UE e delitti ambientali. il diritto penale prossimo venturo. La proposta di nuova direttiva sulla protezione dell’ambiente attraverso il diritto penale

di Gianfranco AMENDOLA

pubblicato su questionegiustizia.it.Si ringraziano autore ed Editore

Premessa

Come è noto, il primo tentativo comunitario di dettare norme minime comuni per configurare come reato la criminalità ambientale è sfociato nella direttiva 2008/99/CE sulla tutela penale dell'ambiente 1 , che, tuttavia, sottoposta recentemente ad attenta valutazione da parte della Commissione UE, è stata ritenuta scarsamente efficace in quanto “ negli ultimi 10 anni il numero di casi di criminalità ambientale indagati con successo e i cui autori sono stati condannati è rimasto molto basso ”, “ i livelli di sanzioni imposte sono stati troppo bassi per risultare dissuasivi e la cooperazione transfrontaliera non è stata attuata in modo sistematico ”.

In sostanza, in questi anni sono emerse notevoli lacune nell'attività di contrasto in tutti gli Stati membri e a tutti i livelli (polizia, procure e organi giurisdizionali penali) con il risultato di favorire l’inserimento di gruppi criminali organizzati. Non a caso, la Commissione evidenzia che “ qualora nel contesto del reato ambientale emergano corruzione, riciclaggio di denaro, criminalità informatica, frode documentale e — in relazione alle attività commerciali — intenzione dell'autore del reato di massimizzare i profitti o evitare spese, i procedimenti penali dovrebbero farvi fronte. Queste forme di criminalità sono spesso interconnesse con forme gravi di criminalità ambientale e pertanto non dovrebbero essere trattate isolatamente. A tale riguardo, desta particolare preoccupazione il fatto che alcuni reati ambientali siano tollerati o sostenuti attivamente dalle amministrazioni competenti o da funzionari nello svolgimento delle loro funzioni pubbliche. In alcuni casi tale tolleranza o sostegno attivo può anche assumere la forma di corruzione. Sono esempi di tali comportamenti ignorare le violazioni delle leggi che tutelano l'ambiente emerse in seguito a ispezioni o non segnalarle, omettere deliberatamente di condurre ispezioni o controlli, ad esempio per verificare il rispetto delle condizioni di un'autorizzazione da parte del titolare, adottare risoluzioni o votare a favore del rilascio di licenze illegali o stilare rapporti favorevoli falsificati o non veritieri.

Sono state inoltre individuate carenze negli Stati membri in termini di risorse, conoscenze specializzate, sensibilizzazione, definizione delle priorità, cooperazione e condivisione delle informazioni, unitamente alla mancanza di strategie nazionali globali per combattere la criminalità ambientale che coinvolgano tutti i livelli della catena di contrasto e un approccio multidisciplinare. In più si sono riscontrate carenze in tema di dati statistici affidabili, accurati e completi sui procedimenti in materia di criminalità ambientale negli Stati membri nonchè nel coordinamento tra le attività di contrasto amministrative e penali e quelle sanzionatorie.

Insomma, un mezzo disastro.

Pertanto, la Commissione UE ha deciso di rivedere la direttiva, sostituendola con una proposta ben più ampia 2 che si propone sei obiettivi:

1. Migliorare l'efficacia delle indagini e dell'azione penale aggiornando l'ambito di applicazione della direttiva. 2. migliorare l'efficacia delle indagini e delle azioni penali chiarendo o eliminando i termini vaghi utilizzati nelle definizioni di reato ambientale.

3. Garantire tipi e livelli di sanzioni efficaci, dissuasivi e proporzionati per la criminalità ambientale.

4. Promuovere le indagini e l'azione penale transfrontaliere.

5. Migliorare il processo decisionale informato in materia di criminalità ambientale tramite una migliore raccolta e diffusione dei dati statistici.

6. Migliorare l'efficacia operativa delle catene nazionali di contrasto per promuovere indagini, azioni penali e sanzioni.

La proposta di nuova direttiva ed il raffronto con la direttiva del 2008

Come già anticipato, la proposta di nuova direttiva è molto più ampia di quella esistente (10 articoli e 16 Considerando che ne fanno parte integrante) e consta di 29 articoli, preceduti da 40 “Considerando3 . Essa ricomprende (sia pure con alcune aggiunte e precisazioni) tutte le nove ipotesi di reato già delineate nell’art. 3 della Direttiva del 2008, cui ne aggiunge altre nove, le quali, come si legge nella relazione introduttiva, “ presentano un rischio potenzialmente elevato per la salute umana e per l'ambiente e possono avere ripercussioni negative particolarmente gravi sull'ambiente e sulla società ”.

Rinviando alla lettura integrale dei provvedimenti, l’ampiezza delle aggiunte può essere desunta anche visivamente dallo specchietto comparativo che segue; ove, per completezza, abbiamo aggiunto l’art. 4 il quale, oltre a istigazione e favoreggiamento, adesso punisce anche espressamente il concorso di persone ed il tentativo:

