TAR Lazio (RM) Sez. IIbis n. 9818 del 19 settembre 2017
Urbanistica.Oneri concessori e mutamento di destinazione d’uso

Il mutamento di destinazione d’uso, anche senza realizzazione di nuove opere, da industriale a commerciale, integra un mutamento tra categorie funzionali distinte e non omogenee che determina un incremento del carico urbanistico, soggiacendo, pertanto, all’onere di sopportare gli oneri concessori conseguenti all’aggravio del carico urbanistico. L’incremento del carico urbanistico, ancorchè discendente da un mutamento di destinazione d’uso senza opere, è dunque presupposto sufficiente a determinare la debenza degli oneri concessori, rapportati agli oneri di urbanizzazione e al costo di costruzione, in considerazione del vantaggio economico che ritrae il richiedente e l’aggravio urbanistico in relazione all’incremento dei flussi di traffico e di clientela che la destinazione commerciale (rispetto alla iniziale destinazione industriale) necessariamente implica.


Pubblicato il 19/09/2017

N. 09818/2017 REG.PROV.COLL.

N. 00194/2005 REG.RIC.



REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Seconda Bis)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 194 del 2005, proposto da:
Soc Ripar Srl, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall'Aavvocato Leonardo Lavitola, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via Costabella, 23;

contro

Comune di Roma, ora Roma Capitale, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dagli Avvocati Sebastiano Capotorto, Sergio Siracusa, domiciliata in Roma, via Tempio di Giove, 21;

per ottenere

la restituzione della somma di euro 136.469,60 versata a titolo di oneri concessori per il rilascio della concessione in sanatoria n. 236986 del 12 luglio 2000, oltre interessi;

e per l’annullamento

della nota prot. n. 140166 del 27 ottobre 2004, con la quale il Comune ha chiesto il pagamento di detti oneri;


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Comune di Roma;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 10 luglio 2017 la dott.ssa Elena Stanizzi e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1 - Espone in fatto la società odierna ricorrente di aver presentato, in data 1 marzo 1995, istanza di sanatoria per il cambio di destinazione d’uso di un immobile, di sua proprietà, da industriale a commerciale.

Tale istanza è stata accolta, con rilascio della concessione in sanatoria n. 236986 del 12 luglio 2000, la quale è stata oggetto di istanza di riesame con riferimento all’errore materiale nell’indicazione della relativa superficie, pari a 1 mq.

A seguito dell’accoglimento di tale istanza di riesame, il Comune ha proceduto alla quantificazione degli oneri concessori, nella misura di € 136.469,60, somma pagata dalla ricorrente e della quale, in questa sede giurisdizionale, viene chiesta la restituzione nell’asserito presupposto della non debenza di oneri concessori.

A sostegno dell’assunto, rappresenta parte ricorrente che, venendo in rilievo un cambio di destinazione d’uso da industriale a commerciale, ed essendo il cambio di destinazione d’uso soggetto, ai sensi dell’art. 25 della legge n. 47 del 1985, alla semplice autorizzazione, la stessa sarebbe sottratta al pagamento degli oneri concessori.

Lamenta, inoltre, parte ricorrente l’illegittimità della richiesta in quanto conseguente al riesame della concessione in sanatoria nella parte in cui veniva indicata la superficie di 1 mq.

Chiede, quindi, parte ricorrente, previo annullamento della gravata nota, la condanna dell’intimata Amministrazione alla restituzione delle somme versate a titolo di oneri concessori, oltre interessi dalla data del versamento o, in subordine, dalla data della domanda.

Si è costituita in resistenza l’intimata Amministrazione Comunale sostenendo, con articolate argomentazioni, l’infondatezza del ricorso, con richiesta di corrispondente pronuncia.

Con memoria successivamente depositata parte ricorrente ha controdedotto a quanto ex adverso sostenuto, insistendo nella proprie deduzioni ed ulteriormente argomentando.

Alla pubblica udienza del 10 luglio 2017 la causa è stata chiamata e, sentiti i difensori delle parti presenti, trattenuta per la decisione, come da verbale.

2 – Come sopra dato brevemente atto dell’oggetto del presente giudizio, ne ritiene il Collegio l’infondatezza.

La controversia, riconducibile tra le materie di giurisdizione esclusiva, concerne l’accertamento della debenza degli oneri concessori a seguito del rilascio, in data 12 luglio 2000, della concessione in sanatoria – come poi integrata in sede di correzione di errore materiale, rettificando la superficie da 1 mq a 1.218,18 mq – per l’avvenuto cambio di destinazione d’uso di un immobile da industriale a commerciale.

In via preliminare, deve essere rigettata l’eccezione, sollevata dalla resistente Amministrazione, di intervenuta acquiescenza, da parte della ricorrente, all’assetto impresso dalla nota – anch’essa gravata con il ricorso in esame – con la quale è stata determinata e richiesta la somma di € 136.469,60, per oneri concessori, stante l’intervenuto pagamento di tale somma da parte della società ricorrente senza riserva alcuna.

