) + 2H2O

CaSO3 + (1/2)O2 + 2H2O → CaSO4(solfato di calcio)·2H2O

- Nella zona intermedia, con il processo di nitrificazione si consumerà CO2 e prevarrà l’ossidazione dell’azoto ammoniacale a nitrico ad opera dei batteri nitrosomonas che può essere rappresentata da:

55NH4 + 5CO2 + 76O2 ® C5H7NO2 + 54NO2 + 52H2O + 109 H e dalla ossidazione del nitrito a nitrato ad opera di batteri nitrobacter:

400NO2 +  5CO2 + NH4 + 195O2 + 2H2 ® C5H7NO2 + 400NO3 + H.

Nella zona superiore del bacino di ossi-nitrificazione  prevarrà la fotosintesi (l’acqua superficiale sarà trattenuta nel bacino per tutta l’altezza del fitoplancton),  si consumerà CO2 con produzione di ossigeno. Il prodotto organico della fotosintesi ossigenica è il glucosio (C6H12O6). In seguito, da questo sono assemblate varie altre macromolecole, quali l'amido (la forma di accumulo del carbonio nelle piante) e il saccarosio (la forma di trasporto). Il carbonio e l'ossigeno da convertire in sostanza organica sono forniti rispettivamente dal diossido di carbonio (CO2) e dall'acqua.  L'equazione chimica che riassume il processo è: 6 CO2 + 6 H2O + 2872144,8 ( j / mole) ® C6H12O6) + 6 O2;   2872144,8 ( j / mole) = 686 ( Kcal / mole) sono l’energia derivante dalla radiazione solare necessaria per effettuare la reazione.

Quindi, nei depuratori coperti, ci saranno alcuni processi biologici e biochimici che sviluppano CO2 e altri, più numerosi, che lo consumeranno; ci sarà la possibilità di abbattere gli ossidi di  zolfo e nitrati;  ci sarà, soprattutto, la fotosintesi e l’effetto serra artificiale che accelererà il processo di produzione del plancton artificiale  per consumare CO2 e i nutrienti indesiderati (fosforo e azoto) che provocano eutrofizzazione, acidificazione e di nuovo CO2, interrompendo la spirale perversa. Ma la cosa più importante è che i processi depurativi sopra menzionati si accompagnano all’alcalinizzazione  di una parte di acque costiere  oceaniche, o di acque dolci ad esse destinate, dove si manifestano i maggiori cedimenti della grandissima soluzione  tampone costituita dagli oceani e dove l’alcalinità somministrata andrà a contrastare la curva di acidificazione con la stessa legge logaritmica secondo la seguente espressione che è detta equazione di Henderson e Hasselbach: pH=pKa+Log[HCO3¯] /H2CO3], dove pka è il logaritmo negativo della costante dell’acido carbonico e vale 6,37. Quindi, non è vero che l’utilizzo della calce compenserà soltanto le emissioni necessarie per la produzione della calce. Il rendimento di questa somministrazione sarà minimo esponenziale in base 10. Dico minimo perché è stato accertato che la velocità con la quale procede l’acidificazione degli oceani sta superando di circa 10 volte i modelli matematici predisposti dagli scienziati che ben conoscono l’ equazione di Henderson e Hasselbach. Quindi nessun investimento  avrà un rendimento migliore  della calce, soprattutto se la produzione della stessa, come ho già scritto, sarà abbinata ai depuratori stessi le cui acque serviranno per il raffreddamento dei fumi che successivamente saranno immessi direttamente nelle serre di copertura dei bacini di trattamento senza nemmeno venire a contatto con l’atmosfera. Questo sistema potrebbe essere la migliore soluzione per catturare le emissioni di CO2 dalle centrali termiche con combustibili fossili, già costata oltre 26 miliardi di dollari, e lo farebbe catturando contemporaneamente agli altri ossidi di combustione senza la necessità di interrarlo nelle cavità terrestri come l’ IPCC vorrebbe fare con la collaborazione del nostro ministero dell’ambiente ENI, ENEL, ENEA.