2008

Articolo 3

Infrazioni

  1. Ciascuno Stato membro si adopera affinché le seguenti attività, qualora siano illecite e poste in essere intenzionalmente o quanto meno per grave negligenza, costituiscano reati:

a)

lo scarico, l’emissione o l’immissione illeciti di un quantitativo di sostanze o radiazioni ionizzanti nell’aria, nel suolo o nelle acque che provochino o possano provocare il decesso o lesioni gravi alle persone o danni rilevanti alla qualità dell’aria, alla qualità del suolo o alla qualità delle acque, ovvero alla fauna o alla flora;

b)

la raccolta, il trasporto, il recupero o lo smaltimento di rifiuti, comprese la sorveglianza di tali operazioni e il controllo dei siti di smaltimento successivo alla loro chiusura nonché l’attività effettuata in quanto commerciante o intermediario (gestione dei rifiuti), che provochi o possa provocare il decesso o lesioni gravi alle persone o danni rilevanti alla qualità dell’aria, alla qualità del suolo o alla qualità delle acque, ovvero alla fauna o alla flora;

c)

la spedizione di rifiuti, qualora tale attività rientri nell’ambito dell’articolo 2, paragrafo 335, del regolamento (CE) n. 1013/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 14 giugno 2006, relativo alle spedizioni di rifiuti ( 6 ) , e sia effettuata in quantità non trascurabile in un’unica spedizione o in più spedizioni che risultino fra di loro connesse;

d)

l’esercizio di un impianto in cui sono svolte attività pericolose o nelle quali siano depositate o utilizzate sostanze o preparazioni pericolose che provochi o possa provocare, all’esterno dell’impianto, il decesso o lesioni gravi alle persone o danni rilevanti alla qualità dell’aria, alla qualità del suolo o alla qualità delle acque, ovvero alla fauna o alla flora;

e)

la produzione, la lavorazione, il trattamento, l’uso, la conservazione, il deposito, il trasporto, l’importazione, l’esportazione e lo smaltimento di materiali nucleari o di altre sostanze radioattive pericolose che provochino o possano provocare il decesso o lesioni gravi alle persone o danni rilevanti alla qualità dell’aria, alla qualità del suolo o alla qualità delle acque, ovvero alla fauna o alla flora;

f)

l’uccisione, la distruzione, il possesso o il prelievo di esemplari di specie animali o vegetali selvatiche protette, salvo i casi in cui l’azione riguardi una quantità trascurabile di tali esemplari e abbia un impatto trascurabile sullo stato di conservazione della specie;

g)

il commercio di esemplari di specie animali o vegetali selvatiche protette o di parti di esse o di prodotti derivati, salvo i casi in cui l’azione riguardi una quantità trascurabile di tali esemplari e abbia un impatto trascurabile sullo stato di conservazione della specie;

h)

qualsiasi azione che provochi il significativo deterioramento di un habitat all’interno di un sito protetto;

i)

la produzione, l’importazione, l’esportazione, l’immissione sul mercato o l’uso di sostanze che riducono lo strato di ozono.

Articolo 4

Favoreggiamento e istigazione ad un reato

  1. Gli Stati membri provvedono affinché siano punibili penalmente il favoreggiamento e l’istigazione a commettere intenzionalmente le attività di cui all’articolo 3.

2022

Articolo 3

Reati

1.Gli Stati membri garantiscono che i seguenti comportamenti costituiscano un reato quando sono illeciti e commessi intenzionalmente:

  1. lo scarico, l'emissione o l'immissione di un quantitativo di materie, sostanze o radiazioni ionizzanti nell'aria, nel suolo o nelle acque che provochino o possano provocare il decesso o lesioni gravi alle persone o danni rilevanti alla qualità dell'aria, del suolo o delle acque, alla fauna o alla flora;

  1. l'immissione sul mercato di un prodotto che, in violazione di un divieto o di un'altra prescrizione, provochi o possa provocare, se usato su vasta scala, il decesso o lesioni gravi alle persone o danni rilevanti alla qualità dell'aria, delle acque o del suolo, alla fauna o alla flora;

(c) la fabbricazione, l'immissione sul mercato o l'uso di sostanze, sia allo stato puro che all'interno di miscele o articoli, compresa la loro incorporazione negli articoli, se:

i) l'attività è soggetta alle restrizioni di cui al titolo VIII e all'allegato XVII del regolamento (CE) n. 1907/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio; oppure ii) l'attività è vietata a norma del titolo VII del regolamento (CE) n. 1907/2006; oppure iii) l'attività non è conforme al regolamento (CE) n. 1107/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio; oppure iv) l'attività non è conforme al regolamento (CE) n. 528/2012 del Parlamento europeo e del Consiglio; oppure v) l'attività rientra nel regolamento (CE) n. 1272/2008 del Parlamento europeo e del Consiglio; oppure vi) l'attività è vietata a norma dell'allegato I del regolamento (UE) 2019/1021 del Parlamento europeo e del Consiglio

e provoca o può provocare la morte o lesioni gravi a persone o danni sostanziali alla qualità dell'aria, del suolo o dell'acqua, o ad animali o piante;

(d) l'esecuzione dei progetti di cui all'articolo 1, paragrafo 2, lettera a), della direttiva 2011/92/UE del Parlamento europeo e del Consiglio 38 senza un'autorizzazione allo sviluppo o una valutazione dei loro effetti sull'ambiente, che causa o possa arrecare un danno sostanziale ai fattori definiti all'articolo 3, paragrafo 1, della direttiva 2011/92/ UE ;

(e) la raccolta, il trasporto, il recupero o lo smaltimento dei rifiuti, la sorveglianza di tali operazioni e il controllo dei siti di smaltimento successivo alla loro chiusura, nonché l'attività effettuata in quanto commerciante o intermediario (gestione dei rifiuti), se l'azione illecita:

i) riguarda i rifiuti pericolosi quali definiti all'articolo 3, paragrafo 2, della direttiva 2008/98/CE del Parlamento europeo e del Consiglio e concerne quantità non trascurabili;

ii) riguarda rifiuti diversi da quelli di cui al punto i)

e provoca o può provocare il decesso o lesioni gravi alle persone o danni rilevanti alla qualità dell'aria, del suolo o delle acque, alla fauna o alla flora;