Non ritiene, invero, il Collegio, che con il pagamento, da parte della società ricorrente, della somma richiesta a titolo di oneri concessori, sia stata integrata un’ipotesi di acquiescenza idonea ad incidere sul diritto di azione.

Invero, l’acquiescenza postula atti e comportamenti univoci posti liberamente in essere dal destinatario dell’atto che dimostrino la sua chiara ed irrevocabile volontà di accettarne gli effetti.

In quanto incidente sul fondamentale diritto di agire in giudizio, l’accertamento in ordine all’avvenuta accettazione del contenuto e degli effetti di un provvedimento lesivo deve essere accurato e volto a ricostruire tutti gli elementi che caratterizzano la dichiarazione negoziale, da cui deve risultare senza margini di incertezza la presenza di una chiara e definitiva intenzione di non rimettere in discussione l’assetto impresso dall’atto lesivo.

E’, peraltro, pacifico in giurisprudenza che la mera esecuzione, anche senza riserve, del provvedimento, non implica di per sé acquiescenza, in quanto il provvedimento amministrativo, fino al suo eventuale annullamento, produce effetti ed è immediatamente esecutivo. La sua esecuzione è dunque comportamento neutro, potendo trovare giustificazione, più che nell’univoca e incondizionata volontà di accettarne gli effetti, nell’esigenza di evitare le conseguenze ulteriori che potrebbero derivare dalla sua inottemperanza.

I medesimi principi sono stati affermati anche con riferimento al pagamento, al momento del ritiro della concessione edilizia, dei relativi oneri contributivi, escludendo che ricorra il requisito della univoca manifestazione di volontà dell'interessato ad accettare le statuizioni di un determinato provvedimento amministrativo, e quindi a rinunciare all'esperimento della tutela giurisdizionale, quando, al momento del ritiro della concessione edilizia, lo stesso non avanzi riserva alcuna circa la debenza degli oneri concessori perché tale comportamento risponde all'esigenza di dare avvio senza indugi all'opera edilizia o di beneficiare del relativo titolo e le posizioni che si determinano in conseguenza del rilascio del titolo abilitativo alla realizzazione dell'opera sono di diritto soggettivo (Cons. di Stato, V, nn. 296/96 e 108/91; T.A.R. Firenze, 11 marzo 2004, n. 671).

Disattesa l’eccezione di acquiescenza sollevata dalla resistente Amministrazione, con conseguente ammissibilità della proposta azione, ne rileva tuttavia il Collegio l’infondatezza.

Destituita di fondamento deve ritenersi, innanzitutto, la tesi di parte ricorrente – meglio esplicitata nelle memorie difensive – in base alla quale non sarebbero dovuti gli oneri concessori per i mutamenti di destinazione d’uso avvenuti in epoca antecedente al 1985, e quindi prima dell’entrata in vigore della legge n. 47 del 1985, allorquando il titolo edilizio era costituito dalla licenza edilizia gratuita.

La disciplina edilizia applicabile va invero rinvenuta in quella in vigore all’epoca – non della realizzazione dell’abuso – ma del rilascio della concessione in sanatoria, con conseguente doverosa applicazione dei parametri previsti per il rilascio della concessione relativamente ad opere soggette a permesso a costruire.

Il mutamento di destinazione d’uso, anche senza realizzazione di nuove opere, da industriale a commerciale, integra un mutamento tra categorie funzionali distinte e non omogenee che determina un incremento del carico urbanistico, soggiacendo, pertanto, all’onere di sopportare gli oneri concessori conseguenti all’aggravio del carico urbanistico.

L’incremento del carico urbanistico, ancorchè discendente da un mutamento di destinazione d’uso senza opere, è dunque presupposto sufficiente a determinare la debenza degli oneri concessori, rapportati agli oneri di urbanizzazione e al costo di costruzione, in considerazione del vantaggio economico che ritrae il richiedente e l’aggravio urbanistico in relazione all’incremento dei flussi di traffico e di clientela che la destinazione commerciale (rispetto alla iniziale destinazione industriale) necessariamente implica.

In conclusione, alla luce delle considerazioni sopra illustrate, accertato l’obbligo di pagamento degli oneri concessori in relazione al rilascio della concessione in sanatoria n. 236986 del 12 luglio 2000, va rigettata la proposta azione volta ad ottenere l’accertamento della non debenza di tali oneri e la restituzione delle somme già versate a tale titolo.

Le spese seguono la soccombenza e vengono liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

Roma - Sezione Seconda Bis, definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo rigetta.

Condanna parte ricorrente al pagamento, a favore della resistente Amministrazione, delle spese di giudizio che liquida forfettariamente in € 2.000,00 (duemila).

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 10 luglio 2017 con l'intervento dei magistrati:

Elena Stanizzi, Presidente, Estensore

Antonella Mangia, Consigliere

Antonio Andolfi, Consigliere

         
         
IL PRESIDENTE, ESTENSORE        
Elena Stanizzi