Un depuratore di acqua e aria  alcalinizzatore  fluviale  o marino, alimentato con energia solare. richiede uno spazio di  circa 6.000 m2 per ogni m3/s di acqua trattata. In assenza di inquinamento dell’ acqua e dell’aria  per la sola alcalinizzazione della stessa quantità di acqua   basteranno   soltanto 2.000 m2. Ipotizzando di alcalinizzare  1 m3/sec di acqua fluviale per tutto l’anno, consumando mediamente  0.3 kg di CaO/sec, occorreranno circa  9.460.800 kg di Cao/anno*m3/sec (considerando che il rapporto in peso del CaO/CO2 = 56/44 = 1,27 e  considerando che la calce serve anche per stabilizzare i fanghi assumiamo il rendimento CAO/CO2 pari a 1,5,  corrisponderebbero a 6.307.000 kg di CO2/anno*m3/sec (9.460.800/1,5). Considerando che attualmente la concentrazione di CO2 atmosferica cresce di circa 15 GT/anno (miliardi di tonnellate), per mantenere l’attuale equilibrio dovremmo alcalinizzare  circa 2.378.309.814 m3/s*anno  di acqua (15.000.000.000.000 / 6.307)  in tutto il mondo, consumando  circa 22.500.000.000.000 Ton di CAO /anno (15.000.000.000.000 *1,5), occupando una superficie di 4.756.620 Km2 (2.378.309.814 *2000*0.000001),  di spazio, soprattutto  costiero-marino per il trattamento, pari a circa la metà della superficie  degli Stati Uniti di America. Se si pensa che le acque coprono i due terzi della superficie della terra queste dimensioni non dovrebbero spaventarci.  Se utilizzassimo i sistemi di stabilizzazione e  disidratazione dei fanghi  che si usano  attualmente nei depuratori, occorrerebbe una superficie almeno dieci volte superiore e costi parimenti superiori.    Se triplicassimo la superficie introducendo l’ossidazione, la  fotosintesi e la nitrificazione potremmo depurare l’acqua e l’aria, aumentando  almeno del 50%  la riduzione delle emissioni di CO2 con lo  stesso consumo di calce; sottraendo addirittura parte delle emissioni di CO2 accumulate negli anni. Questa  sarebbe  la “depurazione globale”. Per ridurre la dimensione delle opere e i consumi di calce c’e un solo modo: partire subito alla realizzazione degli impianti, locali, urbani, fluviali, lacustri, marini. Ogni ora che perdiamo aumenta il fabbisogno di calce e la dimensione delle opere.  Come ho scritto sopra,  questi grandi impianti diventerebbero la più grande industria del mondo, oltre alla protezione ambientale, creerebbero grandissime opportunità di lavoro per la costruzione, la gestione, le attività indotte. Le opere realizzate nel mare, potrebbero essere utilizzate come strutture di base utilizzabili per creare porti con acque non inquinate,  che aumenterebbero gli scambi commerciali e turistici, riducendo ulteriormente l’inquinamento dovuto ai trasporti su strada. Se necessitano opere così importanti non significa che la soluzione sia sbagliata, ma soltanto che fino ad ora non abbiamo fatto niente per la protezione ambientale. Stiamo ancora cercando delle scappatoie per non affrontare i problemi che diventano sempre più grandi e richiedono opere ancora più grandi.

Tuttavia, a Cancùn non si parlerà di depurazione globale. Fino ad ora i vari vertici hanno espresso soltanto soluzioni palliative. Cosa  rappresentano le attuali  proposte di riduzione delle emissioni attraverso il nucleare, l’interramento del CO2, la commercializzazione delle quote virtuali delle emissioni di  CO2?  Se non soluzioni  che pensano soltanto al CO2 ma non utilizzano sistemi ecocompatibili e dimenticano completamente il problema oceanico. Queste soluzioni  ritardano i tempi di attuazione del vero risanamento globale  eco compatibile che riguarda tutti i territori, tutte le acque, tutta l’atmosfera. Lo stesso dossier del WWF “For a living planet” non è altro che un elenco di comportamenti virtuosi che gli uomini trascurano da sempre, ma allo stato attuale, anche se iniziassero per magia a seguirlo alla lettera  occorrerebbero diverse migliaia di anni per risanare il pianeta, mentre è opinione comune che al massimo entro la fine di questo secolo raggiungeremo un punto di non ritorno che nemmeno l’applicazione integrale della “depurazione globale” potrà risanare. Per uno strano senso del pudore, i nostri delegati a Cancùn preferiranno essere additati come quelli della “Monnezza”(che non è solo di Napoli ma di tutti noi), anziché esserlo per coloro che per la prima volta a un vertice mondiale portano dei progetti (non semplici proposte)  all’altezza della gravità dei problemi: la depurazione globale.

Luigi Antonio Pezone

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