(f) la spedizione di rifiuti ai sensi dell'articolo 2, paragrafo 35, del regolamento (CE) n. 1013/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio, se effettuata in quantità non trascurabile in un'unica spedizione o in più spedizioni che risultino fra di loro connesse;

(g) il riciclaggio delle navi che rientrano nell'ambito di applicazione del regolamento (UE) n. 1257/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, senza rispettare i requisiti dell'articolo 6, paragrafo 2, lettera a), del medesimo regolamento;

(h) gli scarichi di sostanze inquinanti effettuati dalle navi di cui all'articolo 4, paragrafo 1, della direttiva 2005/35/CE del Parlamento europeo e del Consiglio relativa all'inquinamento provocato dalle navi e all'introduzione di sanzioni, anche penali, in una delle aree di cui all'articolo 3, paragrafo 1, di detta direttiva, a condizione che tali scarichi non rientrino tra le eccezioni di cui all'articolo 5 della medesima direttiva; questa disposizione non si applica ai singoli casi in cui lo scarico non provoca un deterioramento della qualità dell'acqua, a meno che siano commessi ripetutamente dallo stesso autore e provochino, nel loro insieme, un deterioramento della qualità dell'acqua;

  1. l'installazione, l'esercizio o lo smantellamento di un impianto in cui è svolta un'attività pericolosa o in cui sono immagazzinate o utilizzate sostanze, preparati o inquinanti pericolosi che rientrano nel campo di applicazione della direttiva 2012/18/UE del Parlamento europeo e del Consiglio43, della direttiva 2010/75/UE del Parlamento europeo e del Consiglio44 o della direttiva 2013/30/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, e che provoca o può provocare il decesso o lesioni gravi alle persone o danni rilevanti alla qualità dell'aria, del suolo o delle acque, alla fauna o alla flora;

(j) la fabbricazione, la produzione, la lavorazione, la manipolazione, l'impiego, la detenzione, lo stoccaggio, il trasporto, l'importazione, l'esportazione o lo smaltimento di materiale radioattivo che rientra nell'ambito di applicazione della direttiva 2013/59/CE del Consiglio, della direttiva 2014/87/Euratom del Consiglio o della direttiva 2013/51/Euratom del Consiglio e che provochi o possa provocare il decesso o lesioni gravi alle persone o danni rilevanti alla qualità dell'aria, del suolo o delle acque, alla fauna o alla flora;

(K) l'estrazione di acque superficiali o sotterranee che provochi o possa provocare danni rilevanti allo stato o al potenziale ecologico dei corpi idrici superficiali o allo stato quantitativo dei corpi idrici sotterranei;

(l) l'uccisione, la distruzione, il prelievo, il possesso, la commercializzazione o l'offerta a scopi commerciali di uno o più esemplari delle specie animali o vegetali selvatiche elencate negli allegati IV e V (se le specie di cui all'allegato V sono assoggettate alle stesse misure adottate per le specie di cui all'allegato IV) della direttiva 92/43/CEE del Consiglio e delle specie di cui all'articolo 1 della direttiva 2009/147/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, salvo i casi in cui l'azione riguardi una quantità trascurabile di tali esemplari;

(m) il commercio di esemplari di specie animali o vegetali selvatiche, parti o prodotti derivati elencati negli allegati A e B del regolamento (CE) n. 338/97 del Consiglio, salvo i casi in cui l'azione riguardi una quantità trascurabile di tali esemplari;;

(n) l'immissione o la messa a disposizione sul mercato dell'Unione di legname o prodotti derivati di provenienza illegale, che rientra nell'ambito di applicazione del regolamento (UE) n. 995/2010 del Parlamento europeo e del Consiglio , salvo i casi in cui l'azione riguardi una quantità trascurabile;

[ se prima dell'adozione della presente direttiva è adottato il regolamento relativo alla messa a disposizione sul mercato dell'Unione e all'esportazione dall'Unione di determinate materie prime e prodotti associati alla deforestazione e al degrado forestale e che abroga il regolamento (UE) n. 995/2010, la lettera n) deve essere sostituita da un reato rientrante nell'ambito di applicazione dell'articolo 3 del regolamento ]

(o) qualsiasi azione che provochi il deterioramento di un habitat all'interno di un sito protetto, ai sensi dell'articolo 6, paragrafo 2, della direttiva 92/43/CEE, se il deterioramento è significativo

(p) l'introduzione o la diffusione di specie esotiche invasive di rilevanza unionale se:

i) l'azione viola le restrizioni di cui all'articolo 7, paragrafo 1, del regolamento (UE) n. 1143/2014 del Parlamento europeo e del Consiglio;

ii) l'azione viola una condizione di un'autorizzazione rilasciata a norma dell'articolo 8 o 9 del regolamento (UE) n. 1143/2014 e provoca o può provocare il decesso o lesioni gravi alle persone o danni rilevanti alla qualità dell'aria, del suolo o delle acque, alla fauna o alla flora;

(q) la produzione, l'immissione sul mercato, l'importazione, l'esportazione, l'uso, l'emissione o il rilascio di sostanze che riducono lo strato di ozono, quali definite all'articolo 3, paragrafo 4, del regolamento (CE) n. 1005/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio, o di prodotti e apparecchiature che contengono o dipendono da tali sostanze;

(r) la produzione, l'immissione sul mercato, l'importazione, l'esportazione, l'uso, l'emissione o il rilascio di gas fluorurati a effetto serra, quali definiti all'articolo 2, paragrafo 1, del regolamento (CE) n. 517/2014 del Parlamento europeo e del Consiglio, o di prodotti e apparecchiature che contengono o dipendono da tali gas

2. Gli Stati membri assicurano che anche le azioni di cui al paragrafo 1, lettere a), b), c), d), e), f), h), i), j), k), m) e n), lettera p), punto ii), e lettere q) e r) costituiscano reato se poste in essere quanto meno per grave negligenza.

3. Gli Stati membri provvedono affinché la legislazione nazionale specifichi che, nel valutare se il danno o il danno probabile è rilevante ai fini delle indagini, dell'azione penale e delle decisioni giudiziarie riguardo ai reati di cui al paragrafo 1, lettere da a) a e), e lettere i), j), k) e p), si debba tenere conto, secondo il caso, dei seguenti elementi:

(a) le condizioni originarie dell'ambiente colpito;

(b) la durata del danno (lunga, media o breve);

(c) la gravità del danno;

(d) la diffusione del danno;

(e) la reversibilità del danno.

4. Gli Stati membri provvedono affinché la legislazione nazionale specifichi che, nel valutare se l'attività può provocare danni alla qualità dell'aria, del suolo o delle acque, alla fauna o alla flora ai fini delle indagini, dell'azione penale e delle decisioni giudiziarie riguardo ai reati di cui al paragrafo 1, lettere da a) a e), e lettere i), j), k) e p), si debba tenere conto dei seguenti elementi:

(a) l'azione riguarda un'attività che è ritenuta rischiosa o pericolosa, e richiede un'autorizzazione che non è stata ottenuta o rispettata;

(b) in quale misura sono superati i valori, parametri o limiti stabiliti in atti giuridici o in un'autorizzazione rilasciata per l'attività;

(c) se il materiale o la sostanza è classificato come pericoloso o altrimenti elencato come nocivo per l'ambiente o la salute umana.

5. Gli Stati membri provvedono affinché la legislazione nazionale specifichi che, nel valutare se la quantità è trascurabile o meno ai fini delle indagini, dell'azione penale e delle decisioni giudiziarie riguardo ai reati di cui al paragrafo 1, lettere e), f), l), m) e n), si debba tenere conto, secondo il caso, dei seguenti elementi:

(a) il numero di elementi oggetto del reato;

(b) in quale misura è superato il valore, la soglia regolamentare o un altro parametro obbligatorio;

(c) lo stato di conservazione della specie animale o vegetale in questione;

(d) il costo di ripristino dei danni ambientali.

Articolo 4

Istigazione, favoreggiamento, concorso e tentativo

1. Gli Stati membri provvedono affinché siano punibili penalmente l'istigazione, il favoreggiamento e il concorso nella commissione di uno dei reati di cui all'articolo 3, paragrafo

1. 2. Gli Stati membri adottano le misure necessarie affinché il tentativo di commettere uno dei reati di cui all'articolo 3, paragrafo 1, lettere a), b), c), d), e), f), h), i), j), k), IT 35 IT m), e n), lettera p), punto ii), e lettere q) e r), qualora posto in essereintenzionalmente, sia punibile penalmente .

Il requisito della illiceità

Si noti che in entrambe le formulazioni ci si riferisce ad “attività” e “comportamenti” che devono già essere “illeciti”, e cioè, come specifica l’art. 2, comma 1, deve trattarsi di azioni illecite ai sensi del diritto dell'Unione a tutela dell'ambiente, delle disposizioni legislative, dei regolamenti amministrativi o delle decisioni nazionali che attuano tale diritto dell'Unione 4 , con la precisazione che “ l'azione si considera illecita anche se compiuta su autorizzazione di un'autorità competente di uno Stato membro, quando l'autorizzazione è ottenuta in modo fraudolento o mediante corruzione, estorsione o coercizione ”.

E’, pertanto, evidente che, con queste direttive, la UE si riallaccia direttamente, a fini sanzionatori, ad azioni e comportamenti vietati da normativa comunitaria in campo ambientale 5 , tenendo presente al riguardo che “ la tutela dell'ambiente dovrebbe essere intesa nel senso più ampio del termine, come enunciato all'articolo 3, paragrafo 3, TUE e all'articolo 191 TFUE, includendo tutte le risorse naturali — aria, acqua, suolo, fauna e flora selvatiche, compresi gli habitat — e tutti i servizi forniti dalle risorse naturali ” (Considerando n. 9) 6 .

Si tratta, comunque, di “norme minime” che, come già precisato nella prima direttiva 7 , non pregiudicano in alcun modo il potere di intervento degli Stati membri per apportare proprie aggiunte o, come l’Italia ha fatto nel 2015, per ampliare la categoria dei reati ambientali al di là delle direttive di cui sopra.

Sanzioni: delitti, non contravvenzioni o illeciti amministrativi

In sostanza, quindi, con queste direttive la Ue vuole garantire che in tutti gli Stati membri alcune violazioni ambientali della politica comunitaria, ritenute particolarmente gravi o pericolose, qualora commesse intenzionalmente o per grave negligenza siano punite con sanzioni penali effettive, proporzionate e dissuasive. Come si legge, cioè, nella relazione introduttiva, è, infatti, “ indispensabile che il rispetto delle norme dell'UE sulle attività che hanno un impatto sull'ambiente e sulle merci sensibili dal punto di vista ambientale sia rafforzato dalla disponibilità di sanzioni penali che esprimano una forma più forte di disapprovazione sociale rispetto alle sanzioni amministrative. Stabilire reati per gravi violazioni delle norme dell'Unione che, indipendentemente dalla loro base giuridica, contribuiscono alla politica dell'Unione in materia di tutela dell'ambiente, delimita chiaramente i tipi di comportamento considerati particolarmente inaccettabili e trasmette al pubblico e ai potenziali trasgressori il messaggio che le autorità competenti prendono tale comportamento molto sul serio. Ciò appare particolarmente opportuno in considerazione dell'esplicito ricorso ai principi di prevenzione e precauzione in questo settore ”.

Non ci si riferisce, quindi, a violazioni meramente formali, attualmente punite in Italia dal TUA (D. Lgs n. 152/06) con sanzioni amministrative o contravvenzionali, ma occorre sempre il danno o un pericolo di danno (“ danno probabile”) purchè sia “sostanziale” alla stregua degli elementi elencati nel terzo comma dell’art. 3 della proposta, e non sia “trascurabile” in base agli elementi elencati nel quarto comma dello stesso articolo (sopra riportati). Per noi italiani, si tratta, quindi, di violazioni che devono essere punite come delitti, rispetto alle quali, peraltro, la proposta di direttiva fornisce anche indicazioni precise sulla entità della sanzione da prevedere proporzionalmente alla gravità dei reati. E così, il secondo comma dell’art. 5 stabilisce che i reati di cui all'articolo 3 siano punibili con la reclusione non inferiore a dieci anni qualora provochino o possano provocare il decesso o lesioni gravi alle persone, aggiungendo, ai commi 3 e 4, che alcuni di essi (specificamente indicati) siano punibili, comunque, con una pena massima di almeno sei o quattro anni di reclusione. Opportunamente, infine, il comma 5 prevede anche la eventuale irrogazione di sanzioni o misure supplementari, tra cui l'obbligo di ripristinare l'ambiente, l'esclusione dall'accesso ai finanziamenti pubblici, comprese procedure di gara, sovvenzioni e concessioni, l’interdizione da incarichi direttivi, il ritiro di permessi e autorizzazioni, il divieto temporaneo di candidarsi e la pubblicazione della condanna.

Concorrono a completare il quadro delle sanzioni gli artt. 8 e 9 i quali prevedono numerose circostanze aggravanti (fra cui entità del danno, contesto criminale organizzato, uso di documenti falsi, qualità di pubblico ufficiale, recidiva, impedimento alle indagini ecc.) e attenuanti (ripristino dello status quo e aiuto alle indagini).

Se, a questo punto, mettiamo a confronto le ipotesi di reato comunitarie con quelle oggi esistenti nel nostro paese, appare di tutta evidenza che, già la direttiva del 2008 era stata recepita, in vari tempi, solo parzialmente e “all’italiana”. Ed anche quando, in ottemperanza alla direttiva, il nostro legislatore ha provveduto ad introdurre nel codice penale due nuove fattispecie incriminatrici (gli artt. 727 bis e 733 bis), riferite - la prima - all’uccisione, distruzione, prelievo o possesso di esemplari di specie animali o vegetali selvatiche protette, e - la seconda - al danneggiamento di habitat all’interno di un sito protetto- ciò ha fatto configurando reati contravvenzionali e non delitti 8 .

Come abbiamo visto, la proposta in esame aggiunge oggi diverse nuove ipotesi di reato per cui si renderà necessario un notevole intervento legislativo per il loro recepimento, con la speranza che questa possa essere l’occasione per un complessivo riordino (con semplificazione) della caotica ed irrazionale normativa penale ambientale oggi esistente nel nostro paese.

I termini per la prescrizione

Di particolare interesse per l’Italia si presenta la problematica della prescrizione più volte approfondita in giurisprudenza e dottrina, specie con riferimento a eclatanti casi concreti di casa nostra 9 .

In proposito, l’art. 11 della proposta in esame, dopo aver premesso, al primo comma, che “ gli Stati membri adottano le misure necessarie a prevedere un termine di prescrizione che consenta di condurre le indagini, esercitare l'azione penale, svolgere il processo e adottare la decisione giudiziaria in merito ai reati di cui agli articoli 3 e 4 entro un congruo lasso di tempo successivamente alla commissione di tali reati, al fine di contrastare tali reati efficacemente ”, specifica, nei commi successivi, i termini di prescrizione minimi (con possibilità di interruzione o sospensione), graduati a seconda della pena edittale prevista per i reati di cui sopra aggiunge, nonchè i termini per la irrogazione della pena dopo una condanna definitiva 10 .

Disposizione che, ovviamente, porterà a notevoli modifiche della norma italiana in quanto i maggiori termini di prescrizione per i delitti contro l’ambiente -che, con la legge n. 68/2015 erano stati raddoppiati rispetto alla prescrizione ordinaria 11 -, sono stati successivamente azzerati dalla legge Cartabia, la quale, con criteri assolutamente diversi, ha stabilito la “improcedibilità” dei processi penali che durano più di due anni in appello e più di un anno in Cassazione, senza concedere, nonostante fosse stata richiesta, alcuna deroga per i delitti contro l’ambiente 12 .

La responsabilità delle persone giuridiche

Gli artt. 6 e 7 della proposta riprendono i corrispondenti articoli della direttiva esistente provvedendo a dettagliare il tipo di sanzioni applicabili, nei vari casi, alle persone giuridiche ritenute responsabili, aggiungendo a quelle pecuniarie altre misure, quali: (a) sanzioni pecuniarie penali e non penali; (b) l'obbligo di ripristinare l'ambiente entro un determinato periodo; (c) l'esclusione dal godimento di un beneficio o di un aiuto pubblico; (d) l'esclusione temporanea dall'accesso ai finanziamenti pubblici, comprese procedure di gara, sovvenzioni e concessioni; (e) l'interdizione temporanea o permanente di esercitare un'attività commerciale; (f) il ritiro dei permessi e delle autorizzazioni all'esercizio delle attività che hanno portato alla commissione del reato; (g) l'assoggettamento a sorveglianza giudiziaria; (h) provvedimenti giudiziari di scioglimento; (i) la chiusura temporanea o permanente delle sedi usate per commettere il reato; (j) l'obbligo per le imprese di istituire sistemi di dovuta diligenza per rafforzare il rispetto delle norme ambientali; (k) la pubblicazione della decisione giudiziaria relativa alla condanna o delle sanzioni o misure applicate.

Si dovrà, quindi, provvedere ad adeguare ancora una volta l’art. 25 undecies D. Lgs n. 231/2001, il quale ha esteso la responsabilità amministrativa degli enti a numerose fattispecie di reati ambientali, previste sia dal TUA (Testo Unico Ambientale) che dalla legge n. 68/2015, comminando per alcuni delitti 13 sanzioni pecuniarie amministrative (quantificate in quote) nonché sanzioni interdittive temporanee, fino alla interdizione definitiva dall’esercizio dell’attività, per le aziende utilizzate in maniera stabile (‘scopo unico o prevalente’) per infrangere le norme sul traffico dei rifiuti.

Una menzione, infine, merita l’art. 13 della proposta, finalizzato a garantire una tutela adeguata alle persone che segnalano i reati previsti dalla direttiva e che forniscono prove o collaborano in altro modo alle indagini, all'azione penale o alla decisione giudiziaria riguardo a tali reati.

Altre disposizioni

Come evidenziato dalla relazione introduttiva, la proposta contiene inoltre nuove disposizioni mirate a garantire la effettiva attuazione di quanto disposto, in considerazione della carente applicazione della direttiva esistente in tutti gli Stati membri e lungo l'intera catena di contrasto. Essi, infatti, hanno l’obbligo di adottare misure specifiche che garantiscano l'effettiva attuazione pratica della direttiva (misure di formazione, azioni di sensibilizzazione, misure volte a rafforzare la cooperazione transfrontaliera, misure volte a fornire le risorse necessarie, ecc.). E pertanto – ricorda puntigliosamente la relazione alla proposta- “ anche se tali disposizioni sembrano costituire nuovi obblighi che generano costi per gli Stati membri, in realtà esse si limitano a stabilire esplicitamente ciò che rappresenta in ogni caso un obbligo dello Stato membro ”.

Queste sono le misure da adottare:

  1. Gli Stati membri adottano misure adeguate, quali campagne di informazione e sensibilizzazione e programmi di ricerca e istruzione, per ridurre i reati ambientali in generale, sensibilizzare l'opinione pubblica e ridurre il rischio che la popolazione diventi vittima di reati ambientali. Se del caso, gli Stati membri agiscono in cooperazione con i pertinenti portatori di interessi . (art. 15)

  2. Gli Stati membri provvedono affinché le autorità nazionali che accertano, indagano, perseguono o giudicano reati ambientali dispongano di un numero sufficiente di personale qualificato e di risorse finanziarie, tecniche e tecnologiche adeguate per l'efficace svolgimento delle loro funzioni concernenti l'attuazione della presente direttiva (art. 16);

  3. Fatta salva l'indipendenza della magistratura e le differenze nell'organizzazione del potere giudiziario in tutta l'Unione, gli Stati membri chiedono ai responsabili della formazione di giudici, pubblici ministeri, personale)di polizia, personale giudiziario e personale delle autorità competenti coinvolti nei procedimenti penali e nelle indagini, di offrire, a scadenze regolari, una formazione specializzata in relazione agli obiettivi della presente direttiva e adeguata alle funzioni del personale e delle autorità coinvolti. (art. 17)

  4. Gli Stati membri adottano le misure necessarie affinché siano messi a disposizione strumenti investigativi efficaci, quali quelli utilizzati per i casi di criminalità organizzata o altri reati gravi, anche per le indagini o l'azione penale riguardo ai reati di cui agli articoli 3 e 4. (art. 18)

  5. Gli Stati membri adottano le misure necessarie per istituire meccanismi adeguati di coordinamento e cooperazione a livello strategico e operativo tra tutte le autorità competenti coinvolte nella prevenzione e nella lotta contro i reati ambientali. Questi meccanismi perseguono quanto meno i seguenti obiettivi: (a) garantire priorità comuni e la comprensione dei collegamenti tra l'attività di contrasto in ambito penale e quella in ambito amministrativo; (b) lo scambio di informazioni a fini strategici e operativi; (c) la consultazione nell'ambito di singole indagini; (d) lo scambio di buone pratiche; (e) l'assistenza alle reti europee di operatori che si occupano di questioni attinenti alla lotta contro i reati ambientali e le violazioni connesse, e possono assumere la forma di organismi di coordinamento specializzati, protocolli d'intesa tra le autorità competenti, reti di contrasto nazionali e attività di formazione congiunte. (art. 19)

Si prevede, infine (art. 20), che gli Stati membri adottino una strategia nazionale di lotta ai reati ambientali (con minimi obiettivi definiti) nonchè effettuino una raccolta (con pubblicazione) di dati e statistiche per monitorare l’efficacia dei loro sistemi nella lotta contro i reati ambientali (art. 21).

Conclusioni

Ovviamente, per una valutazione completa sarà necessario aspettare la pubblicazione della nuova direttiva e, soprattutto, vedere come sarà recepita nel nostro paese.

Pur con questa riserva, è opportuno, però, sin da ora valorizzare non solo le singole ipotesi di reato con relative sanzioni, ma, soprattutto, l’ultima parte che attiene alle misure da adottare per garantire la effettiva applicazione degli obblighi e divieti stabiliti a livello penale.

A nostro sommesso avviso, infatti, non è l’inasprimento delle pene che garantisce la tutela dell’ambiente; certo, occorrono sanzioni adeguate e proporzionate così come, certo, occorre meglio formulare le norme; ma il vero problema, oltre ad una rielaborazione e semplificazione complessiva della normativa ambientale, è la non applicazione delle leggi ed evitare che si giunga alla extrema ratio del diritto penale. Nel settore importantissimo dei rifiuti, ad esempio, dovrebbe vigere il principio stabilito dalla gerarchia comunitaria, secondo cui “ il miglior rifiuto è quello che non viene prodotto”, totalmente dimenticato dal nostro paese che si accanisce, invece, a discettare di termovalorizzatori i quali, comunque, hanno sempre un certo impatto sull’ambiente e di sicuro non favoriscono il risparmio delle risorse naturali e l’economia circolare 14 . Nello stesso quadro “ il miglior reato è quello che non viene commesso”, così come propone il citato art. 15, intitolato, appunto alla “prevenzione”.

Ed altrettanto importanti sono gli articoli seguenti che fanno obbligo espresso agli Stati membri di destinare personale qualificato ed adeguate risorse, tecniche e finanziarie, e strumenti investigativi efficaci per controllare la criminalità ambientale. Di particolare interesse appare l’art. 17 che impone di fornire regolarmente formazione periodica specializzata ai magistrati ed alle forze di polizia delegate alle indagini nel settore ambientale, insieme all’art. 18 che impone coordinamento e cooperazione tra le autorità competenti all’interno di uno Stato membro nell’ambito di una strategia nazionale prevista dall’art. 20. Così come appare certamente importante raccogliere e pubblicare statistiche su indagini e procedimenti per reati ambientali con relativo esito (art. 21).

1 Per approfondimenti e richiami anche in relazione al diritto italiano, ci permettiamo rinviare al nostro Il diritto penale dell’ambiente, seconda edizione, EPC, Roma 2016, pag. 284 e segg.

2 COM(2021) 851 final 2021/0422 (COD) del 15 dicembre 2021

3 Per una prima lettura ragionata cfr. ONOFRY, Proposta per una direttiva del Parlamento Europeo e del Consiglio sulla protezione dell’ambiente attraverso il diritto penale: nuove frontiere nella lotta ai crimini ambientali in Europa , in Sistema Penale, 5 luglio 2022-

4 Considerando n. 6: “ Gli Stati membri dovrebbero prevedere nella legislazione nazionale sanzioni penali in relazione a gravi violazioni delle disposizioni del diritto dell'Unione in materia di tutela dell'ambiente ” e art. 2, comma 1, secondo cui per “illecito” si intende “ azione che viola: a) la legislazione dell'Unione che, indipendentemente dalla sua base giuridica, contribuisce al perseguimento degli obiettivi della politica dell'Unione in materia di tutela dell'ambiente stabiliti nel trattato sul funzionamento dell'Unione europea; oppure b) un atto legislativo, un regolamento amministrativo di uno Stato membro o una decisione adottata da un'autorità competente di uno Stato membro che dà attuazione alla legislazione dell'Unione di cui alla lettera a).

5 Cfr. anche Considerando n. 7: “ Perché costituisca reato ambientale ai sensi della presente direttiva, l'azione dovrebbe essere illecita ai sensi del diritto dell'Unione a tutela dell'ambiente, delle disposizioni legislative, dei regolamenti amministrativi o delle decisioni nazionali che attuano tale diritto dell'Unione. È opportuno definire l'azione che configura ciascuna categoria di reato e, se del caso, stabilire la soglia a partire dalla quale è perseguita penalmente ”.

6 In dottrina, cfr. GRILLO, Iter della direttiva 2008/99/ce e recepimento italiano. Un tormentato percorso per un risultato insoddisfacente in www.lexambiente.it, 15 marzo 2013, il quale, ovviamente con riferimento alla direttiva del 2008, ricorda che il Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea (TFUE), in cui è stato trasfuso il Trattato istitutivo della Comunità europea (TCE) a seguito dell’entrata in vigore del Trattato di Lisbona (1/12/2009), precisato che in materia ambientale l’ Unione ha competenza concorrente con quella degli Stati membri (art. 4), dedica all’ambiente un Titolo autonomo (il XX della Parte III - artt. 191, 192, 193), nel quale si evidenzia che l’Unione persegue la salvaguardia ed il miglioramento dell’ambiente, anche per proteggere la salute umana, ponendosi l’obiettivo di uno sfruttamento accorto e razionale delle risorse naturali. Pertanto mira ad un elevato livello di tutela della qualità dell’ambiente, recependo il principio di precauzione, affermato per la prima volta dall’ Assemblea generale delle Nazioni Unite (1982), poi fatto proprio dalla Dichiarazione di Rio (1992) e dal Protocollo di Kioto (1997), nonché quelli dello sviluppo sostenibile, dell’azione preventiva, della correzione in via prioritaria alla fonte dei danni causati all’ambiente, di <<chi inquina paga>>

7 Cfr. Considerando n. 9, secondo cui “ gli obblighi imposti dalla presente direttiva riguardano unicamente le disposizioni della legislazione elencata negli allegati della presente direttiva che obbligano gli Stati membri, in sede di attuazione della legislazione, a prevedere misure di divieto ”; n. 11, a norma del quale “ la presente direttiva lascia impregiudicati gli altri sistemi relativi alla responsabilità per danno ambientale previsti dal diritto comunitario o dal diritto nazionale ”; n. 12, secondo cui “ poiché la presente direttiva detta soltanto norme minime, gli Stati membri hanno facoltà di mantenere in vigore o adottare misure più stringenti finalizzate ad un’efficace tutela penale dell’ambiente. Tali misure devono essere compatibili con il trattato ”.

8 Per approfondimenti, si rinvia al nostro Il diritto penale dell’ambiente, loc.cit.

9 Cfr. per tutti AIMI , Decorso del tempo e disastri ambientali. Riflessioni sulla prescrizione del reato a partire dal caso Eternit in www.questionegiustizia.it , 2017, n. 1, e, più in generale COTTU, La prescrizione dei reati ambientali: efficacia, coerenza, ragionevolezza? in DPC, Diritto Penale Contemporaneo 2018, n. 1, pag. 273 e segg., cui si rinvia per citazioni e richiami

10 Articolo 11 (Termini di prescrizione per i reati):

  1. Gli Stati membri adottano le misure necessarie a prevedere un termine di prescrizione che consenta di condurre le indagini, esercitare l'azione penale, svolgere il processo e adottare la decisione giudiziaria in merito ai reati di cui agli articoli 3 e 4 entro un congruo lasso di tempo successivamente alla commissione di tali reati, al fine di contrastare tali reati efficacemente.

  2. Gli Stati membri adottano le misure necessarie per permettere che le indagini, l'azione penale, il processo e la decisione giudiziaria: (a) per i reati di cui agli articoli 3 e 4 punibili con una pena massima di almeno dieci anni di reclusione, possano intervenire per un periodo di almeno dieci anni dal momento in cui il reato è stato commesso, se i reati sono punibili; (b) per i reati di cui agli articoli 3 e 4 punibili con una pena massima di almeno sei anni di reclusione, possano intervenire per un periodo di almeno sei anni dal momento in cui il reato è stato commesso, se i reati sono punibili; (c) per i reati di cui agli articoli 3 e 4 punibili con una pena massima di almeno quattro anni di reclusione, possano intervenire per un periodo di almeno quattro anni dal momento in cui il reato è stato commesso, se i reati sono punibili.

  3. In deroga al paragrafo 2, gli Stati membri possono fissare un termine di prescrizione inferiore a dieci anni, ma non inferiore a quattro anni, purché tale termine possa essere interrotto o sospeso in caso di determinati atti.

  4. Gli Stati membri adottano le misure necessarie affinché: (a) la pena della reclusione, in caso di reato punibile con una pena massima di almeno dieci anni di reclusione, inflitta a seguito di una condanna definitiva per uno dei reati di cui agli articoli 3 e 4, possa essere eseguita per almeno dieci anni a decorrere dalla data della condanna definitiva; (b) la pena della reclusione, in caso di reato punibile con una pena massima di almeno sei anni di reclusione, inflitta a seguito di una condanna definitiva per uno dei reati di cui agli articoli 3 e 4, possa essere eseguita per almeno sei anni a decorrere dalla data della condanna definitiva; (c) una pena detentiva, in caso di reato punibile con una pena massima di almeno quattro anni di reclusione, inflitta a seguito di una condanna definitiva per uno dei reati di cui agli articoli 3 e 4, possa essere eseguita per almeno quattro anni a decorrere dalla data della condanna definitiva.

Tali periodi possono includere proroghe del termine di prescrizione derivanti da interruzione o da sospensione .

11 In dottrina, cfr. per tutti AMOROSO, Per tutte le ipotesi scatta il raddoppio della prescrizione, in Guida dir., 25, 2015, pag. 37, TELESCA, La tutela penale dell’ambiente: i profili problematici, Torino, 2015, pag. 99, CARUSO, Ambiente (riforma penale dell’) , in Dig. Disc. Pen., Agg., IX, Torino, 2016, pag. 75.

12 In dottrina, per uno stimolante contributo critico sulla questione, cfr. VERGINE, A proposito di prescrizione, improcedibilità e delitti ambientali. Leggendo il contributo di G. Amendola , in Rivista giuridica dell’ambiente, RGA on line, novembre 2021

13 Cfr. art. 1, comma 8 legge n. 68/2015

14 In proposito, ci permettiamo rinviare, da ultimo, al nostro Inceneritori e termovalorizzatori. UE ed Italia: bugie e verità, in Questione Giustizia, 25 maggio 2022, nonchè La problematica dei termovalorizzatori tra normativa comunitaria, decreto “sblocca Italia”, Corte europea di giustizia e Corte costituzionale in www.unaltroambiente.it . , e www.lexambiente.it, 29 settembre 2022. Emblematica appare anche la vicenda delle plastiche monouso, dove il nostro paese ha recepito la normativa comunitaria inserendo deroghe in essa non previste. Cfr. AMENDOLA, La normativa all’italiana contro le plastiche monouso, in www.osservatorioagromafie.it e in www.lexambiente.it ,, 21 gennaio 2022